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Autore: Redferne    24/11/2017    8 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 41

 

 

 

 

PARDS (SECONDA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Il bersaglio é in posizione. Ripeto: il bersaglio si trova perfettamente in posizione.”

“Ok. Ora lo metto a fuoco.”

Si trovavano entrambi su di uno spiazzo situato alle pendici di una vetta. Una delle tante che componevano la massiccia catena montuosa che circondava l’intera vallata. Una delle più alte per la precisione, la cui sommità era ancora spruzzata del ricordo dell’ultima nevicata avvenuta da quelle parti. Anche se non era stagione. E anche se doveva essere trascorso parecchio tempo, senza alcun dubbio.

Nick era ritto in piedi e scrutava davanti a sé e leggermente verso il basso, con le orbite piantate su un binocolo che reggeva con entrambe le mani. Maggie era invece distesa ventre a terra e poggiata sui gomiti, alla sua sinistra. Il suo occhio destro, l’unico bene aperto in quel momento, era ben fisso sul mirino telescopico, con la pupilla perfettamente al centro della croce graduata di collimazione posta sul vetrino dell’obiettivo. Il calcio dell’arma aderiva perfettamente alla spalla corrispondente, mentre il dito indice dello stesso arto si trovava sul grilletto, teso e pronto a far fuoco. Anche se non c’era alcun proiettile da sparare al suo interno, almeno per il momento. Il suo sembrava più un gesto o una posizione propedeutici all’esecuzione del movimento vero e proprio, alla stregua di quelle tecniche eseguite a vuoto tipiche delle arti marziali. L’altra mano era posizionata sotto alla parte centrale del fucile di precisione, tenuto sollevato da terra da un improvvisato sostegno composto da alcune pietre ben levigate e dalla forma simile a grossi piattelli. Era alquanto improbabile che le avessero rimediate in zona: dovevano aver fatto una breve sosta sul greto di uno dei due fiumi per cercare qualcosa che fosse adatto allo scopo, e lì dovevano averle recuperate.

“Ce l’hai?”

“Ancora no...”

 

Mollò il grilletto e si mise a trafficare con i dispositivi adibiti alla regolazione dei parametri di mira e di puntamento.

La macchina della polizia era parcheggiata poco distante, sul limitare del sentiero che li aveva condotti fin lì. Non era stato affatto facile raggiungere quel posto: avevano dovuto passare ben tre quarti d’ora alle prese con sentieri talmente stretti da parer mulattiere, ed insidiosi tornanti ad angolo cieco affiancati da burroni talmente ripidi, scuri e profondi da non riuscire a scorgerne la fine.

Ma ne era valsa la pena. Eccome. In quel punto il terreno mutava radicalmente fino a diventare pianeggiante, anche se solo per un breve tratto composto da una ventina di metri. Era decisamente in netto contrasto con le zone impervie e scoscese tutt’intorno. L’assoluta mancanza di vegetazione boschiva, inoltre, garantiva una netta e limpida visuale dell’ambiente circostante ma soprattutto sottostante. Quel fazzoletto verde rappresentava un’autentica isola nel mezzo di un mare di rocce a strapiombo, ideale per testare la loro nuova arma.

“Adesso ce l’hai?”

“Non ancora...un attimo di pazienza.”

Maggie diede due colpi secchi con la levetta dell’otturatore situata a lato, prima all’indietro e poi in avanti, inserendo il colpo in canna. Poi rimise il dito sul grilletto, con la ferma intenzione di non volerlo più staccare di lì, nemmeno per un solo un solo istante. Esattamente come il suo occhio, che durante tutte le precedenti operazioni era rimasto immobile e fisso sul mirino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quincey portò lentamente la tazza di porcellana bianca e finissima alla bocca, sospirando.

Decisamente un periodaccio. Problemi, problemi ed ancora problemi. Sempre e soltanto problemi quella mattina. Problemi a cui gli sarebbe toccato ben presto dover pensare e risolvere. Pastoie tipiche del rango che lui e la sua famiglia dovevano essere abituati ad accettare. E a sopportare. Ogni cosa ha un prezzo, d’altra parte. Persino il potere.

