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Autore: Anya_tara    22/11/2017    0 recensioni
" Lyfia ... anche se questo corpo scomparirà, la mia anima continuerà a vegliare su di te ". Le ultime parole di Aiolia, e il suo medaglione sono tutto ciò che resta a Lyfia dell'uomo che ha amato come mai nulla, e nessuno prima di lui in questa vita.
E non ha potuto nemmeno dirglielo.
Ma la vita continua, e Lyfia si ritrova suo malgrado costretta a prendervi parte. Tuttavia quella promessa è ancora viva nell'anima della ragazza. Forse più di quanto gli altri possano immaginare.
Questa storia vorrebbe porsi - siamo in zona esperimento - l'intento di riempire quel vuoto. A modo nostro, come sempre!
P.S: il titolo proviene dal brano ononimo dei The Rasmus. Avrei voluto intitolarla "Midnight sun" ma per ovvi motivi l'ho scartato.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Leo Aiolia, Lyfia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Take away,
these hands of darkness.
Reaching for my soul.
Now, the cold wind
blows out my candles.
Feeling,
only fear,
without any hope.

A thousand dark moons.
A thousand winters long.
A million fallen stars,
the candle burns in the womb

We try not to forget,
they live through us.

Slowly they die away at every candle's end
Within Tempation, Candles
 
Frodi attraversa il lungo corridoio con passo marziale. Ma appena realizza di essere solo, al riparo da sguardi indiscreti, si ferma, e appoggiatosi al muro inspira profondamente e cingendosi l’avambraccio con la destra.
Brucia. Esattamente come cinque settimane prima; solo che adesso quel dolore si è spostato dall’anima alla carne. E paradossalmente, a far male non è tanto la ferita quanto la ragione che l’ha obbligato ad infliggersela.
 
“ Da tempo ha perduto l’abitudine di dormire una notte intera. In qualità di Guerriero di Odino non gli spetta l’onere della ronda, ma è certo di poter reggere una notte o più senza sonno, se l’occasione lo richiede.
E l’occasione si chiama Lyfia.
La vede deperire, incupirsi ogni girono di più. Durante i riti per il solstizio è parsa assente, agiva meccanicamente, la pelle diafana, più simile ad un fantasma che alla fanciulla di grande bellezza ch’era sempre stata in passato.
Ha invocato su di lei la protezione della dea Eir, la magica guaritrice degli Æsir pur sapendo che dinanzi a questo male persino Ella può fare ben poco. E’ una malattia senza cura, un’epidemia straniera, che la consuma da dentro e non le lascia scampo.
Per lui. Per lui si sta spegnendo poco a poco.
Frodi attende per quelli che sembrano anni, celato nel buio dei corridoi del palazzo. Le candele bruciano lente, laddove la luce del sole di Mezzanotte non può giungere.
L’impulso di seguirla, di accertarsi che stia bene è forte; eppure non riesce a muoversi, paralizzato da un’energia più potente della sua.
Rimorso. Desiderio di protezione. E … sì, gelosia devono chinarsi di fronte al cospetto del sentimento più grande del resto.
L’amore. Perché in realtà la ama tanto da scendere a patti con se stesso. E se davvero quell’uomo è lì, ad attenderla, lui non può toglierle anche questa speranza.
Ma il tempo passa. Le ore scorrono e il sole cala rapido sulla linea color perla dell’orizzonte estivo e Lyfia non è ancora ritornata.
E’ già stata vittima … cioè, meglio dire, onorata di contatti divini, in passato. Tuttavia non tutte le divinità sono benevole; e anche se Loki è stato sconfitto, molte altre creature sono in grado di lanciare sortilegi ai danni dei mortali, camuffandoli da sogni, assumendo le forme vagheggiate da essi per meglio approfittarsene.  
Prende coraggio ed esce nella notte luminosa, diretto alla foresta. Prima di abbandonare le mura del Palazzo servendosi del passaggio noto solo a chi lo abita lancia un’occhiata indietro e si accorge dell’ombra che osserva dalla finestra: la figura ingannevolmente esile di Sigmund si staglia nitida al di là del vetro.
