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Autore: TheGhostOfYou0    24/11/2017    3 recensioni
Prima classificata parimerito nel contest “Cuore d’Ombra” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp.
"Rollo amava Ragnar, lo amava così tanto che certe volte il suo cuore non riusciva a sopportare qualcosa di così forte, non riusciva a comprendere un sentimento del genere, lo confondeva con l’odio e con l’invidia, con il senso di impotenza e l’insicurezza, mischiava tutto senza lasciargli scampo né respiro, accecandolo.
Ma Rollo amava Ragnar, c’era una cicatrice a dimostrarlo."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ragnar Lothbrok, Rollo Lothbrok
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Per evitare ogni fraintendimento prima di iniziare a leggere, questa storia non è Slash/Incest/PreSlash è puro e semplice amore tra due fratelli, spero vi piaccia. 
Autore: TheGhostOfYou.0
Titolo: C’era una cicatrice a dimostrarlo
Personaggio: Rollo Lothbrok

 
C’era una cicatrice a dimostrarlo
 
 
“Ti ho dato tutto
E lo strappi dalle mie mani
E giuri sia tutto finito
E strappi tutto quello che ho
Solo per dire che hai vinto.
Bene, ora hai vinto. ”
-I gave you all
Mumford and Sons
 
   
   Camminava da una parte all’altra di una delle due torri che aveva fatto costruire mentre le navi ardevano sul pelo dell’acqua e gli uomini, suoi fratelli, morivano sotto le sue frecce.
Si stava prendendo la sua rivincita. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, Rollo Lothbrok era uscito dall’ombra.
Il traditore aveva vinto.
“Quando tutti ti volevano morto, io ti ho tenuto in vita”
  Gridò Ragnar, la  sua voce era roca  e sofferente, lo sguardo, quell’ azzurro spento ed opaco, incatenato al suo.
  Rollo osservò attentamente suo fratello: sembrava invecchiato, stanco,afflitto. Aveva l’aspetto di chi era passato per una guerra, una strage, un’intera vita in poco tempo, come avesse vissuto altri cent’anni dall’ultima volta che lo aveva visto.
 Non parlò, non ne aveva il coraggio e neppure forza, qualcosa all’altezza del petto gli impediva d’aprir bocca, eppure avrebbe voluto urlargli contro con tutta la voce che possedeva che ancora una volta si trattava di lui.
 Lui lo aveva tenuto in vita, lui lo aveva perdonato.
Lui, lui, lui.  
Non esisteva nessun altro.
 “ E’ così che ripaghi il mio amore?” 
  Strinse il pugno con forza e non riuscì a mascherare quell’indecifrabile espressione sul suo volto, un misto di sorpresa, nostalgia e rancore.  
Ripagare.
Rollo non aveva mai chiesto nulla in cambio della sua devozione, neppure quando gli spettava di diritto. Tutti quei morti che galleggiavano sul pelo dell’acqua e le navi in fiamme, il volto scavato di suo fratello e la sua sconfitta, il suo tradimento e la guerra stessa, nulla era colpa sua.
Era una conseguenza.
Era colpa di Ragnar, colpa del suo affetto che faceva male, delle sue pretese, della sua gloria.
 
  Rollo amava suo fratello più di tutte  le donne che avevano scaldato il suo letto nelle fredde notti invernali e più di quelle che, invece, non era riuscito a possedere. A loro, che lasciavano un segno, ricordo indelebile del suo orgoglio ferito, se possibile, aveva tenuto più che alle precedenti.
 Le cose che non si possono avere rimangono lì, intrappolate da qualche parte tra il corpo e l’anima e Lagertha, la Shieldmaiden, era una di queste.
Eppure Rollo amava suo fratello più di quanto non avesse mai amato Lagertha, tanto da passare sopra all’umiliazione, alla rabbia e al dolore che gli provocava il solo pensiero di lei nuda nel suo letto, ed era un dolore, quello, così vero, profondo ed incessante che gli aveva fatto pensare più e più volte alla possibilità di eliminare tutti quei sentimenti dal suo cuore troppo piccolo per contenerli tutti.
Un cuore troppo piccolo per un corpo così grande, troppo debole per un  uomo così forte.
Aveva pensato di strapparselo dal petto, quel cuore dannato, che affogava i suoi tormenti in tutto ciò che fosse in grado di stordirlo per un po’, fargli perdere la cognizione del tempo e dello spazio: alcol, funghi, sangue.
Nulla lo aiutava quanto una razzia o un combattimento, quando la sua spada era ricoperta di quel liquido rosso e caldo che sembrava essere lì apposta per ricordargli  di avercela fatta ancora una volta, che il momento di raggiungere il Valhalla non era ancora arrivato e gli dei avevano qualcosa in serbo per lui.
 Per ricordargli che c’era ancora speranza, anche quando tutto sembrava perduto, anche quando suo fratello s’era preso la sua donna, il suo onore, la fama che gli sarebbe spettata.
Anche quando suo fratello era il grande Ragnar Lothbrok e lui un nessuno come tanti.  
 
