Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: _kookieo    29/11/2017    5 recensioni
“Quella notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di voler ricordare ai mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il nome inverno. La temperatura aveva raggiunto i -10°, quattro gradi più sotto delle minime medie invernali per la città di Seoul. […] Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che si stava consumando all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503.” 
 
Uniti da una salda amicizia, i giovani Jin, Yoongi, Jimin, Namjoon, Hoseok, Taehyung e Jungkook trascorrono sereni la loro vita a Seoul, riempiendo l’uno le giornate dell’altro da ormai alcuni anni. Ora che la fine di dicembre si avvicina è tempo di organizzare la loro solita festa di fine anno. Ci sono però sentimenti non ancora espressi che combattono sempre più per venire alla luce e che sconvolgeranno l’alba del nuovo anno. I ragazzi dovranno imparare che quello che sembra essere un equilibrio perfetto in realtà può imprigionare e immobilizzare come ghiaccio e che se si vuol vivere davvero bisogna permettere al sole di entrare.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell’autrice (1): piccolo disclaimer inutile tanto per avvisare. Il capitolo è nettamente più lungo rispetto ai soliti. Avrei potuto spezzarlo come di solito faccio, ma questa volta ho pensato che tutto quello che vi è descritto doveva essere lasciato insieme. Poi capirete il perché. Mi scuso fin da ora se vi toccherà usare un’ora per finirlo >__< Ma forse alla fine converrete con me che era la scelta più giusta da fare. Buona lettura e ci vediamo dopo sulle note finali ♥ Elle ~

 

 

CAPITOLO XIV

Credevo che la felicità
fosse sempre domani,
e poi domani e domani ancora
Forse essa è qui.
Forse essa è ora.
E io ho guardato in qualsiasi altro luogo.

(Osho)

 

 

– Ma di notte non vi mette un po’ ansia?

– Ancora mi ci devo abituare – rispose Namjoon sottovoce a Jungkook.

– Io lo trovo interessante. Particolare, ma interessante – aggiunse una voce più acuta.

– Beh, di sicuro come scelta lo è. Un po’ troppo però forse.

– Kookie, guarda che ti ho sentito. Anche a te, Kim Namjoon – disse Jin mentre portava le ultime due lattine di birra. Ognuno aveva già finito la propria durante la cena, era tempo di fare il secondo giro. Si mise a sedere sul divano tenendone una per lui e tendendo l’altra a Jimin, vicino a lui – Jiminie è sempre il più dolce. Particolare, ma interessante, esattamente. Ti sei guadagnato una torta tutta per te.

Tutti riuniti in sala, l’argomento di discussione era al momento il nuovo quadro di Jin. Era la prima volta da quando era stato appeso che i tre ragazzi più giovani lo vedevano e dunque aveva attratto la loro curiosità. A Jungkook, come aveva esplicitamente espresso, metteva un po’ di angoscia, mentre a Jimin era piaciuto. Taehyung anche sembrava averlo apprezzato, come si sbrigò subito a ribadire a Jin:

– Hey, anche io ho detto che mi piace! Appunto è particolare ed è un qualcosa che forse la gran parte delle persone non appenderebbe in casa, per cui ciò rende la nostra sala unica.

Jin non poté trattenere un sorriso all’utilizzo del “nostra” da parte di Taehyung.

– Vero, torta per l’appartamento Kim/Park allora.

– Se vi piace tanto, possiamo regalarvelo, non fate complimenti.

Jin fulminò Namjoon con lo sguardo.

– Jinnie, potevi degnarti almeno di farmelo vedere prima però!

– Joonie, l’ho fatto!

– Mi hai solo sbattuto davanti lo schermo del telefono per mezzo secondo dicendomi di aver comprato un quadro, ma senza darmi nemmeno il tempo di guardare l’immagine, tra l’altro minuscola, di ciò che vi era dipinto.

Jin alzò gli occhi al cielo, ridacchiando e diventando rosso, sapendo che il ragazzo stava dicendo la verità. Namjoon si trovava seduto al lato estremo destro del divano, vicino a Yoongi. Di fianco a Yoongi aveva preso posto Jimin, alla cui sinistra c’erano poi Jin e Hoseok. Nel divano sarebbe entrata anche una sesta persona ma Taehyung aveva deciso di mettersi per terra vicino a Jungkook, ai piedi di Namjoon. Arrivato per ultimo al divano il ragazzo era stato costretto a mettersi per terra e Taehyung aveva preferito condividere quella sorte con lui. In origine si trovava tra Jin e Hoseok e sapeva che comunque non era quello il posto che Jungkook avrebbe voluto. Non gli era sfuggito il modo in cui il più piccolo si era accorto che non c’era posto per lui vicino a Jimin. Taehyung era sicuro che si sarebbe fiondato lì e dunque aveva avuto modo di notare la lieve delusione che si dipinse sul suo viso quando vide Jimin seduto comodamente vicino a Yoongi. Non che Jungkook si aspettasse che il ragazzo gli tenesse il posto vicino a lui, però… forse sì, se lo aspettava. La loro relazione si era evoluta in modo tale che non era d’altronde del tutto illogico pensare una cosa simile. Nel corso delle ultime due settimane Jimin era uscito con lui praticamente tutti i giorni, assecondandolo in qualsiasi cosa avesse proposto. Una volta erano andati al cinema, un’altra a mangiare in un luogo particolare di cui Jungkook aveva sentito parlare, un’altra volta ancora erano andati a fare un giro in una fumetteria che piaceva tanto a Jimin e Jungkook gli aveva anche comprato un peluche. Si erano visti anche il pomeriggio del mercoledì in cui Yoongi era tornato. Jungkook aveva portato Jimin in una zona un po’ fuori mano, con cui erano dovuti arrivare in treno, dove davano una mostra che credeva sarebbe potuta piacergli. Così era stato ed avevano passato un bel pomeriggio insieme anche se, ancora una volta, Jungkook non era riuscito a farsi avanti in modo esplicito. E ormai aveva capito che sarebbe toccato a lui fare il primo passo. A Jimin piaceva la sua compagnia, ma non aveva mai cercato di mettere fine a quel pochissimo spazio di distanza che adesso li separava. Quel piccolo spazio che segnava il confine tra l’essere amici e essere qualcosa di più. Jungkook aveva pensato mille volte di provare a prendergli la mano o compiere qualche gesto che potesse avvicinarli e magari anche permettergli di dargli un leggero bacio. Ma la sua timidezza era sempre lì e non riuscendo ad agire d’impulso ogni volta che si metteva a riflettere sull’efficacia di azioni del genere puntualmente giungeva alla conclusione che fosse pari a zero. Sarebbe stato orribile ad esempio afferrare la mano Jimin all’improvviso solo per vederlo ritrarla alla svelta. No, non poteva coglierlo di sorpresa, doveva prepararsi un buon discorso e dirgli tutto con calma. Nessuna decisione affrettata o istintiva lo avrebbe aiutato. Era però stato felice quando, mentre erano sul treno per tornare a casa, poco prima dell’ora di cena, aveva sentito a un certo punto la testa di Jimin appoggiarglisi sulla spalla e farsi progressivamente più pesante. All’inizio Jungkook si era irrigidito, non sapendo cosa fosse più giusto fare, se muoversi o rimanere immobile, ma quando aveva iniziato a sentire il respiro regolare del ragazzo aveva compreso che gli si era addormentato addosso. Pensò fosse normale, quella sonnolenza, visto quanto poco e male Jimin dormiva la notte. Piano piano, cercando di essere delicato per non svegliarlo, gli aveva fatto passare un braccio dietro la schiena, per metterselo un po’ di più contro il petto e farlo stare più comodo. Jimin, rimanendo addormentato, si era sistemato meglio e lui lo aveva quindi stretto di più a sé. Di nuovo, aveva avuto voglia di compiere tanti gesti per cui forse un’altra persona più audace di lui non si sarebbe fatta problemi, soprattutto visto che Jimin dormiva profondamente. Lui però era innanzitutto terrorizzato dall’idea che l’altro svegliandosi se ne accorgesse e si innervosisse, e poi non credeva fosse giusto. Jimin non era ancora il suo ragazzo e lui non si sentiva in diritto di fare tutto ciò che avrebbe voluto. Come toccare i suoi capelli corvini, accarezzargli piano una guancia, prendergli una mano e tenerla nella sua, le loro dita intrecciate fino a destinazione. Lo aveva solamente tenuto stretto, sereno nel vedere Jimin così tranquillo con lui e pregando che il suo amore potesse essere sufficiente a ridonargli la serenità. Riguardo al problema di Jimin, Taehyung non aveva ottenuto molte più informazioni di quante già non ne avessero in precedenza. Gli aveva riferito di aver parlato con Jimin e che il ragazzo aveva detto di non sapere effettivamente il perché degli incubi e che aveva promesso di prendere provvedimenti nel caso in cui fossero continuati. A questo punto Jungkook aveva dunque pensato che la cosa migliore fosse aspettare e vedere come si evolveva la situazione. Non dubitava della sincerità di Jimin e dunque immaginava che prima o poi anche questo periodo sarebbe passato, come tanti altri periodi brutti nella vita. Quel venerdì sera, quando era rientrato dal supermercato con Taehyung, aveva trovato Jimin già indaffarato insieme a Jin per i preparativi della cena, mentre Namjoon e Hoseok erano sul divano insieme a Yoongi. Mentre era in cucina per dare una mano, aveva avuto modo di vedere qualcosa di diverso in Jimin. Sembrava più rilassato, più sereno. Ogni tanto gli lanciava un’occhiata di nascosto, come faceva spesso, e si accorgeva che, mentre tagliava le verdure, si era fermato con il coltello a mezz’aria, lo sguardo fisso e un sorriso sulle labbra. Anche durante la cena era stato più rumoroso, ridendo di più e facendo più chiasso. L’atmosfera stessa sembrava più tranquilla rispetto all’inizio della serata. Tutti erano intorno al tavolo, chiacchieravano e si divertivano e sembravano comportarsi in modo diverso da quanto avevano fatto prima. Jungkook aveva notato che la tensione che si era percepita nell’ultimo periodo era sparita, forse anche per via del fatto che l’umore nero di Yoongi sembrava essersi dileguato. Prima era rimasto sul suo divano senza parlare con nessuno o quasi, mentre adesso partecipava alla conversazione e faceva addirittura battute ogni tanto e anche gli altri ragazzi apparivano ora più allegri e chiassosi. Tutto ciò sarebbe andato benissimo a Jungkook, se solo non avesse sentito a un certo punto una conversazione tra Jimin e Yoongi che gli aveva provocato una certa apprensione. Era accaduto mentre si trovavano in cucina poco prima di cena. Jimin stava lavando alcune verdure nel lavandino mentre lui era sul bancone vicino a lui a tagliare la carne. A un certo punto Yoongi era entrato e si era portato vicino a Jimin per prendere un bicchiere d’acqua. Dopo aver finito di bere lo aveva scosso apposta davanti al viso del ragazzo per fargli arrivare delle gocce in viso, al che Jimin aveva chiuso gli occhi e arricciato il naso tirandosi leggermente indietro e ridendo. “Quel pomeriggio salta se continui a trattarmi male, hyung!” aveva detto scherzando e Yoongi aveva risposto portando le braccia ai fianchi: “Chi ti ha insegnato a parlare così? Porta più rispetto!”. Jimin era diventato leggermente rosso e aveva ripreso a pulire le sue verdure, ridacchiando e dicendo “Ho seguito i consigli di un uccellino che mi ha detto di farmi rispettare”. Yoongi se ne era andato scuotendo la testa e affermando deciso “Il pomeriggio si fa”. Ovviamente, Jungkook non aveva potuto fare a meno di chiedersi di cosa stessero parlando e soprattutto a quale pomeriggio facessero riferimento. Dovevano incontrarsi? Jungkook sapeva che Jimin e Yoongi erano soliti da anni passare pomeriggi insieme, e quando vi aveva riflettuto in passato era sempre arrivato alla conclusione che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi. Si era già interrogato sul come fare i conti con le persone nella vita di Jimin e per quanto riguardava Yoongi sapeva che il ragazzo era una presenza, su questo non c’erano dubbi, ma non vi aveva mai visto i presupposti di una possibile minaccia. Adesso che però aveva iniziato a frequentare Jimin più spesso e si stava abituando all’idea che tra loro le cose potessero effettivamente andare nella direzione da lui sperata, l’idea che Jimin condividesse con Yoongi qualcosa che a lui era sconosciuto sembrava stargli dando molti più problemi di quanto avesse pensato. Una piccola fitta dolorosa lo aveva punto in pieno petto e lui aveva capito di essere geloso. Avrebbe però dovuto imparare a gestire questo sentimento, aveva pensato, Jimin non poteva trascorrere il tempo solo con lui. L’importante era che fosse felice e se i pomeriggi con Yoongi lo facevano stare bene lui non si sarebbe opposto. In effetti finalmente lo vedeva più tranquillo di quanto non lo avesse visto da settimane e se il merito era anche di Yoongi non aveva nulla in contrario al fatto che il loro hyung partecipasse al benessere di Jimin. Si era detto così, mentre tagliava a pezzettini con le forbici la carne, ma ovviamente non era nemmeno riuscito ad ignorare del tutto il senso di inquietudine che lo aveva colto. Ora che erano tutti riuniti attorno al divano, questa sensazione si era ripresentata e Jungkook non poté far altro che essere grato a Taehyung per non averlo lasciato da solo per terra.

