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Autore: Yellow Daffodil    21/11/2017    4 recensioni
Lui, lei, loro.
Lui: guerriero per scelta, idiota per nascita. Un cuore dietro all'armatura? Magari, dato che la principessa lo sta aspettando da anni!
Lei: cioè io, sopracitata principessa, rinchiusa nel castello del disagio e sorvegliata dal drago del trauma. Aspetto che un guerriero valoroso sovverta la maledizione che mi ha fatto innamorare di un idiota. Ma mi sa che è un circolo vizioso, vero?
Loro: un branco di brutte persone, ex compagni di classe, ma ancor meglio di vita, tutti talmente incasinati che, se inizierete questa storia, di sicuro incasineranno anche voi.
Pensate che non sia possibile? Solo due capitoli, e poi ne riparliamo.
***
Dall'origine del male, "Io e te è grammaticalmente scorretto", giungiamo al termine dell'evoluzione darwiniana di questa allucinante storia. Dopo "Io e te non è completamente sbagliato", arriva il seguito, nonché gran finale della trilogia: "Io e te è semplicemente complicato"!
Nulla è meglio di un ossimoro per descrivere ciò che avrete letto e leggerete. Con affetto e sarcasmo,
Yellow Daffodil
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Io e te'
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"Io e te" è semplicemente complicato 

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L'altalena

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Il viaggio è un vero spasso. Un vero spasso.

Da quanto tempo non mi sbellicavo così?

Mi asciugo una lacrima dall'occhio sinistro e poi mi volto verso il sedile dietro: "Ma seriamente l'ha lasciato lì?"

I bambini annuiscono ridendo e io mi sbatto la mano sulla coscia imitandoli. Sapete, tipo quando pensate che non possa esistere niente di più comico e, non solo siete lontani anni luce dallo sbeffeggiare etereo di una dama di corte, ma addirittura vi spanciate sguaiatamente facendo gesti e rumori che manco una balena con le doglie.

Mattia grugnisce evitando di guardarci e, come per gli scorsi cinque minuti, mugola cose incomprensibili con tono offeso. È carino così imbronciato, se devo dirla tutta, ma ora la priorità è sapere com'è finita la vicenda che lo riguarda in prima persona.

"E poi com'è uscito?" chiedo quindi ai marmocchi.

"Lui stava al centro." mi spiega Rachele, aiutandosi con la gestualità delle sue manine. "Davanti e dietro di lui c'erano zio Amerigo e zio Francesco, mentre ai lati zio Pierpaolo e zio Alessandro."

Sputo i polmoni per la demenzialità della scena e guardo Mattia tra le lacrime: "Ma neanche una testuggine romana nel 30 avanti Cristo! Ma quanto scemo sei?"

"Senti." sibila, per non farsi sentire dietro. "Era una brutta situazione per me, e quelle merde non vedevano l'ora di usarmi per farsi una risata, piuttosto che darmi una mano."

"Darti una mano? Se ci fossi stata, avrei fatto esattamente come loro!" 

Ma la mia frase smorza subito l'entusiasmo: se ci fossi stata. Accidenti.

Mentre anche Mattia s'incupisce ancora di più, i bambini continuano a ridacchiare: "Vuoi sapere altri anettodi sullo zio Mattia, zia Nelli?" mi domanda Filippo.

"Si dice aneddoti." lo correggo, affievolendo consistentemente la mia ilarità. "Comunque no, grazie. Ora basta aneddoti."

Loro si mettono a parlare d'altro e io mi fisso sulla strada davanti, cercando di annegare l'imbarazzo nella piscina dell'episodio appena raccontato. Non ricordo nemmeno come siamo finiti a parlare degli aneddoti riguardanti zio Mattia, fatto sta che i bambini hanno sfoderato alcune perle davvero irresistibili e io non potevo non diventarne affamata. Fondamentalmente si trattava di episodi divertenti accaduti durante le scorse riunioni di classe - a cui io non avevo rigorosamente partecipato. Mattia non l'aveva presa male, inizialmente, ma quei piccoli ne sanno una più del diavolo e, durante l'ultimo racconto, ha iniziato a mostrare segni di disappunto, misti naturalmente all'imbarazzo.

È comprensibile, considerando il contenuto di quest'ultima rivelazione, che sto per condividere con voi, da brava stronza. L'estate scorsa i ragazzi della classe si trovavano in piscina per passare una giornata assieme. Si erano buttati all'aperto, in quella olimpionica, dove in un'estremità ci tocchi e nell'altra no. Mattia aveva indossato un costume a cui era affezionato (probabilmente credeva che gli facesse un bel culo), ma era talmente vecchio e sgualcito che continuava a scivolargli lungo i fianchi.

Interromperò brutalmente il racconto per fare un commento da leggere con il tono da maniaco sessuale: gnam.

Di fatto, mentre si issava sul bordo per uscire dalla vasca, gli si sfilò completamente e scese ben più in basso dei fianchi (gnam gnam).

Nelli, basta! Che problemi hai?

Il vero inconveniente fu che in quell'esatto momento Diego si tuffò e - sappiamo tutti l'entità dei tuffi di Diego - investì Mattia che rimase definitivamente nudo. L'onda provocata da Diego spinse il costume verso l'estremità opposta della piscina, quella più profonda, e lo fece galleggiare giusto qualche secondo prima che si inabissasse come il Titanic. Chiaramente l'idiota, avendo paura dell'acqua, non si azzardò nemmeno a pensare di andare a riprenderlo, e gli altri, maledetti come solo dei veri amici possono essere, si rifiutarono di farlo al suo posto. Si sarebbero sentiti offendere nel peggiore dei modi, anche arrivando alle mani, pur di poter vedere Mattia scorrazzare nudo per la piscina.

Li capisco, sul serio. Avrei pagato oro per esserci.

Ma no, che marpioni! Non per vedere Mattia nudo!

...cioè, non solo.

Così, appunto, uscì dall'acqua accerchiato dagli altri ragazzi, che lo condussero agli spogliatoi facendogli da separé umano. Dev'essere stato un giorno epico per l'umanità, anche e soprattutto a giudicare da come i marmocchi ricordino nettamente ogni singolo dettaglio. Se fossimo stati un gruppo di amici normali, avremmo tenuto alla larga i minorenni da certe scene, ma i miei compagni non si fanno di questi problemi e, come potete notare, la progenie della 10^A sta avendo un'infanzia ricca di traumi e cattivi esempi.

Tuttavia, come vuole la tradizione, la mia uscita ha rovinato tutto il clima sereno e delirante di poco fa. Se per una mezz'oretta eravamo riusciti a mantenere un'atmosfera allegra, ora è tornato il gelo e solo nei sedili posteriori sembra esserci voglia di sorridere. Mattia non ha lasciato uscire nessun commento, ma la sua aria bonariamente offesa si è dissipata nelle linee piatte del viso, che è tornato serio. Io invece ho la faccia colpevole e tutta l'intenzione di non parlare più fino al nostro arrivo.

Anni fa avrei ricevuto delle battutine saccenti, se avessi detto frasi ambigue. Ora il silenzio è molto, molto più significativo di qualsiasi provocazione. È la frecciatina più profonda che si possa ricevere... direi, direttamente un fendente ben assestato tra le costole, ecco. E non so perché, ma ho l'impressione che oggi me ne arriveranno moltissimi.

Gloria e Magno hanno ordinato le loro fedi in una gioielleria di un centro commerciale, piuttosto ai confini della città. Quando arriviamo nella zona industriale troviamo subito il luogo indicato e, fortunatamente, all'entrata ci accoglie una coloratissima area bimbi. Così parcheggiamo lì le pesti, che molto probabilmente manderanno in paranoia la giovanissima animatrice, ma... tutto sommato, va bene così. Guardava troppo le chiappe di Mattia, quell'impudente.

Seguendo le dritte di Gloria, troviamo facilmente la gioielleria; un negozietto molto piccolo e luccicante verso metà del centro commerciale, il cui nome la rappresenta davvero bene. Si chiama "La Perla", anche se mi sarei aspettata un titolo del tipo "La Magna Perla" o comunque qualcosa di più magno. Adocchiando sommariamente le commesse, entrambe bionde e dagli occhi chiari, deduco che molto probabilmente anche questo nido prolifera di esponenti della razza.

Ci punta subito la commessa meno giovane delle due, che sembra già aver capito ogni cosa con un solo sguardo a me e Mattia: "Buongiorno, le fedi dei signori Magno? Venite pure."

Non si preoccupa nemmeno di accertarsi che siamo le persone giuste e ci guida verso il bancone in fondo al negozio, dove si trovano la cassa e una tazzina di caffè marchiata da uno stampo di rossetto fucsia. Stava chiaramente prendendo una pausa, ma il fatto che l'abbia interrotta così tempestivamente fa presagire che Gloria e Magno siano clienti stimati qui dentro.

E difatti ne ricevo conferma nel momento in cui estrae le fedi dal ripiano sotto al bancone. Il motivo per cui Gloria e Magno valgono così tanto è perché il loro acquisto deve assolutamente valere così tanto. Su un espositore di velluto blu notte sono posati due cerchi perfetti, uno leggermente più grande e spesso dell'altro. Sono dorati, ma ricchi di particolari pure essendo così piccoli. Nella circonferenza esterna ci si imbatte subito con una minuta pietruzza, di colore azzurro quella incastonata nella fede femminile, mentre bianca quella nell'altra. Avvicinandomi per ammirare estasiata la luminosità e la scelta ridondante dei colori giallo, azzurro e bianco, come il bouquet, noto un ulteriore dettaglio. Sarà sicuramente costato una fortuna, dato che riporta un'incisione nella circonferenza interna con la seguente dicitura: 25 - 04 - 2019 Magna Gloria ad aeternum

Mi sono commossa. 

No, davvero, sono commossa. Sto piangendo.

Sono così... è bellissimo.

"Hai visto la Madonna?" mi sussurra Mattia, strafottente.

Sicuramente lui non ha la minima idea di che significhi. Tutto quanto: non sa quanto è meraviglioso il simbolo della fede nuziale, non capisce la ridondanza voluta di giallo, azzurro e bianco, non riesce a tradurre il latino e, anche se ci riuscisse, cosa che dubito dato che è una capra, non sarebbe in grado di apprezzarne la carica emotiva. Perché è Mattia; è stupido.

Né lui né Magno saprebbero mai cogliere tutta questa profondità, ma Gloria... oh, mia cara Gloria, tu hai fatto centro. Il gioco di parole, la raffinatezza, la perfezione con cui tutto è stato pensato. Sono così felice per loro, sono così belli!

Ma come spiegare tutto questo a Mattia?

"No, non ho visto la Madonna." dico. "Però se la vedessi, le chiederei di fare un miracolo."

"Aspetta che lo indovino... darmi un cervello?"

