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Autore: NicolaAlberti    25/11/2017    0 recensioni
Prima parte cap. 1-10 "PURGATORIO" - Seconda parte cap. 12 - 21 "INFERNO"
Una storia d’amore impossibile immersa in un’ambientazione surreale dai tratti cyberpunk e dai richiami danteschi. Una minaccia robotica che spinge il protagonista alla paranoia e alla fuga tra i meandri di una labirintica e utopica costruzione babelica che ha sostituito l’antica città di Parigi. La ricerca della verità tra le intricate illusioni di una nuova era tecnologica che ha stravolto il mondo, mentre qualcosa di oscuro e insondabile, un dubbio perenne nella mente del protagonista, continuerà a modificare la sua percezione del reale, costringendolo ad esplorare il dedalo della propria coscienza.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Feci qualche passo avanti nella stanza. Era una stanza molto semplice: una stanza da ragazza. I Mobili erano color panna. C'era una cassettiera affiancata da una scrivania di vetro sulla quale era posato un laptop acceso; il monitor proiettava una schermata completamente bianca. C'era un tappeto di pelo color grigio tenue, lo sentivo morbido sotto ai miei piedi. Una finestra sul lato sinistro che dava su uno stretto balcone faceva entrare la luce naturale del giorno. Appena sotto il davanzale c'era un posacenere con qualche sigaretta spenta. Di fianco, sempre sul davanzale, un piccolo bonsai che assomigliava vagamente ad un salice piangente, ma che, molto curiosamente, produceva anche delle bacche che sembravano delle mele in miniatura. Non c'era una libreria, ma c'erano libri scolastici di varie materie sparpagliati sulla scrivania: un manuale di letteratura, una divina commedia, qualche testo di storia scarabocchiato e un libro di matematica con una copertina martoriata. Vidi, sparsi per la camera, soprammobili di ogni sorta, ricordi, foglietti con cuoricini e frasette scritte con caratteri incomprensibili, c'erano anche numerosi peluche lanciati zampe all'aria di qua e di là. C'era un telefono, collegato al caricabatteria, appoggiato su un mobiletto di fianco al letto.

 

Al centro della stanza, su un letto con una copertina di pelo marroncino, c'era Amal. Sembrava dormire. Una serie di tubi snodati fuoriuscivano da delle tasche sottocutanee che si aprivano ai lati del suo corpo e dietro la sua testa. I tubi salivano verso il soffitto disperdendosi in una foschia biancastra che emetteva una luce innaturale.

 

Mi avvicinai e mi sedetti ai piedi del suo letto posandole una mano sul ginocchio al di sopra delle coperte. Lei aprì gli occhi e mi osservò senza segni di stanchezza, come se avesse tenuto gli occhi chiusi appositamente, ma in realtà fosse sempre stata sveglia. Mi guardò con rimprovero e tristezza. «Ti avevo detto di non cercarmi.»

 

«Va tutto bene, Amal, ho capito, preferisco così... », risposi con un sorriso sincero.

 

Lei sembrò infuriarsi e scattò in posizione seduta mentre i tubi sventagliavano da ogni lato. Ci fu come una scossa di terremoto tutto intorno a noi.

 

«Non hai capito un cazzo!... Cosa pensi di aver capito?!».

 

Spostai leggermente indietro il corpo e la testa, un po' sorpreso dalla sua reazione.

 

«Ma sì... dai, il Simulatore Ambientale, questa sorta di spazio mentale che hai creato per noi... Io e te.»

 

Scoppiò in una risata disperata che suonava in maniera molto simile ad un pianto. Sentii l'eco profonda della sua tragica ilarità diffondersi nel mondo che mi circondava. Amal si coprì il viso con le mani. Tutto attorno a noi singhiozzava e sussultava insieme a lei.

 

«Andrea... amore mio, quanto lontano sei dalla verità !!... e quanto vicino... ».

 

La guardai in silenzio con gli occhi sbarrati e poi abbassai la testa meccanicamente, con un'espressione di evidente sconvolgimento. Andrea??... era dunque questo il mio nome?

 

«Pensi che ho fatto tutto questo per noi? Per te?... pensi di amarmi? Tu credi che io sono il Simulatore, non è vero?».

 

Rimasi in silenzio, atterrito. Avevo il terrore che le sue prossime parole mi avrebbero cancellato e distrutto totalmente.

 

«Certo che sì, ho creato io tutto questo, per quanto potevo, e come sono riuscita: con le tue passioni e le tue lezioni... le cose che piacciono A TE!!!», mi guardò fisso negli occhi e continuò: «Ma l'ho fatto per me!! Tu (il vero tu intendo), in realtà sai a malapena che esisto, anzi, forse ti sto anche sulle palle!!».

 

«Co-cosa intendi dire?», balbettai.

 

«Come facevo a sapere che diventavi così vero?? Che ragionavi e avevi una vita tua... non è una cosa possibile. Ho cercato di allontanarti per quello... perché ho capito che eri vivo dentro di me», continuò Amal senza rispondermi direttamente, ma come se stesse ragionando con se stessa.

