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Autore: Sospiri_amore    25/11/2017    0 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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OGGI:
Domare l'oscurità





... PREPARATEVI PSICOLOGICAMENTE, 

È UN CAPITOLO MOLTO LUNGO...

(4700 parole circa)

 

 

La nebbia circonda il mio palazzo, nessuno cammina per strada, è notte fonda.

 

La solitudine provata questa settimana mi ha fatto capire molte cose, ogni volta lo dico, ma credo finalmente di essere riuscita a comprendere molte cose. 

Ogni parola scambiata, ogni accusa, scusa e paura vissuta sono tasselli importanti della mia vita. Non sarei quella che sono senza aver perso mia madre: non avrei mai vissuto a New Heaven, non avrei mai frequentato il Trinity, non avrei mai conosciuto Demetra, James e tutti gli altri, non avrei mai frequentato il Club di Dibattito, non avrei mai avuto Sebastian.

Cosa sarei se mia madre fosse viva? Non so. Ho smesso di chiedermelo perché ciò che possiedo è più prezioso di ciò che avrei potuto avere. 

 

Le illusioni sono fantasmi.

Le aspettative sono demoni.

Devo domare l'oscurità che annebbia i miei sensi.

 

Il nero che entra da fuori si fonde con il buio della stanza.

 

Non riesco a dormire, ma non sono stanca.

Giocherello distrattamente con una busta. È quella che mi ha dato Demetra poco prima che mancasse. Ho finto che questa busta non esistesse per quattordici anni, l'ho sepolta sotto le lettere che ho scritto a mia madre, ho cercato di dimenticare che quella busta fosse reale. 

E invece è ancora qui.

James ed io avremmo dovuto aprirla nel momento in cui avremmo capito di amarci, nell'istante in cui fossimo stati sinceri con i nostri sentimenti. Quel tempo è passato, il momento giusto era quattordici anni fa.

Sfioro il sigillo in ceralacca, lo stemma McArthur è perfettamente centrato.

Non merito questa busta, non mi appartiene.

Ho voluto tenerla per rimanere attaccata a un ricordo a un amore, ma adesso è tempo che io la consegni al legittimo proprietario: James. Non ho più voglia di rincorrere i fantasmi delle emozioni vissute, non voglio più essere legata al passato, voglio vivere il presente e il presente è mio figlio. Il mio presente è distruggere Andrew.

 

Ripongo la lettera di Demetra nella scatola di legno insieme alle altre lettere.

Quando tutta questa storia sarà finita James avrà la una lettera, così lui ed io potremo iniziare a vivere la nostra vita, liberi da sensi di colpa e bugie, liberi l'uno dall'altro.

Liberi di costruirci una vita lontani da ciò che siamo stati.

Potrò ricostruire una nuova vita con mio figlio.

 

C'è buio ed io non vedo l'ora che il sole sorga e mi faccia vivere questa giornata.

 

Non vedo Nik e tutti gli altri da molti giorni, hanno architettato un piano, sono convinti di poter incastrare Andrew. 

Ho un compito. Tutti abbiamo un compito.

Ho un ruolo. Tutti abbiamo un ruolo.

Devo seguire alla lettera dei comandi e compiere determinate azioni, lo stesso vale per tutti gli altri. C'è uno schema da seguire. Nik vuole che io faccia determinate cose, ma non so se le farò, non perché non mi fidi di tutti loro, anzi, ma perché è necessario fare un passo in più. È necessario avere immaginazione e in questo momento Nik pecca di lucidità e raziocinio. 

 

La molla per fermare definitivamente Andrew è dribblare e confonderlo, farsi beffe di lui come lui si è fatto beffe di noi. Kate è dalla mia parte.

 

Provo a chiudere gli occhi distesa sul letto.

Il nero che mi circonda non mi pare più così nero.

Dormo.

 

Sveglia.

Doccia.

Colazione.

Vestirmi.

Uscire.

 

Mai stata così tranquilla in vita mia.

 

Raggiungo il luogo dell'appuntamento, un centro commerciale nella zona irlandese di Boston. Ci sono volute un po' di fermate e due cambi di linea, ma alla fine ci sono arrivata.