– La sala comunque sembra quasi nuova grazie a questo quadro – disse Jimin – e meno spoglia. Ora che avete tolto le decorazioni natalizie mi devo un attimo riabituare a tutto questo spazio vuoto.

– A proposito di rinnovamenti – intervenne Jungkook – come stanno andando i lavori da voi? Avrete finalmente una cucina vivibile e non a rischio ibernazione?

– Credo di sì, gli operai hanno finito oggi – alzò gli occhi al cielo – dovresti vedere che disordine hanno lascia-

L’urlo di Taehyung interruppe Jimin e fece sobbalzare tutti. Aveva gli occhi spalancati e stava guardando Jimin con aria colpevole:

– Jiminie! Ho scordato che volevamo ripitturare le pareti!

– Che pareti? – chiese Hoseok.

Jimin rimase un attimo interdetto, non capendo perché una semplice dimenticanza, tra l’altro piuttosto frequente in Taehyung, lo avesse sconvolto così tanto:

– Abbiamo deciso di approfittare del disordine e ridipingere domenica la cucina perché è tanto che volevamo farlo. Tae, non fa niente se lo avevi scordato, te lo avrei ricordato io domani, qual è il problema?

– Ah, domenica avreste dovuto…? – fu la domanda di Jungkook a Taehyung – Non fa niente allora, non ti pre-

– No! No, no, Kookie, aspetta un attimo. Jiminie – disse poi rivolgendosi all’amico – scusami tantissimo, lo avevo del tutto scordato. Io e Kookie… avremmo deciso di andare in campagna per fare delle foto per il nostro progetto questa domenica.

– Taehyungie, ma scusa! Ci eravamo già accordati!

– Lo so, ma-

– Non dobbiamo per forza andare Tae – Jungkook cercò di rimediare e giustificare l’amico – mi è venuto in mente prima all’improvviso Jiminie, non lo avrei nemmeno proposto se avessi sap-

– No, dobbiamo andare invece. È come hai detto tu, quando ci ricapita la neve con il sole? E il progetto è vicinissimo, non abbiamo più molto tempo da perdere. Jiminie, ti dispiace tanto se rimandiamo io e te?

Jimin sembrava effettivamente esserci rimasto male. È vero che aveva proposto quell’attività come distrazione dall’incognita del ritorno di Yoongi, e da questo punto di vista urgenza non c’era più. Yoongi gli aveva detto che sarebbe rimasto, e Jimin gli credeva completamente. D’altro lato però ci teneva davvero a fare qualcosa con l’amico e il fatto che si fosse del tutto scordato dei loro accordi lo aveva leggermente offeso.

– Taehyungie, le lezioni si stanno facendo più intense e non lo so se troverò un altro momento. Questa domenica sarebbe stata perfetta perché tanto dovevamo comunque ripulire tutto. C’è un disordine incredibile in cucina – disse per spiegare meglio agli altri – e io non penso di trovare un pomeriggio da dedicarle la prossima settimana.

Taehyung si morse il labbro, incerto su cosa dire. Jungkook aprì la bocca per cercare di convincere Taehyung ad annullare il loro piano, ma venne anticipato da un’altra voce.

– Posso venire io ad aiutarti a pulire – disse Yoongi. Sei paia di occhi sconvolti si posarono in contemporanea su di lui. Ne sentì il peso, ma continuò, il cuore veloce nel petto e la voce ferma – Se è troppo per farlo da solo, posso venire io. E posso aiutarti a pitturare – rifletté un attimo su ciò che aveva detto e sentendosi le orecchie calde si corresse – Cioè, quella è una cosa che volevi fare con Taehyungie, scusami, questo possiamo lasciar stare. Ma posso aiutarti a riordinare e preparare tutta la stanza per la verniciatura.

Su Jimin si mossero ora solo cinque paia di occhi, perchè Yoongi continuava a guardare fisso davanti a sé. Non poteva crederci nemmeno lui. Che cosa mi è saltato in mente di fare? Come aveva potuto fare una proposta del genere dal nulla, così insensata, così priva di logica? Aveva visto Jimin dispiaciuto ed aveva provato una voglia enorme di fare qualcosa e aveva dunque fatto un enorme sforzo su sé stesso per lasciare scorrere le parole nel momento in cui le aveva pensate, senza mettersi a filtrarle e bloccarle con il raziocinio. Ora però stava sudando e lo stomaco gli si era contratto. Se il ragazzo non avesse risposto entro cinque secondi giurò a sé stesso che sarebbe fuggito via di corsa in camera e fatta la valigia avrebbe afferrato il primo volo per l’altra parte del mondo.

– Va bene – Jimin era stupito, ma cercò di non darlo a vedere. Disse quelle due paroline di fretta, nel terrore che Yoongi si rimangiasse la sua proposta e solo dopo averle pronunciate si rese conto davvero di ciò che era appena successo. Aveva accettato che Yoongi si presentasse a casa sua domenica. Si sarebbero trovati un intero pomeriggio da soli. Il pensiero rendeva Jimin allo stesso tempo emozionato e terrorizzato. Era contento, ma avrebbe anche voluto prendersi a schiaffi. Non avrei dovuto accettare. Non possiamo comportarci come prima, hyung. Non posso stare vicino a te così a lungo, non così presto. Sarebbe dovuto essere più cauto. Quando aveva deciso di lasciare la porta aperta per Yoongi lo aveva fatto convinto che il ragazzo non gli avrebbe comunque mai più dato lo spazio che aveva prima. Credeva si sarebbe dovuto accontentare di poco. Invece adesso Yoongi si stava offrendo di attraversare mezza Seul solamente per andare ad aiutarlo a mettere a posto la sua cucina e di trascorrere un’intera domenica solo con lui. Era più di quanto Jimin avesse messo in conto e adesso era dunque spaventato. Questa vicinanza poteva rivelarsi più dolorosa del previsto, ma d’altra parte lui non riusciva a dirle di no. Aveva voglia di trascorrere del tempo insieme a Yoongi e si era buttato a capofitto in quella situazione pur sapendo quanto avrebbe bruciato, la sera, il vederlo andare via e non poterlo tenere per sé. Ma ormai era fatta. I nuovi accordi furono presi, Taehyung e Jungkook sarebbero andati presto in missione nelle campagne attorno alla casa di Jin, mentre Yoongi sarebbe andato subito dopo pranzo a casa di Jimin per dargli una mano con le pulizie della sua cucina.

 

22 gennaio 2017

Ci sono volte nella vita in cui capita di ritrovarsi ad affrontare situazioni come se queste non fossero reali, come se fosse un sogno il fatto che esse siano arrivate sul nostro cammino e davanti alla cui occorrenza ci sentiamo ancora più sbigottiti quando ci rendiamo conto di essere stati proprio noi a provocarle. Era questo il modo in cui Yoongi si sentiva in quella limpida domenica di gennaio. Nonostante avesse avuto del tempo per abituarsi all’idea, continuava a chiedersi e richiedersi come fosse giunto fin lì. Su quella strada bianca che scricchiolava sotto i suoi piedi, sotto quel cielo terso e quell’arietta fredda, davanti a quel portone che lo metteva in soggezione. Era il portone della casa di Jimin e Taehyung, e lui stava per entrarvi dentro, salire fino all’appartamento e fare irruzione nella domenica pomeriggio di Jimin come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se la presenza di Jimin fosse per lui semplice da sopportare. Come se non avesse capito di amarlo. Come se non avesse mai sentito le labbra del ragazzo pronunciare però un nome differente dal proprio. Ed era infatti come se nulla di tutto ciò fosse successo che Yoongi si era proposto davanti agli sguardi esterrefatti di tutti i suoi amici di uscire di casa, con il freddo e con la neve, dopo pranzo – rinunciando anche al suo riposino pomeridiano – per andare dall’altra parte della città ad aiutare Jimin con un qualcosa che non solo avrebbe potuto benissimo fare da solo, ma che, sebbene con un po’ di fastidio, avrebbe comunque potuto rimandare. Eccolo lì dunque, adesso, fare un passo dopo l’altro marciando dritto verso le sue paure, le sue ansie, e lasciando indietro il vecchio sé stesso. Perché di questo doveva trattarsi, questa persona che si stava muovendo ora verso l’ascensore e premeva il bottone del giusto piano. Un Min Yoongi sconosciuto, una nuova versione nata dal nulla, o che forse era stata sempre lì, ma non aveva mai trovato abbastanza ossigeno per nascere. Yoongi si chiese quale delle due ipotesi fosse corretta, se quella della creazione o della gestazione. Pensò che non aveva molto senso saperlo non appena vide il viso di Jimin venire progressivamente scoperto dalla porta che si apriva. Quali che fossero i motivi per cui aveva agito così, restava il fatto che adesso era lì, di fronte al ragazzo che amava, e solo questo contava.  

– Ciao hyung – disse Jimin con un sorriso, ma tradendo un leggero imbarazzo – vieni dentro – Yoongi entrò e Jimin chiuse la porta – mi spiace averti fatto uscire con questo freddo.

Yoongi, mani nelle tasche, lo guardò e basta, sbattendo un paio di volte le palpebre. Jimin capì e ridacchiò – L’ho fatto di nuovo.

– Esatto – rispose Yoongi iniziando finalmente a togliersi il cappotto e lo zainetto – ti ho detto io che potevo venire, non serve scusarsi.

Sentì Jimin andargli più vicino e fece del suo meglio per non irrigidirsi troppo quando lo vide allungare le mani verso di lui per prendergli lo zaino e aiutarlo con il cappotto. Glielo passò cercando di apparire naturale e cercò di non sobbalzare quando sentì il delicato tocco delle mani calde di Jimin sulle sue ben più fredde. Il contatto durò solo un battito di ciglia e il ragazzo più piccolo piegò poi il giaccone su un braccio e gli disse di accomodarsi intanto in cucina.

