Note
dell’autrice (1): piccolo
disclaimer inutile tanto per avvisare. Il
capitolo è nettamente più lungo rispetto ai
soliti. Avrei potuto spezzarlo come
di solito faccio, ma questa volta ho pensato che tutto quello che vi
è
descritto doveva essere lasciato insieme. Poi capirete il
perché. Mi scuso fin
da ora se vi toccherà usare un’ora per finirlo
>__< Ma forse alla fine
converrete con me che era la scelta più giusta da fare.
Buona lettura e ci
vediamo dopo sulle note finali ♥ Elle ~
CAPITOLO
XIV
Credevo
che la felicità
fosse
sempre domani,
e
poi domani e domani ancora
Forse
essa è qui.
Forse
essa è ora.
E
io ho guardato in qualsiasi altro luogo.
(Osho)
–
Ma di notte non vi
mette un po’ ansia?
–
Ancora mi ci devo
abituare – rispose Namjoon sottovoce a Jungkook.
–
Io lo trovo
interessante. Particolare, ma interessante – aggiunse una
voce più acuta.
–
Beh, di sicuro come
scelta lo è. Un po’ troppo però forse.
–
Kookie, guarda che
ti ho sentito. Anche a te, Kim Namjoon – disse Jin mentre
portava le ultime due
lattine di birra. Ognuno aveva già finito la propria durante
la cena, era tempo
di fare il secondo giro. Si mise a sedere sul divano tenendone una per
lui e
tendendo l’altra a Jimin, vicino a lui – Jiminie
è sempre il più dolce. Particolare,
ma interessante, esattamente. Ti sei guadagnato una torta tutta per te.
Tutti
riuniti in
sala, l’argomento di discussione era al momento il nuovo
quadro di Jin. Era la
prima volta da quando era stato appeso che i tre ragazzi più
giovani lo vedevano
e dunque aveva attratto la loro curiosità. A Jungkook, come
aveva
esplicitamente espresso, metteva un po’ di angoscia, mentre a
Jimin era
piaciuto. Taehyung anche sembrava averlo apprezzato, come si
sbrigò subito a
ribadire a Jin:
–
Hey, anche io ho
detto che mi piace! Appunto è particolare ed è un
qualcosa che forse la gran
parte delle persone non appenderebbe in casa, per cui ciò
rende la nostra sala
unica.
Jin
non poté
trattenere un sorriso all’utilizzo del
“nostra” da parte di Taehyung.
–
Vero, torta per
l’appartamento Kim/Park allora.
–
Se vi piace tanto,
possiamo regalarvelo, non fate complimenti.
Jin
fulminò Namjoon
con lo sguardo.
–
Jinnie, potevi
degnarti almeno di farmelo vedere prima però!
–
Joonie, l’ho fatto!
–
Mi hai solo
sbattuto davanti lo schermo del telefono per mezzo secondo dicendomi di
aver
comprato un quadro, ma senza darmi nemmeno il tempo di guardare
l’immagine, tra
l’altro minuscola, di ciò che vi era dipinto.
Jin
alzò gli occhi al
cielo, ridacchiando e diventando rosso, sapendo che il ragazzo stava
dicendo la
verità. Namjoon si trovava seduto al lato estremo destro del
divano, vicino a
Yoongi. Di fianco a Yoongi aveva preso posto Jimin, alla cui sinistra
c’erano
poi Jin e Hoseok. Nel divano sarebbe entrata anche una sesta persona ma
Taehyung aveva deciso di mettersi per terra vicino a Jungkook, ai piedi
di
Namjoon. Arrivato per ultimo al divano il ragazzo era stato costretto a
mettersi per terra e Taehyung aveva preferito condividere quella sorte
con lui.
In origine si trovava tra Jin e Hoseok e sapeva che comunque non era
quello il
posto che Jungkook avrebbe voluto. Non gli era sfuggito il modo in cui
il più
piccolo si era accorto che non c’era posto per lui vicino a
Jimin. Taehyung era
sicuro che si sarebbe fiondato lì e dunque aveva avuto modo
di notare la lieve
delusione che si dipinse sul suo viso quando vide Jimin seduto
comodamente
vicino a Yoongi. Non che Jungkook si aspettasse che il ragazzo gli
tenesse il
posto vicino a lui, però… forse sì, se
lo aspettava. La loro relazione si era
evoluta in modo tale che non era d’altronde del tutto
illogico pensare una cosa
simile. Nel corso delle ultime due settimane Jimin era uscito con lui
praticamente tutti i giorni, assecondandolo in qualsiasi cosa avesse
proposto.
Una volta erano andati al cinema, un’altra a mangiare in un
luogo particolare
di cui Jungkook aveva sentito parlare, un’altra volta ancora
erano andati a
fare un giro in una fumetteria che piaceva tanto a Jimin e Jungkook gli
aveva
anche comprato un peluche. Si erano visti anche il pomeriggio del
mercoledì in
cui Yoongi era tornato. Jungkook aveva portato Jimin in una zona un
po’ fuori
mano, con cui erano dovuti arrivare in treno, dove davano una mostra
che
credeva sarebbe potuta piacergli. Così era stato ed avevano
passato un bel
pomeriggio insieme anche se, ancora una volta, Jungkook non era
riuscito a
farsi avanti in modo esplicito. E ormai aveva capito che sarebbe
toccato a lui
fare il primo passo. A Jimin piaceva la sua compagnia, ma non aveva mai
cercato
di mettere fine a quel pochissimo spazio di distanza che adesso li
separava.
Quel piccolo spazio che segnava il confine tra l’essere amici
e essere qualcosa
di più. Jungkook aveva pensato mille volte di provare a
prendergli la mano o
compiere qualche gesto che potesse avvicinarli e magari anche
permettergli di
dargli un leggero bacio. Ma la sua timidezza era sempre lì e
non riuscendo ad
agire d’impulso ogni volta che si metteva a riflettere
sull’efficacia di azioni
del genere puntualmente giungeva alla conclusione che fosse pari a
zero.
Sarebbe stato orribile ad esempio afferrare la mano Jimin
all’improvviso solo
per vederlo ritrarla alla svelta. No, non poteva coglierlo di sorpresa,
doveva
prepararsi un buon discorso e dirgli tutto con calma. Nessuna decisione
affrettata o istintiva lo avrebbe aiutato. Era però stato
felice quando, mentre
erano sul treno per tornare a casa, poco prima dell’ora di
cena, aveva sentito
a un certo punto la testa di Jimin appoggiarglisi sulla spalla e farsi
progressivamente più pesante. All’inizio Jungkook
si era irrigidito, non
sapendo cosa fosse più giusto fare, se muoversi o rimanere
immobile, ma quando
aveva iniziato a sentire il respiro regolare del ragazzo aveva compreso
che gli
si era addormentato addosso. Pensò fosse normale, quella
sonnolenza, visto
quanto poco e male Jimin dormiva la notte. Piano piano, cercando di
essere
delicato per non svegliarlo, gli aveva fatto passare un braccio dietro
la
schiena, per metterselo un po’ di più contro il
petto e farlo stare più comodo.
Jimin, rimanendo addormentato, si era sistemato meglio e lui lo aveva
quindi
stretto di più a sé. Di nuovo, aveva avuto voglia
di compiere tanti gesti per
cui forse un’altra persona più audace di lui non
si sarebbe fatta problemi,
soprattutto visto che Jimin dormiva profondamente. Lui però
era innanzitutto
terrorizzato dall’idea che l’altro svegliandosi se
ne accorgesse e si
innervosisse, e poi non credeva fosse giusto. Jimin non era ancora il
suo
ragazzo e lui non si sentiva in diritto di fare tutto ciò
che avrebbe voluto.
Come toccare i suoi capelli corvini, accarezzargli piano una guancia,
prendergli una mano e tenerla nella sua, le loro dita intrecciate fino
a
destinazione. Lo aveva solamente tenuto stretto, sereno nel vedere
Jimin così
tranquillo con lui e pregando che il suo amore potesse essere
sufficiente a
ridonargli la serenità. Riguardo al problema di Jimin,
Taehyung non aveva
ottenuto molte più informazioni di quante già non
ne avessero in precedenza.
Gli aveva riferito di aver parlato con Jimin e che il ragazzo aveva
detto di
non sapere effettivamente il perché degli incubi e che aveva
promesso di
prendere provvedimenti nel caso in cui fossero continuati. A questo
punto
Jungkook aveva dunque pensato che la cosa migliore fosse aspettare e
vedere
come si evolveva la situazione. Non dubitava della sincerità
di Jimin e dunque
immaginava che prima o poi anche questo periodo sarebbe passato, come
tanti
altri periodi brutti nella vita. Quel venerdì sera, quando
era rientrato dal
supermercato con Taehyung, aveva trovato Jimin già
indaffarato insieme a Jin
per i preparativi della cena, mentre Namjoon e Hoseok erano sul divano
insieme
a Yoongi. Mentre era in cucina per dare una mano, aveva avuto modo di
vedere
qualcosa di diverso in Jimin. Sembrava più rilassato,
più sereno. Ogni tanto
gli lanciava un’occhiata di nascosto, come faceva spesso, e
si accorgeva che,
mentre tagliava le verdure, si era fermato con il coltello a
mezz’aria, lo
sguardo fisso e un sorriso sulle labbra. Anche durante la cena era
stato più
rumoroso, ridendo di più e facendo più chiasso.
L’atmosfera stessa sembrava più
tranquilla rispetto all’inizio della serata. Tutti erano
intorno al tavolo,
chiacchieravano e si divertivano e sembravano comportarsi in modo
diverso da
quanto avevano fatto prima. Jungkook aveva notato che la tensione che
si era
percepita nell’ultimo periodo era sparita, forse anche per
via del fatto che
l’umore nero di Yoongi sembrava essersi dileguato. Prima era
rimasto sul suo
divano senza parlare con nessuno o quasi, mentre adesso partecipava
alla
conversazione e faceva addirittura battute ogni tanto e anche gli altri
ragazzi
apparivano ora più allegri e chiassosi. Tutto ciò
sarebbe andato benissimo a
Jungkook, se solo non avesse sentito a un certo punto una conversazione
tra
Jimin e Yoongi che gli aveva provocato una certa apprensione. Era
accaduto
mentre si trovavano in cucina poco prima di cena. Jimin stava lavando
alcune
verdure nel lavandino mentre lui era sul bancone vicino a lui a
tagliare la
carne. A un certo punto Yoongi era entrato e si era portato vicino a
Jimin per
prendere un bicchiere d’acqua. Dopo aver finito di bere lo
aveva scosso apposta
davanti al viso del ragazzo per fargli arrivare delle gocce in viso, al
che
Jimin aveva chiuso gli occhi e arricciato il naso tirandosi leggermente
indietro e ridendo. “Quel pomeriggio salta se continui a
trattarmi male,
hyung!” aveva detto scherzando e Yoongi aveva risposto
portando le braccia ai
fianchi: “Chi ti ha insegnato a parlare così?
Porta più rispetto!”. Jimin era
diventato leggermente rosso e aveva ripreso a pulire le sue verdure,
ridacchiando e dicendo “Ho seguito i consigli di un uccellino
che mi ha detto
di farmi rispettare”. Yoongi se ne era andato scuotendo la
testa e affermando
deciso “Il pomeriggio si fa”. Ovviamente, Jungkook
non aveva potuto fare a meno
di chiedersi di cosa stessero parlando e soprattutto a quale pomeriggio
facessero
riferimento. Dovevano incontrarsi? Jungkook sapeva che Jimin e Yoongi
erano
soliti da anni passare pomeriggi insieme, e quando vi aveva riflettuto
in
passato era sempre arrivato alla conclusione che non ci fosse nulla di
cui
preoccuparsi. Si era già interrogato sul come fare i conti
con le persone nella
vita di Jimin e per quanto riguardava Yoongi sapeva che il ragazzo era
una
presenza, su questo non c’erano dubbi, ma non vi aveva mai
visto i presupposti
di una possibile minaccia. Adesso che però aveva iniziato a
frequentare Jimin
più spesso e si stava abituando all’idea che tra
loro le cose potessero
effettivamente andare nella direzione da lui sperata, l’idea
che Jimin
condividesse con Yoongi qualcosa che a lui era sconosciuto sembrava
stargli dando
molti più problemi di quanto avesse pensato. Una piccola
fitta dolorosa lo
aveva punto in pieno petto e lui aveva capito di essere geloso. Avrebbe
però
dovuto imparare a gestire questo sentimento, aveva pensato, Jimin non
poteva
trascorrere il tempo solo con lui. L’importante era che fosse
felice e se i
pomeriggi con Yoongi lo facevano stare bene lui non si sarebbe opposto.
