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Autore: PrincessintheNorth    22/11/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mamma … 
Prendile, prendile e vattene! 
Non voglio … 
MUOVITI! – aveva urlato a quel punto papà, passandomi Annabeth e April attraverso le sbarre. – Scappa! 
Non voglio lasciarvi qui …
A quel punto, mi aveva fissata negli occhi.
Per poi sussurrare una parola, che aveva legato la mia volontà alla sua, rendendomi impossibile qualunque rifiuto.
Il mio vero nome. 
-   Adesso vai. – aveva sussurrato poi, gli occhi pieni di lacrime. – Segui la Dorsale verso sud e troverai il castello di Murtagh, devi andare lì. 
Ma … 
-   VAI!
A quel punto, non avevo potuto far altro. Usando i passaggi segreti di casa, ero arrivata alla radura in mezzo al bosco, dove ci aspettava Antares.
Ed eravamo scappate. 
 
 
Tata … ho fame … - si lamentò April per l’ennesima volta.
Il giorno prima avevo dovuto costringere Antares a lasciarci. Almeno una di noi sarebbe sopravvissuta. 
Lo so, tesoro, ma non … non ho niente da darti, mi dispiace …
Nel dirle quelle parole, mi si spezzò il cuore.
Cinque giorni prima, avevamo tutto.
Ora, nemmeno potevo darle del cibo. 
Tata … mi blontola la pancia … - pianse Annabeth, e dovetti ricacciare indietro le lacrime. 
- Troverò qualcosa, bimbe … 
- Ho freddo … 
-Prendete questo. – mi tolsi in fretta il mantello e ci avvolsi dentro loro, che dopo qualche minuto già tremavano di meno. Sciolsi i capelli a tutte, sia per tenerci più al caldo, che per evitare di essere subito riconosciute. Nessuna principessa va in giro con i capelli sciolti.
 Poi, mi arrampicai sull’albero più vicino per prendere delle uova da un nido.
Non avrebbero sfamato nessuno, ma meglio di niente. Accesi un fuoco, e le misi a cuocere su una pietra rovente.
Pochi minuti dopo, erano pronte.
Erano sei, due a testa per ciascuno, ma lasciai che se le dividessero le piccole a metà, nonostante stessi morendo di fame. 
Tu non vuoi la pappa tata? – fece April. 
- No, amore. – la rassicurai., cercando di farle un sorriso per calmarla. – Mangiala tu.
Non avrei permesso che loro non fossero sazie solo per soddisfare me.
 
 
 