La strada nebbiosa nasconde la grossa costruzione in cemento lasciando intravedere l'insegna al neon che lampeggia rapida. Diverse macchine sono parcheggiate, probabilmente sono quelle dei dipendenti addetti all'apertura dei negozi.

 

«Ciao», mi dice Lucas, sta tenendo per mano Stephanie, sembrano entrambi molto pallidi. Vicino a loro c'è Adrian che con il suo elegantissimo cappotto blu e cappello abbinato sembra uscito da un film noir.

«Ciao, ci siamo tutti?», chiedo.

«Mancano Kate, Nik e Caroline», dice James che sbuca da dietro un pilastro della luce.

«Certo che potevamo scegliere un posto migliore». Rebecca si guarda schifata intorno.

«Se Elena ha ragione, Andrew non avrebbe mai messo piede nello studio legale. Non vogliono essere registrati o intercettati. Meglio un luogo pubblico, in mezzo alle persone normali», le dice Jo.

«Sarà come dite voi, ma la puzza di questo posto è nauseabonda». Rebecca indica un chiosco di pesce fritto che serve colazioni poco distante da noi.

«Sta arrivando qualcuno...», dice a bassa voce Stephanie.

 

Passi riecheggiano nella nebbia.

Tre sagome si avvicinano, sono Nik, Caroline e Kate.

 

Prendo per mano la mia amica, sappiamo bene che quello che faremo tra poco potrà sembrare folle, ma è l'unico modo per poter bloccare Andrew.

Non abbiamo scelta.

 

«Siamo tutti pronti?», ci chiede Nik, «Rischio grosso ad uscire di casa, potrei finire in prigione se mi beccassero. Abbiamo poco tempo per poter bloccare Andrew, nessuno può sbagliare. Chiaro?».

Annuiamo tutti quanti.

 

L'atmosfera è strana, è come se facessimo parte di una squadra, mi sembra di essere tornata a una delle lezioni che teneva Nik al Trinity molti anni fa prima di una discussione tra gli studenti.

 

«L'appuntamento è tra mezz'ora al negozio di elettrodomestici che si trova al primo piano. Reparto televisioni e schermi», ci ricorda Nik.

«Sei sicuro che verranno? Il posto è un po' inusuale», gli chiede Adrian.

«È perfetto, non daremo nell'occhio e tutti noi saremo costretti a mantenere un certo contegno. Se devo affondare lo farò con stile, non ho intenzione di dargliela vinta. Questa è la resa dei conti, Andrew non se la perderebbe per nulla al mondo».

 

Tutti e dieci ci muoviamo attraverso il parcheggio fendendo la nebbia. 

 

I primi clienti si avventurano nel centro commerciale attratti da offerte, sconti e promozioni. C'è chi prende il carrello pronto a fare la spesa, c'è chi si perderà tra i negozi senza una meta.

Noi dieci sappiamo benissimo dove andare e cosa fare.

 

Scale mobili.

Camminare.

Fermarci.

Il negozio HobbyElectic è davanti a noi.

 

«Entriamo due o tre alla volta, gironzoliamo e all'ora pattuita fatevi trovare nel reparto apposito», dice Nik.

 

I primi che entrano sono Lucas, Stephanie e Jo.

Arrivano di fronte all'ingresso, stanno per entrare quando una mascotte gigante vestita da orso spunta all'improvviso davanti a loro. I tre si fermano atterriti, il pupazzone danza davanti a loro spingendoli a bere una bibita offerta dal negozio.

Un commesso con occhiali e apparecchio canticchia uno slogan mentre versa loro una bevanda al gusto d'arancia. 

I tre accettano il bicchiere con riluttanza, intascano qualche volantino promozionale, mentre bevono il contenuto del bicchiere per poi entrare rapidi nel negozio di elettrodomestici.

 

«Perfetto. Ci mancava quell'orso fastidioso», dice Rebecca. 

«Dobbiamo per forza fermarci a bere quella cosa?», chiede Kate osservando l'enorme testone della mascotte che ondeggia a destra e sinistra.