FACCI L’ABITUDINE, gli aveva sempre detto suo padre e, ancor prima di lui, suo nonno. IL GIORNO CHE UN CARRINGTON NON AVRA’ PIU’ PROBLEMI, COME MINIMO E’ PERCHE’ SARA’ MORTO. O PERCHE’ AVRA’ FINITO PER DIVENTARE LUI, IL PROBLEMA.

Corbellerie. Corbellerie belle e buone. Sguazzava da anni in mezzo ad ogni genere di problema. Da quando il suo vecchio lo aveva messo come responsabile per gestire le piccole grane di poco conto, giusto per imparare a farsi le ossa. Vale a dire umiliando e sottomettendo tutte le volte che ne poteva avere la possibilità. Il tipo di educazione più che adatta ad uno come lui, destinato a comandare. E a succedere sul trono di famiglia al posto del suo vecchio. Eppure non riusciva ad abituarsi, a quella situazione.

Contrariamente a chi pensa che i maiali si trovino a loro agio nel fango più putrido, lui non gradiva affatto quella situazione. Desiderava per sé solo il lato buono che potevano garantirgli le sue fortune ed il suo prestigio. Non glielo aveva certo chiesto lui, a quell’imbecille di suo padre, di metterlo al mondo. Come poteva anche solo pensare che sarebbe stato disposto ad avere grane da sistemare?

Lui voleva una bella vita, mica una salita. Se era vivo, la colpa era solo di suo padre. Che pagasse lui il conto, quindi!

Era come scegliere tra essere compagno o amante, da come la vedeva lui. Preferendo ovviamente la seconda ipotesi. Nessun vincolo, o impegno. Solo gran divertimento e spasso e nessuna torma di marmocchi urlanti a cui dover badare. E nemmeno pappe fetide da far trangugiare e pannolini puzzolenti da dover cambiare. E la stupenda, meravigliosa opportunità di troncare tutto al primo momento di stanca.

MAI INFILARSI IN CIO’ IN CUI NON PUOI USCIRE ENTRO TRENTA SECONDI. Questa era la sua filosofia di vita. E così avrebbe dovuto essere, una volta a capo della sua dinastia.

Ed invece…problemi, problemi ed ancora problemi. Sempre e soltanto problemi, dannazione.

Unica nota positiva, fino a poco fa, la conversazione telefonica con Unghia. Parlare con quel tizio e starlo a sentire mentre gli enumerava, persino con una nota di orgoglio nella voce, le finezze del suo mestiere e i trucchetti per non farsi beccare lo faceva sempre divertire un mondo. Era un autentico spasso, davvero. Ma aveva dovuto interrompere sul più bello a causa dell’inopportuna entrata in scena di quella rompiscatole di Emma.

Ci si era messa pure lei, quella mattina. Farneticando scemenze su sua sorella e sui disordini capitati presso un altro insignificante mucchio di fetide catapecchie che occupavano inutilmente spazio in qualche angolo della vallata. E di cui aveva già scordato il nome. Così come quello della ex – partner dell’attuale sceriffo. Quell’insulsa ed inutile coniglietta...fosse stata ancora deambulante avrebbe potuto farla rapire, allo scopo di ricattarlo...per poi restituirgliela, una volta raggiunto lo scopo. A rate. Dentro una busta di plastica, un pezzo alla volta. Con la testa come ultima consegna, ovviamente. Con contorno di patate. O di CAROTE, tanto per restare a tema.

L’avrebbe fatta investire volentieri lui con la sua limousine, mentre se ne stava comodo comodo sui sedili del salottino posteriore a gustarsi l’immagine del suo musetto che finiva in poltiglia contro la telecamera montata ad altezza cofano, sorseggiando un Bellini. E chi é il fesso che ha detto che la vendetta ha un sapore amaro come il fiele? Tutte le volte che aveva assistito allo show in questione, con qualche impiccione nel ruolo della guest – star nonché vittima sacrificale di turno, aveva trovato il gusto in questione più simile a sfizioso cocktail alla frutta leggermente alcoolico.

