Anime & Manga > Yuri on Ice
Ricorda la storia  |      
Autore: CHAOSevangeline    29/11/2017    9 recensioni
{ Viktuuri | Birthday fic }
« Allora, quando avete il volo? » chiese di punto in bianco Yuuko.
« Tra un paio d’ore, più o meno », rispose Yuri. « Ma siamo in orario, quindi nessun problema. »
Le valigie erano già pronte in soggiorno da quella mattina, sarebbe bastato recuperare Makkachin che si era arenato in un angolo dopo aver elemosinato cibo per tutto il pranzo e sarebbero stati pronti a partire.
Se Yuri era vestito neanche fosse pronto per viaggiare fino in Siberia era perché il regalo di Viktor consisteva proprio in un viaggio in Russia.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Turn the clock back
 
 


 
Hasetsu, ore 12:15.

« Buon compleanno, Yuri! »
Il coro di voci che riempì la stanza giunse scomposto alle orecchie di Yuri: un po’ incomprensibile e biascicato, con Minako all’ennesimo bicchierino di sake, spanto in giro per il tavolo a quel brindisi; un po’ in giapponese, per i suoi genitori, sua sorella e beh, quasi chiunque altro in quella stanza. E un po’ in russo, perché ovviamente Viktor non si sarebbe mai perso il suo compleanno.
Yuri aveva appena soffiato sulle candeline della propria torta, un mattone calorico di cioccolata e crema che supponeva Viktor gli stesse concedendo nella dieta solo perché era il ventinove di novembre, il suo giorno.
Viktor avrebbe avuto un buon margine di tempo per impedire che quel dolce succulento venisse sistemato davanti agli occhi di Yuri, se solo avesse voluto: come era stato – ed era – un severo coach per lui, Viktor doveva essersi improvvisato un severo birthday planner, sempre ammesso che un simile impiego esistesse.
Ufficialmente Yuri non sapeva nulla, in pratica aveva visto Viktor stare con il fiato sul collo a proprio padre perché le terme quel giorno fossero chiuse, o comunque fossero tutti disponibili ad occuparsi di Yuri; a sua madre per conoscere con largo anticipo il menù e alle tre figliolette pestifere di Yuuko, con cui per la verità era stato abbastanza severo: “invece di spiarci sempre quando siamo al palaghiaccio rendetevi utili preparando qualche striscione”.
Già pronto a dover risolvere una crisi di pianto da parte delle tre bambine segretamente sensibili, Yuri si era avvicinato alla pista del palaghiaccio in cui Viktor le aveva rimproverate. Gli sguardi scoccati da Viktor alle tre testoline more e ritorno erano stati al limite della sfida, tanto che Yuri si era convinto di aver appena assistito ad uno scontro fra titani fortunatamente finito con la vittoria del suo fidanzato: la reazione di Viktor che perdeva o veniva contraddetto era più preoccupante di quella di un bambino che aveva ottenuto una risposta un po’ brusca.
Certo Yuri comprendeva il suo astio: ora che erano una coppia volevano il loro tempo da trascorrere soli e soli lo erano davvero solo dopo cena, quando tutti dormivano, o al palaghiaccio. Il secondo luogo era il più sicuro, quando quelle tre creaturine non cercavano uno scoop con le telecamere dei loro telefoni sempre puntate contro di loro per poter registrare qualsiasi avvenimento.
Sarebbero state delle brave giornaliste.
Non avere un luogo preciso solo per loro non era un problema a cui Yuri doveva pensare, non quel giorno almeno, perché per un po’ di tempo quella scomoda routine si sarebbe interrotta: basta Mari che entrava in camera sua scordandosi della presenza di Viktor e della loro relazione, che li portava a condividere il letto e a rendere Yuri colpevole di essersi fatto scoprire avvinghiato al corpo del fidanzato; basta incapacità di rispondere ad un complimento di Viktor perché in presenza di tutti i suoi parenti.
Avrebbero finalmente avuto un po’ di tempo solo per loro.
Non che mamma e papà Katsuki fossero contrari alla loro relazione, che a Mari importasse qualcosa – a detta sua da quando era fidanzato con Viktor era più rilassato e trattabile, perciò avrebbe dovuto continuare su quella strada – o che Yuuko e Takeshi avessero aperto bocca in merito. Anzi: quando aveva dato loro la notizia di essersi impegnato con Viktor, rigorosamente in presenza del fidanzato, per non lasciare che le uniche spiegazioni giungessero dalle immagini televisive del loro bacio, la notizia era stata accolta con naturalezza. Affinché consegnasse quell’anello a Viktor erano persino stati di supporto.
Yuri era stato fortunato e questo lo sapeva, ma continuava a sentire il bisogno di una privacy che a casa sua, in Giappone, non esisteva.