«Dobbiamo fingere di essere clienti. Fate come volete, ma non date troppo nell'occhio. Se necessario bevete», dice James.

 

Nik, James e Caroline sono i prossimi.

 

L'orso barcolla davanti a loro per poi finire con il sedere per terra. Si rialza, balla, tampona un paio di clienti che fortunatamente non si fanno male. Caroline, così minuta, si stringe a Nik, mentre James prende un bicchiere dal commesso con l'apparecchio e occhiali.

 

«O mio Dio. Quel ragazzino sputacchia quando parla. Credo che preferirei raparmi a zero piuttosto che bere quella cosa piena di sputacchi», dice Rebecca con aria schifata.

«Non fare la melodrammatica. Facciamo entrare quel gruppo di ragazzi poi tocca a noi due», gli dice Adrian prendendo l'amica a braccetto.

 

Se potesse Rebecca scapperebbe.

 

Rebecca si sta facendo trascinare da Adrian, spera di schivare l'ingombrante mascotte nascondendosi dietro ad altri clienti appena entrati, ma non riesce nel suo intento. L'orso la blocca, le balla davanti in modo sgraziato mentre il commesso sorridente le allunga un bicchiere di succo.

Rebecca impallidisce.

Prende il bicchiere.

Beve.

Adrian la trascina via prima che svenga sul posto.

 

«Ora tocca a noi. Entriamo e gironzoliamo poi... poi...», mi dice Kate.

«... poi faremo l'unica cosa che potrà fermare Andrew», le rispondo.

«E se gli altri si arrabbiassero? Non credo abbiano contemplato quello che stiamo per fare». Kate è preoccupata, ma allo stesso tempo decisa.

«Non c'è altra scelta».

 

Mano nella mano ci dirigiamo verso l'ingresso.

 

Un paio di ragazze davanti a noi abbracciano la grande mascotte fermandosi a farsi fare una foto con il pupazzo. Il ragazzo con l'apparecchio parla come una macchinetta, è talmente veloce che capisco a malapena ciò che dice: «Oggi abbiamo in serbo una sorpresa per tutti i nostri clienti. Una bevanda fresca e salutare per tutti voi. Entrate nel nostro negozio, gustate il succo e fatevi una foto con l'orso Johnny!». Dopo ci allunga dei volantini.

 

Kate ed io cerchiamo di intrufolarci, ma veniamo bloccate da una zampa gigante dell'orso peluche.

 

«Bevete e abbracciate Johnny!», ci intima il ragazzo con due bicchieri di succo in mano.

Kate prende il bicchiere fingendo di bere mentre io avvolgo le braccia intorno alla pancia pelosa dell'orso. 

 

Non mi sono mai sentita più in imbarazzo come in questo momento.

 

Liberata dalla asfissiante presa della mascotte ritrovo la mia amica che in un sorso beve il succo d'arancia. «È disgustoso», mi dice rabbrividendo leggermente.

Ridacchio per poi prenderla a braccetto e gironzolare verso il reparto delle lavatrici.

 

Nessuna delle due osserva veramente ciò che ci circonda. Camminiamo tra elettrodomestici splendenti, ultimi modelli tecnologici, ma l'unica cosa a cui penso è l'appuntamento che avrò tra qualche minuto con Andrew.

Le mani mi sudano, sento i vestiti starmi scomodi addosso. È come se fossi infastidita da tutto ciò che mi circonda e da tutto ciò che mi sfiora. Mi sento elettrica.

 

«Passiamo da quella parte, andiamo dove ci sono le macchine fotografiche. Già che siamo qui darò un'occhiata agli accessori, magari trovo qualche occasione», mi dice Kate indicandomi la parte opposta del negozio.

«Mancano poco più di dieci minuti all'appuntamento, non vorrei fare tardi», le rispondo.

«Non ti preoccupare, faremo in tempo».

 

Ripercorriamo la strada appena percorsa, superiamo il reparto lavatrici e ci avviciniamo all'ingresso. Il testone peloso della mascotte svetta sopra le casse poco lontano, ondeggia a destra e sinistra.

 

Poi.

 

Delle voci maschili urlano.

