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Autore: Sospiri_amore    22/11/2017    0 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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OGGI:
Usare il cervello






QUESTI ULTIMI CAPITOLI SARANNO ABBASTANZA LUNGHI.

 

«Quel bastardo. Giuro che se me lo ritrovo tra le mani lo strozzo». Lucas sbraita, pare impazzito. Gli ho raccontato cosa mi ha fatto Andrew e che probabilmente sono coinvolti Salti e Bottari i suoi soci in affari. «Se tu te ne fossi andata saremmo finiti nei guai. Se Kate non ci avesse portati qui sarebbe scoppiato un casino».

«Mi dispiace, ma ero terrorizzata», dico sfinita.

 

James guarda fuori dalla finestra da venti minuti buoni parlottando con Jo. Rebecca e Adrian stanno in silenzio mentre Stephanie è pallida come un cencio. Kate mi tiene per mano con l'aria spaventata.

 

«Ho investito tutti i miei soldi in questo progetto. Ho una famiglia e due figli da crescere, non hai pensato a noi quando Andrew ti ha minacciata?», mi rimprovera a Lucas.

«È sconvolta, non infierire. Adesso cerchiamo di non peggiorare la situazione», gli dice Kate zittendolo.

 

Io sono sfinita è da ore che parliamo e ripetiamo le stesse cose. Non ne posso più. Lucas è spaventato e arrabbiato, il progetto dell'albergo e del locale sono suoi, è stato lui a volere Andrew come socio di minoranza. 

Stephanie non sembra essere su questo pianeta, l'idea che la sua vita venga stravolta l'ha destabilizzata. Gli altri non sono da meno, fanno ipotesi di ogni tipo, immaginano scenari possibili, ma l'unica cosa certa è che non sappiamo nulla e non abbiamo certezze su quello che sta succedendo.

Purtroppo nessuno di noi può leggere nella mente di Andrew.

 

«Credo siano chiare due cose. Non dobbiamo far capire a Andrew che sappiamo cosa ha detto ad Elena e non possiamo restare con le mani in mano», dice James con piglio deciso.

«Cosa intendi con non possiamo restare con le mani in mano?», mi intrometto bruscamente.

«Intende dire che non possiamo permettere a Andrew di rovinarci la vita. Abbiamo un vantaggio, lui non sa che noi sappiamo. Ogni ora, ogni minuto è importante. Dobbiamo affidare le nostre ricerche a persone di fiducia. Estrema fiducia», dice Jo.

«Direi che siamo a cavallo. Caroline ha detto che probabilmente c'è una spia, un doppiogiochista nel vostro ufficio. Chi mi dice che non sia uno di voi? Magari sta già complottando con Andrew per rovinarmi la vita e...».

 

James mi interrompe.

 

«Non essere ridicola. Nessuno farebbe mai una cosa del genere. Nessuno di noi è una spia», mi dice come fossi una bimba piccola.

«Certo. Come no. Visti i vostri precedenti non devo far altro che affidare a voi la vita mia e di mio figlio... hmm... vediamo un po'», picchietto il dito sul mento fingendo di pensare, «Direi che... no. Non mi fido di voi».

«Ecco, ti impunti quando non dovresti farlo. Ti abbiamo chiesto scusa per come ci siamo comportati da ragazzi. Basta. Il passato adesso non conta, conta il presente, conta quello che ha fatto Andrew», dice James scocciato.

«È qui che ti sbagli. Il passato conta, eccome. E se non ti dispiace vorrei tenere un po' di rabbia nei vostri confronti perché forse non basta chiedere: scusa, mi dispiace. O cose simili. È con i gesti che si dimostrano molte cose», fisso James cercando di contenere il desiderio di prenderlo a schiaffi, mi solleticano le mie mani.

«E noi cosa stiamo facendo? Potevamo andarcene e lasciarti finire il tuo ridicolo trasloco, dirti addio e concentrarci sui nostri affari. Siamo qui perché vogliamo stare qui. Siamo qui perché non possiamo salvarci se non aiutiamo anche te. Siamo tutti collegati, volenti o nolenti». James ha le braccia conserte, è imperscrutabile.