In
effetti finalmente lo vedeva più tranquillo di quanto non lo
avesse visto da
settimane e se il merito era anche di Yoongi non aveva nulla in
contrario al
fatto che il loro hyung partecipasse al benessere di Jimin. Si era
detto così,
mentre tagliava a pezzettini con le forbici la carne, ma ovviamente non
era
nemmeno riuscito ad ignorare del tutto il senso di inquietudine che lo
aveva
colto. Ora che erano tutti riuniti attorno al divano, questa sensazione
si era
ripresentata e Jungkook non poté far altro che essere grato
a Taehyung per non
averlo lasciato da solo per terra.
–
La sala comunque sembra
quasi nuova grazie a questo quadro – disse Jimin –
e meno spoglia. Ora che
avete tolto le decorazioni natalizie mi devo un attimo riabituare a
tutto
questo spazio vuoto.
–
A proposito di
rinnovamenti – intervenne Jungkook – come stanno
andando i lavori da voi?
Avrete finalmente una cucina vivibile e non a rischio ibernazione?
–
Credo di sì, gli
operai hanno finito oggi – alzò gli occhi al cielo
– dovresti vedere che
disordine hanno lascia-
L’urlo
di Taehyung interruppe
Jimin e fece sobbalzare tutti. Aveva gli occhi spalancati e stava
guardando
Jimin con aria colpevole:
–
Jiminie! Ho
scordato che volevamo ripitturare le pareti!
–
Che pareti? –
chiese Hoseok.
Jimin
rimase un
attimo interdetto, non capendo perché una semplice
dimenticanza, tra l’altro
piuttosto frequente in Taehyung, lo avesse sconvolto così
tanto:
–
Abbiamo deciso di
approfittare del disordine e ridipingere domenica la cucina
perché è tanto che
volevamo farlo. Tae, non fa niente se lo avevi scordato, te lo avrei
ricordato
io domani, qual è il problema?
–
Ah, domenica
avreste dovuto…? – fu la domanda di Jungkook a
Taehyung – Non fa niente allora,
non ti pre-
–
No! No, no, Kookie,
aspetta un attimo. Jiminie – disse poi rivolgendosi
all’amico – scusami
tantissimo, lo avevo del tutto scordato. Io e Kookie…
avremmo deciso di andare
in campagna per fare delle foto per il nostro progetto questa domenica.
–
Taehyungie, ma
scusa! Ci eravamo già accordati!
–
Lo so, ma-
–
Non dobbiamo per
forza andare Tae – Jungkook cercò di rimediare e
giustificare l’amico – mi è
venuto in mente prima all’improvviso Jiminie, non lo avrei
nemmeno proposto se
avessi sap-
–
No, dobbiamo andare
invece. È come hai detto tu, quando ci ricapita la neve con
il sole? E il
progetto è vicinissimo, non abbiamo più molto
tempo da perdere. Jiminie, ti dispiace
tanto se rimandiamo io e te?
Jimin
sembrava
effettivamente esserci rimasto male. È vero che aveva
proposto quell’attività
come distrazione dall’incognita del ritorno di Yoongi, e da
questo punto di
vista urgenza non c’era più. Yoongi gli aveva
detto che sarebbe rimasto, e
Jimin gli credeva completamente. D’altro lato però
ci teneva davvero a fare
qualcosa con l’amico e il fatto che si fosse del tutto
scordato dei loro
accordi lo aveva leggermente offeso.
–
Taehyungie, le
lezioni si stanno facendo più intense e non lo so se
troverò un altro momento.
Questa domenica sarebbe stata perfetta perché tanto dovevamo
comunque ripulire
tutto. C’è un disordine incredibile in cucina
– disse per spiegare meglio agli
altri – e io non penso di trovare un pomeriggio da dedicarle
la prossima
settimana.
Taehyung
si morse il
labbro, incerto su cosa dire. Jungkook aprì la bocca per
cercare di convincere
Taehyung ad annullare il loro piano, ma venne anticipato da
un’altra voce.
–
Posso venire io ad
aiutarti a pulire – disse Yoongi. Sei paia di occhi sconvolti
si posarono in
contemporanea su di lui. Ne sentì il peso, ma
continuò, il cuore veloce nel
petto e la voce ferma – Se è troppo per farlo da
solo, posso venire io. E posso
aiutarti a pitturare – rifletté un attimo su
ciò che aveva detto e sentendosi
le orecchie calde si corresse – Cioè, quella
è una cosa che volevi fare con
Taehyungie, scusami, questo possiamo lasciar stare. Ma posso aiutarti a
riordinare e preparare tutta la stanza per la verniciatura.
Su
Jimin si mossero
ora solo cinque paia di occhi, perchè Yoongi continuava a
guardare fisso
davanti a sé. Non poteva crederci nemmeno lui. Che cosa mi è saltato in mente di fare?
Come aveva potuto fare una
proposta del genere dal nulla, così insensata,
così priva di logica? Aveva
visto Jimin dispiaciuto ed aveva provato una voglia enorme di fare
qualcosa e
aveva dunque fatto un enorme sforzo su sé stesso per
lasciare scorrere le
parole nel momento in cui le aveva pensate, senza mettersi a filtrarle
e
bloccarle con il raziocinio. Ora però stava sudando e lo
stomaco gli si era
contratto. Se il ragazzo non avesse risposto entro cinque secondi
giurò a sé
stesso che sarebbe fuggito via di corsa in camera e fatta la valigia
avrebbe
afferrato il primo volo per l’altra parte del mondo.
–
Va bene – Jimin era
stupito, ma cercò di non darlo a vedere. Disse quelle due
paroline di fretta,
nel terrore che Yoongi si rimangiasse la sua proposta e solo dopo
averle
pronunciate si rese conto davvero di ciò che era appena
successo. Aveva
accettato che Yoongi si presentasse a casa sua domenica. Si sarebbero
trovati
un intero pomeriggio da soli. Il pensiero rendeva Jimin allo stesso
tempo
emozionato e terrorizzato. Era contento, ma avrebbe anche voluto
prendersi a
schiaffi. Non avrei dovuto accettare. Non
possiamo comportarci come prima, hyung. Non posso stare vicino a te
così a
lungo, non così presto. Sarebbe dovuto essere
più cauto. Quando aveva deciso
di lasciare la porta aperta per Yoongi lo aveva fatto convinto che il
ragazzo
non gli avrebbe comunque mai più dato lo spazio che aveva
prima. Credeva si
sarebbe dovuto accontentare di poco. Invece adesso Yoongi si stava
offrendo di
attraversare mezza Seul solamente per andare ad aiutarlo a mettere a
posto la
sua cucina e di trascorrere un’intera domenica solo con lui.
Era più di quanto
Jimin avesse messo in conto e adesso era dunque spaventato. Questa
vicinanza
poteva rivelarsi più dolorosa del previsto, ma
d’altra parte lui non riusciva a
dirle di no. Aveva voglia di trascorrere del tempo insieme a Yoongi e
si era
buttato a capofitto in quella situazione pur sapendo quanto avrebbe
bruciato,
la sera, il vederlo andare via e non poterlo tenere per sé.
Ma ormai era fatta.
I nuovi accordi furono presi, Taehyung e Jungkook sarebbero andati
presto in
missione nelle campagne attorno alla casa di Jin, mentre Yoongi sarebbe
andato
subito dopo pranzo a casa di Jimin per dargli una mano con le pulizie
della sua
cucina.
22
gennaio 2017
Ci
sono volte nella vita
in cui capita di ritrovarsi ad affrontare situazioni come se queste non
fossero
reali, come se fosse un sogno il fatto che esse siano arrivate sul
nostro
cammino e davanti alla cui occorrenza ci sentiamo ancora più
sbigottiti quando
ci rendiamo conto di essere stati proprio noi a provocarle. Era questo
il modo
in cui Yoongi si sentiva in quella limpida domenica di gennaio.
Nonostante
avesse avuto del tempo per abituarsi all’idea, continuava a
chiedersi e
richiedersi come fosse giunto fin lì. Su quella strada
bianca che scricchiolava
sotto i suoi piedi, sotto quel cielo terso e quell’arietta
fredda, davanti a
quel portone che lo metteva in soggezione. Era il portone della casa di
Jimin e
Taehyung, e lui stava per entrarvi dentro, salire fino
all’appartamento e fare
irruzione nella domenica pomeriggio di Jimin come se fosse la cosa
più naturale
del mondo. Come se la presenza di Jimin fosse per lui semplice da
sopportare.
Come se non avesse capito di amarlo. Come se non avesse mai sentito le
labbra
del ragazzo pronunciare però un nome differente dal proprio.
Ed era infatti come
se nulla di tutto ciò fosse successo che Yoongi si era
proposto davanti agli
sguardi esterrefatti di tutti i suoi amici di uscire di casa, con il
freddo e
con la neve, dopo pranzo – rinunciando anche al suo riposino
pomeridiano – per
andare dall’altra parte della città ad aiutare
Jimin con un qualcosa che non
solo avrebbe potuto benissimo fare da solo, ma che, sebbene con un
po’ di
fastidio, avrebbe comunque potuto rimandare. Eccolo lì
dunque, adesso, fare un
passo dopo l’altro marciando dritto verso le sue paure, le
sue ansie, e
lasciando indietro il vecchio sé stesso. Perché
di questo doveva trattarsi, questa
persona che si stava muovendo ora verso l’ascensore e premeva
il bottone del
giusto piano. Un Min Yoongi sconosciuto, una nuova versione nata dal
nulla, o
che forse era stata sempre lì, ma non aveva mai trovato
abbastanza ossigeno per
nascere. Yoongi si chiese quale delle due ipotesi fosse corretta, se
quella
della creazione o della gestazione. Pensò che non aveva
molto senso saperlo non
appena vide il viso di Jimin venire progressivamente scoperto dalla
porta che
si apriva. Quali che fossero i motivi per cui aveva agito
così, restava il
fatto che adesso era lì, di fronte al ragazzo che amava, e
solo questo contava.
–
Ciao hyung – disse
Jimin con un sorriso, ma tradendo un leggero imbarazzo –
vieni dentro – Yoongi
entrò e Jimin chiuse la porta – mi spiace averti
fatto uscire con questo
freddo.
Yoongi,
mani nelle
tasche, lo guardò e basta, sbattendo un paio di volte le
palpebre. Jimin capì e
ridacchiò – L’ho fatto di nuovo.
–
Esatto – rispose
Yoongi iniziando finalmente a togliersi il cappotto e lo zainetto
– ti ho detto
io che potevo venire, non serve scusarsi.
Sentì
Jimin andargli più
vicino e fece del suo meglio per non irrigidirsi troppo quando lo vide
allungare le mani verso di lui per prendergli lo zaino e aiutarlo con
il
cappotto. Glielo passò cercando di apparire naturale e
cercò di non sobbalzare
quando sentì il delicato tocco delle mani calde di Jimin
sulle sue ben più
fredde. Il contatto durò solo un battito di ciglia e il
ragazzo più piccolo
piegò poi il giaccone su un braccio e gli disse di
accomodarsi intanto in
cucina.
–
È ovviamente un disastro
come potrai immaginare – avvisò prima di andare
nella propria camera per posare
il tutto. La cucina era effettivamente in condizioni poco felici. Il
tavolo e
il divano erano stati spostati per far spazio ai lavori e
c’era tantissima
polvere bianca per terra. In realtà, la polvere era un
po’ ovunque, anche
addirittura sopra il bancone della cucina, su cui tra l’altro
erano rimasti
accatastati diversi piatti. Una pila di giornali giaceva in un angolo,
una
busta di rifiuti in un altro. Ancora i pezzi del vecchio termosifone
non erano
stati portati via e bisognava dunque spostarli da qualche altra parte,
visto
che adesso giacevano nel mezzo della stanza. Sotto il tavolo, Yoongi
vide due
secchi di tintura. Vi si accucciò, piegato sulle ginocchia
così ci stava
perfettamente, e girò i secchi: il quadratino sul davanti
indicava la presenza
all’interno di un liquido arancione pallido.