Frenesia.

Il commesso con l'apparecchio è piegato per terra ad asciugare il succo rovesciato.

La mascotte se ne sta ferma in un angolo e con le zampe pelose alzate, pare chiedere scusa.

Un altro commesso dal bancone con i capelli corvini corre a vedere che succede.

C'è un via vai di fazzoletti di carta.

Un vecchietto armato di straccio pulisce tutto.

Sacchetti.

Mani sgocciolanti.

 

Andrew e Charlie Spencer sono macchiati di succo. I loro preziosissimi capi hanno delle patacche color arancione sulle loro camice fatte a mano, sulle cravatte di seta e sulle loro borse in pelle. Bottari e Salti sono lì vicino basiti per quanto successo.

 

Quando si dice il Karma.

 

Kate mi trascina verso il basso è accucciata a terra: «Sono già qui? Sono in anticipo».

«Sì, avviso tutti». Prendo il cellulare e scrivo rapida un messaggio. In pochi secondi lo invio a tutti. «Torniamo indietro, andiamo nel reparto televisioni il prima possibile».

 

Senza perdere un attimo corriamo, sempre a testa chinata, tra le decine di elettrodomestici in vendita. Schizziamo tra frullatori, lettori dvd, robot da cucina, cavetti, lavastoviglie e telefoni cellulari. Facciamo lo slalom tra clienti in cerca di un'occasione e commessi che ci guardano straniti.

 

Raggiungiamo il posto giusto in pochi minuti.

Nik e gli altri sono già tutti lì, Kate ed io ci appostiamo vicino a loro cercando di ricomporci.

 

Andrew spunta poco dopo, dietro di lui ci sono l'avvocato Spencer, Bottari e Salti.

 

«Chi ha avuto la brillante idea di venire qui? Quell'odioso pupazzo mi ha versato addosso una cosa appiccicosa dall'odore nauseabondo», urla Andrew completamente macchiato con due copri scarpa blu elettrico ai piedi e il contenuto della sua borsa in una busta di plastica trasparente dove si possono vedere chiavi, fogli, penne, il portatile e delle fotografie. La borsa di pelle è irrimediabilmente macchiata.

Nella stessa situazione c'è l'avvocato Spencer che imbestialito controlla di non aver dimenticato nulla, ha in mano dei fascicoli e controlla qualcosa sul cellulare. «Se questa è una vostra idea per renderci ridicoli sappiate solo che ci avete fatto arrabbiare ancora di più».

Bottari se ne sta con le mani in tasca, pare divertito da tutta quella storia, mentre Salti è più nervoso.

 

Se fosse un'altra situazione sarei già scoppiata a ridere, quei due sono ridicoli conciati in quel modo.

 

Nik fa un passo avanti, è molto serio: «No. Vi assicuro che non centriamo nulla. Non sapevano che ci sarebbe stata quella mascotte. Te lo posso garantire». Nik ha la voce ferma.

«Fate bene a dirmi subito che volete, anche se credo sia chiaro a tutti cosa c'è in ballo», dice Andrew con una smorfia diabolica dipinta sul volto.

«Solo una cosa non mi è chiara. Perché hai voluto fare tutto questo? Perché hai voluto colpire lo studio legale?», chiede James a Andrew.

«Perché ti ho sempre detestato. Tu, con quel bel faccino sei sempre stato il cocco di turno. A New Heaven. A Boston. Non hai mai apprezzato il potere che avevi, lo hai sprecato. Con il tuo cognome potevi avere tutto invece ti sei perso dietro a quella insulsa italiana, talmente sciocca che l'ho manovrata per quattordici anni senza che capisse nulla», dice Andrew con cattiveria.

 

Vorrei prendere un televisore e spaccarglielo in testa.

Mi trattengo solo perché ci sono in ballo molte cose e non voglio rovinare tutto.

 

«Ho fatto solo quel che mi andava di fare e l'ho fatto non per il potere, ma perché ho avuto intorno a me persone che mi hanno voluto bene. I miei amici e la mia famiglia», risponde James a tono.