 

Quando le sentii dire queste parole sorrisi e tirai un sospiro di sollievo... Non aveva capito che avevo accettato questa mia condizione. Che volevo ad ogni costo amarla anche sapendo di essere una coscienza programmata, un file!

 

«Ha ha ha, ma sì, m sì, Amal, lo avevo capito, so che non sono... Andrea, quello vero, ma penso e sono cosciente del fatto di amarti, mi basta questo!»

 

«NOO!!!!», sbottò battendo il pugno sulle coperte. Ci fu uno schianto che fece tremare le luci nella stanza. «NON SONO UN PROGRAMMA E TU NON SEI UN FILE! O qualunque cosa pensi di essere… sei solo un personaggio! Un personaggio che ho creato dentro i miei sogni!!!»

 

Rimasi a bocca aperta, non credevo alle sue parole, quindi risposi in maniera scettica e secca: «Amal, non si è mai sentita una cosa del genere, come fai a controllare i tuoi sogni?».

 

Amal cominciò a raccontarmi tutto piangendo sommessamente, con chiarezza e semplicità:

 

«Tu non hai mai sentito queste cose perché non esisti. Io sono un'onironauta, lo sono sempre stata...  controllo i miei sogni fin da bambina... in parte... non tutti i particolari: quelli li fa la mia mente... », mi guardò con un mesto sorriso e continuò: «Andrea, cioè tu, è un professore... mi sono innamorata di lui. Sta con una tizia di nome Francesca. Mi sono immaginata un mondo in cui incontrarlo e in cui lui mi ama. Ed ecco che sei venuto fuori TU... così reale, così pieno di emozioni, così simile a quello vero e così vivo!!! Non pensavo che potevo fare una cosa così... adesso stai male per questo...  vero??», si fermò guardandomi con un'espressione ingenua e colpevole.

 

Era una cosa impossibile da digerire, ma non meno probabile di tutto quello che avevo pensato fino a quel momento. Mi sembrò finalmente tutto molto più logico, più comprensibile. Ogni cosa sembrava acquisire una dimensione di realtà. Tutta la vicenda, nella maniera più semplice e diretta, finalmente aveva senso. Ma, a questo punto, cosa rimaneva di me? Del mio Io che avevo sentito così reale? Ero certo di essere vivo, dentro la mente di Amal. Non potevo essere semplicemente un parto della sua mente, un suo pensiero. Sentivo che ero riuscito in qualche maniera ad ottenere una mia volontà, un mio libero arbitrio e una mia coscienza. Ero il personaggio di un sogno di Amal!

 

Quindi, quando si sarebbe svegliata, cosa ne sarebbe stato di me?

 

Sollevai lo sguardo e cercai di rassicurare più me stesso che lei con le seguenti parole: «non cambia poi molto, Stella. Non è tanto peggio di ciò che mi ero immaginato finora...». «Ti amo lo stesso», dichiarai.

 

Amal fece un mezzo sorriso, era emotivamente toccata dal mio atteggiamento e dai miei sentimenti così spontanei: non potevano che sembrare così reali, ai suoi occhi!!

 

Ma era arrivato il momento di farmi capire.

 

«Qui dentro sono l'unica cosa reale. Quando mi sveglierò non ci sarai più... è sempre stato così. Muori e poi ritorni. Tu...  ma diverso... non ricordi le cose del sogno precedente...»

 

Le luci si abbassarono e sulla scena calò un'ombra violacea, tutto cominciò a tremare e si sentì tuonare una voce maschile. Era la mia: « ... AMAL!!».

 

Amal sollevò il viso in preda al panico. L'atmosfera si stabilizzò, ma il panico era ancora evidente nei suoi occhi. «è già la seconda volta che mi chiami... sta per succedere!», disse.

 

«Cosa? Cosa sta per succedere, Stella?», chiesi atterrito.

 

Amal allungò una mano accarezzandomi il volto. «Mi devo svegliare, amore». I suoi occhi divennero lucidi e a stento trattenne di nuovo le lacrime.

 

«No, no, ti prego, non abbandonarmi... Non voglio dimenticare! Resta qui con me!!», cercavo inutilmente di trattenerla, disperandomi e contorcendomi come un verme, in un dolore senza vergogna: era la mia consapevolezza di stare per morire.

 

«Non posso dormire in eterno... Lasciami stare, ti prego!! Prova a pensarci, come puoi chiedermi una cosa del genere?? Prima o poi dovrò comunque svegliarmi... o verrò svegliata da qualcuno... ».

 

Poi, cercando le parole per annunciarmi la mia morte, le parole che segnarono per sempre la mia fine, disse:

 

«Ti prometto... ».

 

Mi alzai di scatto, prendendole il viso tra le mani disperato. La implorai, con infiniti, sterili ed inutili baci, tra le sue e le mie lacrime, emettendo parole strozzate: «... No...  ti prego...  Amal... ascolta... non dirlo!!».

 

Si sporse in avanti rispondendo con un bacio secco, anonimo...  forzato e disse:

 

«Ti prometto...  che non ti sognerò più...

 

... 

   
 
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