– È ovviamente un disastro come potrai immaginare – avvisò prima di andare nella propria camera per posare il tutto. La cucina era effettivamente in condizioni poco felici. Il tavolo e il divano erano stati spostati per far spazio ai lavori e c’era tantissima polvere bianca per terra. In realtà, la polvere era un po’ ovunque, anche addirittura sopra il bancone della cucina, su cui tra l’altro erano rimasti accatastati diversi piatti. Una pila di giornali giaceva in un angolo, una busta di rifiuti in un altro. Ancora i pezzi del vecchio termosifone non erano stati portati via e bisognava dunque spostarli da qualche altra parte, visto che adesso giacevano nel mezzo della stanza. Sotto il tavolo, Yoongi vide due secchi di tintura. Vi si accucciò, piegato sulle ginocchia così ci stava perfettamente, e girò i secchi: il quadratino sul davanti indicava la presenza all’interno di un liquido arancione pallido.

– Hyung? Che fai lì sotto? – esclamò Jimin sorpreso.

– Avete scelto un buon colore.

– Ah sì, sono andato a comprare la tintura ieri. Abbiamo sempre voluto avere delle pareti così.

Yoongi si rialzò e sgrullò via con le mani dai jeans neri la polvere bianca che gli era rimasta attaccata quando aveva gattonato per uscire dal ventre del tavolo. Senza troppe parole, i due ragazzi iniziarono ad occuparsi di mettere a posto la stanza. Yoongi si sentiva strano e Jimin ancora di più. Entrambi non sapevano cosa fare di quel tempo che gli era stato concesso. Lo vedevano come un dono inaspettato, gradito, ma difficile da accettare. Le domande che avevano affollato i pensieri di Yoongi lungo il tragitto erano molto simili a quelle che avevano tormentato Jimin per tutta la mattina. Come era accaduto tutto ciò? Fino a solo quattro giorni prima credeva di aver perso Yoongi per sempre. Non lo vedeva né sentiva la sua voce da settimane, non aveva nemmeno idea di quando avrebbe fatto ritorno a Seul e per quello che Jimin ne sapeva sarebbe potuto anche andare via per sempre. Adesso invece si trovava addirittura da solo con lui in casa propria, a darsi alle faccende di casa esattamente come se fosse il suo coinquilino e migliore amico. La circostanza era sicuramente singolare. Allo stesso modo di Yoongi, anche Jimin era però ben presto giunto alla conclusione che l’unica cosa rimasta da fare a quel punto fosse concentrarsi non su ciò che aveva portato a questo momento, ma piuttosto sul momento stesso. E questo momento era importante. Era da solo con Yoongi, come aveva desiderato di essere da giorni e giorni ormai. Aveva finalmente l’occasione di verificare se avrebbero potuto funzionare, insieme in questo modo. Difficile a dirsi. Per il momento, i due ragazzi non stavano parlando molto. Yoongi non sapeva come fare conversazione mentre Jimin si sentiva troppo timoroso per parlare con disinvoltura. Tranne per scambiarsi informazioni sull’attività che stavano svolgendo – “dove lo metto questo?” “aiutami a spostare” – e le occasionali domande di circostanza – “come stanno gli hyung?” “lunedì riprendi a lavorare?” – i due ragazzi non si dissero molto altro. Fu solo quando Jimin rientrò in cucina dopo essere andato a prendere la scopa e inciampò inspiegabilmente sul bastone troppo lungo che gli arrivava ai piedi che l’atmosfera si rilassò leggermente per pochi minuti. Yoongi scoppiò a ridere forte, mentre Jimin rimase disteso per terra supino scuotendo la pancia per le risate anche lui, lamentandosi del dolore. Vide le scarpe di Yoongi avvicinarsi e subito dopo il ragazzo piegarsi sulle ginocchia.

– Stai bene? – gli chiese con voce morbida continuando a ridere e poggiandogli una mano sulla spalla. Il calore della mano di Yoongi si propagò attraverso il tessuto della maglia nera di Jimin e giunse dritto alla sua pelle, che segnalò il proprio stupore attraverso una scarica di piccole scosse elettriche che gli si propagarono nel corpo. Si alzò a sedere piano, Yoongi continuava a tenere la sua mano su di lui, come se vi fosse incollata.

– S-si, sto bene.

– Hai fatto un bel ruzzolone – Le sue labbra, striscioline color fragola su sfondo imbiancato, erano ancora dispiegate in un mezzo sorriso. Era così vicino adesso. Fece scorrere la mano lungo il braccio di Jimin e quando fu all’altezza del polso lo tirò aiutandolo a rimettersi in piedi e alzandosi a sua volta. Le sue dita esitarono vicino alla sua mano, come se non volessero lasciarlo andare, e Jimin dovette fare appello a tutte le forze per lottare contro l’istinto di avvicinarglisi ancora di più. Doveva ricordarsi che Yoongi adesso stava insieme ad Hoseok, al cui lui era legato da un legame di amicizia che non poteva compromettere lasciandosi andare a mosse istintive ed azzardate. Si allontanò da Yoongi con un piccolo scatto, facendo due passi indietro e interrompendo il contatto tra le loro pelli senza che l’altro opponesse resistenza. Balbettò un grazie e si girò per riprendere la scopa da terra prima che il più grande avesse modo di accorgersi del rossore sulle sue guance.

– Rimettiamoci a lavoro.

Yoongi sentì Jimin rivolgergli queste parole e fece un cenno d’assenso con la testa, ma mentre il ragazzo si avviava dall’altro lato della cucina e iniziava a accumulare la polvere in piccoli mucchietti bianchi e grigi, lui rimase qualche secondo immobile. Quando si era accucciato vicino a Jimin gli aveva preso la spalla senza quasi pensarci, movimento istintivo vedendo l’amico per terra. Ma il discendere fino alla mano, prendergli il polso… quella era stata una scelta deliberata. Di nuovo, ebbe la sensazione di essere estraneo a sé stesso. Che cosa stava facendo? Il modo in cui Jimin si era allontanato da lui lo aveva fatto sentire un idiota. Si stava comprendo di ridicolo, perché diamine si era cacciato in una situazione del genere? Qual era il senso di torturarsi così? Contemplò per un momento l’idea di inventarsi una scusa e andarsene di lì, prima di fare qualcos’altro di ben peggiore che potesse comprometterlo. Uscendo di malavoglia da queste riflessioni si girò e andò incontro a Jimin. Voleva andarsene, ma voleva anche restare. Non riuscendo a trovare una soluzione pensò che l’unico modo per cercare di tenersi a galla fosse semplicemente lasciarsi spingere dalla corrente senza preoccuparsi di dove conducesse. Era venuto per aiutare Jimin, e dunque avrebbe aiutato Jimin, tenendosi così tenuto occupato in queste attività manuali nella speranza che lo traghettassero in modo sicuro alla fine del pomeriggio.

– Cosa devo fare?

Jimin gli dette istruzioni sul come pulire il bancone e Yoongi le seguì fedelmente. Mentre bagnava la spugnetta sotto il getto dell’acqua del rubinetto, si chiese perché non riuscisse a capire che cosa stesse succedendo, perché ogni più piccolo dettaglio gli apparisse insolito. Cos’è che non sta funzionando? Perché siamo così? Quando la sera del venerdì erano rimasti soli in casa non aveva avvertito la stessa pressione che stava sentendo invece in questo momento. Però a ben pensarci, quella era una situazione differente. Ciò che era prevalso in quel momento era stato il sollievo di essere riuscito a riavvicinarsi a Jimin, non c’era stato modo di pensare ad altro. Inoltre si trovavano in un contesto conosciuto, erano sì soli, ma in fondo non del tutto ed in effetti, ora che Yoongi ci rifletteva bene, dopo quell’iniziale conversazione non si erano più parlati molto fintanto che non c’era stato nessun altro in casa. Quasi per nulla. Si erano iniziati a sentire più rilassati solo quando gli altri erano arrivati. Quello che stava avvenendo oggi… era diverso da tutto il resto. Non era assolutamente simile a nient’altro avessero mai sperimentato prima perché erano loro ad essere diversi, e Yoongi se ne rendeva conto. Jimin non era quello di sempre, lo percepiva, e era sicuro avesse qualcosa a che fare con il modo con cui lo aveva trattato nell’ultimo periodo. Non aveva ancora chiesto al ragazzo come si fosse sentito, ma avrebbe voluto. Jimin era sempre così insicuro che più Yoongi ci pensava più si rendeva conto di quanto avesse sbagliato a prendere ed andarsene ignorandolo. Non si sarebbe sorpreso se il comportamento un po’ teso del ragazzo fosse dovuto a questo. Lui invece, da parte sua, sapeva perfettamente il motivo per cui tutto quello che stava vivendo in quel momento avesse sfumature nuove. Non era più in presenza semplicemente di un amico, ma del ragazzo che amava. Avrebbe voluto prenderlo da una parte e rassicurarlo, dirgli che se si era allontanato non era stato per mancanza di interesse, ma solo per troppo amore e che se lui voleva gli sarebbe rimasto vicino per sempre, nella veste di ciò che lui preferiva. Non erano però queste dichiarazioni che potesse fare. L’unica cosa che poteva fare era cercare di far parlare le sue azioni. Stare vicino a Jimin si stava rivelando difficile, più difficile di quanto avesse creduto, ma mentre passava il piccolo pannetto ruvido sotto il rubinetto e sentiva il tessuto ammorbidirsi e farsi più flaccido tra le sue mani si disse anche che non poteva mollare ora. Non sarebbe tornato sui suoi passi e avrebbe onorato la sua, silenziosa, promessa. Accogliere Jimin. Farlo sentire voluto. Fargli capire che lui c’era, di fianco lui, e non se ne sarebbe andato di nuovo.

I pensieri di Jimin non erano poi così differenti da quelli di Yoongi. Ancora una volta i due ragazzi stavano vivendo le stesse emozioni, ma senza renderne partecipe l’altro. Anche lui si era reso conto della difficoltà che stava avendo quel pomeriggio a stare intorno a Yoongi e gli stessi dubbi che gli si erano affacciati alla mente il venerdì sera sul divano, ma il cui volume era riuscito ad abbassare, stavano tornando ben più rumorosi. Non riusciva davvero a vedere nel futuro, neppure a fare un’ipotesi. Non aveva idea di cosa sarebbe potuto accadere tra loro due. Voleva rimanere di fianco al ragazzo, fintanto che Yoongi glielo avesse permesso, ma così non sembrava davvero funzionare. Si sentiva impacciato e si convinse presto che la sua inadeguatezza ad affrontare la situazione stesse contagiando anche Yoongi. Visto ciò che era accaduto, si era aspettato un po’ di imbarazzo iniziale, ma non aveva previsto che poi non appena l’atmosfera fosse stata per rilassarsi lui avrebbe rovinato di nuovo tutto trattando Yoongi con una freddezza che non meritava solo perché non poteva farglisi troppo vicino. Dipendeva tutto da lui, ne era sicuro, da quanto normalmente si sarebbe comportato, ma era complicato. Un’improvvisa paura che questa fosse l’ultima volta in cui avrebbero condiviso lo stesso spazio e lo stesso tempo da soli si impossessò all’improvviso di lui. Il panico che facesse un casino immenso e allontanasse Yoongi da sé con le sue stesse mani.

– Hyung?

– Mmh?

– Ti andrebbe di aiutarmi a dipingere una parete?

Yoongi aggrottò appena le sopracciglia e si voltò:

– Ma… credevo volessi farlo con Taehyung?

– Sono tre pareti. Se ne facciamo una sola non se la prenderà. Davvero – Jimin parlò piano, con tono delicato e concluse la frase con un sorriso dolce appoggiandosi al bastone della scopa. Per qualche motivo, messo di fronte all’eventualità che un momento come questo non si sarebbe mai più ripresentato, aveva sentito la voglia di allungare quel pomeriggio, dare a Yoongi una scusa per rimanere di più. Soprattutto, dare a sé stesso un’occasione per rimediare. Ma non voleva obbligare il ragazzo:

– Solo se ti va, ovviamente – disse poi serio.

