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Autore: Tony Stark    25/11/2017    1 recensioni
Il mio nome è Stefano Valentini e l'arte è negli occhi di chi la osserva
[The Evil Within 2; Personaggi: Stefano Valentini, altri]
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom:The Evil Within 2
Personaggi: Stefano Valentini, Altri(maybe)
Generi: Introspettivo, Horror
Avvertimenti: Raccolta
Coppie: Nessuna
Ambientazione:  Non specificata/Diversa per ogni capitolo
Introduzione: La bellezza può essere vista in ogni cosa, ma capirla e comporla è ciò che distingue l'istantanea dalla fotografia.
Nessun grande artista vede mai le cose come realmente sono. Se lo facesse, cesserebbe di essere un artista.
Oscar Wilde
 

Appreciate  the  Art

Fourth Photo

Soggetto: Isabel Garcìa

Union aveva un qualcosa di chiaramente artificiale, riuscivo a sentirlo, a vederlo quasi. Era come se l'aria fosse impregnata da un aura di staticità che non era presente nella realtà.
Il clima era perfetto, fin troppo e il sole splendeva sempre in un modo eccessivamente preciso quasi fosse calcolato per splendere sempre con i raggi in quella precisa angolazione.
Il vento stesso era sempre leggero e quieto.
Sembrava tutto eccessivamente plastico, non un mondo in cui poteva risiedere la vera bellezza e nella quale quella presente era una povera plastica imitazione di ciò che avrebbe dovuto essere.
Tutta quella statica perfezione utopica, quei sorrisi pigri e vuoti mi stavano stancando. 
Stavo pensando di lasciare quella pallida imitazione del mondo, e di tornare alle mie modelle perfette. Quando la notai. 
In realtà fu lei a notare me. Isabel, spagnola di padre e americana da parte di madre. Aveva ereditato la carnagione dorata di suo padre e aveva gli occhi di uno splendido blu. Come se degli zaffiri fossero stati catturati nei suoi occhi.
Certo non concordavo col suo stile, una semplice T-shirt troppo ampia e un paio di jeans, che non si sposavano per nulla col suo aspetto. 
Ricordo che parlammo, che lei si offrì per essere la mia guida in città visto che viveva lì da quasi tre anni, ricordo che mentre parlavamo, io la studiavo e pensavo a quale fosse il modo giusto per valorizzarla una volta che fosse diventata il soggetto della mia composizione. 
Il tassello mancante per la mia creazione si mise al suo posto, quando mi disse che era una ballerina. Danza classica, non latina.
Nelle settimane che mi ci vollero per conquistare la sua fiducia, conobbi meglio Unity, e imparai a manipolare la sua realtà come facevo nel mio Dominio.
E poi la portai nel mio Dominio, in un lampo di un blu brillante che aveva il colore degli occhi di Isabel, decisi che amavo quel colore e che l'avrei mantenuto.
Ricordo il suo sguardo confuso e sconvolto, mentre mi chiedeva come avessi fatto e cosa fossi. 
Ricordo di aver ridacchiato brevemente a quello sguardo che si faceva via via sempre più pieno di sgomento.
Ricordo di averle permesso di correre via, deliziato dal vederla cercare di sfuggirmi nel mio Dominio, perdendosi sempre di più fra i corridoi decorati con le mie nuove opere.
Ricordo di averla catturata, e di averle dislocato le braccia, afferrandola e spingendola in avanti mentre le tenevo le braccia bloccate all'indietro, ricordo di averlo fatto con la stessa letizia sadica di un bambino che cattura una farfalla e le strappa le ali.
Ricordo le sue lacrime, che come perle di vetro scivolavano dai suoi occhi. Le sue preghiere che venivano soffocate dalla musica che riempiva il mio Dominio.
Ricordo che col passare del tempo le sue urla mi infastidirono, ricordo di averle tagliato la lingua, pensando che d'altronde una statua non aveva bisogno di una lingua.
La posa che le feci assumere, dava l'impressione che stesse danzando. Il suo corpo abbracciato da un abito bianco, dal corpetto con la scollatura a cuore decorato sull'orlo da piccole pietre dure che scintillavano sotto la luce dei faretti, la gonna era un'onda di velo e raso, che le avvolgeva perfettamente le gambe e proseguiva in uno strascico di velo che sarebbe stato quasi invisibile se come l'orlo non fosse stato macchiato dal creamisi del suo sangue. Le sue braccia erano coperte fino al gomito da dei guanti di raso bianco e l'arco che avevo fatto loro compiere era troppo alto perché fosse naturale, ma dalla mia prospettiva rendeva meravigliosamente l'immagine di eleganza eterea che lei doveva rappresentare. 
Infine per coronare il suo aspetto principesco l'avevo incoronata con una tiara con uno zaffiro al centro che dominava sulle altre pietre e si sposava con i suoi occhi, che ora vuoti fissavano davanti a sé senza realmente vedere.
Ai suoi piedi, il pavimento era coperto da un tappeto di petali di rosa, rossi come il sangue che si mescolava con loro.
Le scattai una foto desiderando che lei venisse cristallizata in quell'istante perfetto che avevo creato. Esattamente come avevo fatto con la mia precedente composizione che avevo denominato "Rinascita".
Isabel venne avvolta in una vetrosa luce blu. 
La guardai una volta di più, e con quel blu ad avvolgerla sembrava quasi una perfetta Cenerentola, bloccata per sempre nell'ultimo istante prima della mezzanotte, regale, ma con un espressione di sgomento e terrore segnato sul viso.
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La bellezza può essere vista in ogni cosa, ma capirla e comporla è ciò che distingue l'istantanea dalla fotografia.
   
 
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