«Certo, il solito egoista», bisbiglio a bassa voce mentre mi giro verso Kate.

«Cosa? Cosa hai detto?», mi chiede irritato a James.

 

Apro le braccia come fossi innocente, spalanco gli occhi e lo guardo con finto stupore.

 

Jo trattiene James.

Credo che se potesse sarebbe lui a prendermi a schiaffi adesso.

 

«Caro sotuttoio, ti sfugge un particolare. Io non conosco nessuno, non ho un cognome importante e ho un bimbo da proteggere. Cosa faccio? Porto Sebastian in giro per la città a fare chissà cosa? Pedinamenti, domande e ricerche?», dico a tutti con una certa irruenza.

«Ha ragione. I piccoli non devono essere coinvolti. Io porterò Victoria e Lucas Junior dai nonni a New Heaven, in questo modo saranno protetti», dice Stephanie decisa.

«E tu andrai con loro da mia madre», le ordina Lucas.

Stephanie osserva il marito per qualche secondo. C'è fierezza nel suo sguardo: «No. Starò qui con te e con tutti loro, ho un debito con Elena e non ho intenzione di lasciare nessuno. Sarò artefice del mio futuro, nel bene e nel male. Il matrimonio è anche questo, condivisione di cose belle e brutte».

 

Lucas prova a ribattere, ma Rebecca parla per prima.

 

«Un cervello in più ci farà sicuramente comodo. Stephanie è dei nostri e per quanto riguarda Sebastian puoi provare a chiede a tuo padre. No?», mi dice Rebecca.

«Devono accudire la piccola Maggie, tra i corsi extra per la dislessia e il lavoro alla casa editrice, non hanno molto tempo. Dove manderebbero Seb? Non è iscritto a nessuna scuola a New Heaven. Dove lo terrebbero?».

«Una soluzione c'è...». James rimane sul vago.

 

Lo guardo incuriosita, anche perché non mi fido molto delle sue uscite.

 

«C'è sempre mia nonna. Geltrude. Lei adora il piccolo e poi ha una squadra di domestici che l'aiuterebbero, per lei non sarebbe un problema», mi dice come fosse la cosa più logica del mondo.

«È vero, sarebbe al sicuro e coccolato», dice Kate con entusiasmo.

 

Grugnisco.

Non mi va che Sebastian stia lontano da me per troppo tempo, sono legatissima a lui.

Del resto quella che James mi ha proposto è un'opzione non male e poco traumatica per mio figlio.

 

«Accetto. A patto che Geltrude segua le mie regole sull'educazione di Sebastian. Niente giochi extra. Niente schifezze e dolciumi. Niente televisione prima di andare a letto», dico inflessibile e convinta.

 

Tutti scoppiano a ridere. Sanno benissimo che Geltrude farà di testa sua, come al solito.

 

«Ok, ho capito non c'è possibilità che Geltrude faccia quello che io dica, ma forse sarebbe meglio avvisarla. Potrebbe avere impegni e...».

 

James mi interrompe.

 

«L'ho avvisata cinque minuti fa. Domani mattina passa a prendere Sebastian. È contenta, non ha nessun problema», mi dice sicuro.

 

Io lo strozzo.

Possibile che sia diventato così odioso nel giro di poche ore?

 

«Grazie per aver chiesto il mio parere solo dopo aver deciso al posto mio. Scusa, ma credo di possedere un cervello pure io», ribatto acida.

«Elena, non iniziare a mettere il bastone tra le ruote. Non siamo più ragazzini, quello che eravamo e abbiamo provato deve essere archiviato. Io sono cresciuto e ho preso una decisione logica e pratica. L'ho fatto per non perdere tempo». James mi volta le spalle mentre parla con Rebecca e Jonathan.«Dobbiamo raccogliere tutte le informazioni possibili e capire a cosa mira Andrew».