–
Hyung? Che fai lì
sotto? – esclamò Jimin sorpreso.
–
Avete scelto un
buon colore.
–
Ah sì, sono andato
a comprare la tintura ieri. Abbiamo sempre voluto avere delle pareti
così.
Yoongi
si rialzò e
sgrullò via con le mani dai jeans neri la polvere bianca che
gli era rimasta
attaccata quando aveva gattonato per uscire dal ventre del tavolo.
Senza troppe
parole, i due ragazzi iniziarono ad occuparsi di mettere a posto la
stanza.
Yoongi si sentiva strano e Jimin ancora di più. Entrambi non
sapevano cosa fare
di quel tempo che gli era stato concesso. Lo vedevano come un dono
inaspettato,
gradito, ma difficile da accettare. Le domande che avevano affollato i
pensieri
di Yoongi lungo il tragitto erano molto simili a quelle che avevano
tormentato
Jimin per tutta la mattina. Come era accaduto tutto ciò?
Fino a solo quattro
giorni prima credeva di aver perso Yoongi per sempre. Non lo vedeva
né sentiva
la sua voce da settimane, non aveva nemmeno idea di quando avrebbe
fatto
ritorno a Seul e per quello che Jimin ne sapeva sarebbe potuto anche
andare via
per sempre. Adesso invece si trovava addirittura da solo con lui in
casa
propria, a darsi alle faccende di casa esattamente come se fosse il suo
coinquilino e migliore amico. La circostanza era sicuramente singolare.
Allo
stesso modo di Yoongi, anche Jimin era però ben presto
giunto alla conclusione
che l’unica cosa rimasta da fare a quel punto fosse
concentrarsi non su ciò che
aveva portato a questo momento, ma piuttosto sul momento stesso. E
questo
momento era importante. Era da solo con Yoongi, come aveva desiderato
di essere
da giorni e giorni ormai. Aveva finalmente l’occasione di
verificare se
avrebbero potuto funzionare, insieme in questo modo. Difficile a dirsi.
Per il
momento, i due ragazzi non stavano parlando molto. Yoongi non sapeva
come fare
conversazione mentre Jimin si sentiva troppo timoroso per parlare con
disinvoltura. Tranne per scambiarsi informazioni
sull’attività che stavano
svolgendo – “dove lo metto questo?”
“aiutami a spostare” – e le occasionali
domande di circostanza – “come stanno gli
hyung?” “lunedì riprendi a
lavorare?”
– i due ragazzi non si dissero molto altro. Fu solo quando
Jimin rientrò in
cucina dopo essere andato a prendere la scopa e inciampò
inspiegabilmente sul
bastone troppo lungo che gli arrivava ai piedi che
l’atmosfera si rilassò
leggermente per pochi minuti. Yoongi scoppiò a ridere forte,
mentre Jimin
rimase disteso per terra supino scuotendo la pancia per le risate anche
lui,
lamentandosi del dolore. Vide le scarpe di Yoongi avvicinarsi e subito
dopo il
ragazzo piegarsi sulle ginocchia.
–
Stai bene? – gli
chiese con voce morbida continuando a ridere e poggiandogli una mano
sulla spalla.
Il calore della mano di Yoongi si propagò attraverso il
tessuto della maglia
nera di Jimin e giunse dritto alla sua pelle, che segnalò il
proprio stupore
attraverso una scarica di piccole scosse elettriche che gli si
propagarono nel
corpo. Si alzò a sedere piano, Yoongi continuava a tenere la
sua mano su di
lui, come se vi fosse incollata.
–
S-si, sto bene.
–
Hai fatto un bel
ruzzolone – Le sue labbra, striscioline color fragola su
sfondo imbiancato,
erano ancora dispiegate in un mezzo sorriso. Era così vicino
adesso. Fece
scorrere la mano lungo il braccio di Jimin e quando fu
all’altezza del polso lo
tirò aiutandolo a rimettersi in piedi e alzandosi a sua
volta. Le sue dita esitarono
vicino alla sua mano, come se non volessero lasciarlo andare, e Jimin
dovette
fare appello a tutte le forze per lottare contro l’istinto di
avvicinarglisi
ancora di più. Doveva ricordarsi che Yoongi adesso stava
insieme ad Hoseok, al
cui lui era legato da un legame di amicizia che non poteva
compromettere
lasciandosi andare a mosse istintive ed azzardate. Si
allontanò da Yoongi con
un piccolo scatto, facendo due passi indietro e interrompendo il
contatto tra
le loro pelli senza che l’altro opponesse resistenza.
Balbettò un grazie e si
girò per riprendere la scopa da terra prima che il
più grande avesse modo di
accorgersi del rossore sulle sue guance.
–
Rimettiamoci a
lavoro.
Yoongi
sentì Jimin
rivolgergli queste parole e fece un cenno d’assenso con la
testa, ma mentre il
ragazzo si avviava dall’altro lato della cucina e iniziava a
accumulare la
polvere in piccoli mucchietti bianchi e grigi, lui rimase qualche
secondo
immobile. Quando si era accucciato vicino a Jimin gli aveva preso la
spalla
senza quasi pensarci, movimento istintivo vedendo l’amico per
terra. Ma il
discendere fino alla mano, prendergli il polso… quella era
stata una scelta
deliberata. Di nuovo, ebbe la sensazione di essere estraneo a
sé stesso. Che
cosa stava facendo? Il modo in cui Jimin si era allontanato da lui lo
aveva
fatto sentire un idiota. Si stava comprendo di ridicolo,
perché diamine si era
cacciato in una situazione del genere? Qual era il senso di torturarsi
così?
Contemplò per un momento l’idea di inventarsi una
scusa e andarsene di lì,
prima di fare qualcos’altro di ben peggiore che potesse
comprometterlo. Uscendo
di malavoglia da queste riflessioni si girò e
andò incontro a Jimin. Voleva
andarsene, ma voleva anche restare. Non riuscendo a trovare una
soluzione pensò
che l’unico modo per cercare di tenersi a galla fosse
semplicemente lasciarsi
spingere dalla corrente senza preoccuparsi di dove conducesse. Era
venuto per
aiutare Jimin, e dunque avrebbe aiutato Jimin, tenendosi
così tenuto occupato
in queste attività manuali nella speranza che lo
traghettassero in modo sicuro
alla fine del pomeriggio.
–
Cosa devo fare?
Jimin
gli dette
istruzioni sul come pulire il bancone e Yoongi le seguì
fedelmente. Mentre
bagnava la spugnetta sotto il getto dell’acqua del rubinetto,
si chiese perché non
riuscisse a capire che cosa stesse succedendo, perché ogni
più piccolo dettaglio
gli apparisse insolito. Cos’è
che non sta
funzionando? Perché
siamo così? Quando
la sera del venerdì erano rimasti soli in casa non aveva
avvertito la stessa
pressione che stava sentendo invece in questo momento. Però
a ben pensarci,
quella era una situazione differente. Ciò che era prevalso
in quel momento era
stato il sollievo di essere riuscito a riavvicinarsi a Jimin, non
c’era stato
modo di pensare ad altro. Inoltre si trovavano in un contesto
conosciuto, erano
sì soli, ma in fondo non del tutto ed in effetti, ora che
Yoongi ci rifletteva
bene, dopo quell’iniziale conversazione non si erano
più parlati molto fintanto
che non c’era stato nessun altro in casa. Quasi per nulla. Si
erano iniziati a
sentire più rilassati solo quando gli altri erano arrivati.
Quello che stava
avvenendo oggi… era diverso da tutto il resto. Non era
assolutamente simile a
nient’altro avessero mai sperimentato prima perché
erano loro ad essere
diversi, e Yoongi se ne rendeva conto. Jimin non era quello di sempre,
lo
percepiva, e era sicuro avesse qualcosa a che fare con il modo con cui
lo aveva
trattato nell’ultimo periodo. Non aveva ancora chiesto al
ragazzo come si fosse
sentito, ma avrebbe voluto. Jimin era sempre così insicuro
che più Yoongi ci
pensava più si rendeva conto di quanto avesse sbagliato a
prendere ed andarsene
ignorandolo. Non si sarebbe sorpreso se il comportamento un
po’ teso del
ragazzo fosse dovuto a questo. Lui invece, da parte sua, sapeva
perfettamente
il motivo per cui tutto quello che stava vivendo in quel momento avesse
sfumature nuove. Non era più in presenza semplicemente di un
amico, ma del
ragazzo che amava. Avrebbe voluto prenderlo da una parte e
rassicurarlo, dirgli
che se si era allontanato non era stato per mancanza di interesse, ma
solo per
troppo amore e che se lui voleva gli sarebbe rimasto vicino per sempre,
nella
veste di ciò che lui preferiva. Non erano però
queste dichiarazioni che potesse
fare. L’unica cosa che poteva fare era cercare di far parlare
le sue azioni.
Stare vicino a Jimin si stava rivelando difficile, più
difficile di quanto
avesse creduto, ma mentre passava il piccolo pannetto ruvido sotto il
rubinetto
e sentiva il tessuto ammorbidirsi e farsi più flaccido tra
le sue mani si disse
anche che non poteva mollare ora. Non sarebbe tornato sui suoi passi e
avrebbe
onorato la sua, silenziosa, promessa. Accogliere Jimin. Farlo sentire
voluto.
Fargli capire che lui c’era, di fianco lui, e non se ne
sarebbe andato di
nuovo.
I
pensieri di Jimin
non erano poi così differenti da quelli di Yoongi. Ancora
una volta i due
ragazzi stavano vivendo le stesse emozioni, ma senza renderne partecipe
l’altro. Anche lui si era reso conto della
difficoltà che stava avendo quel
pomeriggio a stare intorno a Yoongi e gli stessi dubbi che gli si erano
affacciati alla mente il venerdì sera sul divano, ma il cui
volume era riuscito
ad abbassare, stavano tornando ben più rumorosi. Non
riusciva davvero a vedere
nel futuro, neppure a fare un’ipotesi. Non aveva idea di cosa
sarebbe potuto
accadere tra loro due. Voleva rimanere di fianco al ragazzo, fintanto
che
Yoongi glielo avesse permesso, ma così non sembrava davvero
funzionare. Si
sentiva impacciato e si convinse presto che la sua inadeguatezza ad
affrontare
la situazione stesse contagiando anche Yoongi. Visto ciò che
era accaduto, si
era aspettato un po’ di imbarazzo iniziale, ma non aveva
previsto che poi non
appena l’atmosfera fosse stata per rilassarsi lui avrebbe
rovinato di nuovo
tutto trattando Yoongi con una freddezza che non meritava solo
perché non
poteva farglisi troppo vicino. Dipendeva tutto da lui, ne era sicuro,
da quanto
normalmente si sarebbe comportato, ma era complicato.
Un’improvvisa paura che
questa fosse l’ultima volta in cui avrebbero condiviso lo
stesso spazio e lo
stesso tempo da soli si impossessò all’improvviso
di lui. Il panico che facesse
un casino immenso e allontanasse Yoongi da sé con le sue
stesse mani.
–
Hyung?
–
Mmh?
–
Ti andrebbe di
aiutarmi a dipingere una parete?
Yoongi
aggrottò
appena le sopracciglia e si voltò:
–
Ma… credevo volessi
farlo con Taehyung?
–
Sono tre pareti. Se
ne facciamo una sola non se la prenderà. Davvero –
Jimin parlò piano, con tono
delicato e concluse la frase con un sorriso dolce appoggiandosi al
bastone
della scopa. Per qualche motivo, messo di fronte
all’eventualità che un momento
come questo non si sarebbe mai più ripresentato, aveva
sentito la voglia di allungare
quel pomeriggio, dare a Yoongi una scusa per rimanere di
più. Soprattutto, dare
a sé stesso un’occasione per rimediare. Ma non
voleva obbligare il ragazzo:
–
Solo se ti va,
ovviamente – disse poi serio.
Yoongi
sembrò
rimanere perplesso per un paio di secondi, poi batté due
volte le palpebre e
rispose:
–
Si, certo che mi
va.