Yoongi sembrò rimanere perplesso per un paio di secondi, poi batté due volte le palpebre e rispose:

– Si, certo che mi va.

Così si ritrovarono, dieci minuti dopo, a sistemare fogli di giornale ai piedi della parete prescelta. Jimin si divertì e gli sembrò lo stesso fosse per Yoongi. Amò ogni momento trascorso con lui. Quando sistemarono carponi sul pavimento i fogli di giornale. Quando Yoongi scoppiò a ridere di fronte alla fatica di Jimin nel forzare il coperchio sigillato del bidone di tempera, aiutandolo a tenerlo così che nulla si rovesciasse per terra. Mentre discutevano su chi dei due fosse più grande di statura e dunque dovesse assumersi il compito di reggere la scala per l’altro che ci sarebbe salito. Quando finalmente Yoongi – il vincitore della discussione – si decise a concedergli il suo posto a terra e lo fece scendere dalla scala, occupandosi lui di dipingere l’altra metà superiore della parete. Quando poi fu il momento di pitturare là dove entrambi, nelle loro piccole altezze, potevano arrivare. La scala fu dunque messa via ed entrambi si armarono di pennelli. Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo impiegarono a compiere quel lavoro, ma il punto era che il tempo non importava. Per l’ennesima volta, entrambi stavano provando la stessa cosa. Quel momento sembrava sia a Jimin che Yoongi talmente magico che nessuno dei due riusciva ad allontanare da sé la sensazione che non si sarebbe ripetuto mai più. Per cui avevano entrambi deciso di coglierlo e, proprio come avevano fatto il venerdì precedente, accantonarono temporaneamente tutto ciò che non apparteneva al momento presente, unico obiettivo quello di farsi compagnia. Guardando Yoongi imprecare nell’accorgersi di dover riprendere la scala per via di un punto rimasto bianco a cui non riusciva ad arrivare, Jimin rise con gli occhi lucidi. Stava diventando troppo semplice immaginare che non ci fossero più barriere, tensioni, paure a separarli. Che una vita in cui Yoongi appartenesse completamente al proprio mondo potesse esistere. Perché di questo aveva voglia Jimin e se ne rese conto proprio in quel momento, realizzando anche perché fosse stato così felice del fatto che Yoongi avesse accettato di aiutarlo in un’attività così semplice, ordinaria, domestica. Si rese conto di voler davvero entrare nel mondo di Yoongi in modo completo, riempiendo ogni fessura e arrivando in ogni angolo e il cuore gli si strinse a questo pensiero perché sapeva che non sarebbe mai stato possibile. Di nuovo l’angoscia del futuro, la sensazione che i loro giorni insieme fossero finiti. Se lo era detto, stargli vicino gli avrebbe fatto male come non mai, ma la sofferenza sarebbe comunque stata minore rispetto al non averlo. Eppure iniziava a dubitarne. Non sapeva se sarebbe stato capace di continuare così, ad averlo a sprazzi, passare con lui due ore per poi vederlo andare via, da qualcun altro, senza sentire l’impulso di scoppiare in lacrime, prendergli la mano e implorarlo di non lasciarlo. Di condividere con lui anche la sera e la notte e la mattina. Di permettergli di rimboccargli le coperte e portargli la colazione. Di riempirgli le giornate con la sua presenza, anche quando era silenziosa, anche quando era discreta. Era difficile pensare di portarsi tutto questo nel cuore ogni giorno senza prima o poi scoppiare. Volle però allontanarsi subito da questi pensieri. Le cose stavano andando bene proprio perché li aveva accantonati e non voleva rovinare tutto. Si avvicinò a Yoongi per aiutarlo mentre saliva di nuovo sulla scala e prese a ridere della sua altezza finché non sentì qualcosa di molle e umido sui capelli. Spalancò gli occhi e si portò una mano sulla testa, che gli tornò indietro sporca di arancione.

– Hyung?! Che cosa…??

Pennello gocciolante alla mano, Yoongi guardava in basso verso di lui con un ghigno:

– Ti stavi facendo troppo impertinente – e riprese tranquillo il suo lavoro di tinteggiatura. Jimin scoppiò a ridere e corse a prendere dei fazzolettini:

– E quindi hai deciso di buttarmi la tempera addosso?!

– Esattamente. L’acqua corrente tanto l’avrete no? Vieni a tenere la scala!

Jimin continuava a ridere, passandosi la carta bianca tra i capelli e tornando alla sua postazione. Riprese a tenere ferma la scala, scuotendo nel frattempo la testa e continuando a dimostrare la sua incredulità a suon di lievi imprecazioni. Quando finalmente Yoongi scese si fermò un attimo per osservare il lavoro che aveva fatto sui capelli di Jimin. Mezzo lato nero e mezzo lato screziato di arancione. Emise un piccolo buffo di scherno sorridendo:

– Non ti stanno male in fondo. Dovresti tingerteli tutti così.

– Hyung, c’è poco da fare lo spiritoso, non ci posso ancora credere – rispose Jimin ripiegando la scala mentre Yoongi andava a lavarsi le mani nel lavandino.

– Eppure sarebbe divertente. Park Jimin che fa qualcosa di trasgressivo. Sarei tentato di dirti che potrei tingermi anch’io nel caso in cui tu lo facessi, pur di vederlo accadere.

– Vuoi scommettere?

– No. Potrei perché so che non lo farai comunque, ma voglio andare sul sicuro. Ho una posizione da difendere.

– Chissà, tinti potrebbero starti bene. Dovrebbe essere un colore eccentrico però.

– Cosa vuoi dire?

– Che non sarebbe da te farli rossi o biondi, hyung. Troppo scontato.

– E che colore dovrei fare secondo te? – chiese Yoongi appoggiando la schiena contro il bancone a braccia conserte e sollevando un sopracciglio in direzione di Jimin:

– Non so, pensavo verde. Verde chiaro. Tipo sul menta, hai capito? Più originale.

– Jiminah, la tempera ti ha dato alla testa, forse è il caso che vada a farti una doccia.

Jimin concordò ridendo, ma decisero prima di terminare la parete. Proprio poco prima che finissero del tutto Jimin sentì il telefono che aveva in tasca squillare.

– Pronto, Tae? Cosa succede?

– Jiminie, volevo avvisarti che vista la situazione probabilmente non torneremo.

– Come? Che situazione?

– La neve, no? Qui ne sta facendo veramente tanta, le previsioni si sono sbagliate, tanto per cambiare.

– Ah... perché, nevica? – Jimin si girò verso la finestra e si accorse che, sì, nevicava davvero. Yoongi seguì la direzione del suo sguardo e lanciò anche lui un suono di sorpresa. Nessuno dei due si era accorto di nulla. Si portò più vicino al vetro: la neve era effettivamente tanta, i fiocchi rotolavano vorticosi e il fischio che adesso giungeva alle orecchie di Yoongi lasciava intuire un vento forte. Il cielo era scuro e nuvoloso e Yoongi capì perché Taehyung avesse chiamato in proposito. Si trovava insieme a Jungkook in campagna, convinto che il sole avrebbe resistito per buona parte del pomeriggio, così come le previsioni avevano detto, ma la natura ovviamente non aveva voluto dare questa soddisfazione agli uomini. Pensò a quanto fosse assurdo il fatto che né lui né Jimin si fossero resi conto di nulla. Che ore erano?

– Ok, ok, tranquilli! L’importante è che siate al sicuro e al caldo, non vi preoccupate. A domani allora – Yoongi sentì Jimin dire così e riappendere – Hyung sta nevicando! Non me ne ero davvero accorto! E sono già le sei! Non so perché ho perso del tutto il senso del tempo – la voce gli si affievolì proprio verso la fine della frase, colto all’improvviso dal timore che il ragazzo potesse cogliervi delle allusioni dietro. Si schiarì la gola e si avvicinò alla finestra, mettendosi a fianco dell’altro. Attaccò il naso al vetro ed espirò formando una nuvoletta di condensa, dentro cui poi scrisse il suo nome.

– Che fai, come i bambini?

– È divertente, prova anche tu!

– Jiminah… – Yoongi scosse semplicemente la testa con un sospiro, divertito dall’immagine del più piccolo così felice di fronte a un semplice vetro appannato –  Dunque cosa ti ha detto Taehyungie?

– Pare che abbia iniziato a nevicare già un’oretta fa, quando davvero loro non se lo aspettavano per niente. Presi alla sprovvista sono stati costretti a rifugiarsi alla villa, Jin-hyung ieri aveva dato le chiavi a Kookie per sicurezza. Hanno deciso di rimanere lì stanotte.

Yoongi annuì e basta, guardando anche lui fuori Seul che veniva imbiancandosi.

– Ti va di restare a cena? – chiese Jimin dopo qualche minuto di silenzio. Non spostò gli occhi dal grattacielo grigio che aveva di fronte, troppo terrorizzato dall’idea di arrossire e mettersi a balbettare se avesse guardato in faccia Yoongi. Aveva deciso di fare questa proposta il secondo in cui l’aveva pensata, cercando di ignorare il più possibile la sua insicurezza e timidezza e rendere la voce più stabile che potesse.

– Mmh – fu il suono d’assenso di Yoongi. Si staccò poi dalla finestra e tornò al muro. Si sentiva più felice di quanto gli fosse lecito per l’invito e aveva timore a rimanere troppo vicino a Jimin, per cui si era dovuto allontanare dalla finestra. Gli aveva già preso il polso in quel modo prima, chissà cosa altro era capace di fare questo Yoongi strano che era apparso da qualche giorno se fosse rimasto affianco al ragazzo un altro po’. Riprese il pennello in mano. – Finiamo qui, poi tu ti fai una doccia e dopo di che mangiamo, va bene? Spero ne valga la pena Jiminah, visto che sto rinunciando alla cucina di Jin.

Con occhi che brillavano, Jimin accorciò di nuovo la distanza tra loro e affiancò il ragazzo nell’opera di tinteggiatura.

 

****

 

– Perfetto, è venuto proprio bene! – esclamò Jimin contento, saltando sul posto e battendo le mani – No?

– Si – anche Yoongi era soddisfatto, avevano fatto un buon lavoro – Se Taehyungah dovesse darti buca un’altra volta direi che rappresento un valido sostituto. Sono sbalordito dalla mia capacità di imbianchino.

– Hyung, non hai fatto tutto tu – gli rispose Jimin ridendo e prendendo ad avviarsi fuori dalla cucina.

– Hai ragione, anche tu hai aiutato per il dieci per cento.

Jimin si limitò a ridacchiare scuotendo il capo:

– Pensa ciò che vuoi. Non vorrei contraddirti e ritrovarmi addosso un intero secchio questa volta. Vado a farmi la doccia, va bene?

– Si, qui adesso sistemo io il tavolo.