Anche il compagno deve aver sentito l’apparire di quel cosmo. Eppure è ancora lì, di vedetta probabilmente … osserva ma non interviene; ha già capito che non è necessario, che anzi non è affare di cui impicciarsi. E di cui non dovrebbe farlo neppure lui, Frodi. Avverte chiaro questo pensiero nemmeno gliel’avesse detto dritto in faccia, senza mezze misure, come fa sempre. 
Ma Frodi non si ferma. Qualunque cosa sia ha il dovere di assicurarsi che Lyfia sia al sicuro. Vi si addentra senza timore, certo di fare la cosa giusta quando d’un tratto si ferma, scioccato.
Immaginava. Il suo cuore addestrato alle verità più difficili e dolorose aveva già intuito che la fanciulla non correva alcun pericolo: che il suo cosmo non si era sbagliato e nessun nume infido aveva gettato le sue reti per intrappolarla e perderla. Ma non si aspettava di trovarsi di fronte a questa realtà.
Commozione. Un’immensa compassione prende a sgorgargli dal petto minacciando di risalire fino agli occhi. Quell’uomo tornato ancora una volta dal sonno della morte, ai piedi di un maestoso abete secolare il cui tronco scavato sembra volerlo accogliere, fungere da riparo la tiene tra le braccia, stretta a sé, canticchiandole in un filo di voce parole arcane, dai suoni meno cozzanti tra loro della lingua madre sua e di Lyfia.
Lei dorme serena, accoccolata contro il suo petto. I lunghi capelli sono liberi, ricadono sulle sue spalle come un manto di seta azzurra, ricamati dagli aghi degli alberi e dai granuli di terriccio con il racconto di ciò ch’è avvenuto.
Si sente di troppo, Frodi. Ora si rende conto che ha spingerlo a venire è stato qualcosa di negativo, d’ingiusto. Ha interrotto qualcosa di prezioso per entrambi quei giovani il cui Fato è stato stabilito dalle Norne molto tempo prima.  
Imbarazzato, amareggiato fa per tornare sui suoi passi. Ma non può mettere un piede in terra che la voce di Leo lo richiama. << Frodi >>.
<< Perdonami. Ero in pensiero … per lei >>, confessa senza voltarsi. << Ho … sentito il tuo cosmo materializzarsi. Ma … non ero certo che non si trattasse di qualche … maleficio. Conosco anch’io le leggende riguardo questa particolare notte >>. Nervoso, si tormenta le dita delle mani. Non sta dicendo tutta la verità. E non ha alcuna intenzione di essere sarcastico quando aggiunge: << Però adesso sono tranquillo che non le sia accaduto niente di male >>. Tuttavia quando finalmente si gira legge nello sguardo basso, nel capo chino di Aiolia l’ammissione di una colpa che non gli è stata rimproverata. 
Gli è vicino. Molto vicino. Frodi ritrova sul suo nobile volto dai tratti simili a quelli di una scultura ellenica
un pentimento che non riesce a intaccare la luce, il fervore dell’atto d’amore consumato. Dovrebbe odiarlo almeno in questo momento ma non ce la fa. Neppure il pensiero che abbia goduto del corpo di Lyfia smuove altro nella sua anima che un profondo dolore, inspiegabile e confuso. << Ne è stata … felice? >>, abbozza timidamente.  
Aiolia non risponde. Ma il suo sguardo … non ha bisogno di parole. << Non avrei dovuto >>, dice infine, tornando a guardare Lyfia addormentata con una tenerezza che spezza il cuore.
<< Sigmund l’ha vista uscire dal Palazzo. Anche lui … ha sentito la tua presenza >>, gli sfugge. Una sorta di giustificazione.
Ma per cosa?
Una lunga occhiata silenziosa. Aiolia ha compreso prima di lui stesso cosa davvero volesse dire Frodi.  << Manterrà il silenzio, se … >>.
<< Se? >>.
<< Diventasse la … compagna del suo migliore amico >>.
