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Autore: Dark Roku     23/06/2009    10 recensioni
Sono passati dieci anni.
Dieci anni da quando Sora mi ha assorbito.
Dieci anni dall’ultima volta che ci siamo visti.
Dieci anni sono davvero tanti,Axel.

Dopo aver tentato la sorte con una fanfic a più capitoli che non è andata a buon fine, torno con un'altra Akuroku (che novità!).
E' una specie di prequel di kh, però a one-shot.
Comunque credo che scriverò un epilogo. Buona lettura dalla vostra Xim.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati dieci anni.
Dieci anni da quando Sora mi ha assorbito.
Dieci anni dall’ultima volta che ci siamo visti.

Dieci anni sono davvero tanti,Axel.

“Rincontriamoci nella prossima vita.”
La nostra promessa, te la ricordi?
Perché è una delle poche cose che mi sono rimaste.
Perché io ho dimenticato quasi tutto Axel.
Ho dimenticato l’organizzazione, il sapore del gelato al sale marino, il tramonto dal campanile.

Ti ho dimenticato Axel.

Il tuo volto, i tuoi baci, i tuoi sorrisi, il tuo profumo e i momenti passati insieme.
Dimenticare è una cosa orribile, soprattutto per un nessuno.

I ricordi erano l’unica cosa che mi apparteneva realmente.

E ora non ho più neppure quelli.
Sono tutti diventati parole senza senso.
Spariti, persi, cancellati da una stupida gomma di nome Sora, per far posto ad altri.

E io che pensavo di averli scritti con un pennarello indelebile!

Che illuso! Un nessuno non ha diritto a dei ricordi.
Ed io sono un nessuno, o meglio ero un nessuno.
Ora sono un cuore, un’ombra in un cuore.
E’ buffo. Mi ritrovo ad essere quello per cui ho sempre lottato e sai che ti dico?Non mi piace.
E’ orribile. E’ tutto completamente orribile.

Però adesso so cosa sono i sentimenti.

Gioia, dolore, rabbia, odio, amore.
Cose che credevamo di non poter provare
Credevamo, appunto.
Com’è che li avevamo definiti?Ah, sì “Ricordi delle sensazioni di una vita passata”.
Beh, sarai felice di sapere che è uguale, a parte per qualche piccola differenza.
La differenza è un cuore che scandisce il ritmo dei sentimenti.

Però mi sarebbe piaciuto amarti sul serio.

Con un cuore che impazziva quando ti vedeva,
senza avere in fondo all’anima la consapevolezza che è tutto finto.
Poter sentire “Ti amo”, senza considerarlo come una presa in giro.
Amarti come Sora ama Kairi.

Senza dimenticare.

Sono passati dieci anni.
Dieci anni da quando sei sparito sotto i miei occhi.
Due volte.

Dieci anni sono davvero tanti,Axel.

Kairi è incinta, di nuovo.
Incinta perché… perché è sposata con Sora da otto anni ormai.
Di nuovo perché ha già avuto una bambina, due anni fa.
Naminè.

La strega che mi ha tolto tutto.

Uguale all’altra Naminè, non vede l’ora di avere un fratellino.
Perché adesso aspetta Kairi aspetta un maschio.
Sora mi ha chiesto se volevo dargli un nome speciale.

“Magari Axel”,dice lui.

Ho scosso la testa, tristemente.
Sarebbe troppo difficile vivere sentendo chiamare almeno venti volte al giorno ‘Axel’.
Se poi il moccioso viene fuori con i capelli rossi e gli occhi azzurri…
Mi trovo a fermare una crisi di ilarità al sol pensiero.

Ma anche di pianto.

Qualcuno vedendolo potrebbe dire:
“Toh, il figlio di Axel e Roxas! La scienza fa miracoli.”
Così il marmocchio si chiamerà Roxas.

Roxas era il mio nome.

“Perché” dice Yen Sid “il nessuno potrebbe rincarnarsi nel figlio”

Senza la memoria?

Non è certo, perché, per quanto Naminè può essere intelligente,
una bambina di due anni non è quello che si può chiamare
‘Il massimo dell’esauriente’
Io non voglio reincarnarmi, preferisco rimanere dentro Sora.

Non voglio dimenticare.

Perché mi sono rimaste solo due cose in memoria.
Il nome Axel e l’amore per quel nome.
E se dovessi dimenticare anche quello…

Non potrei sopportarlo.

Non voglio reincarnarmi.

Vivere in un marmocchio non deve essere il massimo dell’eccitazione.