 
Quando aprii gli occhi, capii che in qualche modo, se li avevo aperti, dovevo averli chiusi.
Avevo lasciato le bambine indifese.
Mi tirai su di scatto, cercandole con lo sguardo, ma tutto ciò che vidi fu una stanza.
Ero in un comodo letto caldo, con delle coperte e dei cuscini, e un baldacchino dai tendaggi rossi, in tinta con le coperte.
-  Ben svegliata, Principessa.
Un uomo sulla sessantina mi si avvicinò, e d’istinto mi scansai.
-  Non si preoccupi, sono il medico che l’ha seguita in questi giorni …
-  Dove sono mia nipote e mia sorella?
  Le Principesse April e Annabeth stanno bene, non avete di che preoccuparvi. Adesso dormono, sono nella camera adiacente.
- Nella camera di quale posto?
- Vi trovate nella grande tenuta di Morzan, Principessa. Siete arrivata qui circa tre giorni fa, Sua Grazia il Cavaliere Murtagh vi ha trovata in fin di vita nella foresta. Procederò subito con il rendicontarvi delle vostre ferite e del metodo utilizzato per curarle. Allora, abbiamo riscontrato due costole rotte, ma per fortuna nessun pezzo d’osso ha perforato polmoni o cuore, il Cavaliere è intervenuto in tempo. Il radio ed il polso destro sono rotti e ora li avete steccati. Una lieve ferita alla tempia, se per favore mi consente di guardare … - mi toccò il mento perché voltassi il viso. – Ah, sì, in ottima via di guarigione, e una ferita seria alla gamba sinistra, che Murtagh ha prontamente curato per evitare una altrimenti necessaria amputazione. Posso notare inoltre che avete una bella febbre, e siete estremamente malnutrita, avrete perso almeno quindici libbre, siamo in una situazione di sottopeso. Comprendete cosa significa?
Altroché.
Problemi ovunque.
- Sì …
- Vi rendete conto, Principessa, che non c’era bisogno di sacrificare i vostri pasti per le bambine?
-  Lei cos’avrebbe fatto al posto mio? – sibilai. Poteva tranquillamente mettere in discussione la mia salute, quel dottore da quattro soldi, ma non certo il modo in cui mi ero presa cura delle bambine.
- La stessa cosa, Principessa. – rispose con un mezzo sorriso. – So che sicuramente adesso non avrete fame, ma devo insistere perché mangiate qualcosa.
-  Ma se avete appena detto che sapete che non ho fame …
-  Ma se ho ragione, e temo di averla, non avrete fame nemmeno domattina a colazione, o a pranzo, o a cena. Sbaglio?
No. Non sbagliava. Da almeno due settimane, non sentivo più la fame. 
-  No … - risposi. – Ha ragione.
- Non le metterò davanti una bistecca di montone, non si preoccupi. Faremo a piccoli passi. Ecco, inizi a provare con questo.
Mi diede uno spicchio di mela, ma il solo odore mi fece salire la nausea. Ormai ogni cibo mi provocava quella reazione.
- Non so se riesco …
- Un piccolo morso. Chiuda gli occhi, se serve.
Provai a seguire il suo consiglio, chiudendo gli occhi e tappandomi il naso. Per poi mangiarne un minuscolo pezzettino.
Con mia sorpresa, non solo adorai il sapore, ma andò giù tranquillamente.
-  Bene. Un ottimo inizio. – fece un gran sorriso, che mi contagiò. – Ho qua delle caramelle, se riuscirete a finire l’intero spicchio ne avrete una.
-  Non mi piacciono … - confessai.
- Allora delle castagne arrosto. – mi tentò.
A quel punto cedetti.
E mandai giù quello spicchio di mela.
-  Le bambine hanno mangiato?
-  Oh, eccome. Proprio qualche ora fa hanno mangiato del pollo arrosto con insalata e pomodori. Lo hanno letteralmente divorato. – commentò divertito.
A quel punto, si alzò dalla sedia, poggiando le mani sui quadricipiti.
-  Ebbene, io vi lascio riposare, Altezza, è tardi e sarete sicuramente stanca.
- Katherine basta.
- Come desideri. Oh, e … il Cavaliere Murtagh mi ha accennato riguardo al vostro … caratterino. Devo chiedervi di non alzarvi, o potreste stare male.
Annuii in fretta, ma non appena chiuse la porta cercai un modo per alzarmi.
Avevo dormito per tre giorni, di certo non ero stanca. E sicuramente, non mi facevo dire da quel dottore di starmene a letto come una malata, quando non lo ero.
Dovevo andare a vedere le piccole.
Cercai di rotolare fino al bordo del letto, ma il braccio steccato al collo e la fasciatura alle costole erano un bel problema.
- Oh, dei …
- Sei sveglia …
Talmente ero concentrata, non mi ero accorta che la porta si era aperta, e che sulla soglia c’era Murtagh.