«Se vuoi guardo la chiavetta USB che Caroline ha lasciato nella busta, quella di cui ci ha parlato Elena. Credo siano registrazioni o discussioni», risponde Jo scattando rapido verso di me con la mano allungata.

 

Gli do la chiavetta sperando che le informazioni di Caroline possano darci un po' di chiarezza e indirizzarci sulla strada giusta mentre mi trattengo dal litigare con James per la sua prepotenza.

 

«Io potrei contattare quel vecchio amico di mio padre, lavorava come investigatore potrebbe fare al caso nostro. Se Caroline ha detto giusto e nell'ufficio legale c'è una talpa non possiamo usare l'agenzia che usiamo di solito, potrebbero essere corrotti», dice Rebecca con in mano il telefono già pronta a chiamare.

«Va bene. Procedete pure», dice James ai due.

 

Jo armeggia con il suo portatile, mentre Rebecca prova a contattare l'amico di suo padre. James prende un foglio e inizia prendere appunti come un forsennato. Lucas e Adrian discutono tra di loro, hanno diversi impegni di lavoro e non possono saltarli perché Andrew capirebbe immediatamente che ho spifferato tutto. Stephanie parla al telefono con la suocera organizzando lo spostamento dei suoi piccoli a New Heaven.

 

Kate se ne sta in disparte intimorita, come me non sa come rendersi utile. Tutti paiono convinti e sicuri, mentre io mi sento persa.

«Dici che ne usciremo sani e salvi?», mi chiede Kate tra i denti.

«Non ne ho la più pallida idea», le rispondo io allo stesso modo.

«Ma non è meglio avvisare Nik?».

«No. Cosa credi che farebbe una volta letta la lettera di Caroline?», le dico io.

Kate vi riflette un po': «Credi che lui la ami?».

Alzo le spalle. Non ho risposta alla sua domanda.

 

Poi.

 

«Merda. Merda. Merda», dice Jo sbattendo il pugno sul tavolo.

«Che succede?», gli chiede a James precipitandosi al suo fianco.

«I file sono protetti, serve la password. Tu la conosci?», mi chiede Jonatan.

«N-no. Non credevo servisse». Prendo la lettera in mano e rileggo il testo. Caroline non fa cenno a nessuna password nella sua lettera.

«Credi che Nik la sappia? Caroline non gli avrebbe mai lasciato la chiavetta USB se non sapesse come leggerli», dice Rebecca.

 

Con gli occhi che corrono da una parte all'altra del foglio cerco un indizio, qualcosa che mi possa suggerire la password, ma non trovo nulla. Kate si mette vicino a me provando a leggere il testo per capire qualcosa, ma anche lei non trova nulla.

 

«Allora?», insiste Lucas.

«Niente. Non c'è nulla di strano, qui», dico sconsolata.

«Andiamo da Nik, lui la conosce di sicuro. Del resto la lettera di Caroline era indirizzata a lui», dice Lucas come fosse improvvisamente ispirato da un'idea geniale.

«No!», urliamo in coro io e James. Ci fissiamo per un istante, pensiamo entrambi la stessa cosa.

«Impazzirebbe. Non riuscirebbe a stare fermo. È agli arresti domiciliari e non può uscire da casa, non può rischiare di uscire. Se venisse preso a spasso rischierebbe di andare in prigione e nessuna cauzione al mondo lo potrebbe togliere di lì. Meglio informarlo quando... quando...», non so come continuare la frase.

«... quando avremo trovato Caroline potremo avvisare Nik», dice asciutto James.

«Cosa? Cercare Caroline? Ma se è sparita? Lei non c'entra nulla con noi», Lucas pare furibondo.

«Ti sbagli, lei è la chiave di tutto», risponde James all'amico dandogli una pacca sulla schiena.

«Ma...», prova a ribattere a Lucas.