"Quasi." faccio un sorrisetto saputello. "Le chiederei di farti diventare donna per un giorno, così oltre al cervello, ti arrivano anche la sensibilità e il buongusto."

"Importante è che non si dimentichi le tette. Dille che preferisco una quarta, ma mi accontento anche di una terza. O una terza e una quarta."

Mi volto e lo guardo talmente male, ma talmente male che penso che le mie sopracciglia siano arrivate a coprire il rossore sulle mie guance. Spero, almeno.

"Eh-ehm." la bionda tossicchia e riporta la nostra attenzione sulle fedi di Magno e Gloria.

"Sono state fatte restringere il prima possibile, dal migliore dei nostri orefici." ci spiega. "Siamo desolati per aver sbagliato la misura, ma la mia collega aveva riportato male i dati." lancia uno sguardo da capetta alla ragazza e poi torna a guardare noi languidamente. "Spero non sia a causadi questo disguido che i signori Magno non sono venuti."

Io e Mattia ci scambiamo un'espressione dubbiosa.

"In realtà, non credo." butto lì. "Ci sono state un po' di complicazioni a casa e quindi hanno mandato noi; siamo i testimoni. Ma vi avevano avvisato per telefono, no?"

"Oh, certo." mi sorride. "Solo che..."

La bionda - Benedetta, leggo dal cartellino - lascia la frase in sospeso con tutta l'intenzionalità di questo mondo. Punta le iridi verso l'alto e si morde il labbro, che ormai ha solo il contorno fucsia. Un'icona mostruosa, altro che Madonna!

"Cosa?" sbotta Mattia, abboccando alla sua scenetta.

"Oddio, beh..." continua lei, ora passandosi i capelli biondi dietro l'orecchio e incastrandoli in mezzo all'orecchino fatto a cerchio. Così un ciuffo le va sulle labbra, e trasporta il residuo di rossetto fino al mento. Una fata, insomma.

"Ecco, forse i signori Magno l'hanno dimenticato, ma avevamo preso un determinato accordo e il fatto che non ci siano loro qui..."

Io detesto la gente che fa così. Sul serio, è una razza pessima. Senza contare che ora l'istinto più forte che ho verso di lei è afferrare quella stupida tazzina e sbattergliela in faccia sperando che il rossetto perduto le si riattacchi a quel buco generazionale che c'è tra il suo contorno labbra e il resto della bocca!

Maledetta Benedetta. Mi sta facendo salire i nervi!

"Di cosa si tratta?" domanda Mattia, dimostrando ancora una volta che qualsiasi uomo cade nella trappola di qualsiasi donna. Davvero, non si sta rendendo conto che tutta la sceneggiata della tipa servirà a farci fare cose a suo vantaggio, facendo passare il tutto per una sincera opera di bene?È così che fanno i commercianti. È così che fanno le commercianti donne, che hanno da guadagnare centinaia di euro per due fedi nuziali.

Di cui il microcefalo nemmeno capisce il significato.

Difatti gli tiro una gomitata e lo faccio per noi. Sì, per noi donne che dobbiamo avere a che fare con un genere così deliberatamente rincoglionito. La volpona, qui, avrà solo voglia di rifilarci qualche kit per mantenere i gioielli luccicanti, come fanno quelli di Pandora, e so che alla fine potrebbe davvero convincere Mattia a spendere duecento euro in pennellini lucidanti e pannetti anti-acaro.

Benedetta mi riserva un fugace sguardo da 'ho vinto io' e poi si lancia nel dramma: "Ecco, avevamo concordato con i signori un piccolo servizio, chiaramente remunerato, che ci avrebbero reso una volta ritirate le fedi."

"Cioè?"

"Ecco, questi due pezzi sono davvero importanti per noi, due dei migliori lavori mai svolti per una piccola gioielleria come la nostra. Ancor di più contando il fatto che siamo nati da poco e che, personale permettendo-" di nuovo occhiata di superiorità alla collega. "Vorremmo crearci un nome per dimostrare che l'eleganza è di casa, qui alla Perla. Il progetto che stiamo ideando da mesi prevede di aprire altri punti vendita indipendenti, di cui uno anche in centro e vorremmo lanciare dei messaggi pubblicitari, farci vedere, mostrare ciò che sappiamo fare." incalza, indicando gli anelli e smentendo tutte le belle parole con quei labbroni agghiaccianti. È inguardabile, giuro. Continuo a fissare quelli, mentre i suoi auto-elogi senza senso occupano l'aria ingiustamente.

"Il punto è che i signori Magno avevano concordato con noi di prestare la loro disponibilità e il loro acquisto per aiutarci nella campagna pubblicitaria. In poche parole, queste fedi dovrebbero comparire in un piccolo servizio fotografico. Su sfondo a dovere, con modelli, buona qualità e tutto il resto."

"Eh." sorride Mattia. "Ok. Nessun problema."

"Ehm... già."

Ehm... troppi impliciti in questo stupido dialogo.

"Dovete farlo ora?" s'informa Mattia. "Possiamo lasciarvele in negozio un po', intanto andiamo a fare un giro. Non c'è problema, se è per l'adesione. Sono sicuro che Magno non ha niente in contrario a farvelo fare, probabilmente si è solo dimenticato."

"Ehm... no." Benedetta lo interrompe con un sorriso tirato. "Non mi sono spiegata bene, signor... ehm..."

"Mattia."

Perché dice sempre il suo nome quando lo chiamano 'signor'? Il concetto di galateo non è compreso nei parametri del suo cervellino raggirabile.

In ogni caso, comunque, non ho capito nemmeno io a cosa diavolo sta girando intorno questa qui.

"Signor Mattia." riprende gentilmente. "I modelli per lo shooting avrebbero dovuto essere la signorina Ferrucci e il signor Magno. Li aspettavamo oggi in negozio per scattare le fotografie, prima del ritiro delle fedi. Abbiamo preparato già tutto nel retro, ed il fotografo è qui da stamattina."

Mattia alza le sopracciglia. Io esclamo un mentale 'Ma vaffanculo!' che comprende tutto il genere umano, includendo ai primi posti, nell'ordine: Benedetta, Gloria e Magno, il fottuto fotografo e mio fratello Davide, senza cui non ci sarebbe stata la scusa per mandare me e il microcefalo a fare un diavolo di shooting per degli anelli!

"Ci deve essere un errore." è l'insensata reazione di Mattia.

"Senta." mi intrometto, imponendomi. "Noi due non sapevamo nulla di tutto ciò. I nostri amici continuano a metterci in queste scomode situazioni già da un po', ormai, e il motivo risiede in racconti che lei davvero non vuole ascoltare. Io e il signor Zingaretti, qui, non faremo foto di nessun tipo, oggi. Pagheremo per queste fedi, le porteremo a casa e ci saluteremo in tutta professionalità."

Benedetta fa la faccia da cucciolo: "Ma, il fotografo..."

"Mi ricresce davvero per il suo fotografo. Ognuno di noi fa un buco nell'acqua prima o poi e oggi è toccato a lui. La Perla diventerà indubbiamente una grandiosa catena di orefici, anche senza il servizio di oggi. Fra non molto qualche altra coppietta vi farà fare un paio di fedi da urlo e potrete spargere la vostra eleganza con le loro prestazioni."

La commessa ha capito che non sono pirla come Mattia. Bene.

"La nostra campagna parte fra qualche giorno." decreta, piatta. "Abbiamo dovuto rimandare il servizio già una volta, per cui oggi speravamo davvero di portare a termine gli accordi. Certo, mi rendo conto che non dipende da voi e capisco che ci sia stato un problema di mal comunicazione."

Che può fare adesso la nostra eroina per fottere la cliente scaltra?

Ovvio, se siete donne e volete convincere altre donne, non potete far altro che sfoderare tutta la vostra stronzaggine.

Ripone le fedi in un scatolina bianca, la chiude e ce la allunga. Poi slitta verso la cassa e preme un tasto: "Dunque, i duecento euro di servizio verranno riaddebitati al costo originale delle fedi..."

"Aspetti!" in coro, Mattia e io fermiamo la commessa.

"Sì?"

Le murene de La Sirenetta. Giuro, è meschina uguale. E ha lo stesso tono viscido.

"Duecento euro?" domanda Mattia.

"Beh, con i signori Magno si era pensato a uno sconto di questo tipo, considerato che ci avrebbero appunto concesso un po' di tempo per fare le foto con gli anelli da loro indossati e... insomma, sì, direi che è un accordo appropriato. O meglio, era."

Che tu sia maledetta, Benedetta. Nei secoli dei secoli e oltre!

Dopo un attimo di silenzio e riflessioni da parte nostra, Mattia fa la domanda con cui automaticamente acconsente alla richiesta: "Che cosa dovremmo fare di preciso?" 

Ma stavolta non lo critico: duecento euro sono duecento euro. Non possiamo di certo riaddebitare duecento euro che erano stati scontati, a causa dei nostri capricci. È vero, ne avremmo tutto il diritto, visto e considerato che Gloria e Magno sapevano della questione e non ci hanno avvisato. Ma che fosse intenzionale o meno, è chiaro che non possiamo far loro questo. Sarebbe un gestocattivo. Giusto, magari, ma cattivo. E Mattia e io, purtroppo, nonsiamo cattivi. Non con gli altri, per lo meno.

"Intanto provare le fedi, sperando che vadano." esulta Benedetta. "E poi giusto un paio di scatti!"

E qui vorrei davvero concludere il paragrafo riaprendone uno nuovo che inizia con "Sbrigata la veloce questione del servizio fotografico, ...", ma non posso. Perché, ben cinquantadue scatti dopo, Mattia e io ci troviamo ancora qui, nell'angusto retro della Perla, con un fotografo impedito che ci inquadra le mani e Benedetta che blatera in sottofondo.

La fortuna pazzesca del destino ha voluto che le fedi calzassero perfettamente sia a me che al microcefalo. Gloria ha le dita più magre delle mie, ma anche più lunghe. Il fatto che le mie mani siano grandi più o meno come quelle di Rachele ha reso possibile la combinazione, mentre per Mattia è semplicemente il caso che abbia l'anulare simile a quello di Magno.

Grazie al Cielo le foto non prevedevano che ci mettessimo anche la faccia. Ci hanno preso le mani: chiuse, aperte, avvolte attorno a qualche oggetto, filtrate, e via discorrendo, ma mai altre parti del corpo. Il che è un bene, dato che io ho tutto, fuorché le fattezze di una modella.

"Ok, abbiamo quasi finito, manca l'ultima foto." annuncia Benedetta, approvando lo scatto appena realizzato di Mattia che regge la fede tra l'indice e il pollice per far vedere l'incisione all'interno della circonferenza. "È quella che metteremo anche fuori dal negozio, sull'insegna. Mettetevi vicini, per favore."