Frodi aggrotta le sopracciglia, indignato, sconvolto da quelle parole. Gli sono sembrate quasi offensive, nella loro brutale, sensata onestà.
Come poteva buttargli Lyfia in braccio, adesso? Come, mentre aveva ancora le mani, le labbra calde del contatto con quelle di lei? << Stai scherzando, spero >>.
<< Non credo mi sia rimasto molto tempo per scherzare, ormai >>. E con un tono lieve, né d’accusa né di livore, aggiunge: << Sei innamorato di lei >>.
<< Non sono affari che ti riguardino >>, replica svelto Gullinbrusti, avvampando selvaggiamente mentre si sforza di tenere a bada l’irritazione per quell’ulteriore sconfinamento.
Non chiede scusa, Aiolia. Non gli domanda perdono per quel suo disporre a proprio piacimento delle vite altrui, quasi che basti il fatto che sia morto a rendere la sua volontà legge.
Non gli chiede scusa per aver invaso la sua vita, la sua terra. Per aver portato la luce violenta della sua Grecia nel pallore di Asgard, facendo conoscere a Lyfia una fiamma che altrimenti non potrà più ritrovare.
E in certo qual senso … glielo fa apprezzare. Anche se è di lui e Lyfia che sta parlando.
<< Frodi. Sto per andarmene. Ma … tornerò ancora, se non mi prometti che lo farai. E non sarà una visita di cortesia >>.
<< Scordatelo >>. Guarda Lyfia, e ingoiando aspro scuote la testa. << Lei non lo farà. E in ogni caso … non dopo stanotte >>.
<< Falle credere che è stato solo un sogno. Che … è uscita nella foresta … ma il freddo le ha fatto perdere i sensi >>.
Ora Frodi è davvero esterrefatto. Forse il freddo l’ha fatto smarrire a lui un senso soltanto, il buon senso. Crede forse che vi siano imbecilli, lì ad Asgard? Le cose della vita sono uguali per tutti a questo mondo, ai Poli come all’Equatore. Anche se lui non ne è granché pratico sa che vi sono segnali inequivocabili, per una donna, del passaggio del corpo di un uomo nel suo. << Sei pazzo. Come credi che possa dar retta ad una simile fandonia? Si ritroverà addosso i segni di ciò ch’è avvenuto con te >>.
Aiolia prende un profondo respiro. Per la prima volta Frodi si accorge che non tiene le braccia incrociate o le mani sui fianchi: i palmi si sfregano l’un l’altro e le dita si contraggono, proprio come le sue qualche momento prima. La sua incertezza ora è palpabile, un rumore metallico simile al clangore di due lame che s’incrociano. Una porta inciso il dovere, l’altra rappresenta il cuore.
Un attimo. Ma non sarà mica in lui che sta avvenendo quello scontro, e non in Leo? Lui si sta riparando dietro gli scudi delle sue scuse per non accogliere quella supplica?
<< Ho usato su di lei il mio potere curativo. Non c’è nulla che possa tradire … ciò che è successo. O quasi >>.
Quasi.
Cosa implichi quel “quasi” Frodi non vuole sentirlo. Qualcosa d’infranto come la lastra d’uno specchio i cui cocci sono taglienti.
Aiolia si allontana, tornando da Lyfia che riposa ancora. La solleva in braccio con estrema delicatezza, ponendo attenzione a non svegliarla. La stringe a sé come farebbe con un cucciolo ferito. E quando riapre bocca ora a tremare è anche la voce. << Ma … non è solo per questo, Frodi. Anche se non … fosse accaduto io … te l’avrei chiesto comunque. Non … la affiderei a nessun altro, in questo mondo >>. Si avvicina e gliela tende, attendendo che lui allunghi le braccia e la prenda al suo posto.
Frodi deglutisce, appena il calore di Lyfia colma il vuoto delle sue mani. Sente il suo respiro quieto sullo sterno coperto solo dalla maglia leggera, la seta dei suoi capelli sfiorargli il braccio nudo.
Forse è un gioco sporco, quello di Leo. Porgendogliela perché l’avesse contro il suo petto, affidandogliela come ha fatto lui sa di non andare incontro ad un rifiuto.