Così
si ritrovarono,
dieci minuti dopo, a sistemare fogli di giornale ai piedi della parete
prescelta. Jimin si divertì e gli sembrò lo
stesso fosse per Yoongi. Amò ogni
momento trascorso con lui. Quando sistemarono carponi sul pavimento i
fogli di
giornale. Quando Yoongi scoppiò a ridere di fronte alla
fatica di Jimin nel
forzare il coperchio sigillato del bidone di tempera, aiutandolo a
tenerlo così
che nulla si rovesciasse per terra. Mentre discutevano su chi dei due
fosse più
grande di statura e dunque dovesse assumersi il compito di reggere la
scala per
l’altro che ci sarebbe salito. Quando finalmente Yoongi
– il vincitore della
discussione – si decise a concedergli il suo posto a terra e
lo fece scendere
dalla scala, occupandosi lui di dipingere l’altra
metà superiore della parete.
Quando poi fu il momento di pitturare là dove entrambi,
nelle loro piccole
altezze, potevano arrivare. La scala fu dunque messa via ed entrambi si
armarono di pennelli. Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo
impiegarono
a compiere quel lavoro, ma il punto era che il tempo non importava. Per
l’ennesima volta, entrambi stavano provando la stessa cosa.
Quel momento sembrava
sia a Jimin che Yoongi talmente magico che nessuno dei due riusciva ad
allontanare da sé la sensazione che non si sarebbe ripetuto
mai più. Per cui
avevano entrambi deciso di coglierlo e, proprio come avevano fatto il
venerdì
precedente, accantonarono temporaneamente tutto ciò che non
apparteneva al momento
presente, unico obiettivo quello di farsi compagnia. Guardando Yoongi
imprecare
nell’accorgersi di dover riprendere la scala per via di un
punto rimasto bianco
a cui non riusciva ad arrivare, Jimin rise con gli occhi lucidi. Stava
diventando troppo semplice immaginare che non ci fossero più
barriere,
tensioni, paure a separarli. Che una vita in cui Yoongi appartenesse
completamente al proprio mondo potesse esistere. Perché di
questo aveva voglia
Jimin e se ne rese conto proprio in quel momento, realizzando anche
perché
fosse stato così felice del fatto che Yoongi avesse
accettato di aiutarlo in
un’attività così semplice, ordinaria,
domestica. Si
rese conto di voler davvero entrare nel mondo di Yoongi in modo
completo,
riempiendo ogni fessura e arrivando in ogni angolo e il cuore gli si
strinse a
questo pensiero perché sapeva che non sarebbe mai stato
possibile. Di nuovo
l’angoscia del futuro, la sensazione che i loro giorni
insieme fossero finiti.
Se lo era detto, stargli vicino gli avrebbe fatto male come non mai, ma
la
sofferenza sarebbe comunque stata minore rispetto al non averlo. Eppure
iniziava a dubitarne. Non sapeva se sarebbe stato capace di continuare
così, ad
averlo a sprazzi, passare con lui due ore per poi vederlo andare via,
da
qualcun altro, senza sentire l’impulso di scoppiare in
lacrime, prendergli la
mano e implorarlo di non lasciarlo. Di condividere con lui anche la
sera e la
notte e la mattina. Di permettergli di rimboccargli le coperte e
portargli la
colazione. Di riempirgli le giornate con la sua presenza, anche quando
era
silenziosa, anche quando era discreta. Era difficile pensare di
portarsi tutto
questo nel cuore ogni giorno senza prima o poi scoppiare. Volle
però allontanarsi
subito da questi pensieri. Le cose stavano andando bene proprio
perché li aveva
accantonati e non voleva rovinare tutto. Si avvicinò a
Yoongi per aiutarlo mentre
saliva di nuovo sulla scala e prese a ridere della sua altezza
finché non sentì
qualcosa di molle e umido sui capelli. Spalancò gli occhi e
si portò una mano
sulla testa, che gli tornò indietro sporca di arancione.
–
Hyung?! Che cosa…??
Pennello
gocciolante
alla mano, Yoongi guardava in basso verso di lui con un ghigno:
–
Ti stavi facendo
troppo impertinente – e riprese tranquillo il suo lavoro di
tinteggiatura.
Jimin scoppiò a ridere e corse a prendere dei fazzolettini:
–
E quindi hai deciso
di buttarmi la tempera addosso?!
–
Esattamente. L’acqua
corrente tanto l’avrete no? Vieni a tenere la scala!
Jimin
continuava a
ridere, passandosi la carta bianca tra i capelli e tornando alla sua
postazione.
Riprese a tenere ferma la scala, scuotendo nel frattempo la testa e
continuando
a dimostrare la sua incredulità a suon di lievi
imprecazioni. Quando finalmente
Yoongi scese si fermò un attimo per osservare il lavoro che
aveva fatto sui
capelli di Jimin. Mezzo lato nero e mezzo lato screziato di arancione.
Emise un
piccolo buffo di scherno sorridendo:
–
Non ti stanno male
in fondo. Dovresti tingerteli tutti così.
–
Hyung, c’è poco da
fare lo spiritoso, non ci posso ancora credere – rispose
Jimin ripiegando la
scala mentre Yoongi andava a lavarsi le mani nel lavandino.
–
Eppure sarebbe
divertente. Park Jimin che fa qualcosa di trasgressivo. Sarei tentato
di dirti
che potrei tingermi anch’io nel caso in cui tu lo facessi,
pur di vederlo
accadere.
–
Vuoi scommettere?
–
No. Potrei perché
so che non lo farai comunque, ma voglio andare sul sicuro. Ho una
posizione da
difendere.
–
Chissà, tinti
potrebbero starti bene. Dovrebbe essere un colore eccentrico
però.
–
Cosa vuoi dire?
–
Che non sarebbe da
te farli rossi o biondi, hyung. Troppo scontato.
–
E che colore dovrei
fare secondo te? – chiese Yoongi appoggiando la schiena
contro il bancone a
braccia conserte e sollevando un sopracciglio in direzione di Jimin:
–
Non so, pensavo
verde. Verde chiaro. Tipo sul menta, hai capito? Più
originale.
–
Jiminah, la tempera
ti ha dato alla testa, forse è il caso che vada a farti una
doccia.
Jimin
concordò
ridendo, ma decisero prima di terminare la parete. Proprio poco prima
che
finissero del tutto Jimin sentì il telefono che aveva in
tasca squillare.
–
Pronto, Tae? Cosa
succede?
–
Jiminie, volevo
avvisarti che vista la situazione probabilmente non torneremo.
–
Come? Che
situazione?
–
La neve, no? Qui ne
sta facendo veramente tanta, le previsioni si sono sbagliate, tanto per
cambiare.
–
Ah... perché,
nevica? – Jimin si girò verso la finestra e si
accorse che, sì, nevicava
davvero. Yoongi seguì la direzione del suo sguardo e
lanciò anche lui un suono di
sorpresa. Nessuno dei due si era accorto di nulla. Si portò
più vicino al
vetro: la neve era effettivamente tanta, i fiocchi rotolavano vorticosi
e il
fischio che adesso giungeva alle orecchie di Yoongi lasciava intuire un
vento forte.
Il cielo era scuro e nuvoloso e Yoongi capì
perché Taehyung avesse chiamato in
proposito. Si trovava insieme a Jungkook in campagna, convinto che il
sole
avrebbe resistito per buona parte del pomeriggio, così come
le previsioni
avevano detto, ma la natura ovviamente non aveva voluto dare questa
soddisfazione agli uomini. Pensò a quanto fosse assurdo il
fatto che né lui né
Jimin si fossero resi conto di nulla. Che ore erano?
–
Ok, ok, tranquilli!
L’importante è che siate al sicuro e al caldo, non
vi preoccupate. A domani
allora – Yoongi sentì Jimin dire così e
riappendere – Hyung sta nevicando! Non
me ne ero davvero accorto! E sono già le sei! Non so
perché ho perso del tutto
il senso del tempo – la voce gli si affievolì
proprio verso la fine della
frase, colto all’improvviso dal timore che il ragazzo potesse
cogliervi delle
allusioni dietro. Si schiarì la gola e si
avvicinò alla finestra, mettendosi a
fianco dell’altro. Attaccò il naso al vetro ed
espirò formando una nuvoletta di
condensa, dentro cui poi scrisse il suo nome.
–
Che fai, come i
bambini?
–
È divertente, prova
anche tu!
–
Jiminah… – Yoongi
scosse semplicemente la testa con un sospiro, divertito
dall’immagine del più
piccolo così felice di fronte a un semplice vetro appannato
– Dunque
cosa ti ha detto Taehyungie?
–
Pare che abbia
iniziato a nevicare già un’oretta fa, quando
davvero loro non se lo aspettavano
per niente. Presi alla sprovvista sono stati costretti a rifugiarsi
alla villa,
Jin-hyung ieri aveva dato le chiavi a Kookie per sicurezza. Hanno
deciso di
rimanere lì stanotte.
Yoongi
annuì e basta,
guardando anche lui fuori Seul che veniva imbiancandosi.
–
Ti va di restare a
cena? – chiese Jimin dopo qualche minuto di silenzio. Non
spostò gli occhi dal
grattacielo grigio che aveva di fronte, troppo terrorizzato
dall’idea di
arrossire e mettersi a balbettare se avesse guardato in faccia Yoongi.
Aveva
deciso di fare questa proposta il secondo in cui l’aveva
pensata, cercando di
ignorare il più possibile la sua insicurezza e timidezza e
rendere la voce più
stabile che potesse.
–
Mmh – fu il suono
d’assenso di Yoongi. Si staccò poi dalla finestra
e tornò al muro. Si sentiva
più felice di quanto gli fosse lecito per l’invito
e aveva timore a rimanere
troppo vicino a Jimin, per cui si era dovuto allontanare dalla
finestra. Gli
aveva già preso il polso in quel modo prima,
chissà cosa altro era capace di
fare questo Yoongi strano che era apparso da qualche giorno se fosse
rimasto
affianco al ragazzo un altro po’. Riprese il pennello in
mano. – Finiamo qui,
poi tu ti fai una doccia e dopo di che mangiamo, va bene? Spero ne
valga la
pena Jiminah, visto che sto rinunciando alla cucina di Jin.
Con
occhi che
brillavano, Jimin accorciò di nuovo la distanza tra loro e
affiancò il ragazzo
nell’opera di tinteggiatura.
****
–
Perfetto, è venuto
proprio bene! – esclamò Jimin contento, saltando
sul posto e battendo le mani –
No?
–
Si – anche Yoongi
era soddisfatto, avevano fatto un buon lavoro – Se Taehyungah
dovesse darti
buca un’altra volta direi che rappresento un valido
sostituto. Sono sbalordito
dalla mia capacità di imbianchino.
–
Hyung, non hai
fatto tutto tu – gli rispose Jimin ridendo e prendendo ad
avviarsi fuori dalla
cucina.
–
Hai ragione, anche
tu hai aiutato per il dieci per cento.
Jimin
si limitò a
ridacchiare scuotendo il capo:
–
Pensa ciò che vuoi.
Non vorrei contraddirti e ritrovarmi addosso un intero secchio questa
volta.
Vado a farmi la doccia, va bene?
–
Si, qui adesso
sistemo io il tavolo.
Un
grazie melodioso
gli giunse alle orecchie e a seguito una porta sbattuta e il rumore
dell’acqua
che prendeva a scorrere. In pochi minuti Yoongi pulì la
tavola e vi mise sopra
accatastate le cose che sarebbero servite per mangiare. Si mise poi le
mani
nelle tasche, ma le sentì vuote. Cercava il telefono, voleva
controllare nel
mentre che Jimin si faceva la doccia se qualcuno lo avesse cercato. Non
che
Yoongi avesse molti “qualcuni”
che
avessero voglia di cercarlo. Si ricordò di averlo lasciato
nel cappotto e si
avviò dunque in camera di Jimin, dove il ragazzo aveva
posato anche il suo
zainetto. Entrò un po’ incerto. Non era mai stato
in camera di Jimin, questa
era la prima volta e si sentiva strano al pensiero di starci mettendo
piede
senza che l’altro lo sapesse. Però doveva davvero
solo prendere il suo
telefono, sarebbe uscito subito. Evitò di guardarsi troppo
attorno e andò
dritto verso il letto di Jimin, sopra cui aveva visto il suo cappotto.