Viktor non se ne era mai lamentato in quanto ospite, grato ai suoi genitori per non avergli chiesto nemmeno un soldo quando il suo unico modo per ricambiare era allenare il loro figlio, con cui per altro poi si era fidanzato, ma Yuri sapeva quanto non essere soli pesasse anche a lui.
Sentì il braccio del russo avvolgersi intorno alle proprie spalle e le labbra di Viktor schioccare un bacio sulla sua guancia.
« Auguri, moy dorogoy », aggiunse sottovoce.
« Grazie », rispose Yuri con un sorriso innamorato, guardando i suoi occhi con intensità e le labbra con bramosia.
Axel, Lutz e Loop già pronte ad immortalare un bacio che però non arrivò.
Le fette di torta vennero tagliate e distribuite a ciascuno dei presenti dal signor Katsuki.
« Allora, quando avete il volo? » chiese di punto in bianco Yuuko.
Yuri aveva indosso uno spessissimo maglione di lana regalatogli da sua sorella, una sciarpa all’uncinetto un po’ malandata e fatta su misura dalle tre bambine sedute al tavolo, e dei guanti in pelle foderati, regalo dei coniugi Nishigori. Un nuovo armadio invernale insomma, dato che da Minako era giunto un paio di scarponi.
Yuri gettò uno sguardo al suo nuovo orologio da polso, un elegante modello con cinturino in cuoio marrone e un quadrante color bronzo. Sua madre e suo padre conoscevano senza ombra di dubbio i suoi gusti.
« Tra un paio d’ore, più o meno », rispose. « Ma siamo in orario, quindi nessun problema. »
Le valigie erano già pronte in soggiorno da quella mattina, sarebbe bastato recuperare Makkachin che si era arenato in un angolo dopo aver elemosinato cibo per tutto il pranzo e sarebbero stati pronti a partire.
Se Yuri era vestito neanche fosse pronto per viaggiare fino in Siberia era perché il regalo di Viktor consisteva proprio in un viaggio in Russia. Un viaggio che per ovvi motivi non gli aveva tenuto nascosto, considerando che forse lasciare la sua famiglia per qualcosa che non fosse una gara sarebbe potuto essere spiacevole per Yuri.
Invece ne era stato entusiasta, il suo giapponese. Era saltato al collo di Viktor e alla notizia lo aveva tempestato di baci come non ricordava di aver mai fatto.
Viktor aveva pensato di dover dedicare più spesso regali così importanti al fidanzato se il suo, di guadagno, era quello.
Voleva assolutamente che Yuri conoscesse San Pietroburgo, che vedesse casa sua, dove si allenava, i posti che era solito visitare.
Voleva che respirasse un po’ del vecchio Viktor, quello che trovava la Russia adatta a sé perché era fredda e distaccata da tutto come lo era lui prima di incontrare Yuri.
Sarebbe stato un viaggio romantico, anche se non in chissà quale luogo esotico – almeno per lui che in Russia c’era nato –, ma nel suo appartamento nel centro di San Pietroburgo.
Sarebbero stati soli e insieme, però.
Una luna di miele in anticipo.
 


Aereo diretto a Mosca, orario sconosciuto.

Erano sull’aereo da cinque ore e Yuri era così emozionato da non aver nemmeno iniziato a risentire del jet lag.
Da quando Yuri aveva conosciuto Viktor visitare la Russia era diventato non tanto un sogno nel cassetto quanto una priorità: voleva vedere i posti che era solito vedere lui, conoscere i luoghi che frequentava e assaporare al meglio il paese del fidanzato.
Gli stessi motivi per cui Viktor voleva portarlo lì, ma Yuri ci pensava da ben prima che Viktor dichiarasse le proprie intenzioni.
Voleva solo conoscerlo di più, dichiararsi a ragione la persona che più sapeva di lui.
Nel cercare qualcosa con cui tenersi impegnato mentre Viktor leggeva con passione l’articolo di una rivista di gossip richiesta espressamente ad una delle hostess, – non senza tradire il proprio interesse con degli “amazing” appena sussurrati o prorompenti come era per lui più comune – Yuri si era reso conto che proprio perché voleva conoscere Viktor più di quanto già non facesse si stava interrogando da giorni su un ritrovamento di qualche settimana prima.
Aveva rinvenuto un foglio sulla scrivania della propria stanza, che momentaneamente era anche la camera di Viktor, su cui erano scarabocchiati dei numeri. Un’infinità di numeri, non solo un paio per un conto veloce in cui dubitava comunque Viktor si sarebbe cimentato.
A giudicare da come erano riportati sembravano orari, una lista di orari a cui però erano stati aggiunti e poi sottratti degli altri valori.