La donna ci conduce a ridosso di tavolo bianco, di vetro lucido, che brilla, illuminato da un faro a cerchio. 

"Mani qui su." dice, picchiettando sulla superficie del tavolo e facendo segno al fotografo di inquadrare dall'alto. "Per favore, prendetevi la mano, quella con la fede, ovviamente, e intrecciate le dita."

Eh? Cosa?

E dopo?

Che altro vuoi, che ci slinguazziamo di fronte all'obbiettivo? Ma guarda un po' questa!

Benedetta nota subito il mio disagio e mi sorride angelicamente: "È solo una fotografia, tesoro."

Vedo omicidi all'orizzonte.

Ma per fortuna non sono l'unica a dimostrare titubanza.

"Che succede? Ho fatto una richiesta troppo strana?"

Ora la bionda fissa Mattia, che ha semplicemente deciso di non muoversi. Come al solito non si deduce troppo dalla sua espressione, ma di sicuro è chiaro che non sprizzi di gioia all'idea di dovermi prendere per mano.

"Ve ne prego." insiste Benedetta. "Vi assicuro che è l'ultimo scatto, ma anche il più importante per noi. Tutta la linea grafica si fonda sul concetto dell'intreccio delle dita come a simulare una conchiglia al cui interno si trova la perla, che fa poi riferimento a-"

"Ok, d'accordo, facciamo questa foto."

Taglio corto: a) per dare un sollievo alle mie orecchie e b) perché Mattia non prenderà una decisione a riguardo, per cui lo faccio io.

Decisa, posiziono la mano leggermente aperta sopra al tavolo e, dopo qualche istante, Mattia ci posa sopra la sua.

"Il contrario." ci ricorda Benedetta, gentilmente.

Eseguiamo, invertendo la posizione della mani, lui sotto e io sopra, e poi ci viene ordinato di intrecciare le dita. Senza osare alzare lo sguardo su di lui, che sento fin troppo vicino a me, allargo le mie e le incastro precisamente negli spazi tra le sue. Così, mi ritrovo a stringere la mano di Mattia; un gesto che, nel poco tempo che ho per pensare, non ricordo di aver mai fatto. Mai, in dieci anni che conosco questa persona e con tutto quello che abbiamo combinato.

Anche se è considerato un gesto così spontaneo, anche se è così semplice e automatico, anche se si tratta, forse, della prima interazione tra due persone che provano, o hanno provato, affetto reciproco, noi non l'abbiamo mai fatto. È così surreale che stia succedendo adesso.

Avverto il calore di Mattia accanto a me e nella sua stretta. Sta seguendo le istruzioni accuratamente; non ha lasciato che la sua mano se ne stesse immobile senza nervo, ma ha preso la mia con decisione, pensando a chissà quali cose, mentre io affronto un'ondata di emozioni difficili da gestire. 

Questo contatto mi destabilizza, per quanto mai stabile io possa sembrare. È inutile provare a convincermi che non mi stia facendo battere il cuore e avvertire quella sensazione alla bocca dello stomaco. Sì, quella, che viene detta 'farfalle', 'formicolio', 'vuoto', ma che in realtà ha lo stesso denominatore comune. D'altronde... è proprio amore quello che so di provare per lui da dieci anni. E in dieci anni non c'eravamo mai tenuti per mano.

Il flash della fotocamera mi accieca e mi disorienta per un po'. Quando riprendo la vista, quello che vedo per primo è lo scintillio degli anelli e allora mi scappa davvero da ridere. 

Noi due... per mano... con delle fedi nuziali al dito...

I nostri amici devono essere davvero, davvero malati per aver organizzato tutto ciò.

"Cosa c'è di divertente?" mi domanda Mattia, facendomi venire il dubbio che forse solo io abbia evitato di guardarlo per tutto questo tempo. 

"Mi fa ridere questo." rispondo, alzando la mano che tiene la sua. "È davvero l'esperienza più assurda che mi sia capitata nella vita."

Anche Mattia sorride con un certo divertimento: "Disse colei che ha simulato la morte di un professore, fatto sesso per la prima volta in una barca a vela e trasformato una rimessa di barche in una palestra."

Con ciò, Benedetta scoppia a ridere, mentre io sciolgo la stretta con Mattia e gli do un pugno sul braccio.

"Ahia!"

"Trovi simpatico sbandierare i fatti miei in giro?" rimbecco, alterata. "Se dicessi alla gente che tu hai simulato una bocciatura per vincere una vacanza gratis, fatto sesso in un mulino a vento e trasformato un orecchino in un anello di fidanzamento, non gongoleresti così tanto!"

Benedetta ride di più e quasi alle lacrime, esclama: "Bella l'idea dell'anello! Potrebbe essere la nostra nuova frontiera!"

Mattia appare improvvisamente risentito e quindi tutta la romanticheria di prima scema in un battibaleno. Senza indugiare troppo nel retro bottega, ci congediamo, mentre i due sistemano la stanza. Salutiamo il fotografo, Benedetta ci ringrazia e poi ci riaccompagna fuori. Il servizio è finito - andate in pace - e io mi posso dire decisamente provata da tutta questa esperienza.

Tornata in negozio, la commessa posa le fedi per bene nella loro scatolina e completa il tutto con un'ulteriore sconticino, togliendo al prezzo originale duecentocinquanta euro.

Nemmeno per altri duecentocinquanta rifarei una cosa simile: è stata piuttosto intensa per me, ha fatto riaffiorare emozioni troppo contrastanti.

"Qualsiasi cosa sia successa tra di voi." dice Benedetta, mentre ci allunga il sacchettino con il logo della conchiglia. "Credo che non sia riuscita ad allontanarvi a dovere."

Ma non ci lascia trovare una risposta a questa perla (è il caso di dirlo), dato che, notando la collega alle prese con dei clienti, si fionda subito a controllare.

Mattia e io fingiamo che non abbia nemmeno parlato, per il bene di tutti, e quindi ce ne andiamo salutando sbrigativamente, sicuramente concordi sul fatto che qui non torneremo più nemmeno sotto tortura. Usciamo a recuperare i marmocchi e, tra un insulto e l'altro da parte dell'animatrice, riusciamo a cavarcela in direzione macchina. Saliamo interagendo con i bambini e non tra di noi, poi Mattia mette in moto e fa partire l'auto verso L'angolo del fiore.

Sperando solo che Paola non abbia bisogno di un servizio fotografico in cui ci si deve baciare.

***

PRIMO BREAK

Mah, a noi non dispiacerebbe, cara U.U

Ringrazio Angelica per aver realizzato questo fermo immagine di una carineria tra Nelli e Mattia che forse non vedremo mai più nella vita!

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E ora uno sguardo nel cellulare di...

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...mmm, di chi, secondo voi?

***

La tappa riguardante Benigni è stata la prima di tutto il nostro iter, dato che il centro commerciale e la fioreria si trovavano più avanti, lungo la strada. Sono stata l'unica a scendere, mentre Mattia e i bambini mi hanno aspettato nell'auto.

Quella di andare da sola è stata una mia espressa richiesta; non volevo avere nessuno intorno, volevo parlare a quattrocchi con il mio enologo preferito. Anche perché... avevamo delle questioni in sospeso, se ben ricordate.

Antonio mi ha accolto calorosamente e mi è dispiaciuto rifiutare un bicchiere di vino, ma ho dovuto, per l'incolumità di tutti noi. Abbiamo parlato di ciò che è successo in villa, ho raccontato il dispiacere di Gloria e l'afflizione di Alessandro, poi, ho proposto la mia soluzione. Ho chiesto a Benigni che mi fornisse del numero di bottiglie che Vittoria aveva rotto, scegliendo a suo gusto il vino più pregiato. 

Ha accettato volentieri e, con uno sconto, mi ha presentato la cassetta migliore che aveva in cantina. Tuttavia, si è tremendamente rattristato quando ha realizzato che i soldi per pagare provenivano dal mio portafogli e non dai fondi Magno e Gloria. Ma io non l'ho detto davvero a nessuno, se non a lui. 

In fondo, è come se mi fossi fatta trattenere la paga di un mese; non fa nulla. Che io decida di accettarlo o meno, il lavoro l'ho ottenuto comunque grazie a Magno e fare un piccolo favore per ricambiare mi sembra il minimo. Ho chiesto a Benigni che mantenesse il segreto e che confermasse di avermi dato tutto quel vino sulle basi di una traduzione extra fatta da me per l'azienda. Niente di vero, ovviamente, ma voglio solamente che Magno e Gloria non abbiano pensieri.

Prima di farmi andare via, Benigni mi ha detto che sperava tanto che accettassi il suo lavoro, così mi è venuto naturale chiedergli perché. Perché diavolo mi volesse così tanto dopo che mi ero palesemente ubriacata durante il colloquio/tirocinio.

Lui mi ha risposto semplicemente così, sorridendomi: "Perché quel ragazzo aveva davvero ragione, signorina. Non importa quanto sbagliato sia quello che stai facendo, perché in ogni cosa tu faccia, ci metti davvero tutto il cuore che hai. E si vede."

Magno deve proprio avergli raccontato una marea di balle, ma... in fondo, poco male. Devo solo ringraziarlo ancora una volta per avermi aiutato così tanto in un ambito che sapeva non stesse andando a gonfie vele dalle parti di New York. 

Ed è a questo che penso, in realtà, mentre Mattia cerca parcheggio lungo la via del paesino dove si trova la fioraia. A cosa scegliere per il mio futuro. Al fatto che abbandonare la vita a New York sia più reale di quanto sembri. Al fatto che-

"Potete stare zitti solo un secondo?!" il tono arrabbiato di Mattia mi colpisce e mi fa voltare all'indietro. I bambini stanno diventando una chiavica: sono stanchi, hanno fame, devono fare pipì e tutte le tragedie del mondo. E urlano come bestie.

Così do una mano a Mattia a parcheggiare e poi decido di andare da sola anche dalla fioraia. Mattia concede ai marmocchi un'ora d'aria e rimane a controllarli nella piazzetta adiacente al negozio, mentre io entro con fierezza ne L'angolo del fiore.

"Fuori subito."

È il cordiale saluto di Paola, non appena mi avvista sulla soglia. Mi sta indicando l'uscita con l'indice: credo che sarà davvero dura guidarla verso il perdono.

Tuttavia, il mio caratterizzante stoicismo mi impone di rimanere a molestare la signora fino a sfiorare la denuncia per stalking. Insisto a lungo con lei, gioco la carta della pietà, della rabbia, addirittura di Dio che ce l'ha con noi, ma lei non desiste. I genitori di Magno sono stati categorici: il loro figliolo è un irresponsabile e non merita più l'appoggio di nessuno.