Era palesemente distrutto, fisicamente ed emotivamente: sembrava che non dormisse da almeno una settimana. I capelli si erano allungati, ma di certo non li tagliava da almeno un mese, con il risultato che erano spettinati e senza un senso. Il viso si era ingrigito dalla stanchezza, un pallore enfatizzato dalle occhiaie violacee e dalla leggera barba sulle guance e la mascella.
Sembrava invecchiato di almeno dieci o quindici anni.
-  Murtagh …
Nonostante la stanchezza, fece un sorriso, raggiungendomi e sedendosi accanto a me.
- Se non hai capito, non dovresti alzarti. – disse, con l’affetto con cui mi parlava sempre.
-  Volevo andare dalle bambine …
- Le piccole stano bene, non preoccuparti. Le ho messe a letto io. Sono un po’ preoccupate per te, saranno felici di vederti sveglia.
- April?
Tra le due, era lei quella che mi preoccupava di più.
Mentre Annabeth, esattamente come Alec, non aveva problemi a manifestare i suoi sentimenti, gridando e piangendo se aveva paura, mostrando sofferenza quando ne provava.
April no, purtroppo stando con me per praticamente tutto il suo primo anno di vita aveva assorbito troppi dei miei lati negativi. Come lo stringere i denti e andare avanti.
E purtroppo, nella nostra fuga lo aveva dimostrato più di una volta. Non riuscivo a capacitarmi di come riuscisse a farlo, a solo un anno di vita. Era una bimba, per gli dei, non era normale … e mi sentii una persona orribile nel capire che la causa di quel suo comportamento ero io.
Mentre scappavamo, April stava sempre in silenzio, senza che una lacrima le sfuggisse.
Forse era semplicemente molto più sconvolta di Annabeth, ma mi aveva preoccupato molto quel suo comportamento.
- Sta bene anche lei. Ieri sera ha pianto, le mancavano i genitori e stava sfogando la paura. – rispose.
- E si è addormentata tranquilla?
- Abbastan …
Non finì di parlare, che un grido ci raggiunse dalla camera adiacente.
- April … - gemetti cercando di alzarmi. Dovevo andare da lei, stringerla, rassicurarla …
- Non preoccuparti, vado io.
Si alzò, e pochi attimi dopo tornò con la piccola, che gli stava aggrappata come un orsetto.
- Guarda, c’è la tata sveglia, piccola … - la rassicurò. – Visto che sta bene? Non è morta.
- Le hai detto che ero morta?!
- No, lei aveva solo paura e le ho detto che non lo eri. – fece, porgendomi la piccola, che come una calamita mi si strinse addosso.
- Tata … - singhiozzò, stringendo nella manina una ciocca dei miei capelli. Tirava un po’, ma non era il caso di lamentarsi.
- Það er allt í lagi, elskan mìn.* – sussurrai. Avevo scoperto che parlarle in nordico la calmava, probabilmente la mamma le parlava così, quando la teneva lei.
- Mamma og pabbi?* – chiese, guardandomi con gli occhioni pieni di lacrime. – Alec?
-  Þeir eru í lagi. Fljótlega við förum til að bjarga þeim. *– mormorai.
Annuì rapidamente, appoggiando la testina sul mio petto, respirando lentamente.
-  Ehi. – Murtagh le fece un piccolo sorriso, accarezzandole la guancia paffuta. – Guarda cos’ho trovato, solo per te.
Tirò fuori dalla tasca un coniglietto di pezza, con un fiocchetto rosa al collo.
April si mise seduta, prendendo il giocattolo dalle sue mani e guardandolo incuriosita.
Non aveva visto un gioco per un intero mese.
La mia cucciola.
Dopo qualche minuto, guardò Murtagh.
- Ma è pel me? – chiese.
- Certo. – le rispose con un sorriso.
- Ma lo posso tenele?
- Sì, è tuo.
A quel punto, lei gli regalò un gran sorriso felice.
- Glazie! – esclamò saltandogli addosso, facendolo ridere.
-  Non è niente, piccola. – la rassicurò coccolandola. – L’importante è che ti piaccia.
- Mi piace!
Bene. Adesso … la piccola principessa deve fare un po’ di nanna. – disse notando che April tratteneva a stento gli sbadigli. – Anche perché ti addormenteresti sentendo ciò di cui dobbiamo parlare io e la tata.
-  E di cosa fate le chiacchele? – chiese incuriosita.
-  Ma di niente. Dobbiamo decidere cosa farvi mangiare domani …
-  Allola non mi addommento!
-  Dobbiamo parlare di che tempo farà domani, piccola. – dissi.
E infatti, alzò gli occhi al cielo. – Allola mi annoio.
- Ecco. – ridacchiò Murtagh. – Allora noi andiamo.
La prese in braccio, e scomparve dietro la porta.
Mentre io potevo solo immaginare di cos’avremmo parlato.
E l’ansia saliva. Perché avrei dovuto ammetterlo.
 
 
 
 
 
 
 
Nordico:
-     Va tutto bene, amore mio.
-     Mamma e papà?
-     Stanno bene. Tra poco andiamo a salvarli.
   
 
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