«A proposito di famiglia, non hai nulla da aggiungere caro Charlie? Il grande duo Martin e Spencer. Io e te. Amici fin dei tempi di Yale. Come hai potuto tradirmi così?», chiede a Nik al suo grande amico.

«Affari. Per me si tratta di affari. Ho avuto la possibilità di avere uno studio legale tutto mio, senza nessuno che mi comandi. Il mio nome era il terzo, sei benissimo cosa significa. Significa che McArthur e Martin sarebbero stati sempre più importanti e influenti di me», dice Charlie trattenendo la voce, pare su tutte le furie.

«Tu vali come me e James, tu eri un pilastro dello studio, non per niente ci chiamiamo McArthur, Martin e Spencer», dice Nik.

«Non dire scemenze! Quel poppante di James vale quanto me? Io ho anni di esperienza, mi sono fatto il culo per arrivare in cima. Lui invece non ha faticato un giorno della sua vita», risponde Charlie.

 

Il cuore batte all'impazzata, vorrei urlare.

 

«Che serviva coinvolgere tutti noi, allora? L'hotel cosa serviva?», chiede Lucas trattenuto dalla moglie per un braccio.

«Perché era divertente. Perché non sopporto nessuno di voi. Perché ci guadagno un sacco di soldi», dice Andrew con una risata diabolica.

«Sei un bastardo», dice Adrian con veemenza.

«Credevo fossimo amici e colleghi. Abbiamo frequentato Yale per anni e tu non ci hai mai riferito perché Elena fosse andata via da New Heaven, non ci hai mai detto che era per colpa tua», dice Rebecca a Andrew avvicinandosi pericolosamente a lui.

«Colpa mia? Stai scherzando, vero? Elena è una piccola e patetica donnetta da quattro soldi, non capisco neanche perché teniate tanto a lei. È divertente giocare a manipolarla, questo lo sai bene Rebecca, ma non capisco l'affetto che vi lega a lei». Andrew mi si avvicina prendendo il mio volto tra le mani, le sue mani puzzano di succo all'arancia rancido. «Anche se, grazie a lei, ho in pugno tutti voi».

 

Stringo i denti, sono pronta a scattare.

Kate mi trattiene bloccando le mie braccia.

 

«Inoltre trovo molto divertente aver giocato con tutti voi. Mi sono cucinato ben bene la timida Caroline, l'ho illusa, l'ho manovrata. È così desiderosa di essere amata che avrebbe fatto di tutto pur di avere una coccola e un abbraccio. Scoparmela è stato piuttosto divertente, ci sa fare la segretaria», dice Andrew.

«Stai zitto, schifoso», dice Caroline con gli occhi pieni di lacrime.

 

Nik e Rebecca prendono per mano la donna che singhiozza.

 

«Vogliamo arrivare al dunque», dice Bottari mentre osserva l'orologio. «Ho un provino per una pubblicità tra un paio di ore, non vorrei fare tardi».

«Facciamo presto, non ti preoccupare», dice Andrew a Bottari facendo cenno a Charlie di consegnare i documenti a tutti noi, «Questo è il nuovo contratto in cui io prenderò le quote dello studio legale, ovviamente me le cederete senza volere niente in cambio. Si chiama, donazione volontaria».

«Cosa ti fa credere che avrai l'hotel di Lucas. Cosa ti fa credere che lo studio legale ti cederà la parte che ti permetterà di avere le quote di maggioranza?», dice Adrian.

«Carissimo, ma è molto semplice. Ho solo due ostacoli da eliminare per ottenere ciò che voglio: Nik e James. Il primo è già fuori gioco: domiciliari violati, basta poco. Un po' di pubblicità negativa e i clienti dello studio legale scapperanno a meno che Nik si dimetta. Credo tu possa dire addio al tuo bel ufficio in centro, caro Nicholas. Con James è ancora più facile, credo che il caro e buon vecchio ricatto possa andare più che bene», dice Andrew camminando avanti e indietro.

«Cosa intendi?», gli chiede James.

«Posseggo un simpatico video in cui è chiaro che Elena apra il gancio della finestra per permettere successivamente a Nik di entrare e trafugare documenti dall'ufficio di Bottari e Salti. Cosa credi che sarei disposto a fare se non mi dessi quelle percentuali?». Andrew ridacchia.