«Niente ma. Ognuno sa cosa fare. Abbiamo meno di dodici ore per ritrovare Caroline, scoprire la password e ideare un piano su come incastrare Andrew», dice James a tutti quanti. «Domani mattina, dopo che mia nonna avrà preso Sebastian e dopo che Victoria e Lucas Junior saranno al sicuro, ci incontreremo per fare il punto della situazione. Chiaro a tutti?».

«Sì», rispondono in coro tutti, me compresa.

 

Anche se non ho idea di dove sbattere la testa non posso far altro che seguire tutti loro e sperare che la caduta non sia troppo disastrosa, perché una cosa è certa qualcuno uscirà con tutte le ossa rotte: noi o Andrew?

Non lo so e non saprei rispondere.

 

L'unica cosa sola che so è che devo proteggere mio figlio.

 

Mi ritrovo a riempire la sua cameretta con qualche gioco, mettere nuove lenzuola e pensare come far passare al mio piccolo una buona serata.

James, Rebecca, Jo, stephanie, Kate, Lucas e Adrian sono andati via da mezz'ora circa. Ho poco tempo per rendere la casa abitabile e per preparare le valige che serviranno al mio piccolo domani quando Geltrude passerà a prenderlo.

 

Il solo pensiero mi strazia.

 

Durante tutto il tragitto da casa mia alla scuola materna del mio piccolo non posso far altro che ripensare a tutto quello che è successo oggi. Sono sfinita.

Mi sento così combattuta che i sentimenti che provo paiono ingarbugliati tra di loro. Da una parte i macigni nella mia anima  paiono spariti, il passato svelato è quasi un ricordo annebbiato, dall'altra parte nuovi mostri paiono riempire quelle voragini. 

 

Il terrore che possa accadere qualcosa a mio figlio o a mio padre e la sua famiglia. 

La paura che Kate possa pagarne le conseguenze, nonostante non centri nulla. 

Il dubbio che i figli di Stephanie e Lucas perdano il loro futuro.

 

Non vorrei mai che degli innocenti pagassero per colpe non loro.

Non me lo perdonerei mai.

 

«Mamma, tutto bene? Perché non mangi?», mi chiede Sebastian con i suoi grandi occhi grigi sbarrati. «Lo sai che papà mi vuole portare in campeggio appena arriverà la primavera? L'altro giorno mi ha portato in giro per la città e abbiamo trovato un posto che vende cosi per il campeggio».

«Scusa amore, è che ho la testa un po' occupata. Come ti ho detto poco fa domani mattina devi andare da Geltrude e devo organizzare un po' di cose. Sono felice per te e papà, sarete degli ottimi campeggiatori», dico asciutta mentre aspiro il brodo dal cucchiaio.

«Lo sai che papà ha detto che non lascerà più Boston per stare vicino a me? Lo sai che sta ideando un piatto e gli metterà il mio nome? L'altro giorno mi ha detto che...».

«Basta! Mangia la minestra e poi parlerai. Capito?», dico brusca.

 

Sebastian è impietrito.

 

Sono ufficialmente una pessima madre.

Ho così paura di ferirlo, con tutta questa storia, che sto buttando su di lui tutte le mie frustrazioni.

 

«Scusa amore. Mamma è una sciocca». Mi alzo e lo abbraccio, lo stringo forte, con la speranza che possa capire che l'amore che ho per lui è la cosa più importante che io possegga.

«Non fa niente, mamma. A volte anche io ho la luna storta», mi dice pigolando come un pulcino al riparo tra le ali di mamma chioccia.

 

Lo adoro.

Non potrei vivere senza di lui.

 

La serata prosegue fortunatamente come al solito, routine consolidata, a parte gli scatoloni che bloccano il passaggio e qualche imprevisto. Ritrovare gli asciugamani è un'impresa come il pupazzo preferito da Sebastian è un'impresa. 

 

Lavare i denti.

Leggere un paio di storie.

Coccole.

Una dolce ninna nanna.

Qualche carezza e Sebastian è nel mondo dei sogni.

Io lo seguo a ruota, mi butto sul letto crollando addormentata in meno di un secondo.