Frugò
nelle tasche frettolosamente, ma non lo trovò neppure
lì. Probabilmente allora lo
aveva lasciato nello zaino. Per terra però non
c’era. A malincuore, si decise
ad esplorare la camera un po’ di più per cercare
di capire dove Jimin potesse
averlo messo. Non dovette cercare a lungo. Il ragazzo lo aveva messo
sopra la
sedia della sua scrivania. Yoongi andò a recuperarlo e
mentre cercava nella
tasca anteriore il suo sguardo si posò su un lettore cd
poggiato sul fondo del
tavolo bianco, vicino al muro. Non riuscì a trattenere un
ghigno. Ma chi usava
i lettori cd ormai nel 2017? Sperando di trovare all’interno
materiale con cui
prendere in giro Jimin (il cd di qualche gruppo k-pop anni’90
di quando era
bambino magari), afferrò l’oggetto e lo
aprì. Ebbe un sussulto al cuore e le
mani presero a tremargli leggermente. Il
mio mixtape? Ancora lo ascolta? Sentì gli occhi
farglisi umidi e cercò di
vincere la sua emozione. Chiuse di scatto il lettore e lo rimise dove
lo aveva
trovato, come se fosse di fuoco. Forse… forse non era follia
pura fare ciò che
avrebbe voluto fare. Fino ad ora non aveva trovato il momento adatto e
stava
iniziando a dubitare di avere il coraggio che gli occorreva. Non si era
dimenticato del suo proposito principale, aprirsi a Jimin. Aveva
già cercato di
farlo in una certa misura, ma ancora non era abbastanza. Voleva
riportare le
cose a come erano prima, voleva che il loro rapporto riprendesse
quantomeno da
dove lo avevano lasciato. Voleva che il ragazzo sapesse con certezza
che aveva
ancora accesso al suo cuore. E il suo cuore erano i suoi testi e la sua
musica.
Prima di andare via di casa Yoongi aveva infilato nello zaino il
libretto nero
dove aveva ripreso a scrivere quelle parole che gli erano mancate per
tutto il
tempo in cui era rimasto convinto di doversi allontanare da Jimin. Ora
finalmente aveva però qualcosa di nuovo e ci teneva
incredibilmente a far
leggere tutto all’amico. Aveva bisogno di risentire quella
sensazione di calore
che gli veniva data dal vedere Jimin lavorare con lui, al suo fianco,
offrendogli spunti e opinioni. In fondo glielo aveva già
detto che gli doveva
un pomeriggio, no? Jimin pareva avere accettato. Adesso sapeva anche
che il
ragazzo ascoltava ancora ciò che aveva composto quasi due
anni prima e dunque non
aveva scuse. Doveva chiedergli di leggere i suoi testi. Se non lo
avesse fatto
ora, non lo avrebbe fatto mai più, Yoongi lo sapeva con
certezza. Con la stessa
certezza con cui sapeva di amare Park Jimin.
Sentì
una porta
sbattere di nuovo e dei passi farsi più vicini. Si scosse
dai propri pensieri e
capendo ciò che stava per succedere si sbrigò ad
aprire il cellulare e fingersi
intento a leggerci qualcosa. Come si era aspettato, Jimin
entrò in camera.
–
Oh, hyung! No-non
ti aspettavo qui!
Yoongi
sollevò lo
sguardo e si sentì mancare il fiato per un secondo. Jimin
aveva addosso solo i
pantaloni del pigiama, ma nient’altro sopra e teneva un
asciugamano bianco
sopra la testa. Fu abbastanza lucido da reagire subito, evitando di
rimanere ad
osservare l’altro troppo a lungo, come invece avrebbe voluto
fare:
–
S-scusa, volevo
solo prendere il telefono – Jimin si era adesso spostato
dalla soglia e si
stava dirigendo verso il letto e Yoongi iniziò ad avviarsi
fuori dalla camera –
Esco subito.
–
No, no, tranquillo – lo
fermò Jimn con un risolino imbarazzato.
Stava tirando fuori una maglietta di pigiama, bordeaux come i
pantaloni, da
sotto il cuscino – Un secondo e ho fatto – fece in
un secondo – Mi sono
scordato la maglia del pigiama come uno scemo –
si bloccò all’improvviso e Yoongi
aggrottò le sopracciglia – I-in
effetti… Non so nemmeno perché mi sono
già messo in pigiama, mi è venuto
automatico. Hyung, scusa! Dobbiamo cenare, non sono modi di ricevere
osp-
–
Jiminah, va tutto
bene! – per tranquillizzarlo Yoongi gli si era avvicinato con
due falcate e
adesso era abbastanza vicino da potergli prendere le mani. Si
fermò in tempo
almeno su questo. Vedere il ragazzo così di fronte a lui gli
aveva creato una
sensazione di calore alla bocca dello stomaco. Era
un’immagine che non aveva
mai avuto davanti prima d’ora: Jimin nella propria camera,
rilassato dopo le
fatiche della giornata, pronto per la notte. Era dolce, e bello. Era
davvero
bello, nel suo pigiamino, con i capelli corvini bagnati e le guance
tonde ancora
arrossate dall’acqua calda. La voce di Yoongi tremava
leggermente mentre parlò –
Non ti… Non devi preoccuparti. Sono io, Jimin. Sono solo io.
Jimin
capì cosa il
ragazzo volesse dire e annuì, rincuorato. Si guardarono
ancora un attimo,
entrambi in imbarazzo, finché Yoongi non parlò di
nuovo:
–
Ascolta… quel
pomeriggio che mi devi… Insomma, se fosse sera?
Cioè se… se ti facessi vedere
qualcosa che ho scritto ora? Ti andrebbe? – Jimin
sgranò gli occhi e Yoongi si
chiese se non si fosse appena buttato in una missione suicida. Sarei dovuto starmene zitto, che idiota. Mi
dirà che adesso non è il moment-
–
Certo! Certo,
hyung, va benissimo! – Jimin sembrava assolutamente serio e
genuinamente
interessato. Yoongi sentì le spalle farglisi più
leggere.
–
Da-davvero? Non è
un problema per te?
–
No, perché dovrebbe
essere un problema? Volevo… – si fermò.
Volevo
da tanto che tornassi a farmeli vedere. Disse altro
– Ti ho promesso che ti
avrei restituito il tuo pomeriggio, eccomi qui – e gli
sorrise. Yoongi
ricambiò, troppo sollevato per riuscire a ringraziare come
avrebbe voluto. Il
suo sguardò si posò poi sulla testa di Jimin.
–
Prima però credo
sia il caso ti asciughi, non vorrai riprenderti la febbre di nuovo?
Anche
Jimin sembrò
riscuotersi da qualche pensiero e si portò veloce una mano
tra i capelli
bagnati.
–
Si, hai ragione.
Faccio subito subito, cinque minuti, tu aspettami qui, va bene?
– e andò fuori
dalla stanza di corsa, non lasciando a Yoongi nemmeno il tempo di
rispondere. “Aspettami qui”.
Yoongi aveva pensato di portare
il suo quaderno in sala, ma a questo punto… Non aveva senso
il rimanere lì, lo
sapeva, e Jimin aveva detto così sicuramente per riflesso,
senza intendere
davvero che il ragazzo lo aspettasse proprio in camera sua. Eppure a
Yoongi parve
una scusa sufficiente per prendere il suo quadernetto, spostare il suo
cappotto
ai piedi del letto e mettercisi a sedere. Non voleva andarsene da
lì dentro.
Era convinto non vi avrebbe mai più messo piede e voleva
dunque rimanerci ancora
un po’. Gli sembrava un luogo migliore per ciò che
doveva fare. Poteva fingere
che vi fosse una corrispondenza tra il suo desiderio di condividere
qualcosa di
proprio con Jimin e il desiderio di Jimin di accoglierlo in un luogo
per lui
intimo. Ovviamente era sicuro non fosse questo il caso, ma allo Yoongi
sconosciuto
sembrava piacere darsi a mosse rischiose e speranze vane. Rimase seduto
per
qualche minuto lì, quaderno alle mani, fissando un punto nel
vuoto, cercando di
sgombrare la sua mente, non pensare a nulla, e concentrarsi solo sul
rumore di
fondo del phon in lontananza. Ebbe l’istinto di aprire quelle
pagine, ridare
un’occhiata a ciò che era dentro, ma
lasciò perdere. Se avesse riletto quello
che aveva scritto non sarebbe mai riuscito a farlo vedere a Jimin.
Nei
cinque minuti che
trascorsero da quando aveva lasciato la sua camera a quando spense
l’interruttore dell’asciugacapelli, il cuore di
Jimin non aveva mai cessato di
rimbombargli nel petto. Yoongi-hyung
vuole farmi già vedere i suoi testi! Aveva atteso
davvero questo momento da
tanto e il fatto che fosse giunto nonostante le difficoltà
durante il
pomeriggio lo convinse che qualcosa di buono dovesse averla fatta. Non
sapeva
se un’altra giornata come questa sarebbe ricapitata, ma anche
se questa fosse
finita per essere l’ultima volta in cui avrebbero avuto
questo tipo di intimità
Jimin non poteva fare altro che sentirsi grato. Era grato
perché Yoongi stava
per metterlo a parte del suo mondo ancora una volta e proprio dentro la
propria
camera, il luogo che tra tutti gli era il più personale e
privato. Quelle
quattro pareti sarebbero state testimoni di quel momento e lui
entrandoci
avrebbe potuto riviverlo ogni volta. Forse era un sentimento stupido,
provare
tanta felicità di fronte a un dettaglio così di
contorno – che differenza
poteva fare se Yoongi gli mostrava i testi in un giardino o un ufficio
o un
luna park? – eppure per Jimin la differenza era enorme. Si
asciugò i capelli con
fretta febbrile, sperando che il ragazzo non cambiasse idea nel
frattempo. Se
glieli avesse fatti davvero vedere, Jimin avrebbe allora anche potuto
riprendere a sperare che ci fosse una possibilità per loro.
Che nonostante gli
imbarazzi, e la fatica, e il suo essere completamente inadeguato a star
vicino
al ragazzo dimenticandosi ciò di ciò che provava
per lui, forse in fondo un
modo si sarebbe trovato. Staccò con gesto sicuro la presa
del phon dalla
corrente e lo poggiò a terra prima di lanciarsi fuori dalla
porta. Entrò in
camera e Yoongi era ancora lì, adesso seduto sul suo letto.
Aveva il suo solito
blocco nero tra le mani e Jimin non poté fare a meno di
sentire un’ondata di
sollievo spargerglisi per le membra. Non
ha cambiato idea.
–
Hyung – lo chiamò
coprendo la distanza tra loro e mettendoglisi a sedere vicino.
Sentì la gamba
di Yoongi contro la propria, e ne avvertì il calore ancora
più distintamente a
causa della sottile stoffa del pigiama. Si chiese se non fosse il caso
di
allontanarsi, ma l’imbarazzo e l’agitazione gli
impedirono di muoversi. Poiché
nemmeno Yoongi sembrava scostarsi da lui, decise di non pensarci e
concentrarsi
su ciò che dovevano fare. Gettò lo sguardo sul
blocco tra le mani di Yoongi:
–
Qu-quindi… – ingoiò
velocemente – hai scritto qualcosa di nuovo? Posso vedere?
Yoongi
non disse
nulla, semplicemente aprì il quadernetto alla pagina giusta
e lo passò a Jimin,
il quale glielo prese dalle mani e iniziò a leggere in
silenzio. Yoongi era
agitato. Jimin era così vicino a lui, avrebbe potuto
cingergli la vita con un
braccio e attirarlo a sé con una semplicità
incredibile. Ripensò a quando lo
aveva stretto quella notte al gelo e la voglia di sentire il corpo di
Jimin
contro il suo si fece ancora più forte. Dette un profondo
respiro per
riprendersi e poi si obbligò a guardare il ragazzo. Aveva
timore di ciò che
avrebbe visto. I versi che aveva scritto erano diversi dal suo solito
stile,
secco, diretto, sferzante. Questa volta erano più morbidi,
delicati, le parole
stesse non si avvicendavano come lame taglienti, ma piuttosto come onde
sinuose. Rotolavano una dietro all’altra e parlavano di
perdita e lontananza,
ma anche di scoperta e riscatto. Erano malinconiche, ma lasciavano una
sensazione dolce nel cuore. Forse erano troppo sdolcinate
però. Forse Jimin avrebbe
avuto l’impressione di star leggendo il diario segreto di una
quattordicenne
invece che i versi di un ragazzo come lui. Aveva paura di leggere sul
volto dell’altro
disapprovazione. Ma non vi trovò nulla di tutto questo.
Jimin stava piangendo.