Un grazie melodioso gli giunse alle orecchie e a seguito una porta sbattuta e il rumore dell’acqua che prendeva a scorrere. In pochi minuti Yoongi pulì la tavola e vi mise sopra accatastate le cose che sarebbero servite per mangiare. Si mise poi le mani nelle tasche, ma le sentì vuote. Cercava il telefono, voleva controllare nel mentre che Jimin si faceva la doccia se qualcuno lo avesse cercato. Non che Yoongi avesse molti “qualcuni” che avessero voglia di cercarlo. Si ricordò di averlo lasciato nel cappotto e si avviò dunque in camera di Jimin, dove il ragazzo aveva posato anche il suo zainetto. Entrò un po’ incerto. Non era mai stato in camera di Jimin, questa era la prima volta e si sentiva strano al pensiero di starci mettendo piede senza che l’altro lo sapesse. Però doveva davvero solo prendere il suo telefono, sarebbe uscito subito. Evitò di guardarsi troppo attorno e andò dritto verso il letto di Jimin, sopra cui aveva visto il suo cappotto. Frugò nelle tasche frettolosamente, ma non lo trovò neppure lì. Probabilmente allora lo aveva lasciato nello zaino. Per terra però non c’era. A malincuore, si decise ad esplorare la camera un po’ di più per cercare di capire dove Jimin potesse averlo messo. Non dovette cercare a lungo. Il ragazzo lo aveva messo sopra la sedia della sua scrivania. Yoongi andò a recuperarlo e mentre cercava nella tasca anteriore il suo sguardo si posò su un lettore cd poggiato sul fondo del tavolo bianco, vicino al muro. Non riuscì a trattenere un ghigno. Ma chi usava i lettori cd ormai nel 2017? Sperando di trovare all’interno materiale con cui prendere in giro Jimin (il cd di qualche gruppo k-pop anni’90 di quando era bambino magari), afferrò l’oggetto e lo aprì. Ebbe un sussulto al cuore e le mani presero a tremargli leggermente. Il mio mixtape? Ancora lo ascolta? Sentì gli occhi farglisi umidi e cercò di vincere la sua emozione. Chiuse di scatto il lettore e lo rimise dove lo aveva trovato, come se fosse di fuoco. Forse… forse non era follia pura fare ciò che avrebbe voluto fare. Fino ad ora non aveva trovato il momento adatto e stava iniziando a dubitare di avere il coraggio che gli occorreva. Non si era dimenticato del suo proposito principale, aprirsi a Jimin. Aveva già cercato di farlo in una certa misura, ma ancora non era abbastanza. Voleva riportare le cose a come erano prima, voleva che il loro rapporto riprendesse quantomeno da dove lo avevano lasciato. Voleva che il ragazzo sapesse con certezza che aveva ancora accesso al suo cuore. E il suo cuore erano i suoi testi e la sua musica. Prima di andare via di casa Yoongi aveva infilato nello zaino il libretto nero dove aveva ripreso a scrivere quelle parole che gli erano mancate per tutto il tempo in cui era rimasto convinto di doversi allontanare da Jimin. Ora finalmente aveva però qualcosa di nuovo e ci teneva incredibilmente a far leggere tutto all’amico. Aveva bisogno di risentire quella sensazione di calore che gli veniva data dal vedere Jimin lavorare con lui, al suo fianco, offrendogli spunti e opinioni. In fondo glielo aveva già detto che gli doveva un pomeriggio, no? Jimin pareva avere accettato. Adesso sapeva anche che il ragazzo ascoltava ancora ciò che aveva composto quasi due anni prima e dunque non aveva scuse. Doveva chiedergli di leggere i suoi testi. Se non lo avesse fatto ora, non lo avrebbe fatto mai più, Yoongi lo sapeva con certezza. Con la stessa certezza con cui sapeva di amare Park Jimin.

Sentì una porta sbattere di nuovo e dei passi farsi più vicini. Si scosse dai propri pensieri e capendo ciò che stava per succedere si sbrigò ad aprire il cellulare e fingersi intento a leggerci qualcosa. Come si era aspettato, Jimin entrò in camera.

– Oh, hyung! No-non ti aspettavo qui!

Yoongi sollevò lo sguardo e si sentì mancare il fiato per un secondo. Jimin aveva addosso solo i pantaloni del pigiama, ma nient’altro sopra e teneva un asciugamano bianco sopra la testa. Fu abbastanza lucido da reagire subito, evitando di rimanere ad osservare l’altro troppo a lungo, come invece avrebbe voluto fare:

– S-scusa, volevo solo prendere il telefono – Jimin si era adesso spostato dalla soglia e si stava dirigendo verso il letto e Yoongi iniziò ad avviarsi fuori dalla camera – Esco subito.

– No, no, tranquillo –  lo fermò Jimn con un risolino imbarazzato. Stava tirando fuori una maglietta di pigiama, bordeaux come i pantaloni, da sotto il cuscino – Un secondo e ho fatto – fece in un secondo – Mi sono scordato la maglia del pigiama come uno scemo –  si bloccò all’improvviso e Yoongi aggrottò le sopracciglia – I-in effetti… Non so nemmeno perché mi sono già messo in pigiama, mi è venuto automatico. Hyung, scusa! Dobbiamo cenare, non sono modi di ricevere osp-

– Jiminah, va tutto bene! – per tranquillizzarlo Yoongi gli si era avvicinato con due falcate e adesso era abbastanza vicino da potergli prendere le mani. Si fermò in tempo almeno su questo. Vedere il ragazzo così di fronte a lui gli aveva creato una sensazione di calore alla bocca dello stomaco. Era un’immagine che non aveva mai avuto davanti prima d’ora: Jimin nella propria camera, rilassato dopo le fatiche della giornata, pronto per la notte. Era dolce, e bello. Era davvero bello, nel suo pigiamino, con i capelli corvini bagnati e le guance tonde ancora arrossate dall’acqua calda. La voce di Yoongi tremava leggermente mentre parlò – Non ti… Non devi preoccuparti. Sono io, Jimin. Sono solo io.

Jimin capì cosa il ragazzo volesse dire e annuì, rincuorato. Si guardarono ancora un attimo, entrambi in imbarazzo, finché Yoongi non parlò di nuovo:

– Ascolta… quel pomeriggio che mi devi… Insomma, se fosse sera? Cioè se… se ti facessi vedere qualcosa che ho scritto ora? Ti andrebbe? – Jimin sgranò gli occhi e Yoongi si chiese se non si fosse appena buttato in una missione suicida. Sarei dovuto starmene zitto, che idiota. Mi dirà che adesso non è il moment-

– Certo! Certo, hyung, va benissimo! – Jimin sembrava assolutamente serio e genuinamente interessato. Yoongi sentì le spalle farglisi più leggere.

– Da-davvero? Non è un problema per te?

– No, perché dovrebbe essere un problema? Volevo… – si fermò. Volevo da tanto che tornassi a farmeli vedere. Disse altro – Ti ho promesso che ti avrei restituito il tuo pomeriggio, eccomi qui – e gli sorrise. Yoongi ricambiò, troppo sollevato per riuscire a ringraziare come avrebbe voluto. Il suo sguardò si posò poi sulla testa di Jimin.

– Prima però credo sia il caso ti asciughi, non vorrai riprenderti la febbre di nuovo?

Anche Jimin sembrò riscuotersi da qualche pensiero e si portò veloce una mano tra i capelli bagnati.

– Si, hai ragione. Faccio subito subito, cinque minuti, tu aspettami qui, va bene? – e andò fuori dalla stanza di corsa, non lasciando a Yoongi nemmeno il tempo di rispondere. “Aspettami qui”. Yoongi aveva pensato di portare il suo quaderno in sala, ma a questo punto… Non aveva senso il rimanere lì, lo sapeva, e Jimin aveva detto così sicuramente per riflesso, senza intendere davvero che il ragazzo lo aspettasse proprio in camera sua. Eppure a Yoongi parve una scusa sufficiente per prendere il suo quadernetto, spostare il suo cappotto ai piedi del letto e mettercisi a sedere. Non voleva andarsene da lì dentro. Era convinto non vi avrebbe mai più messo piede e voleva dunque rimanerci ancora un po’. Gli sembrava un luogo migliore per ciò che doveva fare. Poteva fingere che vi fosse una corrispondenza tra il suo desiderio di condividere qualcosa di proprio con Jimin e il desiderio di Jimin di accoglierlo in un luogo per lui intimo. Ovviamente era sicuro non fosse questo il caso, ma allo Yoongi sconosciuto sembrava piacere darsi a mosse rischiose e speranze vane. Rimase seduto per qualche minuto lì, quaderno alle mani, fissando un punto nel vuoto, cercando di sgombrare la sua mente, non pensare a nulla, e concentrarsi solo sul rumore di fondo del phon in lontananza. Ebbe l’istinto di aprire quelle pagine, ridare un’occhiata a ciò che era dentro, ma lasciò perdere. Se avesse riletto quello che aveva scritto non sarebbe mai riuscito a farlo vedere a Jimin.

Nei cinque minuti che trascorsero da quando aveva lasciato la sua camera a quando spense l’interruttore dell’asciugacapelli, il cuore di Jimin non aveva mai cessato di rimbombargli nel petto. Yoongi-hyung vuole farmi già vedere i suoi testi! Aveva atteso davvero questo momento da tanto e il fatto che fosse giunto nonostante le difficoltà durante il pomeriggio lo convinse che qualcosa di buono dovesse averla fatta. Non sapeva se un’altra giornata come questa sarebbe ricapitata, ma anche se questa fosse finita per essere l’ultima volta in cui avrebbero avuto questo tipo di intimità Jimin non poteva fare altro che sentirsi grato. Era grato perché Yoongi stava per metterlo a parte del suo mondo ancora una volta e proprio dentro la propria camera, il luogo che tra tutti gli era il più personale e privato. Quelle quattro pareti sarebbero state testimoni di quel momento e lui entrandoci avrebbe potuto riviverlo ogni volta. Forse era un sentimento stupido, provare tanta felicità di fronte a un dettaglio così di contorno – che differenza poteva fare se Yoongi gli mostrava i testi in un giardino o un ufficio o un luna park? – eppure per Jimin la differenza era enorme. Si asciugò i capelli con fretta febbrile, sperando che il ragazzo non cambiasse idea nel frattempo. Se glieli avesse fatti davvero vedere, Jimin avrebbe allora anche potuto riprendere a sperare che ci fosse una possibilità per loro. Che nonostante gli imbarazzi, e la fatica, e il suo essere completamente inadeguato a star vicino al ragazzo dimenticandosi ciò di ciò che provava per lui, forse in fondo un modo si sarebbe trovato. Staccò con gesto sicuro la presa del phon dalla corrente e lo poggiò a terra prima di lanciarsi fuori dalla porta. Entrò in camera e Yoongi era ancora lì, adesso seduto sul suo letto. Aveva il suo solito blocco nero tra le mani e Jimin non poté fare a meno di sentire un’ondata di sollievo spargerglisi per le membra. Non ha cambiato idea.

– Hyung – lo chiamò coprendo la distanza tra loro e mettendoglisi a sedere vicino. Sentì la gamba di Yoongi contro la propria, e ne avvertì il calore ancora più distintamente a causa della sottile stoffa del pigiama. Si chiese se non fosse il caso di allontanarsi, ma l’imbarazzo e l’agitazione gli impedirono di muoversi. Poiché nemmeno Yoongi sembrava scostarsi da lui, decise di non pensarci e concentrarsi su ciò che dovevano fare. Gettò lo sguardo sul blocco tra le mani di Yoongi:

– Qu-quindi… – ingoiò velocemente – hai scritto qualcosa di nuovo? Posso vedere?