Sfortunatamente, era un ipotesi non fattibile. Perché ci aveva già pensato qualcun altro. Dannati delinquentelli da strapazzo. Bisognerebbe impiccarla sopra ad una graticola, certa gentaglia. Meglio ancora: su braci ardenti a testa all’ingiù, appesi per i piedi. Ti tolgono tutto il divertimento.

TI PEGGIORANO LA QUALITA’ DELLA VITA, DAVVERO.

E come se non bastasse ne parlava con tale considerazione, quella vecchia pecorella rimbambita...sentiva già di odiarla, quella sgranocchia – ortaggi. Anche se non aveva avuto né il dispiacere e nemmeno la perdita di tempo di conoscerla.

Sentiva di detestarla. Così. A cotenna.

Non che i due argomenti riguardanti le corbellerie della sua segretaria gli destassero particolari timori o preoccupazioni. La cara Miss Earnshaw lavorava per la sua famiglia da quando era giovincella: serviva lui come aveva servito suo padre, e come la madre di lei aveva servito il padre di suo padre. La loro stirpe affiancava la sua in una sorta di tacita simbiosi. Protozoi, amebe rivestite di bianca lana. Mute, fedeli e accondiscendenti.

Nonostante lui si premunisse di tenerla completamente all’oscuro, era probabile che la sua segretaria fosse almeno in parte al corrente delle sue attività segrete e nascoste, la maggior parte delle quali oltre i confini del lecito. Nonché dei metodi ampiamente discutibili con cui gestiva l’azienda. Era vecchia decrepita, ma non per questo stupida o sprovveduta. Ma anche se sapeva, avrebbe tenuto la bocca cucita. Come e meglio di un confessore. Ne era più che convinto. Si trovava alle sue dipendenze da fin troppo tempo. E, particolare non meno significativo, si squagliava letteralmente di paura al suo cospetto, al pari di qualunque altro zotico residente nei paraggi e dotato di un minimo di sale in zucca. Da parte di quella gente, eventuali proteste o rimostranze erano categoricamente da escludere.

 

Solamente pochi che son vivi sanno, pensò tronfio. E mai parleranno.

Così stavano le cose. Era in un’autentica botte di ferro. Però…

Però c’era LUI, adesso.

ERA ARRIVATO QUEL WILDE, ORA.

Quella dannata volpe che aveva osato alzare la testa e dire NO. Siano mille e mille volte maledetti lui e tutti quelli della sua schifosissima razza!!

Aveva osato ribellarsi. RIBELLARSI! A QUINCEY CARRINGTON IN PERSONA! E non era affatto da escludere che qualcun altro non decidesse di emularlo, prima o poi. Certo, la cosa non sarebbe avvenuta entro tempi brevi. Si parlava prima di buon senso. E quel tale era sicuramente quanto di più LONTANO poteva esistere, dal cosiddetto buon senso. Era un pazzo completo. E masochista. Rifiutando la sua offerta di collaborazione aveva segnato la sua sorte, mettendosi in lizza per una fine oltremodo dolorosa ed umiliante. Come tutti quelli che avevano avuto la stessa, malaugurata idea prima di lui. Ma non andava sottovalutato, assolutamente. I pezzenti del posto cominciavano ad averne veramente abbastanza delle angherie e delle prepotenze sue e dei suoi e prima o poi, a furia di tirare troppo la corda…si sa, quando si é VERAMENTE disperati ed esasperati si finisce con l’aggrapparsi a qualunque cosa. PERSINO AI PAZZI. Occorreva un altro, un NUOVO esempio, prima che la situazione sfuggisse per sempre di mano.

Quella lurida canaglia...da quando aveva messo piede ad Haunted Creek aveva iniziato ad andare tutto quanto storto, accidenti a lui.