«Non puoi fare una cosa del genere», urla James, «Sei uno schifoso, un lurido bastardo. Sei disposto a rovinare la vita di Elena e di suo figlio per delle percentuali?».

«A dire il vero sei tu che rovinerai la vita ad Elena se non mi crederai quelle quote», ringhia Andrew.

 

La tensione è palpabile, ma nessuno osa manifestarla.

Ci sono diversi clienti in cerca di prodotti, dipendenti che lavorano e ragazzi che gironzolano curiosi. Se qualcuno di noi desse in escandescenza scoppierebbe il finimondo rischiando di coinvolgere persone innocenti.

 

I secondi passano.

Nessuno dice niente.

La rabbia che sento crescermi dentro sta per esplodere, ma mi controllo.

Devo seguire il mio piano.

Non posso sbagliare.

 

«Credo che possiamo dire di essere d'accordo, non abbiamo più niente da dirci. Avete una settimana di tempo per firmare. Nik devi dare le dimissioni e James deve cedere le quote a me. Troverete scritto tutto tra i...».

 

Interrompo Andrew con un urlo.

 

Mezzo negozio mi guarda.

 

«Ti prego, non farlo. Ho bisogno del tuo aiuto. Come farò adesso che non ho un lavoro, la scuola di mio figlio è molto costosa e l'affitto è caro. Non posso permettermi nulla se tu non mi aiuti», mi appoggio contro il petto di Andrew facendolo indietreggiare. 

«Toglimi le mani di dosso, altrimenti io...».

«Io, cosa? Credi di avermi fatto del male, ma ho fatto due calcoli e devo ammettere che mi hai aiutata in questi quattordici anni. Prezzi agevolati e lavoro assicurato sono il sogno di tutti, mi chiedo come abbia potuto considerare tutto ciò un'offesa. Era un gesto d'amore il tuo, l'ho capito solo ora», gli dico aggrappandomi al bavero della sua giacca impregnato di succo d'arancia.

«Ma... ma..», Andrew è confuso.

 

Nik, James, Rebecca, Jo, Caroline, Lucas, Adrian e Stephanie sono impalliditi, mi osservano con la bocca spalancata. Lo stesso fanno Bottari, Salti e l'avvocato Spencer.

 

«Ma che diavolo dici? Sei impazzita? Capisco il tuo bisogno di avere un uomo al tuo fianco, ma non puoi buttarti su quell'essere viscido», mi urla Kate cercando di allontanarmi da Andrew.

«Lasciami stare», dico malamente a Kate, «Io ho bisogno di un uomo che mi mantenga e visto che Andrew ha battuto Nik, cosa altro potrei fare?».

«Elena sei impazzita?», mi dice Kate strattonandomi con forza verso di lei.

«Elena, ma che fai?», mi chiede Nik venendo verso di me.

 

Inizio a contorcermi, non voglio che Nik mi trattenga.

Sembro in preda a convulsioni.

Jo e a James provano a trattenermi, ma non ci riescono.

 

«Andrew, ti desidero. Capito? Io ti desidero. Sarò quello che vuoi: la tua schiava, la tua serva. Aiuta me e mio figlio, non ci abbandonare», lo supplico con tutte le forze.

 

Bottari ride di gusto, mentre il suo socio è arretrato qualche passo. Charlie Spencer cerca di allontanare Andrew dalle mie braccia che con la faccia sconvolta mi guarda inorridito.

 

«Come osi, Elena, tradirmi così?». Kate si mette dietro di me afferrando una mia spalla.

 

Andrew indietreggia.

 

«Lo sai che per me sei importante», dice Kate con voce solenne.

 

Jo e tutti gli altri non sanno cosa fare.

Sembra una pessima recita amatoriale.

Tutto quello che sta succedendo è totalmente senza senso.

 

«Elena, mia dolcissima Elena. Io ti amo», dice Kate stampandomi un bacio sulle labbra con tanto di schiocco.

 

Il silenzio cala su tutti.

