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Autore: joellen    22/11/2017    0 recensioni
Cento anni orsono, la Terra è stata colpita da eventi misteriosi e devastanti che hanno decimato la sua popolazione tanto da risultare un pianeta deserto a chi lo vede attraverso i telescopi di altri mondi. E che la sta usando come discarica per liberarsi dell'immondizia metallurgica da cui è afflitto... O per cercare e procurarsi minerali preziosi per la propria sopravvivenza.....Ma non tutto è come sembra...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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LA VENDETTA E' UN PIATTO DA SERVIRE FREDDO

 

 

Base di Novosibirsk

 

"Veicolo aereo in avvicinamento da est" avvisò fredda, monocorde e apparentemente annoiata, la voce del controllore dalla torre.

Antonov si spostò dalla sua postazione di lavoro e si pose davanti allo schermo del radar.

Il veicolo sembrava procedere a velocità non molto elevata e ad altitudine piuttosto bassa, il che lo mise in guardia.

"Potrebbe essere un mezzo di ricognizione" commentò Kyrianov.

"Già. - convenne Antonov, con voce piatta - Aereo spia inviato per individuare dove scaricare il pattume".

"Attacchiamo?" chiese e propose Kyrianov.

Antonov stava per dare l' ok quando dalla grata del sonoro uscì una voce maschile senza alcun'ombra di minaccia.

"Unità Ci Acca 250 a torre di controllo. - si presentò la voce che parlò in inglese  - Buona sera signori. Veniamo in pace e abbiamo bisogno di aiuto".  Quella voce maschile, tranquilla e sicura, fermò l'ordine di distruzione che Antonov avrebbe impartito di lì a pochi secondi.

"Aspetti, capo! - contribuì Wichinskji a dissuaderlo ulteriormente, avvicinandosi veloce ad Antonov - Se c'è qualcuno che vuole scaricare immondizia, di solito manda prima un drone a perlustrare, non un aereo con umani a bordo".

Antonov convenne che l'uomo aveva ragione e scelse di rispondere alla voce.

"D'accordo.- disse, più disponibile -  Base Nova a unità CH 250. Per cosa, esattamente, siete venuti fin qui?". Sentendosi interpellare in inglese, Stefano si rincuorò

"Motivi... - rispose, cercando velocemente un termine che definisse il loro scopo nel modo migliore e più convincente possibile  - sanitari" rispose alla fine, sicuro di averlo trovato

Alla piccola grata nera del microfono gli pervenne un muggito. E dopo una manciata di secondi,

la risposta.

"Va bene. Atterrate pure".

Con questa concessione, Yuri Antonov tracciò le linee di un cambiamento di destino per lui e per gli altri.

 

 *********************

 

Anche in quel caso, essendo il territorio circostante piuttosto piatto, Stefano poté permettersi un atterraggio normale e in effetti lo eseguì con la massima calma, senza difficoltà. Ma il comportamento di Heron gli infuse agitazione. Benché l'uomo si muovesse con una certa naturalezza, percepì in lui nervosismo. E un paio di profonde respirazioni nella maschera ad ossigeno, lo allarmarono. Prima di uscire dal veicolo, prese un paio di pistole a triplo uso: a proiettili, elettrico e a raggi laser, dalla grossa borsa di armi fornita da Forrest e se ne infilò una in una tasca interna della tuta, passando in silenzio l'altra al comandante.

"Heron, - lo interpellò poi, preoccupato - tutto bene? - Heron annuì, ma l'avvicinarsi all'edificio che ospitava la base, aumentava il tumulto nel suo cuore e concentrarsi nei suoi obiettivi gli diventava sempre più difficile. Dovette fermarsi e respirare ancora profondamente. A quel punto, Stefano si fermò e fermò anche lui - Che ha, Heron? - gli domandò, apprensivo - Che succede? - Heron era combattuto. Il sospetto crescente sulla causa della morte del padre gli stava esplodendo nell'animo. Fu Stefano a decidere involontariamente per lui bloccandolo fino a che non si persuase a rivelargli ulteriori dettagli - Ne è sicuro?" - chiese conferma dopo aver ascoltato il suo racconto.