Fortunatamente, sapeva bene come gestire questo tipo di situazioni. Lo aveva imparato nella più dura e spietata delle arene: il libero mercato. In fin dei conti, trattare con tipi simili non era poi tanto diverso dal fronteggiare un potenziale rivale in affari. Quando compariva qualcuno in procinto di minacciare la sua leadership, occorreva intervenire prontamente e senza alcun indugio. Più presto si schiacciava il concorrentucolo, più presto si ritornava ad imporre la propria legge a clienti e fornitori.

“All’inferno...ultimamente non mi danno neanche la possibilità di gustarmi una tazza di buon caffè in santa pace. Che il diavolo se li porti, tutti quanti!!” Imprecò, mentre si accingeva a trangugiarne un’abbondante sorsata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Quanto ti ci vuole ancora?” Domandò Nick, spazientito.

“Non mettermi fretta, altrimenti mi deconcentro...”

Maggie inspirò profondamente e trattene il fiato per un istante. Le sue membra si irrigidirono fino a diventare come di pietra. Un doccione di marmo come quelli che sormontavano le guglie delle cattedrali, per difendere loro e le città che le ospitavano dal male a dal maligno. Ma che stavolta era sdraiato su di un manto d’erba in posizione prona. E non aveva le sembianze di un mostro alato e deforme, ma di una giovane femmina di daino sul punto di far cantare un potente fucile da cecchino.

 

Rilassati, FIORELLINO. Respira. E assecondalo. Fa che diventi parte di te. Convinciti di fare centro ancora prima di averlo fatto. In qualunque luogo o situazione tu possa venirti a trovare. Hai preso da me tutto quel che ti occorre. Devi solo USARLO. Per te é naturale come mangiare, bere o respirare.

 

Decise di seguire la misteriosa quanto inaspettata ispirazione. Funzionò.

“Ecco fatto.” disse, semplicemente. “Ce l’ho a tiro.”

“Ok, perfetto.” le rispose la volpe. “Quando vuoi, allora.”

Fece una lenta e profonda esalazione mentre premeva il grilletto, buttando fuori lentamente e con calma l’aria dalle labbra, quasi a voler accompagnare il proiettile in uscita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa che sentì fu un rumore di vetri infranti, seguito da un sibilo acutissimo. Poi sentì il pollice e l’indice torcersi dolorosamente e di colpo, come se qualcuno gli avesse strappato avidamente e di botto la tazza dalla mano destra.

Il caldo contenuto gli schizzò sul muso e sul vestito. Inzuppandogli la camicia e la giacca e scottandogli la pelle. Chiuse istintivamente gli occhi a quel rovente contatto, riuscendo a serrarli un istante prima di finire accecato. Per sua fortuna.

Quando li riaprì, vide l’intera scrivania cosparsa di liquido scuro e ancora fumante. Il marrone di quest’ultimo aveva irrimediabilmente contaminato il bianco immacolato della formica. La tazzina, completamente in pezzi, giaceva all’angolo opposto della stanza, con la moquette che assorbiva il resto del caffè che conteneva fino a poco prima.

Non appena realizzò cos’era accaduto un lungo e freddo brivido lo percorse gelandogli l’intera colonna vertebrale, dalla nuca fino alla punta del codino a riccio.

“AH...AAAHHH...”

Balbettò poi alcune frasi sconnesse, insieme ad un paio di sillabe senza senso. Infine lanciò un grido con tutta quanta la forza che gli era rimasta in corpo.

“EEEEMMMMAAAAHHHHHHH!!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick abbassò il binocolo e scoppiò a ridere di gusto.

“Ah, ah, ah!! Oddio, non ce la faccio più!!”

“Come sono andata?” Chiese Maggie quasi con deferenza, alzando lo sguardo e voltandolo nella sua direzione.