A quel punto, dunque, decido di fare una marinellata: mi faccio salire le lacrime pizzicandomi di nascosto il braccio e le racconto che Gloria è affetta da una brutta malattia che cancella la memoria e che quindi non possiamo rischiare che il ricordo delle sue nozze svanisca senza lasciarle dei sentimenti positivi e bla bla bla, cazzate del genere. Alla fine del racconto fingo di soffiarmi il naso ed esclamo: "Ah, povera, povera amica mia!"

"Senti." Paola sta tagliando dei gambi e ora mi ha puntato addosso la forbice. "Se mi racconti un'altra balla del genere, vengo io con il lanciafiamme e do fuoco all'intera villa. Sono stata chiara?"

"Trasparente, Paola. Trasparente."

"Adesso smettiamola con la storiella della sposa malata o dello sposo in bancarotta." lancia un'occhiata fuori dalla vetrina e scorge Mattia che guarda nella nostra direzione, anche lui fondamentalmente in apprensione per la buona riuscita del matrimonio. "Ho capito che ci tenete."

"Ci teniamo a te, Pa-"

"Sh! Parlo io." intima brandendo quei ferri che se Mattia non viene a salvarmi, qui ci rimetto le cosce. "Vedo cosa posso fare per tener fede agli accordi presi."

"Quindi forse ci farai tu tutto quanto? Decorazioni, bouquet...? Come prestabilito?"

"Forse." acconsente. "Ma, rosellina mia, non posso regalarvi i fiori. Non posso."

"Regalare no, ma... scontare? Nemmeno?"

Paola sbuffa: "Composizioni, mini-bouquet, addobbi per il chiosco, centritavola... si parla di ore di lavoro. E il materiale? Non si reperiscono facilmente i narcisi ad aprile; è un fiore invernale."

"Paola, io..." sospiro. "Odio dover chiedere l'elemosina, ok? Ma Magno è davvero in bancarotta. Davvero. Sai che cosa hanno detto a tutti qualche ora fa? Che il matrimonio era annullato. Ti sembra normale? Quello che sognano da una vita, il loro momento di 'grande gloria in eterno' e li sto citando! Che cosa ne sarebbe dei loro cuori e dei nostri? E del tuo? Eh?"

"Ti hanno mai detto che sei insopportabile?"

Guardo istintivamente fuori dalla vetrina, incrociando gli occhi di Mattia.

"Sì."

"Beh, perché è vero." Paola fa il giro del bancone, lo pulisce dalle foglie con l'avambraccio e poi finalmente mi dà piena attenzione. "Se io provo a trovare un modo per darvi una mano..." si sofferma per pensare. "Una mano consistente, diciamo. Voi che cosa fate per me?"

"Tutto quello che vuoi, Paola. Io e quel ragazzo siamo forti a fare favori alla gente. Devi fare delle consegne? Tagliare qualche altro fiore? Prendere materiale presso i rifornitori?"

Paola scuote la testa: "Nah, non mi fiderei a far gestire faccende del genere a dei piromani come voi. Però ci sarebbe qualcosa che potreste fare per me... qualcosa di serio."

"Spara."

Paola sogghigna: "Oh sì. Sparo, sparo."

*

Esco dalla fioreria con le idee confuse e con un giglio in mano. Paola ha deciso di regalarmelo dopo essere giunte a un accordo ben preciso, ma io non ho ancora capito se sia più vantaggioso per noi o per lei. Dubbiosa, raggiungo Mattia al centro della piazzetta.

"Tieni." esordisco, porgendogli il fiore. "Un regalo per te."

Lo guarda con un sopracciglio alzato e del sarcasmo latente: "Che romantica." 

Mi stringo nelle spalle.

"Risolto, allora?" si interessa, esplorando le fattezze del giglio forse per dissimulare la tensione. Deve stare attento ai pistilli, perché rilasciano una polverina arancione che macchia persino l'anima. Ma glielo dico o non glielo dico?

"Ma perché ho le mani gialle?"

Perfetto.

"È il giglio, devi stare attento."

Mi guarda male: "Pacchi bomba i tuoi regali. Avrei dovuto aspettarmelo."

"Non ci avevo pensato, era un regalo-"

"Hai risolto con la fioraia?"

Sbuffo: "Più o meno."

"Come più o meno? Sì o no?"

"Sì, ci fa i fiori e tutto quanto e fa pure uno sconto consistente." spiego.

"Quanto?"

"Sessanta per cento."

"Wow!" esclama Mattia, sinceramente colpito. "Come hai fatto?"

"Eh, le ho promesso un favore in cambio." dico, infilando le mani nelle tasche e posandomi con la schiena a una colonna del porticato dove stanno i negozi. Davanti a me, al centro della piazza, i bambini stanno rincorrendo dei piccioni - deformazione professionale di chi ha Venezia nel DNA.

Mattia mi fissa incuriosito: "Cosa? Perché sembra una tragedia?"

"No, sono solo confusa."

"Argenti, non ti avrà mica chiesto prestazioni sessuali?"

Fisso Mattia.

"Le ha chieste a me??"

"Ma no, idiota!" sbuffo, picchiandolo di nuovo. Perché sì, dai, ammettiamolo, picchiarlo mi appaga. È così rinvigorente. "Sei un egocentrico assurdo. Mio Dio. Non è che la gente ti vede e ti vuol portare a letto solo perché sei piacente."

Mattia si lascia scappare mezza risata: "Nessuno l'ha messa in questi termini."

Ringhio e poi cambio argomento: "Sono solo un po' confusa perché in cambio dei fiori mi ha chiesto la partecipazione dell'intera classe a un'inaugurazione."

"Beh, carino. Cos'è, una serra da qualche parte?"

Scuoto la testa: "Un'attività che suo figlio sta per aprire con la sua ragazza, in piena collina, in provincia di Lucca. È un campo boschivo dedicato al paintball. Lo hanno ristrutturato da poco, prima era una zona dedicata alla caccia, e ora lo inaugurano, sperando di farsi presto un nome. Per questo Paola ci tiene che abbia tanta gente all'inaugurazione. Non pagheremo nulla e gli faremo pubblicità."

La reazione di Mattia è ben diversa dalla mia. Alza le sopracciglia e si illumina, come quando entrava un prof diverso dall'ordinario e comunicava che ci sarebbe stata supplenza: "Paintball? Che figata! Ci andiamo, vero?"

Sette anni mentali.

"Sì, beh... siamo obbligati, ormai. Ne parleremo con gli altri e trascineremo Gloria e Magno con la scusa di festeggiare per bene il celibato e il nubilato a cui non hanno felicemente dato l'addio."

"Perfetto. È fantastico, no? Sembra quasi fatto apposta."

Ma il mio è decisamente un no.

"Cosa c'è che non va?"

"Che non è un'attività che mi ispira, insomma..." alzo le spalle. "Ci si spara tutto il tempo. È davvero così divertente?"

"Ma è per finta."

"Ma è per davvero una merda, però."

Fisso Mattia negli occhi e mi rendo conto di averlo fatto. Per la prima volta da quando l'ho incontrato di nuovo, ho accennato all'argomento che più temo e che più mi spaventa; quello che lo riguarda in prima persona, quello che ha dato un colpo di freni incredibile alla mia vita negli ultimi anni.

Va bene, l'ho abbordato per associazione di idee, ma non credevo che avrei avuto il coraggio per farlo. O meglio, credevo che sarei stata troppo rassegnata e fredda nei suoi confronti per farlo. Quindi... perché lo sto facendo? Che cosa sta succedendo?

La reazione di Mattia è piuttosto criptica. Non dice niente, mi guarda e basta, a lungo, ed è il primo che poi distoglie lo sguardo per rivolgerlo ai bambini al centro della piazza.

"Ehi, Vallicroce e Ravasi, andiamo!?" li richiama. "C'è almeno mezz'ora di strada per tornare e si sta facendo tardi!"

Ebbene sì. È come me questa mattina in auto. Un po' si sente in colpa pure lui. 

Un po' se n'è accorto che ho sofferto davvero in questi cinque anni e non per finta come crede. Cinque anni ad aspettarmi che prima o poi avrei visto un telegiornale orribile. Cinque anni a sognare mille e uno morti dolorose nei campi di battaglia. Cinque anni ad evitare le serate film con i miei colleghi di università, per scongiurare che all'ultimo tirassero fuori classici come Pearl Harbour o Salvate il sodato Ryan.

Si meriterebbe di ricevere una sberla in pieno volto seduta stante. Sono così arrabbiata, così triste, ma anche scombussolata. Non so cosa mi prenda; pensare a questo con lui di fronte è altamente destabilizzante. È impossibile calmare il battito del mio cuore, che si è fatto velocissimo. Lo odio per aver preso certe decisioni.

I bambini sbuffano un paio di volte, ma alla fine si danno un contegno e decidono di seguirci fino alla macchina. Sono felice per aver sistemato tre situazioni su tre, lo sono davvero, ma sento che una nuova inquietudine è nata in me. Forse ho assaggiato delle emozioni troppo insolite oggi. Forse ho intravisto, da qualche parte nelle reazioni di Mattia, la possibilità di un confronto serio.

Ho forse... iniziato a nutrire degli embrioni di speranza?

No! No, Nelli, no! Vade retro!

È l'errore più grande che potrei fare, dato che le mie illusioni portano sempre, sempre, a una dolorosa smusata in piena faccia. Con lui poi, siamo all'apoteosi del caso. Quindi cerco di scacciare il pensiero e qualsiasi sentimento di natura positiva, che non riguardi direttamente il matrimonio di Gloria e Magno.

E prego davvero che questa mia mezza idea di potermi aprire con Mattia riguardo alle mie preoccupazioni sia solo uno stupido fuoco di paglia destinato a morire.

Lo prego. Tantissimo. Perché altrimenti finirei per farlo davvero.

E lui mi direbbe che sono solo una bambina.

E poi se ne tornerebbe a fare il soldato.

Per sempre.

***

SECONDO BREAK

Vi consiglio di riposarvi perché... la parte che state per leggere è ricca ed intensa. Ci sono altre emozioni che aspettano di essere vissute, per questo siate rilassati e rigenerati nel corpo e nella mente. 

Io farei qualche esercizio per la schiena, un rituale zen e poi un sorso di tisana.

Non è vero. Ma la Nutella a fianco, quella sì, però.

Prima di ricominciare, una piccola sbirciatina per vedere chi scrive al nostro Mattia Zingaretti!

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***

È davvero impossibile. Avere a carico questi satanassi è una punizione del diavolo, sul serio. Sono irrequieti, rumorosi, molesti. Ci hanno fatto venire il mal di testa ed è solo da venti minuti che guidiamo. Ora ne mancano altri venti, perché abbiamo dovuto fermarci per fare benzina, ma la situazione può essere risolta solo in due modi: stenderli con dell'anestetico da elefante o sperare davvero nell'arrivo dell'Uomo Nero con cui li abbiamo minacciati fino ad ora.

