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Autore: NicolaAlberti    21/11/2017    0 recensioni
Prima parte cap. 1-10 "PURGATORIO" - Seconda parte cap. 12 - 21 "INFERNO"
Una storia d’amore impossibile immersa in un’ambientazione surreale dai tratti cyberpunk e dai richiami danteschi. Una minaccia robotica che spinge il protagonista alla paranoia e alla fuga tra i meandri di una labirintica e utopica costruzione babelica che ha sostituito l’antica città di Parigi. La ricerca della verità tra le intricate illusioni di una nuova era tecnologica che ha stravolto il mondo, mentre qualcosa di oscuro e insondabile, un dubbio perenne nella mente del protagonista, continuerà a modificare la sua percezione del reale, costringendolo ad esplorare il dedalo della propria coscienza.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La sfera sembrò scaricare il suo peso su di me, abbandonandosi dolcemente e con premura. Era leggera. La stavo sostenendo tra i palmi delle mani e la mia guancia posava sulla sua superficie liscia. Riconobbi, al contatto della pelle con il vetro, che stava cambiando qualcosa nella composizione del materiale, come se ciò che avevo tra le braccia non fosse più fatto di vetro, ma si fosse, quasi alchemicamente, tramutato in un oggetto di gomma. Mi sembrava di stringere un pallone morbido e colmo d'aria.

Lasciai la presa incuriosito, ma non provavo ne spavento ne sorpresa. La palla cadde a terra rimbalzando e cominciò a scorrere lungo il pavimento. Rotolò per qualche metro in direzione della parete che mi stava di fronte e poi scomparve dietro di essa, attraversandola senza alcun impedimento.

Dopo la folle corsa tra i meandri di quel labirinto, con il duplice scopo di seguire la voce di Amal e di sfuggire dalla minaccia degli osservatori, sarebbe stato lecito pensare che la riproduzione audio, emessa dall'osservatore che mi era improvvisamente apparso di fronte, non fosse nient'altro che un bieco stratagemma per attirarmi in una trappola. Eppure non lo pensai neanche per un solo istante. Sapevo che era un richiamo sin dall'inizio. In realtà, non abbracciai la sfera nell'atto rassegnato di abbandonarmi ad un destino di morte, lo feci perché mi sembrava uno degli assurdi gesti che avrebbe potuto compiere Amal. Lo feci perché semplicemente amavo quella voce indipendentemente da dove provenisse. Credetti che quella sfera potesse percepire il mio amore e sapevo che avrebbe funzionato. Sapevo che nonostante Amal mi avesse detto di starle lontano, in realtà stava cercando di chiamarmi a sé. Non avevo ancora chiaro in che misura lei c'entrasse in tutto questo, ma ero perfettamente conscio del fatto che dietro ogni cosa c'era lei.

Seguii la sfera senza indugiare. Non mi posi neanche il problema di pensare di attraversare quel solido muro fingendo che fosse immateriale, lo feci e basta, nella piena convinzione che non avrei trovato alcuna resistenza: fu come attraversare una nube di fumo.

Mi trovai al centro di una stanza, le cui pareti altissime si perdevano verso l'infinito. I muri erano costellati da video-terminali. Erano a migliaia, non c'era alcuno spazio vuoto.

Ogni schermo proiettava a ripetizione una serie indipendente di immagini. Tutte le sequenze erano riprese dal punto di vista dello spettatore. Gettai casualmente l'occhio di qua e di là, riconoscendo le scene che vedevo. Ogni schermo riproduceva scene di vita e di esistenza di ognuna delle mie copie: all'interno del Dedalus, nell'Ade, nei pressi dello snodo internazionale di Parigi, nel paradiso terrestre, sulla vetta della torre, nella biblioteca, nella città di Dite, in questa stessa stanza.

Era la mia storia completa.

Vidi scene brevissime, nelle quali si assisteva all'immediato termine della mia vita. Vidi le innumerevoli scene della strage all'interno dell'hangar. Mi vidi, completamente divelto, in una macchia di sangue e cruore che si sparpagliava largamente sul terreno ai piedi della torre. Mi vidi compiere scelte diverse a discapito dell'ineluttabilità del mio destino. Mi vidi morire, ancora e ancora e ancora, per centinaia, migliaia di volt... e capii. Capii e ricordai.

Ricordai immediatamente quelle scene, tutte quante. Erano reminiscenze distanti, memorie che, fortunatamente, non erano accompagnate da alcun sentimento travolgente, ne sarei stato sicuramente distrutto. Come avrei potuto campire di tale colore di morte e sofferenza la mia povera mente senza soccombere o diventare folle?

Invece di rivivere ognuno di quei singoli istanti, mi fu concesso di vederlo così come si vede un film. Dovevo comprendere il dolore e il destino delle mie copie, delle mie identità, e quello era stato un modo pacato, un gesto dolce da parte di Amal, per permettermi di comprendere, risparmiandomi l'atrocità di assorbirlo direttamente.

Ma lei lo aveva provato tutto... infinite volte... Povera, Stella mia!