“Come sei andata? Tu mi chiedi come sei andata?! Ma alla grande, tesoro! Anzi, alla grandissima!!” Esclamò lui, tenendosi la pancia senza smettere di sghignazzare. “Oh, cielo! Vedessi la faccia che ha fatto, quell’imbecille! Ah, ah, ah!!”

“L’ho vista.” precisò lei, mantenendo il precedente tono impersonale. “Sai, il mio visore telescopico funziona bene quanto il tuo binocolo.”

“Ah, già.” ammise la volpe. “E’ vero. Beh...direi che con questo siamo pari. Abbiamo saldato il conto per quello che i suoi hanno combinato giù al campo di Douglas.”

“Pienamente d’accordo, caro il mio comandante...se non fosse per il fatto che ora siamo alle prese con un debito ancora più grosso.”

“A quale debito ti riferisci?”

“A quello con la legge, Nick. Non venirmi a dire che il discorso che ti ho fatto l’altra volta...quello sull’applicarla e sul rispettarla, tanto per intenderci. Non venirmi a dire che lo hai già gettato alle ortiche, ti prego.”

“Uh? Ma di che parli?”

“Sto parlando di tutte le infrazioni che abbiamo appena commesso. Vuoi che ti faccia un elenco, forse? Abuso di potere, utilizzo improprio di mezzi e di armi della polizia, intimidazione, danneggiamento di proprietà privata...e potrei andare avanti per delle ore. Abbiamo fatto talmente tanti di quegli atti illeciti da riempire un intero manuale!!”

“”Mfh. Quante storie. Finché non ti colgono sul fatto, non hai fatto niente. Questo é il fatto.”

“Tsk. Da non credere...pure i giochi di parole, si mette a fare.” commentò la daina con fare sarcastico mentre si rialzava da terra, con calma e lentamente. “E comunque, se vogliamo tirare in ballo possibili testimoni, ti rammento che ognuno di noi due ha assistito alla bravata dell’altro. Quindi la mia proposta é di arrestarci a vicenda, non appena rimettiamo piede in centrale. Anzi: ne ho una ancora migliore: nomini Finn come tuo aiutante e gli ordini di sbatterci in cella. Infine, gli diciamo di buttar via la chiave.”

“BRAVATA?!” Saltò su Nick. “Tu questa me la chiami bravata? Questa era UN’ESERCITAZIONE IN PIENA REGOLA, mia cara! Finalizzata a testare sul campo la nuova arma in dotazione!!”

“Capisco...sentiamo, allora: com’é andata?”

“Te l’ho detto prima. Promossa. E a pieni voti, aggiungo.”

“Veramente io mi stavo riferendo al fucile...” specificò Maggie.

“Lascialo perdere, il fucile. Io parlavo DI TE. Sei stata semplicemente incredibile!!” Proclamò Nick, entusiasta.

“Detto da un tiratore del tuo calibro lo prendo come un GROSSO complimento. Grazie.”

“Dico sul serio. Sei stata FANTASTICA, davvero. La tua tecnica, la postura, il modo in cui hai sincronizzato il respiro con l’emissione del colpo...per un attimo mi é sembrato che quell’arma diventasse un’estensione del tuo braccio. Parte del tuo stesso corpo. Mi hai sorpreso. Ti posso assicurare che io non me la sarei cavata altrettanto bene, al tuo posto.”

“Ti confesserò una cosa.”

“Sicura? Se ho capito bene, rivelare i propri segreti é una libera scelta. E così che funziona da queste parti, dico bene?”

“Dici bene. E comunque, non ho alcun problema a dirtelo, da parte mia. Devi sapere che mi alleno al poligono di tiro da quando ero piccola. A mio padre non riuscì mai di avere un figlio maschio, nonostante ci tenesse molto. A quel punto prese una decisione piuttosto singolare, nei confronti della sottoscritta. Stabilì che mi avrebbe cresciuta come un maschio. Non gli importava che non lo fossi. In quanto a me...lo assecondavo, in tutto e per tutto. Cerca di capire...per una figlia, avere l’affetto e l’approvazione da parte del proprio padre é la cosa più importante che esista, senza alcun dubbio. Ero una bambina...e lui era TUTTO, per me.”