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Il piccolo Roxas salì la strada che portava alla scuola elementare e media delle Isole del Destino tenendo per mano sua madre Kairi e suo padre Sora.
Sua sorella Naminè, di due anni più grande di lui, camminava avanti a loro, sentendosi più grande e sicura di sé.
-Vedrai fratellino! Le elementari sono davvero divertenti, anche se magari oggi, che è il tuo primo giorno, potranno sembrarti un po’ strane. Chissà com’è la terza…- ragionò correndo via.
Roxas la fissò impaurito con i suoi occhioni color cielo: se nei suoi sei anni di vita aveva imparato qualcosa di fondamentale, era che se Naminè diceva qualcosa, alla fine succedeva sempre il contrario.

Potere ereditario?

Guardò sua madre in cerca di conforto, e ella rispose con un dolce sorriso.
-Sei preoccupato piccolo? Vedrai che andrà tutto bene- fece scompigliandogli affettuosamente i capelli biondo grano.
- Già, stai diventando un uomo ormai, e chissà, forse diventerai forte come me- intervenne suo padre.
- Sempre il solito presuntuoso, non è così Sora?- li raggiunse una voce maschile. Sora si voltò e…
- Riku? Che diavolo ci fai qui?- domandò all’uomo dai capelli argentei che si stava avvicinando.
-Ansem- rispose indicando il bambino biondo al suo fianco –Deve fare la seconda.-
Roxas salutò timidamente suo cugino, e suo attuale migliore amico.

Attuale, appunto.

- Ti ho già detto che Ansem è un nome orribile e che secondo me porta sfortuna?- domandò il moro.
-Sì Sora. Ogni volta che l’hai sentito- replicò una donna bionda che era appena arrivata.
-Ciao Selphie! Come va?- chiese Kairi sorridendo.
-Sora devi ancora battermi- interruppe Riku fissando Sora con aria di sfida.
-A chi arriva prima alla spiaggia?- fece di tutta risposta l’altro. L’argenteo annuì, ed entrambi si misero a correre.
- O Santo Cielo che infantili!- sbottò Selphie esasperata.
-Ricordate bambini non prendete esempio dai vostri papà!- li raccomandò Kairi scherzosamente.

I “nostri papà” hanno salvato il mondo.

-Ora io e Selphie dobbiamo andare a lavoro. Ci vediamo oggi. Ciao Tesoro!- salutò la rossa piegandosi e abbracciando Roxas. Anche Selphie fece lo stesso con suo figlio e poi si incamminarono chiacchierando animatamente.
-Ciao mamma!- salutarono all’unisolo Ansem e Roxas, e poi ,anche loro, si incamminarono verso i grandi cancelli della scuola.
- Ans, com’è la prima?- domandò Roxas mentre entravano nel cortile.
Centinaia di bambini si affollavano dentro questo, spesso divisi in gruppetti. C’erano urla, risate, pianti, un vocio emozionato si spandeva per tutta l’aria.

Il primo giorno.

-Mah, noiosa.- rispose poco entusiasta l’altro. Poi i suoi occhi si illuminarono:
-Sai Rox, ieri ho fatto un nuovo esperimento. Ho preso dell’acqua e l’ho messa a bollire…- cominciò. Roxas sospirò: se c’era una cosa che non gli piaceva del suo amico era la mania degli esperimenti. Ne faceva uno al giorno, motivo per cui, finiva spesso in punizione, ed era capace di stare per ore a parlarne. Anche Roxas aveva un’ossessione: il fuoco. Spesso gli era capitato di ustionarsi per essersi avvicinato troppo al fuoco, per aver tentato di prenderlo.
I suoi genitori credevano che dopo questi avvenimenti piangesse per l’ustione, ma in realtà lui piangeva perché non era riuscito a prenderlo.

Non era riuscito ad avere il suo fuoco.

All’asilo disegnava sempre e solo rosso, tanto che le sue maestre avevano costretto i genitori a portarlo dallo psicologo che gli aveva diagnosticato ‘Un trauma legato al rosso’, e gli aveva chiesto se i suoi genitori erano morti in un incendio, o qualcosa del genere.
Poi la sera non riusciva ad addormentarsi se non davanti al camino,anche in estate, e a quel punto suo padre poteva solo borbottare un “Lo amavi davvero tanto, non è così?”, più rivolto a se stesso che al piccolo, e trascinarlo in soggiorno.

E lì c’era il fuoco.