Piangeva e continuava a leggere, incurante delle grosse gocce che gli
rigavano
le guance e colavano via. Jimin aveva cercato di trattenersi, ma non ci
era
davvero riuscito. Aveva vissuto troppe emozioni quella giornata e
adesso non
era davvero più riuscito a controllarsi. Ciò che
stava leggendo lo aveva
colpito dritto fino al profondo dell’anima ed era
probabilmente quanto di più
bello Yoongi avesse mai scritto. Per qualche inspiegabile motivo
riusciva a
rispecchiarsi in quei versi. Sembravano parlare di lui, come se avesse
raccontato a Yoongi tutto ciò che aveva vissuto
nell’ultimo mese e il ragazzo
lo avesse trasformato in una poesia. Come poteva dare una voce a
pensieri che
lui stesso non era mai stato capace di formulare con chiarezza?
L’idea che
Yoongi-hyung potesse aver vissuto, da qualche parte nella sua vita,
qualcosa di
simile a lui lo fece sentire allo stesso tempo estremamente triste ed
estremamente felice. Triste perché Yoongi non doveva
soffrire. Felice perché lo
stava facendo sentire meno solo. Jimin avrebbe tanto voluto chiedergli
che cosa
gli fosse successo per riuscire a mettere giù quei versi,
così differenti
rispetto ai soliti che scriveva, ma gli mancavano le parole.
Arrivò alla fine
della paginetta con il respiro bloccato, il troppo amore per il ragazzo
seduto
vicino a lui esploso all’improvviso a riempirgli il petto e
serrargli la gola.
Sentì Yoongi chiamarlo, il suo tono sembrava preoccupato.
Sentì il tocco di dita
leggere sulla guancia e si voltò. Alla sorpresa di vedere
Jimin piangere,
Yoongi non aveva saputo lì per lì come reagire.
Da un lato voleva
tranquillizzarlo, ma dall’altro avrebbe voluto continuare a
guardare
quest’immagine per un altro po’, per imprimersela
bene nella mente e nel cuore.
Era stato difficile arrivare fin lì, ma quanto stava
accadendo gli aveva fatto
capire che ne era valsa la pena. Aveva fatto bene a dare a Jimin, e a
sé stesso,
un’altra possibilità. Si sentì come la
notte di capodanno, in preda ad emozioni
opposte. L’idea che non avrebbe più trovato
nessun’altro al mondo che piangesse
così per quello che lui scriveva lo rendeva felice,
perché gli confermava di
aver fatto la scelta migliore che potesse fare ad affidarsi a Jimin.
Dall’altro
lato però gli riempiva il petto di dolore, perché
ciò significava che nessuno
avrebbe mai potuto sostituire Jimin, ed era tragico visto che il
ragazzo probabilmente
non sarebbe mai stato suo. Mentre lui si chiedeva cosa fosse giusto
fare per calmare
il più giovane, era stato di nuovo lo Yoongi appena nato a
muoversi per lui.
Portandogli una mano sulla guancia fece voltare il ragazzo verso di lui
e gli
parlò con voce bassa:
– Jimin,
non… non piangere. Non devi pian-
Interrompendo
il più
grande nel mezzo della frase, Jimin pose fine alla distanza tra i loro
volti e
lo baciò all’improvviso. Guardando il viso di
Yoongi attraverso gli occhi
appannati un unico desiderio aveva rapito tutto il suo essere e lui si
era
ritrovato ad assecondarlo senza nemmeno pensarci. Posando le labbra
delicatamente
su quelle dell’altro si sorprese di quanto sembrassero
combaciare
perfettamente. Si perdette completamente nella sensazione di avere
Yoongi così
vicino a sé, dimentico del fatto che non avrebbe dovuto fare
una cosa del
genere. Del fatto che Yoongi avesse già un’altra
persona. Del fatto che lui
stesso ne stesse quasi frequentando un’altra. Tutto
ciò che voleva fare era
baciare Yoongi e fargli sentire quanto lo ammirasse e amasse, e quando
il
ragazzo sembrò reagire appena, premendo un pochino di
più le proprie labbra
contro le sue, Jimin dimenticò anche tutto il resto. Dove si
trovasse, come si
chiamasse. Yoongi, Yoongi, Yoongi
era
tutto quello che riusciva a pensare mentre gli portava le mani in vita
e lo
stringeva di più. Yoongi lo lasciò fare, ma aveva
paura di ciò che stava accadendo.
Lo voleva anche lui, e poiché non sarebbe mai riuscito a
toccare Jimin così di
sua iniziativa, il fatto che fosse stato il più giovane a
sorprenderlo
sicuramente gli faceva piacere. Ma cosa poteva significare? Non si
sentiva del
tutto tranquillo, ma nonostante ciò la forza che lo spingeva
verso Jimin era
troppo intensa e si ritrovò presto a ricambiare quel bacio,
con esitazione
prima, intensificandolo un attimo dopo. Gli mise le mani sulle spalle e
quando
Jimin sentì il suo tocco su di sé
entrò in uno stato di trance, incapace di
fare nient’altro che non fosse muovere le proprie labbra allo
stesso ritmo di Yoongi.
Fu il maggiore a interrompere per primo quel contatto e riportarlo alla
realtà.
Si scostò leggermente da lui guardandolo con occhi sopresi:
–
Jiminah… – si fermò
un secondo per riprendere fiato – Cosa…
– Il voltò di Jimin si trasfigurò di
fronte ai suoi occhi. Lo vede dipingersi di un’espressione di
orrore, alzarsi
di scatto dal letto e allontanandosi di qualche passo portarsi le mani
davanti
alla bocca. Che stava succedendo? Si era pentito? Ti
prego non di nuovo. Non farmi
questo di nuovo. La testa gli stava girando, si sentiva
confuso, non sapeva
cosa provare. Era spaesato, sfiancato dalla battaglia in corso nella
sua mente.
Da un lato l’istinto di tornare a prendere il ragazzo tra le
sue braccia e
cedere alla piccola speranza che stava mettendo radici nel suo petto,
dall’altro l’allarme che stava urlando con voce
stridente avvisandolo che
doveva essersi trattato di un errore, di rimanere guardingo. Distrutto
dall’idea che tutto potesse infrangersi di nuovo. Jimin era
lì, che lo guardava
con sguardo colpevole.
–
Hy-hyung… mi
dispiace… mi dispiace tanto, scusami! Scusami, scusami,
scusami – disse
piangendo e si coprì tutto il viso con le mani,
completamente rosso, e
Yoongi non resistette più. Al
diavolo
tutto. Gli corse vicino in un lampo e delicatamente gli prese
entrambi i
polsi e lo obbligò a scoprirsi il viso. Jimin
continuò però a tenere lo sguardo
basso, scuotendo forte la testa e ripetendo il suo mantra di scuse:
–
Mi dispiace, mi
dispiace, che cosa ho fatto?!
–
Jiminah, smettila –
gli disse Yoongi calmo, cercando di tranquillizzarlo. Ma
perché si stava
scusando così? Lui non si era tirato indietro, lo aveva
ricambiato, che cosa lo
spingeva a chiedere scusa in questo modo? In realtà se
c’era qualcuno che
avrebbe dovuto chiedere scusa quello era lui.
–
Sono un pessimo
amico.
–
Mi vuoi guardare
per favore?
–
Hyung, mi dispiace,
sono una persona orribile. Hoseok… mi dispiace tanto.
–
Jiminah, ma di cosa vai parlando? Che cosa c'entra Hoseok adesso?! Guardami! – gli
lasciò un polso e gli prese il
viso per costringerlo a guardarlo. Jimin lo assecondò e
finalmente posò i suoi
occhi, completamente rossi, su di lui. Yoongi gli lasciò
andare anche l’altro
braccio e gli portò entrambe le mani sulle guance. Era
così sconvolto, troppo,
e Yoongi non ne capiva il motivo. Lì per lì aveva
creduto fosse per il senso di
colpa nei confronti di Jungkook, ma poi il ragazzo aveva nominato
Hoseok… che
si fosse sbagliato? – Che stai dicendo? Hoseokah…
come ti è venuto in mente
ora?
–
Hyung so tutto! Non
devi fingere!
Yoongi
iniziò a
preoccuparsi sul serio. Che avesse di nuovo la febbre?
–
Ma tutto cosa? Non
sto capendo niente Jimin!
–
Di te e
Hoseok-hyung! Lo so che state insieme!
–
Io insiem-
–
Vi ho sentiti quel
pomeriggio, quando vi siete dichiarati l’uno
all’altro! – La voce di Jimin era
scossa da singhiozzi. Yoongi rimase in silenzio. Jimin capì
che il loro tempo
era scaduto. Ora che Yoongi sapeva che lui lo aveva deliberatamente
baciato
nonostante sapesse della sua relazione con Hoseok di sicuro non avrebbe
più
voluto avere nulla a che fare con lui. Questa idea lo inondò
di un mare di
tristezza tale che riuscì persino a calmarsi.
Abbassò il tono della voce e
parlò di nuovo – Quello che ho fatto è
imperdonabile – prese le mani di Yoongi
sul suo viso e le portò giù, con il cuore che gli
batteva forte alla vista
dello sguardo sconvolto di Yoongi.
–
M-me e Hoseokah?
Insieme? Come… Jiminah, ma come ti può venire in
mente una cosa del genere? –
Le parole di Yoongi lasciarono Jimin interdetto. Perché
continuava a fingere
nonostante lui gli avesse detto di aver sentito tutto? Non si aspettava
questa
reazione.
–
Hyung, te l’ho
detto. Vi ho sentiti. Non devi più far fint-
–
Ma sentiti quando??
Quando mai io e Hoseokah ci siamo fatti qualche dichiarazione?!
È il mio
migliore amico, quasi mio fratello, da dove ti è venuta
l’idea che tra noi
potesse esserci altro?
Il
viso genuinamente
sorpreso di Jimin sconvolse ancora di più Yoongi. Il ragazzo
sembrava davvero
sicuro di ciò di cui parlava. Ma che diamine stava
succedendo?
–
Il pomeriggio in
cui sarei dovuto venire da te – Jimin aveva la gola secca, ma
si costrinse a
parlare. Forse se avesse spiegato per bene tutto a Yoongi lui si
sarebbe
convinto che stava dicendo la verità e avrebbe smesso di far
finta di non
capire – ricordi ti avevo detto che sarei venuto prima?
Yoongi
annuì.
–
Ma poi non ti sei
presentato.
–
Mi sono presentato.
Con quasi un’ora di anticipo. Ho trovato la porta aperta.
Qualcosa
si accese
nella mente di Yoongi. Un click che
sembrava aver scattato una catena di pensieri, ricostruzioni e
associazioni.
Lasciò però finire Jimin.
–
Credevo avessi
visto il mio messaggio e mi avessi così lasciato aperto.
Quando sono entrato
però non ti ho visto e ho creduto fossi sceso a prendere
qualcosa da mangiare.
Allora ho deciso di aspettarti in camera tua, ma quando stavo per
aprire ho
sentito la voce di Hoseok-hyung… e la tua. Stavate
dicendo… stavate dicendo… –
non riusciva a continuare, ripetere quelle parole che ormai lo
infestavano da
settimane troppo penoso.
–
Che avevamo sognato
quel momento da tante notti? Perché non ci fossimo mai detti
nulla prima? Che
volevamo rimanere assieme per sempre? “Le tue labbra sono
come una rosa”? Dove…
quando sei arrivato? Quali di queste battute hai sentito?
Jimin
aggrottò le
sopracciglia, guardandolo interrogativo.
–
Jimin stavamo… –
non riuscì a trattenere un piccolo accesso di riso. Per
qualche motivo l’essere
venuto a capo di questo mistero gli stava riempendo le membra di
sollievo e
aveva bisogno di scaricare la tensione accumulata fino a quel momento
– Stavamo
recitando! Quella porta… Hobi ha lasciato la porta aperta
per sbaglio quando è salito,
per questo l’hai trovata così. Ce ne siamo accorti
solo quando l’abbiamo
sentita sbattere. Abbiamo pensato fosse stata una corrente
d’aria, ma quindi…
eri tu. – Jimin ebbe solo le energie di annuire. Gli sembrava
di star vivendo
in uno dei suoi sogni – Io purtroppo il tuo messaggio non
l’ho letto, ero
impegnato con Hoseokah che mi aveva chiesto un favore – non
sapeva se Hoseok
sarebbe stato contento che svelasse il suo segreto, ma quello che stava
accadendo ora con Jimin era più importante – un
favore per il teatro. Mi ha
chiesto di aiutarlo con alcune scene per lo spettacolo. Se fossi venuto
a
vederlo lo avresti capito perfettamente. Erano scene romantiche e lui
non si
sentiva a suo agio con la sua partner per cui mi ha chiesto di fare
pratica.