“Capisco perfettamente.” Disse annuendo lui.

“Per farla breve...facevamo tutto quello che un buon papà fa con suo figlio: escursioni, pesca, partite allo stadio, giocavamo a baseball...”

Nick la osservò, stupito.

“Dici davvero?”

“Certo. E, tra le altre cose, mi ha insegnato anche a saper maneggiare bene le armi. I FUCILI, nella fattispecie.”

“L’ho notato. Beh, certo che non ci si crede, detta così...”

“Per carità” lo interruppe lei. “Non che non abbia giocato anche con le bambole, e con tutto quanto il resto. Mi lasciava tutto il tempo e lo spazio per fare le mie COSUCCE DA FEMMINUCCIA, come amava definirle lui. Ci ridevamo sempre sopra, quando lo diceva. L’importante era che che riuscissi a ritagliarmi un angolino con cui fare qualcosa in sua compagnia. INSIEME.”

“Mi pare più che giusto.”

“E comunque sappi che mi prendevo le mie soddisfazioni, sia a scuola che con gli amici. Non ti sto a dire le facce che facevano i miei compagni quando, alle partitelle del fine settimana, gli rifilavo un fuoricampo dietro l’altro!”

“Bene” commentò la volpe, ridendo. “Vorrà dire che uno di questi giorni recuperiamo l’occorrente e ci facciamo un paio di tiri, giusto per vedere se ti sei arrugginita.”

“Ehi! Aspetta un attimo!” Esclamò Maggie, sorpresa. “Mi stai SFIDANDO, forse?”

“Se la vuoi mettere così...in ogni caso, tornando al discorso del fucile, credo che tu abbia un talento naturale.” rispose lui. “E pare anche che tu te ne intenda. E parecchio.”

“Anche questo deriva da mio padre. Andava matto per i fucili d’epoca, e me ne ha trasmesso la passione. Gli HENFIELD erano la sua marca preferita, in assoluto. Li considerava delle autentiche opere d’arte. Sai cosa mi diceva sempre? QUANDO USI UN HENFIELD, TIENI SEMPRE A MENTE CHE NON STAI USANDO UN NORMALE FUCILE. HAI A CHE FARE CON UN MONUMENTO. E QUINDI TRATTALO COME TALE, DANDOGLI TUTTO IL RISPETTO E LA DEDIZIONE CHE MERITA. Hai presente il rumore che ha fatto prima?”

“Intendi dire quando lo hai caricato?” Le domandò.

“Esatto.” fece lei, mettendosi l’arma a tracolla mediante l’apposita cinghia di sostegno. “Non era il semplice suono di quando infili il proiettile in canna.”

Azionò di nuovo l’otturatore, anche se il fucile era completamente scarico.

“CLICK – CLACK. CLACK – CLICK.” aggiunse. “Non é solamente il suono dell’acciaio che scorre su altro metallo temprato. E’ IL SUONO DELLA STORIA, Nick.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il loro lavoro lì era finito, ormai. Si incamminarono lentamente verso la volante.

“Allora LA GRANDE CONTROFFENSIVA é prevista per questo Week – end, giusto?” Chiese la vice.

“Esattamente” rispose Nick. “Durante il prossimo sabato notte, per la prima volta da quando Ricketts mi ha nominato sceriffo, affronteremo a viso aperto la cricca di Carrington e rispediremo tutta quanta la spazzatura al mittente.”

“Beh, e senza dubbio un nobile proposito, non lo metto in dubbio” replicò lei. “Ma ti faccio presente che siamo solo in due...un po' pochini per tenere a bada probabili decine di scalmanati, non trovi anche tu?”

“Tranquilla.” la rassicurò la volpe. “Ho già provveduto a chiedere rinforzi.”

“Vuoi dire che hai contattato gli sceriffi dei paesi vicini? Sul serio?”

