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Autore: shira21    24/11/2017    0 recensioni
Elizabeth ha conosciuto Lysandro al liceo, trovando in lui un porto sicuro dopo la morte dei genitori, e quando anni dopo si mettono insieme pensa che sia solo la normale evoluzione della loro amicizia.
Ma come fidanzati iniziano ad avere dei problemi: lui è sempre più distante e lei vuole di più.
Poi una sera, incontra il suo migliore amico, Castiel, e in quegli occhi grigi scopre un anima simile alla sua.
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Lysandro, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Ha ragione lui: ho fatto la mia scelta. Allora perché non ne sono felice?
Mi sciacquo il volto cercando di cancellare il pianto che mi sono appena fatta, non saprei come spiegarglielo a Lys.
Le mani mi tremano sotto l'acqua gelida e devo fare un enorme sforzo per recuperare il controllo.
Non so neanche io perché l'ho seguito quando ha detto che doveva rispondere alla ragazza di turno. Non credo che si ricordi neanche i loro nomi.
Sono gelosa, ecco l'ho detto.
Guardo il mio riflesso nello specchio e sono uno straccio. Non dormo da giorni, da quando Castiel ha deciso di comportarsi da stronzo, e si vede. La pelle è tanto chiara che si vedono le vene sotto e con gli occhi che mi ritrovo, arrossati e cerchiati di nero, sembro pronta a recitare la parte di uno zombie in un film horror.
Ma se dopo una sola settimana sono ridotta in questo modo, come farò ad andare avanti? Per carità, magari le cose miglioreranno.
Sconfitta, prendo la trousse dei trucchi e cerco di farmi bella o se non altro a somigliare ad un essere umano vivo.
In camera incontro Lys che mi sorride raggiante. Che strana equazione che si è formata: più sto male per Castiel e più Lys si fa in quattro per dimostrarmi il suo amore. Il risultato però è che così sto male e mi sento anche in colpa.
«Com'è andata?»
«Non ci crederai ma ci hanno chiesto di aprire per un grosso concerto. Vedi piccola, non tutto è perduto?»
Cucciolo, pensa che sono ridotta così per quello che gli è successo. Ma quanto sono stronza?
«Già» gli mormoro poco convinta, un sorriso più finto di quello delle barbie ma nascondo velocemente il volto nell'armadio. Tiro fuori un camicetta bianca e una gonna a tubino nera molto professionale.
Lys si avvicina e mi bacia alla base del collo; per una volta sono io ad allontanarmi.
Senza neanche guardarlo mi tolgo i jeans e il top rimanendo con indosso solo l'intimo di pizzo color perla. Sento Lysandro trattenere il respiro e lo guardo da sopra la spalla «Tranquillo amore mio, non è un modo per sedurti. Sono solo di fretta!»
Lui distoglie lo sguardo e si schiarisce la gola borbottando «Non lo credevo, tranquilla...».
Infilo i vestiti e mi abbasso per infilare un paio di decolté nere.
«Scusa, cosa significa? Pensavo che volessi fare le cose con calma e ti sto dimostrando che rispetto quello che vuoi!» Non si merita questo astio, non è con lui che sono arrabbiata ma purtroppo lo stronzetto dai capelli rossi non è qui.
«Sì, El. E ti ringrazio. Ma da qualche giorno non ti fai neanche abbracciare o, Dio non voglia, baciare!»
«Possiamo rimandare la discussione? Non ho la testa per affrontare anche te» lo guardo supplicante e lui subito si addolcisce.
«Scusami piccola. So che è una prova difficile per te ma vedrai che andrà tutto bene». Annuisco poco convinta mentre lego i capelli in una treccia e indosso una delle collane di perle di mia madre. Quando mi guardo allo specchio neanche mi riconosco: sembro lei quando la mattina si preparava per andare con papà in ufficio. Ricaccio indietro le lacrime e prendo una pochette.
A Lys gli do un frettoloso bacio sulla guancia con un «Non sto via molto», prima di sgusciare fuori dalla stanza.
E con mia grande fortuna incontro il mio incubo personale in fondo alle scale. Quando mi vede sgrana gli occhi mentre con lo sguardo sembra spogliarmi.
«Quanto siamo eleganti» mi sfotte con un sorriso ironico «appuntamento importante?»
Lancio un occhiata alla mie spalle ma Lys non è in vista quindi finisco di scendere e annullo le distanze. Sono furiosa, mi ha ferita come neanche s'immagina.
«Cosa t'importa, Castiel?» Sputo fuori il suo nome come fosse un insulto. «Poco fa in giardino hai chiarito piuttosto bene la tua posizione», potrei giurare che a quelle parole un lampo di dolore gli ha spezzato lo sguardo ma probabilmente è solo un riflesso del mio.
Deglutisco e abbasso la voce «Prima ero uscita per parlarti di questo perché avevo bisogno di un amico, del mio amico!»
Non piangerò. Non. Piangerò!
«El... baby...» mi sfiora il braccio ma mi ritraggo come fossi scottata.
«No! Niente El e niente baby. Negli ultimi tempi devo essere stata davvero stupida ma ora ho capito: io e te non siamo amici, non lo siamo mai stati!»
Sbianca e indietreggia di un passo. Sembra che gli abbia tirato uno schiaffo. Bene, ora sa come mi sono sentita io prima!