Yoongi non disse nulla, semplicemente aprì il quadernetto alla pagina giusta e lo passò a Jimin, il quale glielo prese dalle mani e iniziò a leggere in silenzio. Yoongi era agitato. Jimin era così vicino a lui, avrebbe potuto cingergli la vita con un braccio e attirarlo a sé con una semplicità incredibile. Ripensò a quando lo aveva stretto quella notte al gelo e la voglia di sentire il corpo di Jimin contro il suo si fece ancora più forte. Dette un profondo respiro per riprendersi e poi si obbligò a guardare il ragazzo. Aveva timore di ciò che avrebbe visto. I versi che aveva scritto erano diversi dal suo solito stile, secco, diretto, sferzante. Questa volta erano più morbidi, delicati, le parole stesse non si avvicendavano come lame taglienti, ma piuttosto come onde sinuose. Rotolavano una dietro all’altra e parlavano di perdita e lontananza, ma anche di scoperta e riscatto. Erano malinconiche, ma lasciavano una sensazione dolce nel cuore. Forse erano troppo sdolcinate però. Forse Jimin avrebbe avuto l’impressione di star leggendo il diario segreto di una quattordicenne invece che i versi di un ragazzo come lui. Aveva paura di leggere sul volto dell’altro disapprovazione. Ma non vi trovò nulla di tutto questo. Jimin stava piangendo. Piangeva e continuava a leggere, incurante delle grosse gocce che gli rigavano le guance e colavano via. Jimin aveva cercato di trattenersi, ma non ci era davvero riuscito. Aveva vissuto troppe emozioni quella giornata e adesso non era davvero più riuscito a controllarsi. Ciò che stava leggendo lo aveva colpito dritto fino al profondo dell’anima ed era probabilmente quanto di più bello Yoongi avesse mai scritto. Per qualche inspiegabile motivo riusciva a rispecchiarsi in quei versi. Sembravano parlare di lui, come se avesse raccontato a Yoongi tutto ciò che aveva vissuto nell’ultimo mese e il ragazzo lo avesse trasformato in una poesia. Come poteva dare una voce a pensieri che lui stesso non era mai stato capace di formulare con chiarezza? L’idea che Yoongi-hyung potesse aver vissuto, da qualche parte nella sua vita, qualcosa di simile a lui lo fece sentire allo stesso tempo estremamente triste ed estremamente felice. Triste perché Yoongi non doveva soffrire. Felice perché lo stava facendo sentire meno solo. Jimin avrebbe tanto voluto chiedergli che cosa gli fosse successo per riuscire a mettere giù quei versi, così differenti rispetto ai soliti che scriveva, ma gli mancavano le parole. Arrivò alla fine della paginetta con il respiro bloccato, il troppo amore per il ragazzo seduto vicino a lui esploso all’improvviso a riempirgli il petto e serrargli la gola. Sentì Yoongi chiamarlo, il suo tono sembrava preoccupato. Sentì il tocco di dita leggere sulla guancia e si voltò. Alla sorpresa di vedere Jimin piangere, Yoongi non aveva saputo lì per lì come reagire. Da un lato voleva tranquillizzarlo, ma dall’altro avrebbe voluto continuare a guardare quest’immagine per un altro po’, per imprimersela bene nella mente e nel cuore. Era stato difficile arrivare fin lì, ma quanto stava accadendo gli aveva fatto capire che ne era valsa la pena. Aveva fatto bene a dare a Jimin, e a sé stesso, un’altra possibilità. Si sentì come la notte di capodanno, in preda ad emozioni opposte. L’idea che non avrebbe più trovato nessun’altro al mondo che piangesse così per quello che lui scriveva lo rendeva felice, perché gli confermava di aver fatto la scelta migliore che potesse fare ad affidarsi a Jimin. Dall’altro lato però gli riempiva il petto di dolore, perché ciò significava che nessuno avrebbe mai potuto sostituire Jimin, ed era tragico visto che il ragazzo probabilmente non sarebbe mai stato suo. Mentre lui si chiedeva cosa fosse giusto fare per calmare il più giovane, era stato di nuovo lo Yoongi appena nato a muoversi per lui. Portandogli una mano sulla guancia fece voltare il ragazzo verso di lui e gli parlò con voce bassa:

  – Jimin, non… non piangere. Non devi pian-

Interrompendo il più grande nel mezzo della frase, Jimin pose fine alla distanza tra i loro volti e lo baciò all’improvviso. Guardando il viso di Yoongi attraverso gli occhi appannati un unico desiderio aveva rapito tutto il suo essere e lui si era ritrovato ad assecondarlo senza nemmeno pensarci. Posando le labbra delicatamente su quelle dell’altro si sorprese di quanto sembrassero combaciare perfettamente. Si perdette completamente nella sensazione di avere Yoongi così vicino a sé, dimentico del fatto che non avrebbe dovuto fare una cosa del genere. Del fatto che Yoongi avesse già un’altra persona. Del fatto che lui stesso ne stesse quasi frequentando un’altra. Tutto ciò che voleva fare era baciare Yoongi e fargli sentire quanto lo ammirasse e amasse, e quando il ragazzo sembrò reagire appena, premendo un pochino di più le proprie labbra contro le sue, Jimin dimenticò anche tutto il resto. Dove si trovasse, come si chiamasse. Yoongi, Yoongi, Yoongi era tutto quello che riusciva a pensare mentre gli portava le mani in vita e lo stringeva di più. Yoongi lo lasciò fare, ma aveva paura di ciò che stava accadendo. Lo voleva anche lui, e poiché non sarebbe mai riuscito a toccare Jimin così di sua iniziativa, il fatto che fosse stato il più giovane a sorprenderlo sicuramente gli faceva piacere. Ma cosa poteva significare? Non si sentiva del tutto tranquillo, ma nonostante ciò la forza che lo spingeva verso Jimin era troppo intensa e si ritrovò presto a ricambiare quel bacio, con esitazione prima, intensificandolo un attimo dopo. Gli mise le mani sulle spalle e quando Jimin sentì il suo tocco su di sé entrò in uno stato di trance, incapace di fare nient’altro che non fosse muovere le proprie labbra allo stesso ritmo di Yoongi. Fu il maggiore a interrompere per primo quel contatto e riportarlo alla realtà. Si scostò leggermente da lui guardandolo con occhi sopresi:

– Jiminah… – si fermò un secondo per riprendere fiato – Cosa… – Il voltò di Jimin si trasfigurò di fronte ai suoi occhi. Lo vede dipingersi di un’espressione di orrore, alzarsi di scatto dal letto e allontanandosi di qualche passo portarsi le mani davanti alla bocca. Che stava succedendo? Si era pentito? Ti prego non di nuovo. Non farmi questo di nuovo. La testa gli stava girando, si sentiva confuso, non sapeva cosa provare. Era spaesato, sfiancato dalla battaglia in corso nella sua mente. Da un lato l’istinto di tornare a prendere il ragazzo tra le sue braccia e cedere alla piccola speranza che stava mettendo radici nel suo petto, dall’altro l’allarme che stava urlando con voce stridente avvisandolo che doveva essersi trattato di un errore, di rimanere guardingo. Distrutto dall’idea che tutto potesse infrangersi di nuovo. Jimin era lì, che lo guardava con sguardo colpevole.

– Hy-hyung… mi dispiace… mi dispiace tanto, scusami! Scusami, scusami, scusami – disse piangendo e si coprì tutto il viso con le mani, completamente rosso, e Yoongi non resistette più. Al diavolo tutto. Gli corse vicino in un lampo e delicatamente gli prese entrambi i polsi e lo obbligò a scoprirsi il viso. Jimin continuò però a tenere lo sguardo basso, scuotendo forte la testa e ripetendo il suo mantra di scuse:

– Mi dispiace, mi dispiace, che cosa ho fatto?!

– Jiminah, smettila – gli disse Yoongi calmo, cercando di tranquillizzarlo. Ma perché si stava scusando così? Lui non si era tirato indietro, lo aveva ricambiato, che cosa lo spingeva a chiedere scusa in questo modo? In realtà se c’era qualcuno che avrebbe dovuto chiedere scusa quello era lui.

– Sono un pessimo amico.

– Mi vuoi guardare per favore?

– Hyung, mi dispiace, sono una persona orribile. Hoseok… mi dispiace tanto.

– Jiminah, ma di cosa vai parlando? Che cosa c'entra Hoseok adesso?! Guardami! – gli lasciò un polso e gli prese il viso per costringerlo a guardarlo. Jimin lo assecondò e finalmente posò i suoi occhi, completamente rossi, su di lui. Yoongi gli lasciò andare anche l’altro braccio e gli portò entrambe le mani sulle guance. Era così sconvolto, troppo, e Yoongi non ne capiva il motivo. Lì per lì aveva creduto fosse per il senso di colpa nei confronti di Jungkook, ma poi il ragazzo aveva nominato Hoseok… che si fosse sbagliato? – Che stai dicendo? Hoseokah… come ti è venuto in mente ora?

– Hyung so tutto! Non devi fingere!

Yoongi iniziò a preoccuparsi sul serio. Che avesse di nuovo la febbre?

– Ma tutto cosa? Non sto capendo niente Jimin!

– Di te e Hoseok-hyung! Lo so che state insieme!

– Io insiem-

– Vi ho sentiti quel pomeriggio, quando vi siete dichiarati l’uno all’altro! – La voce di Jimin era scossa da singhiozzi. Yoongi rimase in silenzio. Jimin capì che il loro tempo era scaduto. Ora che Yoongi sapeva che lui lo aveva deliberatamente baciato nonostante sapesse della sua relazione con Hoseok di sicuro non avrebbe più voluto avere nulla a che fare con lui. Questa idea lo inondò di un mare di tristezza tale che riuscì persino a calmarsi. Abbassò il tono della voce e parlò di nuovo – Quello che ho fatto è imperdonabile – prese le mani di Yoongi sul suo viso e le portò giù, con il cuore che gli batteva forte alla vista dello sguardo sconvolto di Yoongi.

– M-me e Hoseokah? Insieme? Come… Jiminah, ma come ti può venire in mente una cosa del genere? – Le parole di Yoongi lasciarono Jimin interdetto. Perché continuava a fingere nonostante lui gli avesse detto di aver sentito tutto? Non si aspettava questa reazione.

– Hyung, te l’ho detto. Vi ho sentiti. Non devi più far fint-

– Ma sentiti quando?? Quando mai io e Hoseokah ci siamo fatti qualche dichiarazione?! È il mio migliore amico, quasi mio fratello, da dove ti è venuta l’idea che tra noi potesse esserci altro?

Il viso genuinamente sorpreso di Jimin sconvolse ancora di più Yoongi. Il ragazzo sembrava davvero sicuro di ciò di cui parlava. Ma che diamine stava succedendo?

– Il pomeriggio in cui sarei dovuto venire da te – Jimin aveva la gola secca, ma si costrinse a parlare. Forse se avesse spiegato per bene tutto a Yoongi lui si sarebbe convinto che stava dicendo la verità e avrebbe smesso di far finta di non capire – ricordi ti avevo detto che sarei venuto prima?

Yoongi annuì.

– Ma poi non ti sei presentato.

– Mi sono presentato. Con quasi un’ora di anticipo. Ho trovato la porta aperta.

Qualcosa si accese nella mente di Yoongi. Un click che sembrava aver scattato una catena di pensieri, ricostruzioni e associazioni. Lasciò però finire Jimin.

– Credevo avessi visto il mio messaggio e mi avessi così lasciato aperto. Quando sono entrato però non ti ho visto e ho creduto fossi sceso a prendere qualcosa da mangiare. Allora ho deciso di aspettarti in camera tua, ma quando stavo per aprire ho sentito la voce di Hoseok-hyung… e la tua. Stavate dicendo… stavate dicendo… – non riusciva a continuare, ripetere quelle parole che ormai lo infestavano da settimane troppo penoso.

– Che avevamo sognato quel momento da tante notti? Perché non ci fossimo mai detti nulla prima? Che volevamo rimanere assieme per sempre? “Le tue labbra sono come una rosa”? Dove… quando sei arrivato? Quali di queste battute hai sentito?

Jimin aggrottò le sopracciglia, guardandolo interrogativo.