“Naaah. Questa faccenda ce la risolviamo in casa nostra. Si dice sempre che i panni sporchi vanno lavati in famiglia, del resto.”

La daina si voltò a fissarlo, sconcertata.

“COSA?!”

“Proprio così. Non faremmo certo questa grande impressione agli occhi dei vicini se dovessimo elemosinare il loro aiuto già dall’esordio, non ti pare? Pensa invece che figurone, se ce la caviamo con le nostre sole forze!! Quello si, che sarebbe un bell’esempio per tutti!!” Fece lui raggiante, spalancando le braccia.

A quel gesto, Maggie scosse il capo.

“Tu sei da internare.” commentò, sconsolata. “Scusa tanto, ma vorresti degnarti di dire anche a me chi sarebbero i FANTOMATICI RINFORZI di cui mi hai parlato poco fa?!”

“Risposta facile, mia cara. E te la sei data da sola prima, senza rendertene conto. Diciamo che ti ho rubato l’idea.”

“Ma di che stai parlando?”

“Sarà il vecchio Finn a darci una mano. Gli ho chiesto di prendersi la serata libera.”

“FINNICK?!” Esclamò lei, ormai al limite della pazienza e della sopportazione. “Ma come pensi che ci possa essere di aiuto QUELLO, me lo spieghi?!”

“Fidati di me, e di ciò che dico. QUELLO, come dici tu, da solo vale come e più di cento messi insieme, in certi frangenti. In passato l’ho visto parecchie volte all’opera, e so di cosa é capace. Quando arriva il momento di muovere le mani, averlo al proprio fianco é una gran fortuna, credimi.”

“Sarà…a me sembra che l’ultima volta non se la sia cavata granché bene. Lo hanno ridotto piuttosto maluccio, mi ricordo...”

“E come il discorso che ti ho fatto prima sul baseball. Deve solo togliersi un po' di polvere e di ragnatele di dosso, tutto qui. Lo so, a prima vista non gli daresti nemmeno mezzo cent, ma quando entra in azione…cambi completamente opinione sul suo conto, te lo assicuro.”

“Se lo dici tu...” concluse la vice, sempre più perplessa.

“Devi assistere di persona, per poterci credere. Te ne accorgerai...oh, scusa...il cellulare.”

Nick estrasse lo smartphone dalla tasca e diede un’occhiata allo schermo. C’era un nuovo messaggio. Da parte di Flash.

“Chi é?” Gli chiese lei, aprendo la portiera. Questa volta era il suo turno, di guidare.

“Di nuovo il mio amico di cui ti parlavo prima.” precisò la volpe. “Ti spiacerebbe mettere in moto, mentre gli do un’occhiata?”

“Nessun problema.”

“Maggie si mise al volante e girò la chiave mentre lui, dopo essersi buttato di slancio sul sedile del passeggero, riaccese il display per leggere la risposta del bradipo.

 

 

RIECCOMI QUA, BRO.

FELICE CHE TE NE SEI RICORDATO.

IO E PRIS CI SPOSIAMO TRA SEI MESI, SE RIUSCIAMO A STARCI DENTRO COI TEMPI.

DOMANI ANDIAMO A COMPRARE GLI ABITI DA CERIMONIA, E POI A FARE LA LISTA NOZZE.

SE VA TUTTO COME PREVISTO, RAGGIUNGEREMO IL CENTRO SPOSI ALL’ANGOLO TRA DUE GIORNI.

 

STAMMI SANO E IN GAMBA, DI NUOVO.

 

SEE YA, FRATELLO.

 

F.

 

 

Sogghignò.