La calligrafia era di Viktor, Yuri la riconosceva, ma in ogni caso il giapponese avrebbe trovato molto sospetto che qualcuno di diverso lasciasse un foglio simile proprio sulla scrivania della sua stanza.
Aveva provato a cercarci uno schema, Yuri, ad abbinare ai numeri delle lettere, ma non ne aveva ricavato nulla.
In effetti non sarebbe stato da Viktor, da sempre più diretto di lui, lasciargli un messaggio cifrato. Perché investire energie in qualcosa di simile quando poteva semplicemente godersi il rossore sbocciato sulle guance di Yuri nel momento in cui gli avesse rivelato, guardandolo negli occhi, i propri pensieri più reconditi ed intimi? Oh, avrebbe agito di proposito pur di ottenere la vista delle sue gote arrossate.
Non era da lui nemmeno utilizzare qualcosa che non fosse una calcolatrice per qualche calcolo aritmetico come quelli che aveva visto sul foglio incriminato.
In fondo Yuri avrebbe potuto chiedere, quando aveva trovato il foglio così come in quel momento, essendosene ricordato. Eppure la prima volta aveva sentito che non era il caso di indagare e allora, seduto sul proprio sedile nell’aereo, per qualche motivo il russare dei passeggeri seduti a diversi sedili distanza da loro e il vociare sommesso dei temerari che non volevano mettere a frutto il viaggio riposando un po’, lo distrasse.
Quasi non fosse destino che scoprisse i segreti celati dietro quelle misteriose annotazioni.
« Stavo pensando… »
Di punto in bianco la voce di Viktor fece capolino nella testa di Yuri.
Quando aveva smesso di leggere?
« Cosa? » rispose Yuri con fin troppa prontezza, proprio nel rendersi conto di essere stato distratto dai propri pensieri fino a poco prima e di essersi perso, per questo, qualsiasi azione avvenuta intorno a sé.
Viktor parve rimanere interdetto da tutta l’energia con cui la risposta di Yuri lo travolse. Un piccolo sorriso prese forma sulle sue labbra carnose. Vispo, furbo come sempre. Sembrava che stesse pensando a qualcosa, qualcosa come per esempio che Yuri era adorabile anche nel proprio agitarsi ad ogni minimo pretesto.
Qualcosa di molto scomodo, per il giapponese, perché quei sorrisi erano sempre un chiaro segnale che Viktor stava tramando, che aveva un piano.
Se Viktor era tornato a parlare solo allora, dopo aver riposto già da un po’ il giornale di gossip sul tavolino del sedile di fronte a lui, era solo perché voleva lasciare che Yuri si godesse il paesaggio fuori dal finestrino, vedendolo tanto assorto.
Quello accanto all’oblò di vetro era il posto preferito di Viktor, ma proprio per questo lo aveva ceduto al fidanzato, perché potesse apprezzare i colori del cielo, perché si godesse Mosca che lo accoglieva con il proprio tramonto mozzafiato.
Era un buon compromesso, visto che non erano riusciti ad evitare lo scalo e un altro pezzo di viaggio per arrivare a San Pietroburgo.
« Stavo pensando che se stai venendo in Russia dovresti imparare qualche altra parolina della mia lingua », fece notare Viktor.
E a ragione.
Yuri si dimostrava sempre piuttosto entusiasta quando Viktor si proponeva di insegnargli qualcosa, perché come sempre Yuri non aveva il coraggio di chiedere; l’unico approccio, per la verità indiretto, che Viktor aveva avuto con la sua volontà di conoscere meglio la sua madrelingua era giunto quando aveva sorpreso Yuri a studiare il cirillico per conto proprio su un tomo esagerato sia nelle dimensioni che nel prezzo.
Ecco, una parola che Yuri conosceva era chort1, che Viktor aveva esclamato strabuzzando gli occhi nello scoprire a quanto corrispondeva il costo del libro in rubli, oltre al proverbiale vkusno2, certo, che il fidanzato utilizzava costantemente.
L’idea di Yuri quando aveva cominciato a studiare era fargli una sorpresa, lasciargli un biglietto scritto nella speranza che fosse abbastanza grammaticamente corretto da non far indignare il russo, sia il suo russo che la lingua stessa: sapeva che con la sua sincerità e con la sua assenza di peli sulla lingua, Viktor gli avrebbe fatto notare ogni singolo errore. Errore che con ogni probabilità sarebbe stato presente.
E serviva, per imparare, ma Yuri avrebbe voluto essere perfetto senza necessità di correzioni, per una volta.
A prescindere dalle conseguenze tragiche di quel biglietto se avesse visto la luce, Yuri era comunque interessato a conoscere la sua lingua e sapeva che Viktor sarebbe stato paziente se fosse stato lui ad insegnargli, secondo il suo non troppo modesto parere, come conveniva.