Ma solo ai miei tempi funzionava questa politica del terrore?

Cioè, io avevo paura dell'Uomo Nero. Davvero. Ancora di più di quanta ne avessi del dentista. Ed è tutto dire.

"Senti, lì c'è un parco." faccio notare, mentre il microcefalo toglie l'erogatore dall'apertura del serbatoio. "Fermiamoci una mezz'ora, facciamoli scaricare del tutto."

"Ma così torneremo che sarà sera inoltrata."

"Hai da fare? Devi uscire con Silvia?" lascio passare qualche secondo. "E Pierpaolo?"

"In realtà no, ma avrei comunque dei programmi. Però hai ragione." mi concede rimettendo a posto l'erogatore. "In genere funziona fargli dare il cento per cento."

O il centouno, vorrei ribattere, ma suonerei troppo nostalgica.

Mattia finisce di fare benzina e poi parcheggia qualche metro più avanti. I bambini sono super entusiasti e si mettono subito a saltellare per il parchetto pubblico, guadagnando l'egemonia sul castello con lo scivolo. Riempiti dai nostri dibatti sul matrimonio, decidono che celebreranno le nozze tra Filippo e Rachele, i quali domineranno il regno dal castello, mentre Vitto sarà la loro figlia/serva, o una cosa del genere.

Ridacchio mentre seguo gli sviluppi delle loro fantasie e nel frattempo mi isolo volutamente in un angolino, pensando che forse Mattia abbia voglia di stare un po' in pace. Dopotutto, sono parecchie ore che si ritrova a condividere forzatamente gli spazi con me e non so fino a che punto lo desiderasse quando si è proposto di accompagnarmi. Per diversi minuti rimaniamo entrambi lontani l'uno dall'altra, presi dai cellulari e dai vari messaggi ricevuti durante la giornata. Poi, però, mi sento effettivamente troppo sola.

Dopo una settimana passata sempre assieme ai membri della 10^A, che fossero uno, due o venti tutti insieme, anche solo riassaporare per qualche minuto la solitudine è strano. E devo dire, attualmente anche angosciante, a quest'ora dell'imbrunire, con un leggero freddo che avvolge le gambe e gli strani pensieri di prima che ancora vorticano nella testa.

"Freddo?" chiede Mattia, vendendomi avvicinarmi a lui.

"Nah." mento. "Vuoi sederti un po'?" accenno con la testa all'altalena.

Lui, per tutta risposta, si esibisce in un sorrisino storto: "Nelli, su quei mini sedili ci sta a malapena il mio di fondoschiena. Vuoi starci tu?"

Che faccio? Lo picchio? Lo picchio.

Gli do uno schiaffo sul braccio, rischiando di fargli mollare a terra il telefono, e sibilo: "È questione di prospettive, idiota."

Poi, fiera come poche volte nella vita, raggiungo l'altalena e mi ci siedo a cavalcioni,  dando le spalle all'altra altalena e fronteggiando la struttura in legno. Così sistemata, il mio fondoschiena ci sta che è una meraviglia.

"Wow." mi concede, vagamente ammirato, e sospende qualsiasi attività sul telefono per riporlo in tasca e raggiungermi. Si appoggia al palo di legno di fronte a me, incrociando le braccia e preferendo rimanere in piedi, probabilmente per imporsi simbolicamente.

"Vedo che frequentando ambienti americani sei diventata molto pragmatica."

"Ti insegnano ad arrangiarti con quello che hai." ribatto con sufficienza. "E di solito è poco."

"Com'è vivere lì?"

Era ovvio che avrebbe fatto questa domanda, ma per quanto me l'aspettassi - e l'avessi volutamente cercata - sbuffo, facendo finta di non voler intraprendere tale dialogo: "Facciamo conversazione come se fosse tutto normale?"

"Non lo so." fa spallucce. "Preferisci che te lo chieda urlandoti in faccia?"

"Touché." concedo, apprendendo che anche lui ha solo voglia di parlare. Senza secondi fini: solo chiacchierare. Che sollievo.

 "Vivere lì è... beh..." ok, non mi voglio sbilanciare troppo, né in positivo, perché effettivamente è impossibile, ma nemmeno in negativo, per evitare di sembrare la sfigata che in realtà sono. "Diciamo che è molto utile per lo sviluppo dell'autonomia. Credono molto nell'individuo e quindi spesso ti trovi ad essere te stesso contro i vari problemi della vita. Ma quando hai trovato il modo per vincere tutte le sfide, allora stare lì è il massimo. Ci sono un sacco di opportunità."

"E tu quale hai scelto?"

"Ehm... diciamo che sono ancora nella fase in cui devi trovare il modo per vincere tutte le sfide." Mattia sorride affettuosamente. "Ma punto a trovarlo molto presto e poi vorrei ottenere un lavoro come insegnante o traduttrice. Pagarmi l'affitto di un appartamento, avere... una routine tutta mia..."

E qui Mattia corruga le sopracciglia: "Ma quindi Benigni? Non ci tenevi assolutamente ad avere quel lavoro?"

"Sì, è vero, ma... ci sto pensando. Insomma, devo scegliere se quello o il progetto che ho avviato a New York. E, sinceramente, per quanto il lavoro qui mi piaccia mille volte di più, non so se me la sento di mollare la strada già battuta."

"Ma perché?" chiede, scrutandomi come se stessi dicendo delle stronzate colossali. Per capirci, come De Paoli quando, a latino, rispondevo 'ablativo assoluto' a qualsiasi domanda.

Quindi mi innervosisco leggermente: "Senti, Zingaretti, tu non hai mai paura?"

Alza le spalle: "Dipende. Di cosa dovrei avere paura?"

"Beh, di...di..." non voglio dirlo, ma alla fine lo dico, anche se sembrerò una complessata. "Dell'instabilità. Di non avere delle certezze."

"Beh, sì" risponde, senza rifletterci troppo. "Però bisogna considerare i binomi relativi a queste due realtà. Certezze è spesso accompagnato da tristezze, instabilità invece va di pari passo con felicità. Vuoi essere felice o essere stabile?"

"Stabile." rispondiamo insieme, dopo qualche secondo, io parlando onestamente, lui indovinando senza fatica il mio punto di vista.

Mattia si stacca dal legno con una spinta e fa il giro per sedersi sull'altra altalena, a cavalcioni come me. Così mi sistemo all'opposto di com'ero messa prima, per averlo di fronte. Non mi dispiace lasciarmi coinvolgere da questo confronto: è un argomento su cui spesso ragiono anch'io e di cui ho discusso anche con altre persone. Non ho mai trovato una conclusione che vedesse vincere l'una o l'altra alternativa al cento per cento, perciò mi interessa sapere se Mattia l'ha trovata. Anche se penso di poter comodamente indovinare la sua posizione a riguardo.

"Tu preferisci essere felice, invece." osservo, provando uno strano moto di invidia.

"Sì." afferma. "Anche se, in realtà, non è nemmeno una questione di stabilità o felicità."

"E di cosa, allora?"

Mattia sorride enigmatico e afferra la catena della mia altalena, tirandomi verso di sé: "Di tempo."

Mi molla e la mia altalena si muove con uno strattone non molto dolce, mentre io mi lamento, infastidita dal repentino attacco contro il mio equilibrio su questo mini sedile. 

"Dai! Perché?" piagnucolo, non sapendo nemmeno io se mi riferisco alla sua risposta o al perché gli sia balzato in testa di comportarsi come un bambino dispettoso.

"Per darti fastidio e un po' di instabilità." risponde, soddisfacendo almeno una delle mie perplessità.

"Gentile." ribatto, cercando di frenarmi con i piedi e acquisire di nuovo il controllo sulla giostra. "Spiegami che c'entra il tempo, invece di fare il demente."

"Uno che vuole stabilità investe sul tempo. Sarà triste all'inizio, ma alla lunga quella stabilità raggiunta e consolidata lo farà finalmente essere felice."

Approfittando della mia altalena che torna nei suoi pressi, mi dà un'altra spinta, a cui stavolta rispondo con una parolaccia che si disperde nei movimenti della giostra.

Zingaretti non bada alla mia ira e prosegue con la sua trattazione filosofica: "Uno che invece vuole essere felice subito, avrà i suoi momenti di gloria, ma alla lunga dovrà confrontarsi con gli imprevisti e... cosa gli rimarrà, alla fine? Dei bei ricordi?"

"La soddisfazione di aver vissuto come diavolo gli pareva." rispondo tentando di combattere le spinte del microcefalo. "Stai fermo, Zingaretti, mi fai vomitare."

"Sì ma quella persona non avrà investito sul tempo, l'avrà sprecato, perché invece di essere felice subito avrebbe potuto pensare a come esserlo poi, quando le cose si saranno fatte più complicate."

"Al contrario." ribatto. "Non avrà sprecato un solo secondo a fare cose che non voleva, e avrà la certezza di aver provato la felicità, nel rischio di non poterla provare un domani. Comunque se mi fai cadere, ti denuncio."

Mattia sembra finalmente stancarsi di fare il bambino dell'asilo. Afferra una catena con decisione e blocca il dondolio, tirandomi davvero, davvero vicino al suo viso: "Ma allora tu da che parte stai?"

"Io? Io preferisco stare con i piedi per terra." rispondo, deglutendo per la vicinanza inaspettata, ma convinta delle mie parole. "Ma ammetto che l'instabilità ti dà emozioni che rimanendo fermo non proveresti mai." e nel dire ciò, alludo allo stupido giochino che grazie al cielo ha appena concluso.

Mattia si sofferma sul mio viso, un po', lo riconosco, realmente ammirato, e poi si limita a dire: "Immagino sia davvero una questione di prospettive."

"Mh-mh." annuisco, un po' frastornata dal movimento di poco fa e un po' dai suoi occhi.

Lui non smette di scrutarmi e parla a mezza voce: "È strano pensare che una come te voglia rimanere con i piedi per terra. Però sei veramente cresciuta, Marinella."

"Anche tu." gli concedo, continuando a squadrarlo e a passare mille volte su tutti i lineamenti del suo volto, così familiari e così belli per me. "Ma non avevi detto che ero una bambina?"

"Lo sarai per sempre." risponde spontaneamente. "Magari non di tre anni, però. Facciamo sette."

"Wow, presumo sia... un complimento?"

Mattia sorride e io sorrido. Non so bene quando, ho posato la mano sulla catena della sua altalena e ora non è solo lui a tirare me, ma ci teniamo saldi l'un l'altro, a pochi centimetri di distanza.

Come prima, il cuore ha iniziato a martellare di nuovo, implorandomi di non soffocarlo ancora, di lasciare che esploda come vorrebbe e come ha sempre sognato per anni. Che dirgli? È difficile ragionare lucidamente quando lui è così vicino a te, così caldo con il suo respiro sul tuo viso, così uomo eppure così stupidamente bambino, che non capisci davvero più niente.