Tutto qui. Come hai potuto pensare che davvero io e Hoseok
stessimo… Signore,
mi viene la nausea solo a pensarci – concluse Yoongi
sollevando gli occhi al
cielo e continuando a ridacchiare. Jimin rimaneva immobile
però e Yoongi si
rifece serio. Lo prese di nuovo per mano e lo accompagnò
delicatamente vicino
al letto, facendolo sedere e mettendoglisi accanto. Stava accadendo
qualcosa
nella mente del ragazzo e lui aveva bisogno di capire di che si
trattasse.
Credeva davvero che lo sconvolgimento di Jimin fosse dovuto a Jungkook,
ma
dalla sua reazione era evidente che la sua angoscia nasceva da altro e
traeva
origine dalla sua convinzione che tra lui e il suo migliore amico ci
fossero
sentimenti romantici.
–
Quindi… – la voce
del ragazzo era debolissima – quindi tra te e
hyung… non… non c’è nulla?
Non
state insieme?
–
Jiminah, no!
Ripeto, l’idea mi mette… Santo cielo, no. Io
gli… Hoseok… – cercò le
parole
giuste – voglio bene ad Hoseokah più di quanto
sarò mai capace di esprimere,
non solo a parole, ma anche a gesti. Lui è sempre stato
migliore di me in
questo senso, mentre io non credo di avergli mai dimostrato abbastanza
quanto
sia importante per me. Non saprei davvero cosa fare senza di lui,
ma… non lo
amo, se è questo che vuoi sapere. L’amore che ho
per Hobi è quello che si ha
per qualcuno che è la tua famiglia più della tua
stessa famiglia. Che si ha per
chi ti ha sempre tenuto la mano, non lasciandoti andare anche quando
quell’unione avrebbe rischiato di trascinare entrambi
giù dal dirupo. O quando
avrebbe avuto tutti i motivi per farlo. È…
Jiminah, è forte, mentirei se ti
dicessi il contrario. Gli voglio più bene di quanto ne
voglia a me stesso,
Hoseok è una parte di me. Ma non c’è
niente, assolutamente niente di romantico
in tutto questo. Non mi sognerei mai di… quello che
è successo ora con te… –
chiuse gli occhi per l’imbarazzo – non mi sognerei
mai di farlo accadere con
Hoseok e so che per lui è lo stesso. Mai, mai, mai. E anche
se il nostro
rapporto può intimorire… –
riaprì gli occhi e li puntò in quelli di Jimin,
facendo incontrare il suo sguardo infuocato con quello pieno di
meraviglia dell’altro
– non vuol dire che io non abbia posto per nessun altro.
Jiminah… – continuando
a tenere in una mano quella di Jimin, portò
l’altra dietro la nuca del ragazzo –
anche tu sei una parte di me. Avrei dovuto dirtelo prima, ma lo sai che
sono un
creti-
Jimin
gli buttò le
braccia al collo. L’abbraccio era così forte che a
Yoongi per un attimo mancò
il respiro, ma non gliene importò. Ricambiò
quella stretta, cingendo Jimin
sulla vita e portandolo verso di sé. Jimin era
così sconvolto che non aveva
nemmeno più le forze di piangere. Non riusciva a parlare,
continuava solo a
tenere gli occhi sgranati e si sentiva boccheggiare. Meraviglia,
stupore,
sollievo, tutto in una volta. Per tutto quel tempo aveva
creduto… Allora Yoongi
gli si era allontanato solo perché era stato lui stesso il
primo ad allontanarlo.
Doveva essere così. Non era vero che non gli importava nulla
che lui non si fosse
presentato quel pomeriggio. Non si era dimenticato del loro
appuntamento. Non
ne aveva parlato solamente perché Yoongi era Yoongi, e
Yoongi si teneva tutto
dentro. Jimin lo aveva ferito, se ne rendeva conto adesso. E si
sentì stringere
il cuore a questo pensiero e per reazione abbracciò il
ragazzo ancora più
forte.
–
In realtà – la voce
di Yoongi gli giunse morbida alle orecchie – te lo avevo
già detto quello che
significavi per me. Ma immagino non conti.
Jimin
si staccò da
lui per guardarlo in viso.
–
Cosa intendi?
–
La notte di
Capodanno. Avevo… – si interruppe, nella mente di
nuovo un particolare spuntò
fuori e tornò a sentirsi confuso. Jungkook.
Che ruolo aveva in tutto questo? – Jimin, cosa
c’è tra te e Jungkookie?
Jimin
non seppe cosa
rispondere. Cosa c’era tra loro? Da parte di Jimin, amicizia.
Ma da parte
dell’altro… Rimase in silenzio.
–
State insieme? – il
tono di Yoongi si fece più flebile e Jimin lo vide
allontanarsi leggermente da
lui. Lo prese per le braccia per trattenerlo:
–
No! – urlò – no,
non stiamo insieme! Lo so che ho passato tanto tempo con lui
ultimamente,
ma…cre-credevo… io credevo che tu stessi con
Hoseok-hyung! – ecco, lo aveva
detto. Non ne era fiero, si sentiva schifoso, ma era inutile mentire a
Yoongi.
Voleva mostrarglisi completamente, anche quelle parti di cui lui si
sarebbe
disfatto per vedere se il ragazzo avrebbe potuto amare anche quelle.
Yoongi lo
guardava interdetto – Tu non c’eri. Mi avevi
lasciato solo.
–
Jiminah, io ti ho
lasciato perché credevo stessi insieme a lui. Che non
volessi avere più nulla a
che fare con me. La notte in cui mi sono dichiarato a te…
hai cercato lui. Hai
chiamato il suo nome. Allora ho pensato di aiutarti e ho mandato un
messaggio a
Jungkook con il tuo telefono fingendo che fossi tu a chiedere il suo
aiuto. Eri
quasi svenuto e io non sarei riuscito a portarti dentro in ogni
caso… Jiminah?
Jimin
si era alzato
di nuovo, come aveva fatto poco prima, quando aveva creduto di aver
appena
tradito la sua amicizia con Hoseok.
–
Di cosa stai
parlando? Yoongi-hyung, di cosa stai parlando?! Quale notte? Quale
dichiarazione?!
Sembrava
pronto ad
esplodere da un momento all’altro per cui Yoongi
parlò lentamente e con
cautela:
–
La notte di
Capodanno… a un certo punto tu sei uscito e io sono stato
l’unico ad essermene
accorto. Eri chiaramente ubriaco e si vedeva che stavi male,
così mi sono
preoccupato e ti ho seguito, trovandoti con solo la magliettina
addosso, nel
pieno della notte. Credo la tua febbre fosse altissima in quel momento
perché
ti ho visto davvero perso, probabilmente deliravi. Infatti non ricordi
nulla, vero?
Poco.
Jimin ricordava
poco, davvero molto poco. Ma quel poco che ricordava ormai era impresso
in lui
per sempre perché erano scene che aveva girato nella sua
mente in continuazione.
Delle braccia che lo avvolgevano, la sensazione di sentirsi amato,
protetto, al
sicuro. Poi quella voce… quella voce che gli tornava spesso
nei sogni, che
sembrava appartenere a Yoongi. Il più grande
continuò, mentre lui cercava di
rimettere insieme tutti i pezzi di quella confusa notte.
–
Ti sei appoggiato
al muro della casa, e mi hai trascinato giù con te
– gli occhi di Jimin si
fecero enormi – È poi stato quando ti ho sentito
dire il nome di Jungkook che…
che ho capito che dovevo farmi da parte. Così ti ho
confessato i miei
sentimenti prima di nascondermi. Se fossi stato più lucido
avresti capito da lì
che non potevo stare con Hobi…
–
Eri tu?! – l’urlo
di Jimin rimbombò sulle pareti. Aveva lo sguardo costernato,
le guance rosse e
negli occhi gli si erano già formate nuove lacrime che lui
questa volta non
aveva forza di fermare – Eri tu li con me?! Hyung, io stavo
chiamando te! Stavo
male e credevo ci fosse Jungkook vicino a me, ma stavo cercando te!!
Gli stavo
chiedendo… – Si buttò per terra,
appoggiandosi alle ginocchia di Yoongi e
sollevando i suoi occhi sconvolti in quelli ugualmente scioccati
dell’altro. Le
lacrime ormai cadevano una dietro l’altra come un fiume in
piena – gli stavo
chiedendo di portarmi da te, Yoongi! – Nascose il viso tra le
gambe del più
grande e scoppiò in un pianto dirotto e Yoongi
capì che c’era tutto, in quel
pianto. La liberazione. La sorpresa. La tensione. La sofferenza. Tutto
quello
che doveva aver provato da solo in quel mese in cui aveva creduto di
averlo
perso. E come un perfetto idiota lui non aveva nemmeno provato a
parlarci,
avvicinarglisi. Se gli avesse detto che stava male a vederlo distante,
che
l’idea che potesse allontanarsi da lui lo sconvolgeva, che
non stava capendo il
perché di quel silenzio improvviso… se avesse
ammesso con il più piccolo, e a
sé stesso, di avere dei sentimenti,
anche se prima di capodanno non sapeva di che natura esatta fossero, di
avere
un cuore che pulsava emozioni e non c’era nulla di male in
ciò, avrebbe saputo
prima del malinteso in cui era caduto Jimin e non avrebbe lasciato il
piccolo
soffrire in solitudine per tutto quel tempo. Di nuovo, lui e la sua
fottuta
paura di avvicinarsi alle persone e farle avvicinare a sé
erano stati la causa
di tutto ciò. Sarebbe stato troppo per il vecchio Yoongi
confessare di sentirsi
turbato dall’improvvisa freddezza dell’altro.
Ferito dal suo comportamento. Ma
adesso quello Yoongi non c’era più.
C’era il nuovo, e Yoongi iniziava a
sentirsi più a casa nei suoi panni che in quelli
dell’altro. Più libero. Mise
la mano tra i capelli di Jimin, prendendo ad accarezzare piano quelle
ciocchette nere e delle piccole gocce iniziarono a cadere anche dai
suoi di
occhi. Con la voce leggermente smorzata lo chiamò:
–
Jiminah… Jimin,
guardami.
Continuando
a
singhiozzare il più giovane sollevò il viso.
Yoongi si piegò su di lui e lo
baciò piano prima di prendergli le braccia e guidarlo di
nuovo a sedere vicino
a lui. Lo avvicinò poi a sé portandogli una mano
in vita e rimise l’altra tra i
suoi capelli. Il bacio riprese, questa volta più sicuro,
fermo. Yoongi aveva
avuto paura di lasciarsi andare prima, ma adesso sapeva esattamente
cosa stava
facendo. Le sue labbra toccavano quelle di Jimin in modo appassionato,
ma
delicato, senza fretta e senza paura questa volta, sapendo finalmente
con
certezza che non stava facendo nulla di sbagliato, che Jimin non
sarebbe corso
via di nuovo, che adesso sarebbe stato davvero solo per lui. Si
allontanò solo
un momento e sembrò voler dire qualcosa, ma Jimin scosse la
testa. Non era più
il tempo delle parole e Yoongi capì. Mettendogli le mani
dietro al collo, Jimin
riaccostò le loro labbra e intensificò la
velocità di quel bacio. Più
sentiva Yoongi vicino, più lo voleva ancora di
più addosso. Più lo assaporava,
più se ne sentiva assetato. C’era però
ancora troppa distanza tra loro. Senza
preavviso, gli si mise a cavalcioni sopra, senza mai interrompere il
bacio, e
Yoongi lo prese saldo dietro la schiena. Fece scorrere le mani e
arrivato al
bordo della sottile maglia le mise sotto, andando a toccare con le dita
la
pelle nuda di Jimin. Il ragazzo emise un piccolo gemito a questo
improvviso
contatto e mise ancora più energia nel bacio. Il cuore gli
batteva fortissimo e
sentiva caldo in tutto il corpo. Si sentiva protetto nelle braccia di
Yoongi,
voluto, desiderato, tanto quanto lui lo voleva e desiderava. Yoongi si
staccò
appena, per riprendere fiato, e Jimin anche ebbe così tempo
di snebbiare con un
po’ di ossigeno la sua mente appannata. Si sentì
prendere e sollevare
leggermente per poi finire con la schiena sul materasso, Yoongi sopra
di lui.