 

Neanche un sogno.

Vuoto assoluto.

È come se la notte non fosse passata.

Non ho riposato, mi sento tutta rotta.

La sveglia trilla.

È mattina.

La sveglia trilla sul comodino e fingo di non sentirla, non ho voglia di alzarmi, sto troppo comoda.

 

Poi.

 

Il ricordo che deve passare Geltrude mi fa scattare in piedi.

Con un pugno spengo la sveglia.

In meno di cinque minuti sono operativa.

Latte e bollitore sul fornello.

Biscotti, marmellata e pane sul tavolo.

Mi butto sotto la doccia mentre Sebastian inizia piano piano a svegliarsi.

Con addosso l'accappatoio e l'asciugamano intorno alla testa inizio a bere il mio tè incandescente mentre Sebastian striscia i piedi fino alla cucina.

 

Sembro una trottola impazzita per tutta la casa.

 

Pulisco.

Sistemo.

Preparo.

Ordino.

Faccio tutto in tempo record.

 

Appena suona il campanello di casa Sebastian ed io siamo puliti, vestiti, ordinati e pronti. Appena in tempo.

 

Michael raggiunge la porta d'ingresso con un sorriso smagliante mentre prende i borsoni con le cose di Sebastian. Il mio piccolo gli corre incontro felice del fatto che viaggerà sull'auto con lui, non vede l'ora di salirci.

Geltrude è appena dietro l'uomo e mi osserva da capo a piedi.

 

«Il maglione è messo al contrario», dice con una certa acidità la vecchia.

 

Mi osservo nel grande specchio della sala. Ha ragione.

Lo sistemo mentre maledico me stessa per essere così imbranata e distratta.

 

«Mi auguro tu abbia messo tutto nelle valige del piccolo», aggiunge la vecchia mentre osserva gli scatoloni sparsi nella sala.

«Sì. Se dovesse mancare qualcosa farò in modo che Sebastian abbia ciò che gli serve. Non mi costa nulla venire a New Heav...».

 

La Signora McArthur mi zittisce con un gesto della mano mentre continua a guardare il resto della casa.

 

«La ringrazio per la disponibilità, degli impegni improvv...».

 

La vecchia mi zittisce ancora.

 

«Spero che Sebastian non sia di distur...».

 

Geltrude insiste a farmi tacere, credo muova quella manina su e giù solo per irritarmi.

 

«Non voglio sapere nulla di quello che sta succedendo, non mi interessa. Sono affari tuoi. La tua vita ti appartiene. Non ti ho chiesto nulla quattordici anni fa e non te lo chiederò neanche adesso. Sappi solo che come donna devi imparare a camminare da sola, non sempre ci sarà un paracadute, non sempre sarai salvata. Impara a vivere la tua vita a prescindere dagli amori che ti circondano, sii te stessa sempre a discapito di tutto. Non vivere per accontentare gli altri, mai. Io l'ho capito tardi, l'ho capito quando Demetra se ne è andata. Pur di rendermi felice aveva ripreso a cantare. Non fare il suo stesso errore, non fare scelte per gli altri. Scegli per te, scegli solo quello che ti fa star bene», mi dice la donna con decisione mentre accarezza uno scatolone. «Non permettere a nessun farabutto di farti del male. Usa il cervello. Lotta. Lotta per ciò che vuoi».

«Lo farò», le dico mentre osservo la Signora McArthur uscire dal mio appartamento e attraversare il pianerottolo. «Farò come Demetra», dico a voce più alta per raggiungere Geltrude «Lei cantava non per accontentare lei o qualcun altro. Lei cantava per se stessa, perché amava ciò che faceva e non si preoccupi, distruggerò ciò che mi fa star male, ha la mia parola». 

 

Geltrude si ferma.

Si gira.

Mi osserva per pochi secondi.

Accenna un sorriso.

«Mi raccomando, fallo nero».

 

La guerra finale ha appena avuto inizio ed io non ho la minima intenzione di perderla.

 
   
 
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