Kate ed io rimaniamo a fissarci negli occhi per tutto il tempo che serve.

Tratteniamo il fiato per capire cosa fare.

Nessun altro parla.

C'è molta confusione.

Molti clienti ci stanno circondando e hanno assistito a tutta la sceneggiata, alcuni battono timidamente le mani, altri sono interdetti.

 

«Ma che diavolo sta succed...», chiede l'avvocato Spencer prima di essere interrotto dall'anziano commesso che con lo straccio pulisce le gocce di succo cadute per terra.

Spazzola con tanto vigore che le piastrelle color crema ritornano a brillare.

«Credo che adesso si possa andare. C'è troppa gente per i miei gusti», ringhia Andrew.

 

Bottari, Salti, Charlie e Andrew si uniscono compatti per andare verso l'uscita.

Lo stesso facciamo io e Kate tenendoci salde per mano.

Rebecca, James, Nik, Caroline, Lucas, Stephanie e Adrian trottano dietro di noi.

 

«Che cosa hai in mente, vuoi far esplodere la terza guerra mondiale?», mi bisbiglia Nik a un orecchio.

«Più o meno», gli dico con un sorrisetto.

 

La gente pare disinteressarsi a tutti noi, ognuno ritorna a fare quello che stava facendo prima. La scenata di Kate e me resterà un evento da raccontare o più probabilmente un ricordo che verrà presto dimenticato.

 

Johnny la mascotte balla felice all'uscita, il ragazzo con l'apparecchio e occhiali distribuisce succhi a chiunque entri in negozio. Curiosi si avvicinano a loro, c'è chi scatta foto all'ingombrante bestione, chi pare divertito da tutto quel teatrino.

Andrew e compagnia si apprestano ad andarsene quando...

 

Bip.

Bip.

 

Il metal detector suona.

 

Andrew si blocca di colpo.

 

«Mi scusi signore, devo verificare che non abbia preso nulla dal negozio», dice un commesso dai capelli neri come il carbone.

«Cosa? Ma lei sa chi sono io? Potrei comprare tutto quello che c'è in questo negozio senza problemi», dice Andrew infuriato.

«La prego, svuoti le sue tasche e la borsa», dice impassibile il commesso.

«Prima il vostro orso e quell'idiota mi rovesciano addosso il succo e adesso mi accusate di essere un ladro?». La faccia di Andrew è rossa mentre mostra la busta di plastica con dentro tutte le sue cose e la borsa in pelle macchiata.

«La prego. Sarò costretto a chiamare la polizia se non collabora», dice il commesso senza scomporsi.

L'avvocato Spencer sussurra all'orecchio di Andrew: «Fai come ti dice, meglio non attirare gli sbirri»

 

Andrew grugnisce, prende un profondo respiro e inizia a svuotare le tasche mettendo il portafoglio, le chiavi sul piano. Toglie ogni singolo elemento dalla busta di plastica, stando ben attento a non rovinare i documenti e far cadere il suo portatile. Apre ogni fascicolo mostrando il contenuto. Non c'è nessun prodotto del negozio, niente di niente.

 

«Andrew?», lo chiamo inaspettatamente e a voce alta.

Andrew si gira, ha la faccia annoiata e stanca. Mi guarda con disprezzo, come se osservasse un abominio della natura.

 

Pam.

Sgancio una sberla a cinque dita sulla sua guancia.

La botta risuona nell'aria.

Andrew copre il volto con una mano guardandomi stupito e spaventato allo stesso tempo.

 

«Come ti sei permessa, lurida sgualdrina». Andrew è talmente furioso che le vene gli pulsano sul collo. Bottari lo tiene per le braccia mentre Salti cerca di bloccarlo dal davanti. Charlie riempie velocemente la busta con tutte le cose di Andrew prima di trascinare tutti loro fuori dal negozio.

«Bye, bye, Andrew caro», gli dico facendo cenno con la mano mentre lo guardo allontanarsi sbraitando come un folle.

 

Chiudo gli occhi.

Respiro a fondo.

Una euforia mi parte dalla punta dei piedi fino ad arrivare all'estremità dei miei capelli.