Poi, senza degnarlo di una sola occhiata, esco di casa ed entro nel taxi che mi stava aspettando.

Le mie scarpe ticchettano sul pavimento di marmo e sento gli sguardi degli altri seguire ogni mia mossa; all'esterno sono fredda, imperturbabile. Ogni tre mesi devo affrontare tutto questo: ore e ore di riunioni, decisioni da prendere e decine di impiegati che mi guardano come se tenessi le loro vita tra le mie mani. Non ho mai voluto amministrare le aziende dei miei genitori, non perché non ne sia capace visto che sono naturalmente portata per muovermi tra grossi numeri; non volevo semplicemente perché non mi piace. Eppure ogni trimestre vengo qui e mi fingo quella che non sono. Divento la perfetta figlia dei miei genitori, quella che quando erano in vita non sono mai stata.
«Posso portarle una tazza di caffè? O di the?» La segretaria mi guarda tenendo lo sguardo basso e potrei giurare che le stiano tramando le mani; è nuova e per assurdo non dev'essere molto più piccola di me. Al momento non credo che riuscirei a mangiare nulla ma mi sforzo di sorridere «Un caffè, sarebbe perfetto. Senza zucchero e con un goccio di latte freddo.» Lei fa un piccolo sorriso, so per esperienza che quando si è agitati si preferisce ricevere ordini dettagliati e senza margini di errore, e dopo aver praticamente squittito un «Arriva subito!» Scappa via.
Con un sospiro mi avvicino alla vetrate e sento il cuore fare una piccola capriola: alcuni bambini giocavano in giardino, io guardando una vista da milioni di dollari. Sfioro con la punta delle dita il vetro ricordando quando durante una sfuriata da adolescente ci ho tirato contro una sedia: neanche un graffio. E mio padre mi aveva guardata come se fossi divertente.
Quanto mi aveva fatto infuriare.
Dopo di che mi aveva detto che mi avrebbe ridotto il budget settimanale ed ero stata congedata; ricordo ancora come avevo preso le carte di credito e gliele avevo sbattute sulla scrivania. «Pensi che m'importi? Vorrei che per una sola volta mi guardassi come tua figlia e non come una tua dipendente o come la tua erede!» Me n'ero andata con le lacrime agli occhi ma dopo ero troppo fatta per importarmene.
«Persa nei ricordi, Elizabeth?» Una voce baritonale mi riscuote e mi strappa un sorriso. Mi giro e mi trovo di fronte un uomo imponente: Adam Solovyov, quasi due metri di altezza per ottanta chili: in confronto a lui sembro una bambina. I suoi capelli biondi stanno diventando bianchi sulle tempie e intorno agli occhi ha delle rughe nuove eppure mi sembra solido come sempre.
«Ciao Adam, è sempre bello vederti!» Mi avvicino e mi lascio abbracciare da questo orsetto russo gigante. «Ti vedo stanca, bambina. Qualcosa non va con il tuo ragazzo?» Scoppio a ridere perché so che se gli dicessi di sì, Lys si ritroverebbe con le ossa rotte ancor prima di sera. Adam non è solo il mio braccio destro, è la mia ancora di salvezza e il mio paladino fin da quando ero adolescente.
«Tranquillo, Lys mi ama e non mi ferirebbe mai», al contrario mio che continuo a star con lui pur essendomi innamorata di un altro.
Cos...? No, io non amo Castiel. La mia è solo una stupida cotta! Ecco, così è meglio.
Sento bussare alla porta e vedo la segretaria entrare. Lancia uno sguardo adorante ad Adam e devo ammettere che è piuttosto carina con i capelli biondi legati in una coda e gli occhiali neri stile geek. Noto che anche Adam la fissa con altrettanto interesse. «Posso fare altro per lei, miss?»
«No, grazie.» Posa la tazza sul ripiano e mi basta sentirne l'aroma per pensare alle labbra di Castiel.
Devo pensare ad altro e quindi mi rivolgo alla ragazza «Mi potresti ripetere il tuo nome?»
Lei sussulta «Irene Dormer».
«Inglese?»
Lei annuisce «Di Whitby, miss».
Adam mi guarda incuriosito mentre prendo la mia tazza e ne bevo un sorso. «Beh, spero davvero che si trovi bene qui», lei guarda per un attimo Adam prima di arrossire mentre suo malgrado la vedo sorridere. «Molto, miss».
«Bene! Sono sicura che avrà di meglio da fare che servirmi e riverirmi», negli suoi occhi vedo un lampo divertito. «È stato un piace incontrarla, miss» e dopo un mormorio rivolto ad Adam se ne va.
Quando mi giro verso di lui noto che sta osservando il punto in cui la ragazza è sparito, un sorriso idiota in volto. Incapace di trattenermi gli tiro una gomitata sul fianco «Da quello che so alle risorse umane hanno ancora le rigide regole di comportamento di mio padre... o sbaglio?»
«Non c'è nulla tra me e Irin- la signorina Dormer. E anche se non ci fossero anche quelle regole, abbiamo 22 anni di differenza!»
Lo guardo inarcando un sopracciglio ma non dico nulla.
Invece inclino la testa di lato «Andiamo?»
Lui guarda l'orologio e sospira «Forza, sarà una lunga giornata!»
   
 
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