Però non può credere che quel tono incrinato, quegli occhi di smeraldo addolorati siano una posa. Leo non sa mentire, può anche credere in qualcosa di sbagliato, errare anch’egli ma lo fa in tutta buona fede.
In un’altra circostanza, Frodi avrebbe sorriso. Aiolia gli somiglia, troppo. E sa che se fosse stato al posto avrebbe fatto la stessa cosa.
Non è facile, per quelli come loro, lasciare andare chi si ama. Solo in virtù di qualcosa di più grande, potevano decidere di … farlo, ma non senza aver almeno provato a disporre tutto per il meglio.
Gli costa, affidarla a lui. Non lo fa per lavarsene le mani, per scaricare su qualcun altro le proprie responsabilità: sta cercando di assicurare a Lyfia un avvenire. Vuole davvero che lei viva, e non esista soltanto. Che abbia al suo fianco un uomo che le sia devoto, e che possa provvedere a lei nel migliore dei modi non solo per le necessità materiali ma anche quelle spirituali, per quanto possibile.
Se Aiolia non fosse stato assolutamente sicuro del sentimento di Frodi per lei, non l’avrebbe mai fatto. Non vuole darle un marito purchessia, è chiaro che nutre anch’egli la speranza … d’impallidire, di dissolversi, restare in lieve trasparenza come un riflesso lontano che non fa più male, nell’anima di Lyfia.
Ricorda il suo grido disperato nella camera del Guerriero. Quando lei gli era svanita tra le braccia. Il dispetto provato nel vederla accanto a lui, la crudele trafittura della gelosia quando gli aveva allungato la bianca manina affusolata sulla guancia, prima di evaporare.
Quello che in Frodi fin lì si è solo allentato ora cede del tutto. Accettare l’offerta; no, accogliere la preghiera speranzosa di Aiolia vuol dire dimostrarsi suo pari, al livello del suo valore. Leo non si sarebbe mai separato da Lyfia per qualcuno che non avesse ritenuto degno di lei … e di se stesso.
Gli pare di conoscerlo così bene, da non poterlo biasimare per il suo gesto. Nei suoi panni anche lui avrebbe ceduto. La passione dei sensi non gli era del tutto sconosciuta: ma non avrebbe mai osato sfiorare Lyfia con un solo dito, a meno che non gliel’avesse chiesto lei, e solo dopo averla condotta all’altare.
Ma la morte cambia molte delle prospettive ch’uno si fa del suo destino. Delle sue convinzioni. Stira un lieve sorriso dolceamaro: Lyfia sa essere testarda, quando vuole. Deve averlo piegato a tal punto che persino Leo, con tutto il suo codice d’onore cavalleresco, si è ritrovato in ginocchio.
Non sarà mai come sperava potesse essere un tempo, quando ancora erano bambini e già provava per lei quell’affetto tutto speciale. Mai, come l’istante in cui lei, felice ed emozionata, gli aveva annunciato che avrebbe lasciato la sua casa per servire la loro Sacerdotessa. E lui aveva sentito quello stesso pungolo ardente conficcarglisi dentro, ma non aveva potuto dire di no. opporsi, come avrebbe voluto fare: allora per amore, adesso per rispetto. Per non far pensare che stesse prendendo agio da quella situazione assurda.
E’ consapevole che nel cuore di Lyfia quel solco non si riempirà mai: quella fossa scavata dal dolore, dall’assenza non troverà mai chi potrà colmarla di terra in attesa che vi cresca l’erba verde e folta, che vi spuntino nuovi fiori.
<< Non lo farei, se non fossi tu a chiedermelo. Lo sai >>.
<< Lo so. Per questo te l’ho chiesto >>.
Frodi guarda ancora il suo viso. I suoi lineamenti fini, le lunghe ciglia argentee che ombreggiano di solito quelle iridi così particolari, celeste dai riflessi d’ametista. Vorrebbe stringerla ma teme di destarla; e preferisce risparmiarle un addio.