È una sensazione che ha profili ben delineati nella mia memoria, ma che finché non si manifesta in sua presenza, rimane come un contenitore vuoto. Credo di averlo già pensato un tempo, e forse è perché mi sono vista troppe volte Ghost, ma la passione per me ha davvero la forma di un vaso. Linee voluttuose e definite, ma che hanno uno scopo solo quando sono riempite. Solo quando l'oggetto della passione realizza le fantasie. Solo quando la forma si fa contenuto e i ricordi presente.

Non c'è contenuto più adatto di lui che sappia riempire il mio vaso. E ci ho provato a farne stare altri, ma solo questo microcefalo è stato progettato per adattarsi perfettamente alle mie linee. E chissà se tutti, quando sono sul punto di baciare qualcuno, si fanno seghe sui vasi.

Scaccio i pensieri e faccio posto all'istinto: socchiudo le labbra e lascio che la testa si inclini seguendo il campo di forza che proviene dal suo polo. Essendo io l'opposto, forse accade lo stesso anche a lui, che risponde a specchio ai miei stessi movimenti. Nella mia mente scorrono le nostre mani intrecciate e il sesso nelle barche e nei mulini e noi bambini che litigavamo per qualsiasi stupidaggine, mentre nella realtà le mie labbra sfiorano le sue. 

Le toccano appena, solleticando la mia pelle accaldata e la sua pelle delicata, poi subito si irrorano di sangue e dell'impulso unico e irreversibile di baciarlo adesso e non staccarsi mai più.

Ma Vittoria bussa sulla mia gamba, perciò io mi spavento e, di colpo, mollo la presa sull'altalena di Mattia. Di riflesso, lui molla la presa sulla mia, provocando la stessa reazione di due calamite che improvvisamente invertono la polarizzazione. Dall'attrarsi irrefrenabilmente passano al respingersi con violenza, tant'è che le nostre altalene saettano all'indietro e il riculo ci riporta avanti così di fretta che le nostre ginocchia collidono.

Non vi riporto le esclamazioni che seguono.

Tutto il mio rincoglionimento sentimentale viene tranciato brutalmente dal pianto di Vittoria. Ammetto che ci metto un bel po' per tornare sul pianeta Terra, sentendomi le guance e il collo ardere e vendendo le orecchie di Mattia fare lo stesso, mentre dondolo avanti e indietro, sempre più piano. Ma dopo questa parentesi di totale alienamento, afferro il filo del lamento ad alta voce di Vittoria, la quale si sta disperando perché, nella sua visione del mondo, è lei la legittima consorte di Filippo, è lei a cui Filippo ha promesso amore eterno ed è lei che sta venendo rimpiazzata da Rachele.

Che??

Ma perché, Vittoria?

Perché sei così incestuosa e irragionevole?

Perché mi hai fatto questo?

Mentre Mattia si alza dall'altalena e corre a opporsi alle finte nozze tra Filippo e Rachele, io mi concentro a fatica sugli occhi colmi di lacrime della rossa e sul suo petto che si alza e si abbassa incontrollato.

"Vittoria, dai... è tuo fratello... non puoi dire queste cose... non puoi pensare..."

"Ma-ma i-io amo l-lui e lui ama Ra-Ra-Rachele!" continua a piangere, disperata, e io capisco che Mattia e io abbiamo finalmente raggiunto il nostro scopo. I bambini sono stanchi, quasi troppo, e lo stanno manifestando appieno.

Pazientemente, cerco di consolare Vittoria, mentre Mattia comunica che è ora di fare fagotto e andare a casa. Carichiamo i litiganti sul sedile posteriore dell'auto ed effettivamente, li vediamo davvero esausti. Senza che nessuno di noi abbia la forza di parlare, ripartiamo con destinazione Villa Magna, sperando che questo viaggio sia tanto più silenzioso quanto meno imbarazzante.

*Interrompiamo questo momento per ficcarci in mezzo un attacco d'arte di Daffy, di cui non frega niente a nessuno*

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E i calcoli si rivelano corretti: dopo nemmeno cinque minuti, i tre demoni sono collassati. Filippo completamente addossato alla piccola Vittoria, che continua ad avere spasmi durante il sonno, probabilmente in preda a inconsci attacchi di gelosia. Rachele, invece, ha la testa appoggiata al finestrino e le guance rosee di chi ha fatto fiere conquiste. Sono solo bambini, ovviamente, ma ho la sensazione che Filippo sceglierebbe mille volte sua sorella al posto di Rachele. È solo che è un Vallicroce, quindi deve disprezzare gli impulsi del cuore e seguire quelli del pene, finché non si rende conto di aver incasinato tutto.

Fantasticare sui bambini mi ha disratto un po', ma non completamente. Tra un'occhiata allo specchietto retrovisore e una alla strada davanti, mi è impossibile non sentir riaffiorare i pensieri e le emozioni, che mi invadono dallo stomaco in su. Dopo solo qualche minuto di realtà, quando ormai il contatto con la Terra è stato pienamente ristabilito, mi rendo conto di cosa sia veramente successo e stavolta non ho scuse.

Non ero ubriaca fradicia e non agivo per colpa di fattori esterni. Ho fatto tutto seguendo i miei istinti più forti (non quelli della ragione, ovviamente) e ho contribuito a creare una tragedia. Perché sì, la considerazione generale a proposito di quanto accaduto poco fa per me è la seguente: un dramma.

Quindi mi schiarisco la voce, mentre Mattia sterza per imboccare la superstrada. Non sarei capace di starmene zitta, se non mi chiamassi Argenti Marinella, e anche se ci provo sul serio, alla fine non riesco a combattere la foga di dover in qualche modo chiarire; o meglio, rimediare.

"Senti, Mattia, riguardo a poco fa..."

Mattia non mi lascia andare oltre e mi interrompe con la sua tipica indelicatezza: "Risparmia il fiato, so già cosa vuoi dirmi."

Naturalmente lo dice per innervosirmi e io, naturalmente, mi innervosisco.

"Ok." rilancio. "Quindi immagino che tu sappia già che-"

"È stato un errore, se potessi tornare indietro non lo rifaresti e che sono un idiota."

"Ok, ma anche-"

"Che non ha significato nulla e che dobbiamo smettere di cacciarci in situazioni del genere."

Porto aria alle guance e la soffio fuori: "Sei fastidioso."

"E tu prevedibile." risponde. "Ma comunque hai ragione."

Alzo un sopracciglio: "Ah sì?"

Mattia cambia la marcia e con gli occhi fissi sulla strada davanti, si imbarca in una spiegazione che sono curiosa di sentire: "Che ci piacciamo è ormai chiaro da anni. Che ogni volta in cui ci avviciniamo l'attrazione sia molto forte è un fatto consolidato. Sarebbe stupido negarlo adesso, il coinvolgimento fisico non passa così facilmente."

"Sì..." abbasso lo sguardo. "È vero."

"Già. Però andare avanti così non fa bene a nessuno dei due. Voglio dire; avvicinarci e poi allontanarci, come in altalena. O tutto o niente, ogni volta, non è il massimo se ci dobbiamo convivere per giorni."

"Lo so."

"Quindi." si schiarisce la voce. "Ci sono due soluzioni. Una che sceglierebbe Marinella e l'altra che sceglierebbe Mattia. Per me quella di Mattia è la più intelligente."

"Fammi indovinare." sbotto. "Quella di Mattia prevede di trovare una via di mezzo."

"E quella di Marinella di scegliere tra tutto e niente. O meglio, di continuare a scegliere niente, perché non puoi avere tutto e niente è la più sicura."

"Come si trova una via di mezzo a questa situazione, Mattia?"

Lui cambia di nuovo e accelera: "Parlando."

"Oggi abbiamo parlato."

"Parlando seriamente." specifica. "Facendo ciò da cui sei scappata per cinque anni."

"Se sono scappata è perché non lo voglio fare. E vuoi sapere il perché? Perché è inutile. E doloroso. Ci collocherebbe, appunto, nel mezzo, e a me stare nel mezzo fa schifo. Perché tu continueresti a sostenere le tue idee e io le mie, e non ci capiremmo. Siamo fatti così."

"Ma cosa ti costa parlare?" la domanda di Mattia è espressa con un tono un po' troppo alto, che fa svegliare Filippo, così abbassa istantaneamente il volume e sussurra: "Cosa ti sarebbe costato ascoltarmi, anche solo una volta, in tutto questo tempo?"

"Parlare mi farebbe male." rispondo, rifacendomi al mio stesso ragionamento sulle illusioni. "E comunque allora non si tratta di noi, si tratta di te. Vuoi solo avere il modo per accusare me, se le cose non hanno funzionato."

"Forse perché la colpa è veramente tua, no?"

"La colpa è tua, a monte." ringhio. "E tra parentesi, stai dimostrando il motivo per cui non ne voglio parlare. Perché sei cieco e sordo e tutto quanto, quando hai davanti la mia sofferenza."

"La tua-" Mattia ride amaramente, spostando gli occhi fuori dal finestrino con una certa irritazione. Contemporaneamente anche Vittoria si sveglia e comincia a fare le solite, fastidiose domande.

"Sia-siamo arrivati? Qua-quanto m-manca? Fi-Filippo, mi-mi-mi vuoi bene?"

Filippo sbuffa: "Ma se balbetti sempre!"

"I-io no-non-"

"Visto?"

"La tua sofferenza non è niente in confronto alla mia." continua Mattia. "Ti ho già detto che non hai idea di quello che ho passato e che quindi faresti meglio a non sbandierare l'argomento come se ne avessi pieno diritto."

"Io ne ho diritto!" esclamo. "Ne ho tanto quanto te perché, come si è già sottolineato, nemmeno tu sai come ho passato gli ultimi anni."

"Perché tu non mi hai permesso di saperlo!"

Al subbuglio generale si aggiunge il frignare di Vittoria che sveglia Rachele.

"Siamo arrivati? Quanto manca?" biascica la morettina.

"Poco." decreta Mattia, con tono freddo.

Rachele sbuffa: "Ma io sono stanca! E quella rompiscatole si lagna continuamente!"

"I-io no-non sono ro-ro-rom... rom..."

"Siete rompiscatole tutte e due!" esclama Filippo, tappandosi le orecchie. È seduto in mezzo alle due bambine e loro hanno tutta l'aria di star per iniziare la guerra dei mondi.

"Smettela, ok?" faccio, e poi ritorno a fissare il microcefalo con astio. "Sai perché non ti ho permesso di avvicinarti a me? Perché sei uno stronzo. E un pazzo!"

"Non si dice stronzo." mi ricorda languidamente Rachele.