Amava suo fratello quanto amava le armi, la guerra, l’odore della vittoria nell’aria che riempiva i polmoni d’orgoglio, e forse un po’ di più.  Lo avrebbe negato sempre, fino al suo ultimo respiro, ma se Ragnar gli avesse chiesto un giorno di smettere di combattere, se fosse stata una questione di vita o di morte, se fosse dipeso tutto da lui, Rollo lo avrebbe fatto.
Lo avrebbe fatto per lui, per Lagertha, per Gyda, per Bjorn ed anche per se stesso.
Lo avrebbe fatto, anche se il suo animo di guerriero sarebbe perito prima del suo corpo.
Anche se avrebbe passato la sua vita maledicendo quella promessa, odiando se stesso come sempre, come tutte le volte in cui non era riuscito ad odiare suo fratello, lo avrebbe fatto, e poi con i capelli ingrigiti ed i muscoli intorpiditi avrebbe combattuto un’ ultima onorevole battaglia per prendersi quale posto che gli spettava di diritto alla tavola di Odino. 
Rollo amava Ragnar, lo amava così tanto che certe volte il suo cuore non riusciva a sopportare qualcosa di così forte, non riusciva a comprendere un sentimento del genere, lo confondeva con l’odio e con l’invidia, con il senso di impotenza e l’insicurezza, mischiava tutto senza lasciargli scampo né respiro, accecandolo.
 
Ma Rollo amava Ragnar, c’era una cicatrice a dimostrarlo.
Deturpava il suo volto da anni, ma aveva smesso di fare male. Rimaneva lì per ricordargli il suo sacrificio, la sensazione fredda della lama del conte Haraldson che scavava nelle sue carni morbide, senza che lui, il miglior guerriero di Kattegat, potesse fare nulla per fermarlo.
Rollo aveva sopportato il dolore per salvare suo fratello e la sua famiglia.
 Gli piaceva credere lo stesse facendo per Lagertha, per i suoi amati nipoti, eppure mentre il conte lo torturava non riusciva a smettere di pensare agli occhi di suo fratello, così diversi dai suoi.
Gli occhi di un dio, gli occhi di qualcuno per cui valeva la pena soffrire e forse persino morire, nonostante gli avesse portato via tutto.
Gisla gli aveva chiesto una volta, mentre carezzava i suoi capelli e poi il petto ampio, come si fosse procurato quell’enorme sfregio. Rollo aveva scosso il capo e le aveva baciato la fronte.
“Un’altra vita” Aveva detto, sapendo che le sarebbe piaciuto sentirgli pronunciare quelle parole. Ma non era vero, la vita era sempre la stessa, quando udiva un tuono nella notte e sua moglie si stringeva al suo corpo per lui era ancora Thor con il suo martello.
Un’altra vita, eppure il suo passato era lì, di fronte a lui e non sembrava  neppure troppo lontano.
 
 
 
 
“Su una nave si vive e si muore insieme.
Se non puoi fidarti dell’uomo che sta di fianco a te, oppure di fronte, allora sei già un uomo morto.”
 
Lo aveva detto a Bjorn una volta, quando era ancora un ragazzino inesperto della vita, pronto a sbucciarsi il cuore per una ragazza, pronto a combattere per la prima volta, senza avere paura, come solo i folli ed i giovani combattono.
Rollo non conosceva i nomi degli uomini che erano lì, accanto a lui e Gisla, pronti a proteggerli. Non sapeva che faccia avessero, se avessero una famiglia, una compagna ad aspettarli a casa e scaldare il loro letto o se fossero soli, circondati solo di amici e fratelli, se gli bastasse quello o volessero qualcosa di più. Non sapeva cosa pensassero di lui: se lo amassero, se lo odiassero, se nonostante tutto per loro fosse  solo il vichingo vestito da cristiano.
E mentre Ragnar allargava le braccia verso di lui e poi si lasciava cadere sulla sua nave, Rollo riuscì a riconoscere accanto a lui suo nipote, Floki, altre decine di volti famigliari e per un momento, solo uno, sentì che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella scena, in lui al sicuro su una torre, lontano dalla scontro.
Lui, Rollo Lothbrok, a fianco dei cristiani a combattere il suo stesso popolo.
Per un attimo, appena uno, si sentì tremendamente solo.
Gisla gli strinse la mano, felice.
 Lei non capiva, non poteva, ma Rollo provava nostalgia e più guardava le navi allontanarsi più i suoi sentimenti si facevano confusi.  Avevano vinto, ma Rollo sapeva che Ragnar non si sarebbe arreso. Era una questione tra loro due, ora, e segretamente desiderò di rivedere presto suo fratello, di porre fine a quella guerra, vincere e dimenticare per sempre quella sensazione alla bocca dello stomaco, che somigliava quasi al dispiacere.
Perché Rollo Lothbrok amava suo fratello, più delle donne, delle armi e della guerra.
Rollo amava suo fratello, ma amava di più il destino che gli era stato predetto e che aveva deciso di abbracciare.
 Ad ogni costo.
 
 
Note Autore: Scrivere questa storia è stata particolarmente dura, ho vagato senza obiettivo per molto cercando il giusto pretesto per trasmette a parole ogni sfumatura di un personaggio complesso come Rollo, voglio sperare di esserci riuscita mantenendo il più possibile l’IC del personaggio. I dialoghi riportati sono tutti presi dalla serie episodio 7 della quarta stagione, anche la frase citata viene realmente pronunciata da Rollo a Bjorn nelle stagioni precedenti.  In alcuni momenti forse Rollo, il traditore, potrà sembrare assolutamente OOC, ma io credo davvero che Rollo ami Ragnar, in quel modo troppo forte che ho cercato di descrivere. Ci credo davvero, perché appunto c’è quella famosa cicatrice a dimostrarlo, assieme agli anni passati nell’ombra, all’incapacità di fare del male a suo fratello durante il primo tradimento. Io credo che Rollo ami Ragnar di un amore profondo e forse un po’ malsano, e che questo amore combinato alla frustrazione di non essere mai abbastanza, di essere sempre messo in ombra, sempre da parte, lo abbiano portato a compiere determinate azioni. 

 
   
 
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