Ha deciso. E non tornerà indietro. << Aiolia, io … mi prenderò cura … di lei >>. Loro non hanno bisogno di giuramenti: sanno che ogni singola parola vale come legge nei loro spiriti. Solo averlo detto equivale ad averlo firmato coi vincoli più sacri esistenti.
Leo gli punta addosso una nuova occhiata silenziosa, eloquente. Ha compreso che in quel “lei” … c’è una rassicurazione che si estende oltre Lyfia, il suo animo, il suo corpo.
Su … qualunque essere … possa … custodire. << E se per caso avvenisse … lo … crescerò … come fosse mio >>, mormora abbassando la voce.
Malgrado sembrasse immaginarlo Aiolia trasale comunque, spalancando gli occhi che si fanno più vividi, scintillanti per un attimo. Gli posa una mano sulla spalla. << Grazie … amico mio. Grazie >>.
<< Vuoi … rimanere ancora qualche minuto con lei? >>, gli domanda d’impulso. Subito mordendosi un labbro: la magnanimità del vincitore è sempre troppo rapida a manifestarsi.
Leo le accarezza con tenerezza i capelli, scostandoglieli dal viso pallido. Sospira e lo fissa negli occhi. Non ha difficoltà a comprendere come Lyfia abbia potuto invaghirsi di lui tanto in fretta; persino Frodi ch’è un uomo nel senso più ristretto del termine vede quella bellezza stupefacente, imbevuta del caldo sole dorato di Grecia. Aiolia è come un raggio di luce che fende potente l’oscurità. Non conosce il freddo, non teme il buio;
eppure adesso è proprio lì che sta per dirigersi. Nella gelida, desolata oscurità della tomba.
<< No. Sarebbe ancora più complicato. Riportala a palazzo. E … per il resto … fa’ qualsiasi cosa per convincerla >>.
<< Non ci cascherà >>, sentenzia Frodi lasciando finalmente andare quel sorriso troppo trattenuto. Aiolia espira con forza e stira un angolo della bocca.
<< No. Non lo farà. Ma … tu provaci. Potrebbe anche crederti … lei si fida di te, Frodi >>.
<< E io dovrò tradire la sua fiducia >>.
<< E’ per il suo bene. Non desideriamo altro, io e te >>. Rialza lo sguardo e lo fissa in quello di lui. Serio, determinato.
Anche Aiolia si fida di lui. E non può deludere un uomo con cui ha incrociato la spada, per così dire.
E’ stato un degno rivale. Ma adesso la lotta è finita, e non rimane che stringersi la mano, soltanto metaforicamente, per non svegliare la Bella Addormentata che sogna ancora il suo principe, di sicuro.
<< Addio … Frodi di Gullinbursti >>. Aiolia pone un braccio di traverso al petto, accennando un inchino.
Frodi annuisce. << Arrivederci … Aiolia di Leo >>.
Aiolia si volta, addentrandosi nel fitto degli alberi. Frodi avverte il suo cosmo sbiadire fino ad annientarsi del tutto.
Persino nel sonno Lyfia lo sente. Emette un lieve gemito, un singhiozzo spezzato. Serra la manina ad artiglio contro il suo sterno; Frodi rimane immobile ad accogliere quelle piccole unghie affondare nella propria pelle.
Dovrà mentirle. Ingannarla. Farle credere che essere stata con l’uomo che ama era solo un sogno. Uno splendido, fragile sogno che all’alba … le ha detto addio.
Sospirando, si avvia verso il Palazzo. Ha già pronta la scusa, è stato lo stesso Leo a fornirgliela. E sì, anche se detesta dargli ragione su questo punto, Sigmund serberà il silenzio al riguardo.
Tuttavia, c’è ancora quel “quasi” a cui trovare soluzione. Fissando il volto pallido ma radioso di Lyfia si chiede se davvero sarà in grado d’ingannarla anche in questo modo. “
 
Alla fine l’ha fatto davvero. Ha atteso che Lyfia si addormentasse, sfinita, per infliggersi quel taglio e donarle il proprio sangue, quasi un sacrificio teso a ricambiare quello di lei.