– Jimin stavamo… – non riuscì a trattenere un piccolo accesso di riso. Per qualche motivo l’essere venuto a capo di questo mistero gli stava riempendo le membra di sollievo e aveva bisogno di scaricare la tensione accumulata fino a quel momento – Stavamo recitando! Quella porta… Hobi ha lasciato la porta aperta per sbaglio quando è salito, per questo l’hai trovata così. Ce ne siamo accorti solo quando l’abbiamo sentita sbattere. Abbiamo pensato fosse stata una corrente d’aria, ma quindi… eri tu. – Jimin ebbe solo le energie di annuire. Gli sembrava di star vivendo in uno dei suoi sogni – Io purtroppo il tuo messaggio non l’ho letto, ero impegnato con Hoseokah che mi aveva chiesto un favore – non sapeva se Hoseok sarebbe stato contento che svelasse il suo segreto, ma quello che stava accadendo ora con Jimin era più importante – un favore per il teatro. Mi ha chiesto di aiutarlo con alcune scene per lo spettacolo. Se fossi venuto a vederlo lo avresti capito perfettamente. Erano scene romantiche e lui non si sentiva a suo agio con la sua partner per cui mi ha chiesto di fare pratica. Tutto qui. Come hai potuto pensare che davvero io e Hoseok stessimo… Signore, mi viene la nausea solo a pensarci – concluse Yoongi sollevando gli occhi al cielo e continuando a ridacchiare. Jimin rimaneva immobile però e Yoongi si rifece serio. Lo prese di nuovo per mano e lo accompagnò delicatamente vicino al letto, facendolo sedere e mettendoglisi accanto. Stava accadendo qualcosa nella mente del ragazzo e lui aveva bisogno di capire di che si trattasse. Credeva davvero che lo sconvolgimento di Jimin fosse dovuto a Jungkook, ma dalla sua reazione era evidente che la sua angoscia nasceva da altro e traeva origine dalla sua convinzione che tra lui e il suo migliore amico ci fossero sentimenti romantici. 

– Quindi… – la voce del ragazzo era debolissima – quindi tra te e hyung… non… non c’è nulla? Non state insieme?

– Jiminah, no! Ripeto, l’idea mi mette… Santo cielo, no. Io gli… Hoseok… – cercò le parole giuste – voglio bene ad Hoseokah più di quanto sarò mai capace di esprimere, non solo a parole, ma anche a gesti. Lui è sempre stato migliore di me in questo senso, mentre io non credo di avergli mai dimostrato abbastanza quanto sia importante per me. Non saprei davvero cosa fare senza di lui, ma… non lo amo, se è questo che vuoi sapere. L’amore che ho per Hobi è quello che si ha per qualcuno che è la tua famiglia più della tua stessa famiglia. Che si ha per chi ti ha sempre tenuto la mano, non lasciandoti andare anche quando quell’unione avrebbe rischiato di trascinare entrambi giù dal dirupo. O quando avrebbe avuto tutti i motivi per farlo. È… Jiminah, è forte, mentirei se ti dicessi il contrario. Gli voglio più bene di quanto ne voglia a me stesso, Hoseok è una parte di me. Ma non c’è niente, assolutamente niente di romantico in tutto questo. Non mi sognerei mai di… quello che è successo ora con te… – chiuse gli occhi per l’imbarazzo – non mi sognerei mai di farlo accadere con Hoseok e so che per lui è lo stesso. Mai, mai, mai. E anche se il nostro rapporto può intimorire… – riaprì gli occhi e li puntò in quelli di Jimin, facendo incontrare il suo sguardo infuocato con quello pieno di meraviglia dell’altro – non vuol dire che io non abbia posto per nessun altro. Jiminah… – continuando a tenere in una mano quella di Jimin, portò l’altra dietro la nuca del ragazzo – anche tu sei una parte di me. Avrei dovuto dirtelo prima, ma lo sai che sono un creti-

Jimin gli buttò le braccia al collo. L’abbraccio era così forte che a Yoongi per un attimo mancò il respiro, ma non gliene importò. Ricambiò quella stretta, cingendo Jimin sulla vita e portandolo verso di sé. Jimin era così sconvolto che non aveva nemmeno più le forze di piangere. Non riusciva a parlare, continuava solo a tenere gli occhi sgranati e si sentiva boccheggiare. Meraviglia, stupore, sollievo, tutto in una volta. Per tutto quel tempo aveva creduto… Allora Yoongi gli si era allontanato solo perché era stato lui stesso il primo ad allontanarlo. Doveva essere così. Non era vero che non gli importava nulla che lui non si fosse presentato quel pomeriggio. Non si era dimenticato del loro appuntamento. Non ne aveva parlato solamente perché Yoongi era Yoongi, e Yoongi si teneva tutto dentro. Jimin lo aveva ferito, se ne rendeva conto adesso. E si sentì stringere il cuore a questo pensiero e per reazione abbracciò il ragazzo ancora più forte.

– In realtà – la voce di Yoongi gli giunse morbida alle orecchie – te lo avevo già detto quello che significavi per me. Ma immagino non conti.

Jimin si staccò da lui per guardarlo in viso.

– Cosa intendi?

– La notte di Capodanno. Avevo… – si interruppe, nella mente di nuovo un particolare spuntò fuori e tornò a sentirsi confuso. Jungkook. Che ruolo aveva in tutto questo? – Jimin, cosa c’è tra te e Jungkookie?

Jimin non seppe cosa rispondere. Cosa c’era tra loro? Da parte di Jimin, amicizia. Ma da parte dell’altro… Rimase in silenzio.

– State insieme? – il tono di Yoongi si fece più flebile e Jimin lo vide allontanarsi leggermente da lui. Lo prese per le braccia per trattenerlo:

– No! – urlò – no, non stiamo insieme! Lo so che ho passato tanto tempo con lui ultimamente, ma…cre-credevo… io credevo che tu stessi con Hoseok-hyung! – ecco, lo aveva detto. Non ne era fiero, si sentiva schifoso, ma era inutile mentire a Yoongi. Voleva mostrarglisi completamente, anche quelle parti di cui lui si sarebbe disfatto per vedere se il ragazzo avrebbe potuto amare anche quelle. Yoongi lo guardava interdetto – Tu non c’eri. Mi avevi lasciato solo.

– Jiminah, io ti ho lasciato perché credevo stessi insieme a lui. Che non volessi avere più nulla a che fare con me. La notte in cui mi sono dichiarato a te… hai cercato lui. Hai chiamato il suo nome. Allora ho pensato di aiutarti e ho mandato un messaggio a Jungkook con il tuo telefono fingendo che fossi tu a chiedere il suo aiuto. Eri quasi svenuto e io non sarei riuscito a portarti dentro in ogni caso… Jiminah?

Jimin si era alzato di nuovo, come aveva fatto poco prima, quando aveva creduto di aver appena tradito la sua amicizia con Hoseok.

– Di cosa stai parlando? Yoongi-hyung, di cosa stai parlando?! Quale notte? Quale dichiarazione?!

Sembrava pronto ad esplodere da un momento all’altro per cui Yoongi parlò lentamente e con cautela:

– La notte di Capodanno… a un certo punto tu sei uscito e io sono stato l’unico ad essermene accorto. Eri chiaramente ubriaco e si vedeva che stavi male, così mi sono preoccupato e ti ho seguito, trovandoti con solo la magliettina addosso, nel pieno della notte. Credo la tua febbre fosse altissima in quel momento perché ti ho visto davvero perso, probabilmente deliravi. Infatti non ricordi nulla, vero?

Poco. Jimin ricordava poco, davvero molto poco. Ma quel poco che ricordava ormai era impresso in lui per sempre perché erano scene che aveva girato nella sua mente in continuazione. Delle braccia che lo avvolgevano, la sensazione di sentirsi amato, protetto, al sicuro. Poi quella voce… quella voce che gli tornava spesso nei sogni, che sembrava appartenere a Yoongi. Il più grande continuò, mentre lui cercava di rimettere insieme tutti i pezzi di quella confusa notte.

– Ti sei appoggiato al muro della casa, e mi hai trascinato giù con te – gli occhi di Jimin si fecero enormi – È poi stato quando ti ho sentito dire il nome di Jungkook che… che ho capito che dovevo farmi da parte. Così ti ho confessato i miei sentimenti prima di nascondermi. Se fossi stato più lucido avresti capito da lì che non potevo stare con Hobi…

– Eri tu?! – l’urlo di Jimin rimbombò sulle pareti. Aveva lo sguardo costernato, le guance rosse e negli occhi gli si erano già formate nuove lacrime che lui questa volta non aveva forza di fermare – Eri tu li con me?! Hyung, io stavo chiamando te! Stavo male e credevo ci fosse Jungkook vicino a me, ma stavo cercando te!! Gli stavo chiedendo… – Si buttò per terra, appoggiandosi alle ginocchia di Yoongi e sollevando i suoi occhi sconvolti in quelli ugualmente scioccati dell’altro. Le lacrime ormai cadevano una dietro l’altra come un fiume in piena – gli stavo chiedendo di portarmi da te, Yoongi! – Nascose il viso tra le gambe del più grande e scoppiò in un pianto dirotto e Yoongi capì che c’era tutto, in quel pianto. La liberazione. La sorpresa. La tensione. La sofferenza. Tutto quello che doveva aver provato da solo in quel mese in cui aveva creduto di averlo perso. E come un perfetto idiota lui non aveva nemmeno provato a parlarci, avvicinarglisi. Se gli avesse detto che stava male a vederlo distante, che l’idea che potesse allontanarsi da lui lo sconvolgeva, che non stava capendo il perché di quel silenzio improvviso… se avesse ammesso con il più piccolo, e a sé stesso, di avere dei sentimenti, anche se prima di capodanno non sapeva di che natura esatta fossero, di avere un cuore che pulsava emozioni e non c’era nulla di male in ciò, avrebbe saputo prima del malinteso in cui era caduto Jimin e non avrebbe lasciato il piccolo soffrire in solitudine per tutto quel tempo. Di nuovo, lui e la sua fottuta paura di avvicinarsi alle persone e farle avvicinare a sé erano stati la causa di tutto ciò. Sarebbe stato troppo per il vecchio Yoongi confessare di sentirsi turbato dall’improvvisa freddezza dell’altro. Ferito dal suo comportamento. Ma adesso quello Yoongi non c’era più. C’era il nuovo, e Yoongi iniziava a sentirsi più a casa nei suoi panni che in quelli dell’altro. Più libero. Mise la mano tra i capelli di Jimin, prendendo ad accarezzare piano quelle ciocchette nere e delle piccole gocce iniziarono a cadere anche dai suoi di occhi. Con la voce leggermente smorzata lo chiamò:

– Jiminah… Jimin, guardami.