Kate mi corre incontro abbracciandomi.

Insieme saltiamo come fossimo due bimbe al parco divertimenti.

 

«Che cosa è successo? Prima... tu... poi adesso... non capisco». James mi si avvicina.

«Abbiamo incastrato Andrew, non potrà fare del male a nessuno!», dico io con le lacrime agli occhi per la gioia.

«Ma... ma... cosa significa?», chiede Jo.

 

Kate si avvicina al bancone allunga la mano al commesso con i capelli neri come il carbone. L'uomo gli allunga una chiavetta USB.

 

«Chi è quel tizio?», chiede Nik prendendo la chiavetta da Kate.

«Quello è l'agente speciale Mike Taranti. FBI», dice Kate, «Ce l'ha presentato Mauro. È il figlio di sua cugina, ha acconsentito a darci una mano. A quanto pare tenevano d'occhio Andrew da un po', ma non avevano prove per incastrarlo».

«Senza offesa, ma chi è Mauro?», chiede Rebecca.

«Mauro è lui», dico a tutti mentre mi avvicino al commesso anziano con lo straccio per pulire per terra. «Lui è il mio amico Mauro».

 

L'uomo fa un inchino.

 

«Quindi l'inserviente era tuo complice insieme all'agente Taranti?», chiede Lucas.

«Sì, ma ho avuto bisogno di altre due persone. Ecco a voi l'orso Johnny e il giovane commesso che regala i succhi». L'enorme pupazzone e il ragazzo con l'apparecchio si mettono vicino a me. «Più precisamente Miguel, il padre di Sebastian e Luca il nipote di Mauro nonché studente ed esperto informatico... senza contare Kate. Il suo bacio è stato, come dire, un imprevisto».

«Scusa Elena, non sapevo cosa fare per perdere tempo. Mauro non era ancora venuto ad avvisarci che Luca aveva finito di prendere i file dal computer di Andrew. Dovevo inventarmi qualcosa», dice Kate ridendo come una pazza.

«V-vuoi dirmi che in questa chiavetta ci sono tutti i dati sensibili di Andrew? Tutto di tutto?», chiede Nik con gli occhi spalancati.

Il ragazzo con l'apparecchio sorride soddisfatto: «Un gioco da ragazzi. Password ridicole e un sistema protetto malissimo. Quel tale credeva che bastasse tenere il computer vicino a sè per non essere hackerato».

«Abbiamo tutte le informazioni che ci servivano. Il mio ufficio farà il resto, arriverà per caso una segnalazione anonima che per caso io riceverò e che per caso mi farà avere questa chiavetta USB», dice l'agente speciale Taranti.

«Ma come avete fatto a prendere le informazioni? Il portatile l'ha sempre avuto Andrew», chiede Jo.

«Abbiamo versato il succo addosso a Andrew quando stava entrando e mentre lo pulivamo l'agente Taranti ha scambiato il portatile. Andrew era distratto e infuriato, non ha avuto il tempo di accorgersi. Luca ha potuto così accedere e rubare le informazioni mentre voi discutevate con lui. Lo scambio dei computer è avvenuto all'uscita. Finto allarme. Svuotare le tasche. La sberla di Elena è servita a distrarre tutti, dal bancone l'agente Taranti ha ridato il portatile a Andrew», spiega Miguel completamente sudato, con la testa dell'orso Johnny in mano, ma soddisfatto dell'operato: «Quando Elena mi ha detto cosa voleva fare Andrew a lei e a nostro figlio non ci ho visto più. Doveva pagarla cara».

«Quindi... tu... tu... perché non ci hai detto il tuo piano?», mi chiede James, ha l'aria stupita.

«Perché non avrebbe funzionato. Tutto qui», dico a James mentre Rebecca, Jo, Stephanie mi corrono incontro abbracciandomi. 

 

In pochi secondi li ho tutti addosso, posso sentire i loro grazie e i loro singhiozzi di pianto. Ci siamo liberati per sempre di Andrew e questo non può che rendermi immensamente serena. Serena come raramente sia mai stata.

 

Non sono mai stata più felice in vita mia.

 
   
 
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