Le ha lasciato la possibilità di rifiutarlo, e forse Frodi sarebbe stato sollevato se gli avesse detto di no. Avrebbe preso più tempo, riflettuto meglio.
Ma non avrebbe potuto comunque permettersi il lusso di farne scorrere troppo. Se davvero Lyfia … portava in grembo un figlio, sarebbe stato sempre più complicato giustificarne la nascita in anticipo. Erano già trascorse cinque settimane: il tempo necessario a non destare troppi sospetti, e per preparare il necessario alla cerimonia. Freya aveva dato una mano a Lyfia con il corredo, con l’abito; e qualcosa nello sguardo verde della ragazza gli aveva instillato l’impressione che anche lei avesse intuito qualcosa, qualche strano collegamento con la fuga di Lyfia quella notte.
Forse aveva sbagliato a giustificarsi con lei, spiegandole che era preoccupato, e che voleva occuparsi di Lyfia nel migliore dei modi, ma non avrebbe potuto farlo senza suggerire idee maligne. Già in molti mormoravano del brusco cambiamento della ragazza; temevano che la sua salute mentale fosse compromessa, e che presto o tardi si sarebbe dovuta ricoverare in qualche struttura più adeguata.
Semmai avesse davvero atteso un bambino, e avesse raccontato cos’era accaduto avrebbero tutti trovato conferma alle loro supposizioni. Avrebbero pensato che qualcuno aveva approfittato di lei durante una delle sue crisi. L’avrebbero giudicata non in grado di badare a se stessa e sia pure con grande dolore di Lady Hilda e di Freya, oltre che suo proprio, sarebbe passata in altre mani.
Perché purtroppo sono così, i suoi conterranei. Duri come la terra sepolta sotto la coltre di neve e ghiaccio perenni. Hanno visto coi loro occhi, ma una volta finita la festa, passato il Santo. Se ne sono andati, hanno compiuto la loro missione, non torneranno.
Quasi si pente, di non aver accettato di partire per la tipica “luna di miele”. Allontanarsi per qualche tempo sarebbe stato l’ideale. Ma Sigmund sarebbe rimasto da solo, e vi sono soltanto i soldati a fare da guardia al Palazzo; inoltre ci sono tante cose da sbrigare. Lady Hilda ripone in lui molta fiducia.
Già. In troppi ripongono in me fiducia.
Nonostante tutto.
Ripensa ancora al gesto che ha compiuto quella notte, subito dopo aver amato Lyfia. Se non fosse stato per tutte quelle ragioni non avrebbe giaciuto con lei e lo sapeva. Solo per questo, si era lasciato andare a tanto.
Per meglio … trattenerla in quell’inganno.
E’ una mostruosità, mentire ad una donna su questo. Su ciò che avviene nel suo stesso corpo.
Una delle candele sul tragitto tace di colpo. Frodi avverte il fiato divino sul collo, sente il morso dell’errore nel petto: e se invece Lyfia non avesse concepito da Aiolia, ma da lui? E se qualcosa al momento del parto fosse andato storto e l’avesse uccisa?
E se avesse sbagliato a compiere quel gesto? Se guidato da qualcosa cui non vuole dar nome – egoismo, desiderio di rivincita, avidità- rischia di bruciare l’esistenza di Lyfia, solo in memoria di colui che si è spento, come la fiamma di quelle candele?
Trema a questo pensiero. Per un attimo vede tutto nero, e non solo metaforicamente. La vista gli si annebbia e per un attimo si domanda se la ferita non sia stata troppo profonda. Solleva la manica della maglia scura: la fasciatura reca solo una stria, non molto estesa.
Poco importa. Darebbe volentieri tutto se stesso, perché Lyfia sia salva, al sicuro.
Però lui non ha potere su questo. Può solo pregare, affidarla ancora a Eir, della cui montagna sacra Lyfia porta il nome; attendere e sperare - nonostante sia difficile-  che vada tutto bene, e non debba portarsi addosso il peso di quella bugia detta a fin di bene.  
E sia. Come gli dei vorranno. 
   
 
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