Continuando a singhiozzare il più giovane sollevò il viso. Yoongi si piegò su di lui e lo baciò piano prima di prendergli le braccia e guidarlo di nuovo a sedere vicino a lui. Lo avvicinò poi a sé portandogli una mano in vita e rimise l’altra tra i suoi capelli. Il bacio riprese, questa volta più sicuro, fermo. Yoongi aveva avuto paura di lasciarsi andare prima, ma adesso sapeva esattamente cosa stava facendo. Le sue labbra toccavano quelle di Jimin in modo appassionato, ma delicato, senza fretta e senza paura questa volta, sapendo finalmente con certezza che non stava facendo nulla di sbagliato, che Jimin non sarebbe corso via di nuovo, che adesso sarebbe stato davvero solo per lui. Si allontanò solo un momento e sembrò voler dire qualcosa, ma Jimin scosse la testa. Non era più il tempo delle parole e Yoongi capì. Mettendogli le mani dietro al collo, Jimin riaccostò le loro labbra e intensificò la velocità di quel bacio. Più sentiva Yoongi vicino, più lo voleva ancora di più addosso. Più lo assaporava, più se ne sentiva assetato. C’era però ancora troppa distanza tra loro. Senza preavviso, gli si mise a cavalcioni sopra, senza mai interrompere il bacio, e Yoongi lo prese saldo dietro la schiena. Fece scorrere le mani e arrivato al bordo della sottile maglia le mise sotto, andando a toccare con le dita la pelle nuda di Jimin. Il ragazzo emise un piccolo gemito a questo improvviso contatto e mise ancora più energia nel bacio. Il cuore gli batteva fortissimo e sentiva caldo in tutto il corpo. Si sentiva protetto nelle braccia di Yoongi, voluto, desiderato, tanto quanto lui lo voleva e desiderava. Yoongi si staccò appena, per riprendere fiato, e Jimin anche ebbe così tempo di snebbiare con un po’ di ossigeno la sua mente appannata. Si sentì prendere e sollevare leggermente per poi finire con la schiena sul materasso, Yoongi sopra di lui. Jimin gli prese il viso tra le mani e il ragazzo si abbassò di nuovo, riprendendo il flusso dei loro baci. Gli si distese sopra e le loro gambe si intrecciarono istintivamente. Mentre le loro labbra continuavano a cercarsi ed esplorarsi, Jimin portava le proprie mani su Yoongi ovunque riuscisse, tra i suoi capelli, sul collo, sulle spalle, in vita, le braccia. Passò le mani sotto al suo maglione e le portò sul suo petto, godendo finalmente di quel contatto più diretto. Yoongi sembrava avere più controllo di lui, ma quando sentì le sue dita sotto la maglia non riuscì a trattenere un sussulto e inspirando profondamente lasciò le labbra di Jimin e si tuffò nel suo collo. Jimin si sentì il respiro farsi più affannato e chiuse gli occhi per isolarsi da tutto e concentrarsi solo sulle sensazioni che Yoongi gli stava donando. Le sue labbra e la sua lingua si muovevano lungo il suo collo e Jimin aveva appena preso a sollevare i lembi della maglia di Yoongi quando sentì il ragazzo fermarsi. Lo sentì tirare un altro profondo sospiro prima di sollevare la testa e guardarlo. Quel semplice movimento era costato uno sforzo disumano a Yoongi. Jimin era caldo e morbido e il suo profumo fresco e che sapeva di pulito gli stava iniziando ad invadere completamente la mente e i sensi. Ma non poteva ancora permetterlo. Jimin aveva il fiato corto sotto di lui e Yoongi gli dette un piccolo bacio su una guancia, poi sull’altra e infine sulla fronte, cercando di regalare ad entrambi un po’ di tempo per calmarsi. Parlò poi dolcemente, ma con voce ferma:

– Forse è meglio fermarsi qui, che dici?

Jimin non sembrava convinto. Non era abituato a sentire tutte quelle emozioni e lo stavano letteralmente divorando, impedendogli di trovare le redini per dare a tutto un freno.

– Hyung, però…

– Ascoltami – lo interruppe Yoongi con voce bassa e morbida lasciandoli un delicato bacio sul collo – ci sono troppe cose che dobbiamo sistemare, non pensi? – parlava al plurale, ma Jimin capì si riferiva in primo luogo a lui – Persone… persone che devono sapere. Ci sono dettagli che mi sono tornati in mente e credo… – gli scostò una ciocca di capelli dagli occhi e gli lasciò un altro piccolo bacio sulla fronte – beh, credo abbiamo dato da pensare un po’ a tutti. Ho trattato Hoseok davvero molto male – la voce gli si assottigliò nel dire queste parole e gli occhi gli si fecero tristi. Il pensiero dell’amico fece sentire all’improvviso anche Jimin incredibilmente triste.

– Anche io non sono stato giusto con lui. E poi c’è… c’è…

– Lo so – gli disse Yoongi, evitando al ragazzo il dolore di dover pronunciare quel nome ad alta voce. E poi c’è Jungkook, questo stava per dire. Gli si spostò da sopra, distendendosi vicino a lui e Jimin gli si sistemò meglio contro il petto – andrà tutto bene vedrai. Ma vedi? Ci sono ancora troppe persone coinvolte in tutto questo – gli sollevò il viso per guardarlo negli occhi – e io voglio stare solo con te, senza nient’altro in mezzo a noi. Che siano incomprensioni, malintesi o situazioni non chiarite. Voglio poterti tenere tra le braccia senza paura di offendere nessuno, senza preoccupazioni, non voglio provare vergogna all’idea che… che tutti sappiano che sono tuo così come spero tu sia mio.

Jimin si sentì il cuore esplodere. Lo strinse fortissimo e arrossendo parlò con il viso contro la maglia di Yoongi:

– Non devi sperare hyung. Sono tuo da un bel po’, anche se nemmeno io lo sapevo.

Yoongi sorrise e sentendo altre lacrime pronte ad uscire cercò di fermarle abbracciando a sua volta Jimin più stretto. C’era un limite a quanto avrebbe voluto tenerlo vicino? Ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe detto “va bene, così è sufficiente”? No.

Rimasero abbracciati in silenzio per qualche minuto, il suono di piccoli baci leggeri e soffici come unica prova che in quella stanza al momento ci fossero due persone. Una piccola risata uscì da Yoongi all’improvviso e Jimin lo guardò incuriosito.

– Cosa c’è? Perché ridi?

– Nulla è che… – rise piano di nuovo – sto pensando al quadro di Jin-hyung, quello in salotto, “Transizione”. Mi viene da ridere perché è un dettaglio così idiota. Però… – si fece più serio e trasse un lungo sospiro – Rappresenta il disgelo e… all’inizio ho pensato fosse una scelta strana per un salotto, un po’ eccentrica. Ma adesso capisco, e hyung aveva ragione, non è triste. Non è davvero triste come sembra.

– Disgelo? Credi sia questo che rappresenti? Quando si scioglie la neve?

– Si, credo sia l’unico modo per spiegarsi il titolo, altrimenti sarebbe stato solo, non so, “Inverno, immagino. O “Paesaggio innevato”. Ma secondo me l’artista stava cercando di mettere in risalto qualcos’altro e se immaginiamo che il momento di transizione sia rappresentato dal momento del disgelo, credo che il dettaglio del sole… beh era proprio il passaggio da uno stato all’altro su cui il pittore penso volesse attirare l’attenzione. E sotto questa luce riesco a rendermi conto perché Jin abbia scelto quel quadro dicendo che gli donava tranquillità. È il momento più bello, quello del disgelo. Più bello ancora della primavera stessa, quando ti trovi già davanti al fatto compiuto, la vita ritornata. Il disgelo è invece l’esatto momento in cui le cose tornano a vivere, disfacendosi finalmente del ghiaccio. Ciò a cui sei messo di fronte è la vita stessa in atto di liberarsi, dunque quando è nella sua forma più fragile, ma ha la volontà più forte. Vedi quella carica vitale pronta a scoppiare e sai che riuscirà a prevalere. Io… mi è tornato in mente perché io mi sento esattamente così in questo momento. Oggi è stato difficile, ho temuto in così tanti momenti di non avere la forza per continuare a lottare, per tenerti a me, per ritrovarti. E invece adesso… non mi sono mai sentito più felice di ora, quando mi sono accorto che tutto il ghiaccio che ho sempre avuto attorno si stava sciogliendo e ho sentito il mio respiro libero di nuovo – la voce gli si incrinò. Jimin ascoltava tutto immobile e in silenzio assoluto, combattendo contro le lacrime. Respirava piano, temendo che il suono del suo stesso respiro potesse spezzare la magia del momento e interrompere Yoongi, che si stava aprendo a lui in un modo che Jimin non avrebbe mai creduto possibile – Sei il mio disgelo Jimin. Non riesco a crederci, ma sono ancora vivo.

Yoongi piangeva adesso e Jimin con lui. Non sapeva cosa dire, quali parole usare dopo una dichiarazione del genere? Fece ciò che aveva spesso fatto con Yoongi, lasciò i gesti parlare per lui. Gli passò le mani sulle guance portando via le sue lacrime e poi lo baciò di nuovo e in quel bacio cercò di comunicargli tutto l’amore che provava per lui, sicuro che Yoongi lo avrebbe capito. Stretti così, l’uno tra le braccia dell’altro, tutte le angosce dell’ultimo periodo, tutto il dolore provato in quel mese infernale, svanirono di colpo. Leggeri e felici erano adesso lì, finalmente riuniti, finalmente insieme. Jimin sarebbe potuto rimanere così per sempre, a godere semplicemente del calore del corpo di Yoongi e delle labbra morbide del ragazzo sulle proprie. Si sentiva anche lui felice come non gli era mai successo prima e lacrime di gioia e desiderio presero a scorrergli giù ancora una volta dagli angoli dei suoi occhi chiusi. Amava Yoongi con tutto il suo cuore e la sua anima, ed era sicuro come era sicuro che domani il sole sarebbe sorto che non lo avrebbe mai più lasciato andare.

 

 

Note dell’autrice (2): Oooook. Ce l’ho fatta. Non so come spiegare adeguatamente la difficoltà che lo scrivere questo capitolo mi ha dato. È uno di quelli che ho in mente fin dall’inizio eppure quando poi mi sono messa a scriverlo… è stato incredibilmente complesso. Ho sudato ad ogni singola frase, penso di avere diciotto versioni diverse delle stesse scene nel mio computer. Forse perché non era semplice traghettare queste due anime dal punto in cui sono partite a quello di arrivo, forse per un altro milione di motivi che però non mi metterò a dirvi. Voglio lasciare il tutto completamente a voi, senza mettermi ad elencare tutti i punti che sono per me fonte di insicurezza. Dico solo che è stata dura pubblicarlo, anche perché è un capitolo, come si sarà potuto capire, fondamentale. Direi il punto più importante di tutti visto che siamo giunti al momento che attendevamo tutti con ansia, il chiarimento tra Jimin e Yoongi. Spero con questo i dubbi si siano dissolti: non sono una sadica! Ok la sofferenza, ma il lieto fine glielo diamo a questi bimbi che hanno dovuto fare tanti sforzi su loro stessi, crescere e uscire dal loro guscio. È giusto che lo abbiano, hanno fatto cavolate, ma le hanno pagate e hanno imparato. Si meritano la loro gioia, no? Lo so che ci sono ancora una cosetta o due da sistemare, come anche Yoongi stesso dice a Jimin. Immagino la prima persona che viene in mente a questo riguardo sia il piccolo Jungkook. Anche Hopi merita delle scuse ed in generale ci sono ancora un po’ di chiarimenti che vanno fatti, per cui il prossimo capitolo si occuperà di questo. Mi dispiace da morire dirlo, ma temo siamo in dirittura d’arrivo… Ma comunque parlerò meglio anche di questo nel prossimo paio di capitoli.

Come avevo accennato nelle note iniziali, il capitolo è lungo, ma come dividerlo? Credo che la narrazione del percorso affrontato dai nostri bimbi durante questo lungo pomeriggio fosse da lasciare ininterrotta, così che fosse più semplice immedesimarsi in tutto quello che hanno provato e vivere poi al meglio con loro il sollievo finale. E sì che ne hanno passate un bel po’ di emozioni, no? Dall’imbarazzo, alla paura, alla spensieratezza, la tensione, il sollievo… uuuh è stata faticosa. Lo è stato da morire anche per me, per cui spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia. Mi ha letteralmente prosciugato le energie.

Per oggi vi lascio. Grazie tantissimo come ogni volta di aver letto il capitolo e le note. Se avete un attimo fatemi sapere cosa ne avete pensato ♥ Ci vediamo la prossima settimana, baci,

Elle ~

PS: la vostra sanità mentale dopo venerdì è ancora intatta? La mia poco :P Applausi per noi reduci.

PPS: Mentre scrivevo il capitolo c’è stata una canzone che è partita e il cui testo sembrava piuttosto perfetto per quello che Jimin e Yoongi pensano prima di scoprire ciò che realmente l’uno prova per l’altro. Io stessa non la conoscevo e visto che mi è piaciuta molto e mi fatto pensare ai miei Yoonmin ve la lascio qui: “Bud” di Fenne Lily. Mi ha colpito l’adeguatezza del testo rispetto alla situazione pre-chiarimento di Jimin e Yoongi proprio mentre scrivevo di loro.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: _kookieo