"Lo-lo vo-voglio spo-spo-sposare i-io Filippo!" grida Vittoria, a caso, sporgendosi per guardare Rachele, infuriata e rossa in viso, la cintura che chiaramente ostacola la sua ira.

"E prenditelo." lei fa spallucce. "Tanto lui ama me e siamo già sposati. Vero, Filippo?"

"Oddio." Mattia sospira e si porta una mano alla testa, massaggiandola. "Parli di pazzia, ma l'unica che l'ha dimostrata sei tu." si rivolge ancora a me, ignorando malamente la confusione nel retro. "Cinque anni senza i tuoi amici. Hai abbandonato chiunque, non sai... niente di noi. Che amica sei?"

Questo mi ferisce davvero. Davvero troppo.

"Ho avuto i miei problemi e fatto degli errori." ribatto, sentendo la gola che si chiude. "Ma sono un'ottima amica, Mattia."

Sbotta in una risata: "Chiedilo a Lorenzo se la pensa alla stessa maniera."

Wow, ancora più a fondo. Questa spada non smette di infilarsi nel mio petto, trafiggendo cuore, polmoni,... tutto.

Avanzo una minaccia tremante, mentre le mani mi prudono per la rabbia: "Giuro che se non stessi guidando, ti mollerei uno schiaffo in faccia. A quest'ora avresti già l'impronta della mia mano sulla guancia."

"Giustamente."

"Zi-zia Ne-Nelli, Ra-Rachele di-dice che è spo-sata con Fi-Filippo, ma tu-tu hai detto-"

Torno a voltarmi: "Non siete sposati, ok? Nessuno di voi lo è e nessuno si può sposare alla vostra età. Tanto meno i fratelli."

Vittoria scoppia a piangere rumorosamente.

"Perfetto." commenta Mattia.

"Senti, zittiscili tu, ok? Tanto non sbagli mai, tanto fai sempre tutto nel modo giusto."

Mattia sospira per l'ennesima volta, e nel frattempo, Filippo si impietosisce per la sorella: "L'avete fatta piangere! Non puoi far piangere i Vallicroce, se non sei un Vallicroce!" incolpa me, Mattia e Rachele, indicandoci con sdegno. In realtà la colpa di tutto è sua, ma dettagli. È un bambino, Nelli, ricordati che è un bambino.

"Che lagna." commenta Rachele, roteando gli occhi e guardando dal finestrino.

Filippo allora si sporge verso Vittoria e la abbraccia lasciando che lei pianga sulla sua spalla - una scena piuttosto dolce se esulata dal contesto, ma mi stanno davvero facendo impazzire con questi baby drammi d'amore. Senza contare che siamo a un passo dal fare un mega incidente dove chi sopravvive muore comunque per sensi di colpa. 

"Filippo, ti prego, falla smettere." lo imploro, dunque.

Lui annuisce: "Voglio sposare lei."

"Ottimo, ottima cosa." sospiro di sollievo.

"Zio Mattia, ci puoi sposare?"

"No, Filippo, sto guidando. Ma zia Marinella potrebbe davvero usare il fiato per scopi più nobili, quindi vi può sposare lei. È il genere di casino che potrebbe sottoscrivere senza problemi."

"Oh-oh-oh, come siamo divertenti!" sibilo. "Zio Mattia non ci sa fare nelle storie d'amore, specie quando si tratta di promesse. Quindi, ok, vi sposo io; siete ufficialmente marito e moglie."

"Posso regalare l'anello di zia Gloria a Vittoria?" chiede Filippo, mentre la rossa batte le mani, eccitata. "Così gli dimostro che gli voglio bene a lei e non a Rachele."

"Ehi!" si lamenta la più grande, mentre l'italiano di Filippo va sempre più a puttane.

"No." decreto.

"Dai, per favore!"

"No!"

"Senti, dagli quell'anello." ringhia Mattia. "Prima che mi scoppi la testa."

"Vuoi fargli fare una brutta fine, per caso?"

"Saremo noi a fare una brutta fine, se questi tre non se ne stanno zitti." poi mi regala un instante della sua attenzione per rivolgermi un'occhiata di sottecchi. "Facciamo quattro."

"D'accordo, Mary Poppins, facciamo come dici tu." sbotto, contrariata. "Vediamo quanto intelligenti sono le idee di Mattia Zingaretti." 

"Sono bambini. Credimi, ormai ci so fare."

Contemplo il nirvana dei sentimenti negativi, mentre la do vinta all'equinocefalo, solo per dimostrargli che è davvero un idiota e che non risolverà un bel niente. Do la fede di Gloria a Filippo, che la infila al pollice di Vittoria e si compiace sfottendo Rachele. Mattia finalmente esce dalla superstrada e imbocca il sentiero alberato che conduce a villa Magna, con sommo sollievo di tutti quanti. 

Ma i bambini ricominciano istantaneamente a litigare; Rachele a sua volta gelosa adesso che c'è di mezzo un anello. Era prevedibile; d'altronde è una Ravasi. Quindi ora che siamo fuori dal traffico, posso inveire liberamente sullo stronzo alla mia sinistra.

"Vedi? Sei un idiota!"

"Almeno siamo salvi. Se avessimo aspettato te, ci saremmo schiantati venti volte contro un platano."

"Non sei divertente. Non sono cose su cui scherzare."

"Appena mi fermo, ci facciamo ridare l'anello, stai tranquilla."

"Non mi riferivo a quello! Mi riferivo alla tua costante voglia di giocare con il concetto di vita e di morte, come se fosse simpatico, come se nessuna delle due avesse valore per te!"

Mattia rimane interdetto per un secondo: "Perché esageri sempre? Perché anche le più piccole cose, come le battute, diventano un ostacolo tra noi due?"

"Perché lo sono!"

"Se volessi affrontare il tema delle nostre scelte e divergenze d'opinione-"

"No! È evidente che non parleremo mai, io e te." decreto. "Come si è visto, è completamente inutile!"

Da lontano avvistiamo il cancello della villa che inizia ad aprirsi. Grazie a Dio: tra la voglia di piangere e le urla dei bambini dietro, non vedo davvero l'ora che questo viaggio sia terminato.

"Non ci gioco con la vita e la morte, so il valore che hanno." dice, stringendo il volante, come ogni volta che si innervosisce. "Lo so meglio di te."

"Non mi pare."

"So anche il valore del tempo. Come dicevo prima, è un concetto che io ritengo importante. Io, tu per niente."

"Sei molto filosofico, Mattia, ma in pratica non fai nulla che eguagli le tue parole."

"Ah, no? Vuoi sentire che faccio in pratica?" Mattia entra nel cortile della villa e frena bruscamente per parcheggiare, tirando con foga il freno a mano. Finalmente spegne il motore e molla il volante, così può voltarsi verso di me e sovrastare il baccano dei bambini con la sua voce: "In pratica sono cinque anni che ti corro dietro! Cinque anni che provo a farmi ascoltare da te, ma tu sei come i miei genitori! Non mi stai a sentire, mai! E lasci che tutto vada a rotoli facendomi annaspare nella mia stessa impotenza!"

Non me lo aspettavo. Non mi aspettavo per niente che scegliesse questo termine di paragone, ma ha sbagliato alla grande.

Mi sporgo verso di lui e gli punto l'indice contro, fissandolo con tutta l'autorità che mi è concesso esprimere: "Non mettermi sullo stesso piano dei tuoi genitori." sibilo, facendomi sentire solo da lui per evitare a quei bambini di ascoltare cose traumatiche. "Perché loro non ti hanno amato sempre. Io invece sì."

Mattia non trattiene una mezza risata di scherno, esattamente come prima. Poi mi riserva l'ultimo sguardo di disprezzo, prima di scendere dall'auto: "È una dichiarazione bellissima. Grazie, Marinella. Ne avevo proprio bisogno."

E con questo smonta, non senza essere accompagnato dai bisticci incessanti di Vittoria, Rachele e Filippo, che si sovrappongono allo schianto di quattro portiere - povera Audi.

"Beh, invece lo è!" mi difendo, urlando da sopra il tetto della macchina. "Ma ovviamente a te non fa né caldo né freddo! Tu sei un soldato, per la miseria!"

"Tu non sai niente di amore!" mi accusa, mentre chiude a chiave premendo il tastino con forza bruta. "Blateri a riguardo da tempi immemori, ma, di fatto, non ne sai proprio nulla."

"Oh, mio Dio! Tu non ne sai nulla! Tu non sai com'è stare cinque anni rinchiuso dentro la tua testa, sorvegliato dalla paura e attaccato dall'ansia! E tutto perché chi ami non ti ha ferito così tanto che..."

"Almeno tu hai trovato qualcuno, Marinella, qualcuno che a quanto pare chiami anche nel sonno! Almeno a te è capitato qualche volta di stare bene. Ma io ho sprecato due anni a sperare di parlarti, il successivo a cercare a tutti i costi di dimenticarti e i restanti ventiquattro mesi a provarci con qualsiasi ragazza, ma non riuscire ad innamorarmi di nessuna, perché l'unica che ho mai voluto mi ha odiato per tutto il tempo!"

"Io non ti odio." le mie parole non trovano approdo, dato che Mattia si è messo a camminare lontano da me. Segue i bambini che ora si sono fatti trasportare dai battibecchi nel retro della villa, apparentemente interessato a loro e al come riportare la calma almeno in quel contesto.

Anche io mi affretto a raggiungerlo e ripeto nella foga: "Io non ti odio."

"No, certo che no. Mi ami, giusto?" cammina in avanti e nemmeno mi guarda.

"Sei libero di non credermi e di continuare con le battutine. Ma se ti odiassi davvero, Zingaretti, mi sarei messa con te cinque anni fa. Avrei lasciato che gli eventi accadessero. Che tu partissi, che io restassi a Venezia, che ci vedessimo quando possibile." 

Mattia grida qualcosa ai bambini che non lo ascoltano, e io lo strattono affinché presti attenzione a me: "Saremmo stati assieme per un po', finché la famosa instabilità di cui ti parlavo prima avrebbe trasformato l'euforia in paura, in insicurezza e, alla fine, ci avrebbe separato."

"Allora il tuo metodo è una bomba. Non siamo stati separati per niente."

"Non ho risparmiato sofferenze a nessuno dei due." ribatto, deglutendo il suo sarcasmo. "Ma almeno ho lasciato che rimanesse, da qualche parte, una possibilità per noi. Di essere quelli che avremmo potuto essere, se le tue stupide idee e le tue insensate vie di mezzo non si fossero frapposte fra noi e i nostri piani."

"Giusto." sorride amaramente, lasciando passare qualche attimo perché quello che sta per dire assuma un certo peso. "Sempre meglio la fantasia che la realtà per te, eh?"