"Non al cento per cento. - rispose Heron - Ma per un buon novanta, si".

Stefano si tirò indietro i capelli e sospirò nel tentativo di mantenere i nervi saldi. Questa non ci voleva e sentiva di capire l'uomo, ma era altresì conscio che non potevano concedersi errori.

Strinse le spalle a Heron e lo guardò dritto negli occhi.

"Ha tutta la mia comprensione e solidarietà, comandante - dichiarò infatti - Anch'io proverei quello che sta provando lei ora, ma dobbiamo muoverci con cautela e stare molto attenti a ciò che diciamo. Qui, sulla Terra, usiamo dire che la vendetta è un piatto da servire freddo. So perfettamente come si sente e al suo posto, forse, prenderei queste persone e le metterei al muro, ma ora non possiamo farlo. Pensi alla sua donna, Heron! Si concentri su di lei. Chiediamo quel che dobbiamo chiedere poi, semmai, vedremo cosa si può fare".

Stefano ebbe l'impressione che Heron lo avesse capito e fosse d'accordo con lui. Malgrado il profondo dolore, che di certo in quel momento gli stava lacerando l'anima e che traspariva nei suoi occhi rendendoglieli particolarmente espressivi e brillanti, Heron era intelligente, abbastanza razionale e non avrebbe commesso sciocchezze. Gli fece coraggio stringendogli le braccia. Si mossero verso l'edificio largo e basso della base quando un uomo alto, magro, in uniforme grigio - verde, uscì dall'edificio e camminò dritto e marziale incontro a loro.

Anche Stefano si eresse in tutta la sua statura e si preparò a salutare l'uomo il quale, vedendolo più alto di lui, parve assumere più timore e rispetto nei suoi confronti. Raggiuntili, chinò lievemente la testa e strinse loro la mano. Stefano e Heron risposero allo stesso modo, quindi l'uomo li invitò ad entrare nella palazzina. Tolti i lunghi tavoli di metallo chiaro sui quali erano disposti i computers delle postazioni di lavoro e gli schermi alle pareti, il locale era piuttosto spoglio e spartano, ma l'accoglienza fu gentile e nemmeno troppo fredda.

"Cosa vi ha portato fin qui, - attaccò Antonov dopo essersi presentato e aver presentato i colleghi nella sala - e in cosa possiamo esservi utili?". Stefano sorrise. Era evidente che la sua mole incuteva agli uomini una certa soggezione, nonché la tendenza al garbo e alla disponibilità.

"Beh,... - iniziò, quasi imbarazzato, prevedendo che la sua richiesta sarebbe sembrata quanto meno curiosa - chiediamo l'autorizzazione a prelevare piccoli quantitativi di resina di betulla".

Uno degli uomini, il non eccessivamente alto, tarchiato, bruno,  baffuto sale e pepe, e con occhiali tondi, corrispondente al nome di Wichinskji, sorrise sotto i suoi folti mustacchi che spezzavano la rotondità della sua testa e del suo simpatico viso.

"Credo che i signori stiano chiedendo il farmaco aggiusta-ossa" ipotizzò.

Stefano sentì il cuore allargarsi il doppio della sua dimensione.

"Lo....avete?" quasi balbettò, incredulo per la soluzione più vicina delle sue aspettative.

"Ne abbiamo qualche campione in magazzino. - rispose Antonov - Ma è lì da un pò di anni. Bisogna vedere se sarà ancora efficace".

"E' costituito da componenti naturali. - tenne a precisare Wichinskji - Calcio, silicio e resina di betulla. Quelli non scadono. Vado a prenderne subito una confezione" detto questo, uscì veloce dalla sala attraverso una porta laterale, vicina ad uno dei grandi schermi. Stefano e Heron si scambiarono occhiate felici e sorrisi. Mai avrebbero pensato che la loro richiesta sarebbe stata soddisfatta in così breve tempo e facilità.

Ma non tutto andò liscio
   
 
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