Alla fine di quel silenzioso e addolcito supplizio, una serie di informazioni giunsero direttamente al mio cervello, come se fossero state scaricate direttamente da un computer. In quell'istante seppi che potevo raggiungerla. Sul fondo dell'abisso avrei visto il vortice che rappresentava quel caos di realtà e di sofferenza che in questa realtà prendeva il nome di Maesltrom.

Ma non era solo questo.

Seppi finalmente, e con certezza, che era lei. Era lei fin dall'inizio, in diverse forme, in diversi luoghi.

Nel nostro passaggio in Arcadia aveva tentato di condurmi in un luogo dove avrei potuto essere felice, vivendo, all'interno di un simulato paradiso, sprazzi della mia vita precedente. Mi aveva concesso di provare, incontrando Francesca, quello che doveva essere stato il mio amore al di fuori di questa simulazione... nella vita reale. E quando mi ero rifiutato di accettare questo destino, non riconoscendolo come mio, Amal, aveva cercato di allontanarmi da sé, sebbene mi amasse, perché non scoprissi l'atroce verità su di lei... su ciò che era.

L'unica cosa che avrebbe desiderato offrirmi più di ogni altra cosa era una via di uscita, purtroppo però questa era anche l'unica cosa che non aveva la capacità, né la possibilità, di darmi.

Capii di essere intrappolato qui per sempre: in un mondo illusorio creato da lei. Forse questo stesso luogo infernale non era nient'altro che una sua valvola di sfogo: un posto in cui si scaricare la tristezza e il dolore dell'enorme peso che gravava sulla sua anima.

Come poteva avere una tale forza? La percepivo sovrumana. Mi sentivo amato e prediletto direttamente da qualcosa che si avvicinava al divino.

I limiti di questa terribile riflessione tendevano a sfuggirmi, faticavo a mantenerla chiara all'interno della mia psiche. Ne sentivo l'immensa tragicità  e la desolante mestizia, ma riuscivo solamente a valutarla con cruda logicità; non avevo abbastanza cuore per poterla comprendere nella sua totalità a livello emotivo.

Gli schermi cambiarono improvvisamente immagine, riproducendo, tutti contemporaneamente, il volto di Amal. Il suo sguardo era diretto verso di me. I suoi occhi neri erano gonfi e lucidi. Piangeva sommessamente con deboli sbuffi. Le lacrime scendevano accumulandosi ai lati della bocca formando delle perle trasparenti. Non diceva nulla.

«Povera Stella...», dissi. Una voce metallica risuono dai lati della stanza: «deframmentazione completata». Le singole immagini si unirono e si delineò una gigantesco primo piano di lei che si divideva tra i vari schermi. Cercò di dire qualcosa balbettando tra i singhiozzi.

«No-non è co-come... fffn... pensi... ho-ho cercato d-di... fffn... di...  salvarti. M-ma tu... tu facevi di... fffn... di testa tua c-CAZZO! Non po... non posso controllar-ti... Non voglio!».

«Non sento dolore Amal... non è colpa tua», dissi, cercando di consolarla.

Sorrise mestamente tra le lacrime «Seee... s-sai quante volte mi... mi hai detto il contrario?».

Era vero. Ricordavo anche quello.

Ricordavo questa conversazione e le sue varianti. Eppure adesso che sapevo, e credevo di aver capito ogni cosa di ciò che era accaduto, il seguito di questa vicenda mi sfuggiva completamente, il futuro mi sfuggiva. Cosa sarebbe successo a partire da questo momento? Quali esiti avrebbero avuto le mie prossime scelte?

«Questo casino... vedrai, sistemeremo tutto... lo faremo funzionare, Stella, in qualche modo». Lei non reagì, guardò verso il basso e non rispose nulla.

La voce metallica annunciò che il ripristino era terminato. Subito dopo l'avviso, l'immagine di Amal scomparve.

Mi voltai deciso. Si sentì un rumore di leve idrauliche che entravano in azione. Gli schermi alle mie spalle si spostarono incassandosi su più livelli di gradini. Al centro si creò un apertura che conduceva direttamente all'esterno, sulla piattaforma trasparente. Scorsi in lontananza una figura umana in attesa, era Cicero. Era rimasto in standby, ancora con il braccio teso nella mia direzione.

Mi avvicinai ed egli sembrò come risvegliarsi. Mi chiese: «Hai visto le tue Personae?».

«Non capisco bene cosa tu voglia intendere, mio buon Cicero. Ci sono ancora molte cose che non comprendo, ma sicuramente ho acquisito una più ampia "visione" d'assieme».

«Riesci a vedere il Maelstrom?».

Non ebbi neanche bisogno di buttare l'occhio sotto i miei piedi: lo sentivo, ne sentivo la sua forza straordinaria e terribile. Feci un semplice cenno con la testa.

«E vuoi ancora raggiungerla? Nonostante tu sappia che l'amore che senti è un'illusione?», mi chiese Cicero con espressione neutra.

«Non hai compreso assolutamente niente dell'amore, mio buon amico, anche se lo sai annunciare e descrivere tramite deliziosi aforismi. L'amore che sento è l'unica cosa reale di tutta questa storia!».

   
 
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