Incasso malamente questa frecciatina e sto per rispondere in un modo che lasci vedere tutto il mio disagio, quando qualcosa mi interrompe. Avvisto i bambini correre, alle spalle di Mattia, e venire verso di noi con fare disperato.

Non serve nemmeno che chieda che succede, perché in realtà ho seguito tutta la scena distrattamente. Ero concentrata su Mattia, ma ora che faccio mente locale, non è difficile ricostruire l'accaduto, dato che si è svolto sotto i miei stessi occhi.

Smontando dalla macchina, Rachele stava urlando contro Filippo, perché la fede che aveva messo a Vittoria sarebbe in realtà spettata a lei. Così Vittoria ha difeso il suo neo-sposo/fratello e Rachele si è infuriata ancora di più. Ha facilmente sfilato l'anello dal pollice di Vitto ed è corsa lontano con quello. Ma Filippo l'ha raggiunta e l'ha atterrata. Vittoria si è riappropriata dell'anello, Rachele ha scansato Filippo da sopra di lei e poi le due si sono messe a litigare. Strattonando la fede da una mano all'altra, quest'ultima è caduta, è rimbalzata a terra ed è rotolata dritta dritta dentro la piscina interrata di villa Magna.

"Oh, merda." esclamo con un filo di voce, giusto prima che Mattia si volti e venga assalito dalle caotiche spiegazioni dei bambini.

Appena comprende pure lui la gravità della situazione, spalanca gli occhi e mi fissa disorientato.

"Sono le tue stupide idee." gli ricordo, tanto preoccupata quanto lui rispetto al rischio di aver appena sfanculato una fede nuziale.

Ma faccio giusto in tempo a sgridare i bambini e rimandarli di sopra, che la BMW grigia di Magno fa la sua comparsa in villa, parcheggia e lascia scendere una Gloria e un Magno dai visi molto più distesi rispetto a quelli di stamattina. Ottimo, perfetto.

Gloria ci avvista qui impalati davanti alla piscina, i bambini che sono appena spariti dietro la porta, ma non si fa troppe domande. Agita la mano nella nostra direzione e sorride.

"Che cosa facciamo?" sussurra Mattia.

"O si dice la verità o si improvvisa. Mattia direbbe la verità, Marinella improvviserebbe. Ma è colpa tua, quindi veditela da solo."

Faccio per defilarmi, ma Mattia mi trattiene per un braccio: "Aspetta. Per favore..."

È una chiara richiesta d'aiuto a cui risponderei con un chiaro 'vaffanculo', ma purtroppo mi trovo in debito, da questo punto di vista. Per quanto mi disgusti aiutare questo stronzo, sono obbligata, dato che lui mi ha dato una grossa mano a gestire una brutta situazione alle cantine di Benigni. 

Quindi, guardandolo in cagnesco, mi trattengo qui accanto a lui, finché Gloria, Magno e Cris non ci raggiungono spumeggianti. Prima ci informano dei loro successi, quali aver guadagnato il consenso del comune e poi quello di Ai per il celebrante del matrimonio. Dopodiché ci chiedono di noi. Purtroppo non posso nemmeno arrabbiarmi per la questione del servizio fotografico, non sarei nella posizione per farlo, ma assicuro che tutto è stato portato a termine nel migliore dei modi: il vino è già nella cella frigorifera, i fiori verranno procurati da Paola e le fedi... beh, sono al sicuro nelle stanze dei testimoni, ovviamente!

Gloria e Magno sono piacevolmente sorpresi e ci invitano a prendere un drink in centro dopo cena. Mattia e io decliniamo prontamente, dicendo di essere davvero, davvero stanchi. I nostri compagni se la bevono e tornano dentro alla villa, raccomandandosi di far presto ché Marco sta per servire la cena: una prima prova per il pranzo ufficiale del matrimonio.

Appena i ragazzi sono scomparsi all'orizzonte, mi volto verso Mattia: "Stasera è l'occasione perfetta. Mentre sono tutti via, esci senza farti notare e recuperi l'anello."

"Cosa?" il microcefalo è sconvolto da tutto ciò. "No! Non esiste!"

"Oh, sì, e vedi anche di non farti beccare da nessuno, se non vuoi essere la causa del suicidio di Gloria, nonché della nostra defenestrazione." 

"No, forse non hai capito. Io non ci entro nella piscina."

Lo fisso con sommo disappunto.

"Facciamolo adesso. Insieme." propone.

"No."

"Per favore."

"Ma non vedi che adesso è impossibile? C'è ancora luce, ci vedono tutti, e poi cosa raccontiamo quando ci vengono a cercare fra cinque minuti? Volevamo farci un bagnetto prima di cena?"

Mattia mi guarda smarrito e deglutisce: "Allora aiutami stasera. Per favore. Non ce la faccio da solo."

"Oh mio Dio, ma è così facile! Non puoi annegare in una piscina!"

"C'è gente a cui è successo."

"Senti." sbuffo. "Arrangiati da solo. Sei uno stronzo e io una pessima amica. No?"

"Non ritiro quello che ho detto, solo perché mi serve un favore." ribatte, afferrando di nuovo il mio braccio e guardandomi fisso. "Ma mi serve un favore."

"Te ne ho già fatto uno."

"Cioè? Non mettermi appositamente nei guai? Grazie."

"Te lo saresti meritato." affermo. "Sai, a volte mi ritengo anche troppo buona. Dopo tutto quello che mi hai riversato addosso..."

"La chiamano verità."

Mi libero dalla sua stretta con uno strattone: "Beh, eccoti la verità: noi due siamo inconciliabili, quindi non troveremo mai un equilibrio, quindi hai ragione tu. Meglio vivere le grandi emozioni dell'instabilità e le sfide che essa ti mette davanti, rischiando di vincerci tutto o di perderci... tutto. Buon lavoro con la fede di Gloria, soldato. Io me ne torno nella mia fantasia, dove si sta mille volte meglio!"

E detto questo, rivolgo le spalle a Mattia e me ne vado a cena. Non mangerò niente, perché il mio stomaco oggi è stato letteralmente preso a pugni. E no, non starò mille volte meglio. Starò peggio, di sicuro, ma almeno fino a domani non dovrò ascoltare la sua voce, che mi fa così male, né vedere i suoi occhi, che, come ogni volta, mi impediscono di ignorare ciò che provo per lui.

Non ci crede, ma è veramente amore. E se solo ci fossimo baciati, oggi, su quell'altalena, l'avrebbe sentito.


***

Come ci si può dimenticare la data di pubblicazione del capitolo?

Chiedo scusa, ma nella mia mente un caledario Maya ha preso il sopravvento e mi ha fatto perdere la cognizione del tempo come lo intendiamo oggi; per questo ho pubblicato così tardi rispetto agli accordi presi. Perché mi sono bevuta il cervello.

MA, ci sono dei ma.

Innanzitutto, questo è stato un capitolo molto interessante da scrivere: pieno di pathos ed emozioni. Ma la cosa bella è che mi ha fatto davvero sentire come su un'altalena: alle volte ero presisissima dalle scene, altre volte mi lasciavo sorprendere dai piccoli dettagli. Era un su e giù di emozioni, sia positive che negative.

E poi, dai, ci stava. Ci stava un capitolone protagonizzato da questi due, non credete? Io penso pure che si siano fatti dei microscopici passi avanti. Ok, forse non finiranno a letto nel prossimo capitolo, ma...

O forse sì. Forse finiranno a letto nel prossimo capitolo.

E poi si uccideranno.

Ma sono Nelli e Mattia, che cosa c'è di strano?

Il vero punto cruciale - e qui lancio le basi per le mie solite domande - è: arriveranno mai ad avere un confronto che porti a delle decisioni? A una conclusione? A un tirare le somme? O continueranno ad amarodiarsi (neologismo) finché uno dei due non tronerà a casa propria e tutto tornerà ad essere brutto e distaccato come prima?

E ora altre domande sul capitolo:

1) La prima scena è stata troppo bellina. Si tengono per mano, ma che cuccioliiiii <3 Vero? VERO??

2) Nelli è veramente combattuta sulle scelte per il futuro, proprio per i motivi che ha esposto. Secondo voi, alla fine, che decisione prenderà riguardo al lavoro con Benigni?

3) Scorci di DIALOGO e CONFRONTO nella scena dell'altalena. Scherzi a parte: per la prima volta nella vita mi sono trovata per le mani una discussione intelligente portata avanti, senza particolari scleri e con mutuale curuiosità e beneficio, da Marinella e Mattia. Allora sono diventati grandi :') *stappa lo champagne*

4) E il bacio? Ne vogliamo parlare? Beh, quasi bacio, dai.

5) Io shippo Vittoria e Filippo. Fottesega se sono fratelli.

6) Ovviamente ogni cosa era destinata a degenerare, ma ho come il presentimento che Nelli e Mattia si siano solo riversati addosso parole cattive e vuote, perché entrambi sentono fortemente la rabbia e il risentimento. Sappiamo che quando non basta litigare, questi due passano ad approcci diversi, quindi... chi spera che nel prossimo capitolo facciano sesso veramente?

Adesso sta a noi decidere la prossima data: io mi darei qualche giorno in più del solito, visto e considerato che sto lavoricchiando un po' di più, ma provo comunque a fissare per l'1 dicembre. Se mi vedo in difficoltà per quel giorno, sposto la data e vi avviso, ma ad ogni modo stavolta me la segno su vari calendari, onde evitare figuracce come quella di oggi -.-

Non vi voglio molestare più di tanto, quindi per stavolta concludo in fretta. So che per voi è una scelta del ca**o, ma ho deciso che al posto di lasciarvi con uno spoiler dal prossimo capitolo, vi lascio con una video-recensione. Ero in debito da tempo con l'azienda Firmoo, a cui avevo promesso una review e ora eccola qui. Girata in ottima qualità dal mio Huawei P10, ma condotta poveramente dalla mia faccia e dalla mia incapacità di fare inquadrature decenti. Buona visione... e buona vista ahaha XD

Che ridere.

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P.S. So di aver messo un po' di carne al fuoco con i momenti social di questo capitolo, ma ci terrei a specificare una cosetta che mi frulla in testa da un po'. Per me i momenti social sono un qualcosa in più, molto spesso in veste di provocazione, ma non dicono mai nulla che prima o poi non si trovi anche nella storia. Quindi non vi preoccupate se delle volte ve ne perdete qualcuno per strada: sono importanti e caratteristici di "Io e te", ma non sono fondamentali ai fini della trama; la integrano solamente e la manipolano in termini di flashback o anticipazioni.

P.P.S. Forse vi sembrerò una psicopatica, ma c'è una parte che per me è bellissima nel cap ed è quando Nelli regala il giglio a Mattia... non capisco perché mi piaccia così tanto, eppure... non lo so, è strana e... a modo suo... bella. (Marinela, kosa ciera in quel gilio?)

   
 
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