Jimin gli prese il viso tra le mani e il ragazzo si abbassò
di nuovo,
riprendendo il flusso dei loro baci. Gli si distese sopra e le loro
gambe si
intrecciarono istintivamente. Mentre le loro labbra continuavano a
cercarsi ed
esplorarsi, Jimin portava le proprie mani su Yoongi ovunque riuscisse,
tra i
suoi capelli, sul collo, sulle spalle, in vita, le braccia.
Passò le mani sotto
al suo maglione e le portò sul suo petto, godendo finalmente
di quel contatto
più diretto. Yoongi sembrava avere più controllo
di lui, ma quando sentì le sue
dita sotto la maglia non riuscì a trattenere un sussulto e
inspirando
profondamente lasciò le labbra di Jimin e si
tuffò nel suo collo. Jimin si sentì
il respiro farsi più affannato e chiuse gli occhi per
isolarsi da tutto e
concentrarsi solo sulle sensazioni che Yoongi gli stava donando. Le sue
labbra
e la sua lingua si muovevano lungo il suo collo e Jimin aveva appena
preso a
sollevare i lembi della maglia di Yoongi quando sentì il
ragazzo fermarsi. Lo
sentì tirare un altro profondo sospiro prima di sollevare la
testa e guardarlo.
Quel semplice movimento era costato uno sforzo disumano a Yoongi. Jimin
era
caldo e morbido e il suo profumo fresco e che sapeva di pulito gli
stava
iniziando ad invadere completamente la mente e i sensi. Ma non poteva
ancora
permetterlo. Jimin aveva il fiato corto sotto di lui e Yoongi gli dette
un
piccolo bacio su una guancia, poi sull’altra e infine sulla
fronte, cercando di
regalare ad entrambi un po’ di tempo per calmarsi.
Parlò poi dolcemente, ma con
voce ferma:
–
Forse è meglio
fermarsi qui, che dici?
Jimin
non sembrava
convinto. Non era abituato a sentire tutte quelle emozioni e lo stavano
letteralmente divorando, impedendogli di trovare le redini per dare a
tutto un
freno.
–
Hyung, però…
–
Ascoltami – lo
interruppe Yoongi con voce bassa e morbida lasciandoli un delicato
bacio sul
collo – ci sono troppe cose che dobbiamo sistemare, non
pensi? – parlava al
plurale, ma Jimin capì si riferiva in primo luogo a lui
– Persone… persone che
devono sapere. Ci sono dettagli che mi sono tornati in mente e
credo… – gli
scostò una ciocca di capelli dagli occhi e gli
lasciò un altro piccolo bacio
sulla fronte – beh, credo abbiamo dato da pensare un
po’ a tutti. Ho trattato
Hoseok davvero molto male – la voce gli si
assottigliò nel dire queste parole e
gli occhi gli si fecero tristi. Il pensiero dell’amico fece
sentire
all’improvviso anche Jimin incredibilmente triste.
–
Anche io non sono
stato giusto con lui. E poi c’è…
c’è…
–
Lo so – gli disse
Yoongi, evitando al ragazzo il dolore di dover pronunciare quel nome ad
alta
voce. E poi c’è Jungkook,
questo
stava per dire. Gli si spostò da sopra, distendendosi vicino
a lui e Jimin gli
si sistemò meglio contro il petto –
andrà tutto bene vedrai. Ma vedi? Ci sono
ancora troppe persone coinvolte in tutto questo – gli
sollevò il viso per
guardarlo negli occhi – e io voglio stare solo con te, senza
nient’altro in
mezzo a noi. Che siano incomprensioni, malintesi o situazioni non
chiarite.
Voglio poterti tenere tra le braccia senza paura di offendere nessuno,
senza
preoccupazioni, non voglio provare vergogna all’idea
che… che tutti sappiano che
sono tuo così come spero tu sia mio.
Jimin
si sentì il
cuore esplodere. Lo strinse fortissimo e arrossendo parlò
con il viso contro la
maglia di Yoongi:
–
Non devi sperare hyung.
Sono tuo da un bel po’, anche se nemmeno io lo sapevo.
Yoongi
sorrise e
sentendo altre lacrime pronte ad uscire cercò di fermarle
abbracciando a sua
volta Jimin più stretto. C’era un limite a quanto
avrebbe voluto tenerlo
vicino? Ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe detto “va
bene, così è
sufficiente”? No.
Rimasero
abbracciati
in silenzio per qualche minuto, il suono di piccoli baci leggeri e
soffici come
unica prova che in quella stanza al momento ci fossero due persone. Una
piccola
risata uscì da Yoongi all’improvviso e Jimin lo
guardò incuriosito.
–
Cosa c’è? Perché
ridi?
–
Nulla è che… – rise
piano di nuovo – sto pensando al quadro di Jin-hyung, quello
in salotto,
“Transizione”. Mi viene da ridere perché
è un dettaglio così idiota.
Però… – si
fece più serio e trasse un lungo sospiro –
Rappresenta il disgelo e… all’inizio
ho pensato fosse una scelta strana per un salotto, un po’
eccentrica. Ma adesso
capisco, e hyung aveva ragione, non è triste. Non
è davvero triste come sembra.
–
Disgelo? Credi sia
questo che rappresenti? Quando si scioglie la neve?
–
Si, credo sia
l’unico modo per spiegarsi il titolo, altrimenti sarebbe
stato solo, non so, “Inverno”,
immagino. O “Paesaggio innevato”. Ma
secondo me l’artista stava cercando di mettere in risalto
qualcos’altro e se
immaginiamo che il momento di transizione sia rappresentato dal momento
del disgelo,
credo che il dettaglio del sole… beh era proprio il
passaggio da uno stato all’altro
su cui il pittore penso volesse attirare l’attenzione. E
sotto questa luce
riesco a rendermi conto perché Jin abbia scelto quel quadro
dicendo che gli
donava tranquillità. È il momento più
bello, quello del disgelo. Più bello
ancora della primavera stessa, quando ti trovi già davanti
al fatto compiuto,
la vita ritornata. Il disgelo è invece l’esatto
momento in cui le cose tornano
a vivere, disfacendosi finalmente del ghiaccio. Ciò a cui
sei messo di fronte è
la vita stessa in atto di liberarsi, dunque quando è nella
sua forma più
fragile, ma ha la volontà più forte. Vedi quella
carica vitale pronta a
scoppiare e sai che riuscirà a prevalere. Io… mi
è tornato in mente perché io
mi sento esattamente così in questo momento. Oggi
è stato difficile, ho temuto
in così tanti momenti di non avere la forza per continuare a
lottare, per
tenerti a me, per ritrovarti. E invece adesso… non mi sono
mai sentito più
felice di ora, quando mi sono accorto che tutto il ghiaccio che ho
sempre avuto
attorno si stava sciogliendo e ho sentito il mio respiro libero di
nuovo – la
voce gli si incrinò. Jimin ascoltava tutto immobile e in
silenzio assoluto,
combattendo contro le lacrime. Respirava piano, temendo che il suono
del suo
stesso respiro potesse spezzare la magia del momento e interrompere
Yoongi, che
si stava aprendo a lui in un modo che Jimin non avrebbe mai creduto
possibile –
Sei il mio disgelo Jimin. Non riesco a crederci, ma sono ancora vivo.
Yoongi
piangeva
adesso e Jimin con lui. Non sapeva cosa dire, quali parole usare dopo
una
dichiarazione del genere? Fece ciò che aveva spesso fatto
con Yoongi, lasciò i
gesti parlare per lui. Gli passò le mani sulle guance
portando via le sue
lacrime e poi lo baciò di nuovo e in quel bacio
cercò di comunicargli tutto
l’amore che provava per lui, sicuro che Yoongi lo avrebbe
capito. Stretti così,
l’uno tra le braccia dell’altro, tutte le angosce
dell’ultimo periodo, tutto il
dolore provato in quel mese infernale, svanirono di colpo. Leggeri e
felici
erano adesso lì, finalmente riuniti, finalmente insieme.
Jimin sarebbe potuto
rimanere così per sempre, a godere semplicemente del calore
del corpo di Yoongi
e delle labbra morbide del ragazzo sulle proprie. Si sentiva anche lui
felice
come non gli era mai successo prima e lacrime di gioia e desiderio
presero a scorrergli
giù ancora una volta dagli angoli dei suoi occhi chiusi.
Amava Yoongi con tutto
il suo cuore e la sua anima, ed era sicuro come era sicuro che domani
il sole
sarebbe sorto che non lo avrebbe mai più lasciato andare.
Note
dell’autrice (2): Oooook. Ce
l’ho fatta. Non so come
spiegare adeguatamente la difficoltà che lo scrivere questo
capitolo mi ha dato. È uno di quelli che ho in mente fin
dall’inizio eppure
quando poi mi sono messa a scriverlo… è stato
incredibilmente complesso. Ho
sudato ad ogni singola frase, penso di avere diciotto versioni diverse
delle
stesse scene nel mio computer. Forse perché non era semplice
traghettare queste
due anime dal punto in cui sono partite a quello di arrivo, forse per
un altro
milione di motivi che però non mi metterò a
dirvi. Voglio lasciare il tutto
completamente a voi, senza mettermi ad elencare tutti i punti che sono
per me
fonte di insicurezza. Dico solo che è stata dura
pubblicarlo, anche perché è un
capitolo, come si sarà potuto capire, fondamentale. Direi il
punto più
importante di tutti visto che siamo giunti al momento che attendevamo
tutti con
ansia, il chiarimento tra Jimin e Yoongi. Spero con questo i dubbi si
siano
dissolti: non sono una sadica! Ok la sofferenza, ma il lieto fine
glielo diamo
a questi bimbi che hanno dovuto fare tanti sforzi su loro stessi,
crescere e
uscire dal loro guscio. È giusto che lo abbiano, hanno fatto
cavolate, ma le
hanno pagate e hanno imparato. Si meritano la loro gioia, no? Lo so che
ci sono
ancora una cosetta o due da sistemare, come anche Yoongi stesso dice a
Jimin.
Immagino la prima persona che viene in mente a questo riguardo sia il
piccolo
Jungkook. Anche Hopi merita delle scuse ed in generale ci sono ancora
un po’ di
chiarimenti che vanno fatti, per cui il prossimo capitolo si
occuperà di
questo. Mi dispiace da morire dirlo, ma temo siamo in dirittura
d’arrivo… Ma
comunque parlerò meglio anche di questo nel prossimo paio di
capitoli.
Come avevo
accennato nelle note iniziali, il capitolo è
lungo, ma come dividerlo? Credo che la narrazione del percorso
affrontato dai
nostri bimbi durante questo lungo pomeriggio fosse da lasciare
ininterrotta,
così che fosse più semplice immedesimarsi in
tutto quello che hanno provato e
vivere poi al meglio con loro il sollievo finale. E sì che
ne hanno passate un
bel po’ di emozioni, no? Dall’imbarazzo, alla
paura, alla spensieratezza, la
tensione, il sollievo… uuuh è stata faticosa. Lo
è stato da morire anche per
me, per cui spero con tutto il cuore che questo capitolo vi piaccia. Mi
ha
letteralmente prosciugato le energie.
Per oggi vi
lascio. Grazie tantissimo come ogni volta di
aver letto il capitolo e le note. Se avete un attimo fatemi sapere cosa
ne
avete pensato ♥ Ci vediamo la
prossima settimana, baci,
Elle ~
PS: la vostra
sanità mentale dopo venerdì è ancora
intatta? La mia poco :P Applausi per noi reduci.
PPS: Mentre
scrivevo il capitolo c’è stata una canzone
che è partita e il cui testo sembrava piuttosto perfetto per
quello che Jimin e
Yoongi pensano prima di scoprire ciò che realmente
l’uno prova per l’altro. Io
stessa non la conoscevo e visto che mi è piaciuta molto e mi
fatto pensare ai
miei Yoonmin ve la lascio qui: “Bud” di Fenne Lily.
Mi ha colpito l’adeguatezza
del testo rispetto alla situazione pre-chiarimento di Jimin e Yoongi
proprio
mentre scrivevo di loro.