- Rox mi stai ascoltando?- lo richiamò alla realtà Ansem sventolandogli una mano davanti la faccia.
-Uh? Ah, ehm,sì- rispose ridestandosi dalla trance. E l’altro riprese il suo lungo monologo sul sale.
Fortunatamente arrivò Naminè, accompagnata da un ragazzo con degli assurdi capelli rosa (Ma chissà chi è ù_ù) che tutta contenta urlò “ Roxas vieni! Ti devo far conoscere una persona!”, lo afferrò per il braccio e lo trascinò via, lasciando Ansem interdetto, con il suo monologo.
Lo condusse tra vari gruppi spingendo via tutti coloro che si trovava davanti, fino a fermarsi davanti a un gruppo più grande, di ragazzini, che sembravano tutti delle medie, ma anche più maturi.
Erano tutti accerchiati attorno ad una ragazzina, con degli strani ciuffi che le spuntavano dalla testa a mo’ di antenne, che pestava a sangue un ragazzino biondo con i capelli a spazzola.
Più precisamente Naminè si fermò dietro un ragazzino più alto di lei, con degli improbabili capelli rossi che si sparavano in ogni direzione, tenuti da chissà quanto gel.

Due tubetti, per la precisione.

-Mi scusi ragazzino, volevo farle conoscere mio fratello-disse Naminè strattonandogli la manica.
- E perché dovrei voler conoscere suo fra…- cominciò prima di voltarsi. Ma poi si girò, mostrando due piccoli occhi color smeraldo che brillavano, due strane gocce capovolte,come a simboleggiare due lacrime, tatuate sotto gli occhi, e un sorriso beffardo, che si trasformò in un’espressione di stupore volgendosi.
Roxas si sentì mancare: sentì le farfalle svolazzargli nello stomaco, il cuore cominciò a battergli a mille, sembrava sul punto di scoppiare, e arrossì di botto sentendosi le gote roventi.

E’ dunque questo l’amore?

Anche l’altro ragazzino ebbe più o meno la stessa reazione, ma poi, si limitò a sorridere dolcemente
–Ciao Roxas – salutò semplicemente. A quel punto al biondo le gambe cedettero, ma prima che potesse ritrovarsi per terra il ragazzino misterioso arrivò a sorreggerlo.
In un attimo si ritrovarono abbracciati, stretti l’uno all’altro.
- Devo andare- annunciò Naminè – Tra cinque minuti suona la campanella-
- Naminè?- fece il rosso.
-Si?-
-Grazie- sorrise sincero.
-Di niente Numero VIII !- rispose sparendo.
In quel momento Roxas odiò profondamente sua sorella: l’aveva lasciato solo tra le braccia del ragazzo, in una situazione alquanto imbarazzante.
- Io sono Axel-si presentò il ragazzo continuando ad abbracciarlo.– A-X-E-L…-Roxas lo interruppe
– Got it memorized? – concluse sorridendo.

I have memorized, for ever.

- Sì- annuì Axel poggiandogli un delicato bacio sulla testa, e stringendolo ancora più forte, come se avesse avuto paura di perderlo di nuovo.
- La prossima vita. – mormorò Roxas.
- E’ arrivata. Ti ho aspettato per undici anni, ma non conta. L’importante è che adesso siamo qui, insieme, con un cuore nel petto.- concluse il rosso. Il biondo cominciò a piangere ascoltando il cuore di Axel, che batteva a mille come il suo.
- Il tuo cuore batte fortissimo Ax – osservò Roxas asciugandosi le lacrime.

Ma che acuta osservazione!

- Sai perché? Perché ti amo Roxy- gli sussurrò dolcemente all’orecchio. E a Roxas parve di svenire, e sembrava che il suo cuore volesse uscire dal petto per battere più forte. Non si era mai sentito così bene.
- D’ora in poi potremmo amarci sul serio, con dei cuori che battono l’uno per l’altro.- fece Axel poggiandogli un bacio sulla guancia.
-Per sempre?- domandò Roxas.
- Per sempre.- confermò Axel.

Mi sbagliavo, vivere in un marmocchio è il massimo dell’eccitazione.



Owari.



E' finita anche questa. Non ho la più pallida di come sia venuta, quindi recensite please.
E scusate se il linguaggio non è molto "sofisticato", ma l'ho scritta di getto alle due di notte.
Colgo l'occasione per ringraziare coloro che hanno recensito l'altra storia, che non so se continuerò.
Comunque credo che di questa scriverò un epilogo,e ringrazio anche chi la leggerà solamente.
Mille baci dalla vostra Xim.
  
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