Sempre il solito, buon vecchio Flash. Chissà se lo aveva inviato solo ora perché il suo messaggio precedente lo aveva letto poco fa, oppure lo aveva letto subito ed era stato in ballo fino ad adesso a digitare la risposta. Tutto poteva essere. A quanto gli aveva riferito stava frequentando un apposito corso di velocizzazione dedicato a quelli della sua specie. E anche piuttosto assiduamente, a quanto pareva. Ma gli aveva anche confidato che faceva una gran fatica a mettere in pratica gli insegnamenti (LEZIONE NUMERO VENTITRE’ DEL CORSO DI VELOCIZZAZIONE PER BRADIPI: MESSAGGI E CONVERSAZIONI TELEFONICHE. SE SEI GIA’ A CONOSCENZA DEGLI ARGOMENTI DI CUI DOVRAI TRATTARE, FATTI SCRIVERE DA QUALCUNO TUTTI GLI SMS CON LE DOMANDE E LE RISPOSTE RELATIVE AL CASO, OPPURE FAGLIELE REGISTRARE A VOCE. POI TIENI TUTTO IN MEMORIA, DA USARE A SECONDA DELLE NECESSITA’. PERDERE UN PO’ DEL TUO TEMPO ADESSO PER NON PERDERNE ASSOLUTAMENTE DOPO, QUESTO E’ IL MOTTO!!).

Certi istinti erano duri da cancellare o modificare. Nel caso dei bradipi, L’ANDAMENTO LENTO non si perde dall’oggi al domani. Ma non bisogna mai smettere di tentare. E ritentare, anche se si fallisce continuamente. COSI’ PARLO’ CAROTINA.

Premette rapidamente le lettere della tastiera schermo con il pollice.

 

SONO SICURO CHE CE LA FARETE, RAGAZZI.

TIENIMI INFORMATO SU TUTTI GLI SVILUPPI, M I RACCOMANDO.

 

BYE,

 

N.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!

Tra impegni di lavoro asfissianti e vecchi acciacchi che puntualmente tornano con la stagione fredda e che non danno tregua, sono riuscito a sfornare un altro capitolo.

Ovviamente, IN RITARDO SULLA TABELLA DI MARCIA.

Come al solito, del resto.

Inutile dirvi qual’é la sorpresa maggiore di questo capitolo.

Ma dové finita la vice che se ne stava rintanata in un ufficio, perennemente alla scrivania a compilare pratiche e scartoffie?

Come é già successo per Nick, Maggie ha terminato il periodo di crescita ed é sul punto di ESPLODERE, esattamente come aveva fatto la nostra volpe parecchi capitoli indietro.

Ne vedremo veramente delle belle, credo…

Ma questo é niente.

La sorpresa più grande deve ancora arrivare. Anche se Nick la anticipa alla fine dell’episodio.

Stanno per iniziare i casini veri ed é giunto il momento di CALARE L’ASSO.

Eh, si: dopo una lunga panchina, FINNICK SCENDE IN CAMPO A DARE MANFORTE AI NOSTRI.

FINALMENTE, aggiungerei.

Si prospettano macelli. E di quelli belli grossi.

Colonna sonora: durante la scena del tiro al bersaglio con la tazzina, sparatevi (buona, questa!!) TEN MILLION SLAVES di OTIS TAYLOR, dal film NEMICO PUBBLICO – PUBLIC ENEMIES di Michael Mann. Quello con Johnny Depp nei panni del gangster John Dillinger.

Tra l’altro questa canzone viene usata all’inizio, in una scena memorabile in cui Christain Bale centra un criminale in fuga con un colpo di fucile, a centinaia di metri di distanza. Guarda caso…

Mann é uno dei più grandi registi della storia del cinema, per il sottoscritto. E della TV. Vi dice niente MIAMI VICE – SQUADRA ANTIDROGA? Una serie pazzesca, per l’epoca.

Ma ne riparleremo.

Prima di concludere, ringrazio Plando, Sir Joseph Conrard, hera85, darkdestroyer e LittleCarrot per le recensioni al capitolo precedente. E Devilangel476 e EnZo89 per tutte le recensioni ai capitoli precedenti. E, come sempre un grazie anche a chi leggerà la mia storia e vorrà lasciare un parere.

Grazie ancora a tutti e alla prossima!!

 

 

See Ya!!

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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