« Mi piacerebbe. »
Oltre agli intercalari usati più spesso dal fidanzato e di cui gli aveva quasi per logica conseguenza chiesto spiegazioni, Yuri conosceva qualche appellativo sdolcinato con cui rivolgersi a Viktor: lui ne usava in continuazione e a Yuri non dispiaceva affatto.
« Ok, allora… » cominciò Viktor, picchiettandosi un dito sulle labbra. « Sai come si dice “ciao”? »
« Privet. »
Forse Yuri sapeva più cose di quanto non volesse ammettere.
Gli occhi di Viktor vennero illuminati da un certo bagliore, il sorriso furbo che si era addolcito di nuovo sulle sue labbra. Si lasciò sfuggire un piccolo fischio, esattamente come quando durante le prove Yuri si dimostrava particolarmente sicuro o abile.
Lo aveva pronunciato in effetti in modo impeccabile.
« Molto bene », si limitò a rispondere Viktor, rendendosi conto dallo sguardo divertito di Yuri che aveva intuito quanto fosse compiaciuto. « E “come stai?” »
Silenzio da parte di Yuri.
« Kak vy? » fece solo Viktor.
Aveva un blocchetto nel bagaglio a mano, un blocchetto che teneva sempre con sé per potersi appuntare qualsiasi idea per le coreografie, dalle musiche ai movimenti.
Lo scrisse, traslitterando in alfabeto latino solo per evitare ulteriori confusioni da parte del fidanzato che aveva sospeso precocemente i propri studi di cirillico.
« Kak vi? »
« No. Vy. »
« Ve. »
Il terzo tentativo di Yuri andò più o meno segno, ma Viktor lasciò che lo ripetesse qualche altra volta solo per godersi il movimento del labbro inferiore di Yuri nel momento in cui i denti lo lasciavano andare per pronunciare quel fonema.
« Viktor, sono sicuro di averlo ripetuto nel modo giusto… » fece notare Yuri all’ennesimo no, un po’ frustrato.
Non si era nemmeno accorto di come Viktor lo stesse guardando, troppo concentrato e impegnato nel tentare di adottare la pronuncia corretta.
« Oh, davvero stai rispondendo indietro al tuo maestro, Yuri? » domandò Viktor. « Però hai ragione, ne stavo approfittando per guardarti. »
Yuri sentì la pelle del proprio viso andare fuoco e giurò che del vapore fosse fuoriuscito dalle sue orecchie.
“Viktor!” ecco cosa avrebbe detto Yuri per protestare.
Il russo gli rubò un bacio con fare divertito.
« Se vuoi rispondere invece… »
« Viktor! » protestò Yuri, più per abitudine che per fastidio.
E forse perché un altro bacio, in fin dei conti, lo voleva.
« … ad un “come va”, puoi- »
« Viktor! »
« Sht. »
Il russo lo baciò di nuovo.
A quel punto Yuri si zittì, senza imbarazzo.
« Dicevo, puoi dire “nu, i ty?” »
« Nu, i… ty? »
Viktor si appoggiò drammaticamente contro il fianco di Yuri.
« Oh, il mio allievo sta diventando così bravo! »
« Guarda che se mi stai prendendo in giro non è divertente », rispose Yuri, contraddicendosi con il proprio sorriso.
Sapeva che Viktor era serio.
« Perché prenderti in giro? Io sono serissimo! »
Yuri lo guardò non convinto, un sopracciglio alzato. Senza nemmeno accorgersene la sua mano aveva raggiunto quella di Viktor. Sporgevano entrambe dal bracciolo, che i loro gomiti condividevano permettendo alle loro braccia di intrecciarsi. Le dita si strinsero le une alle altre in quella presa calda e confortevole, che Viktor gli ricordò muovendo appena il pollice contro il dorso della sua mano.
« Ya lyublyu tebya. »
Yuri credeva che il passatempo che vedeva Viktor come suo professore di russo fosse momentaneamente finito, che quell’attimo di dolcezza li avrebbe portati a rimanere l’uno contro l’altro a chiacchierare, scambiarsi qualche altro bacio e parola sommessa.
« Cosa significa? » domandò Yuri.
« Ti amo. »
Yuri trattenne il fiato.
Non era la prima volta che Viktor glielo diceva così come non era la prima volta che lui osava dichiararlo al fidanzato.
Si amavano ed era risaputo da prima che lo rendessero ufficiale e solido a parole.
Nonostante questo Yuri arrossì. Era come se tutte le emozioni che Viktor gli faceva provare, che facevano battere all’impazzata il suo cuore, volessero manifestarsi. E se non riusciva a dimostrarlo lui, gli occhi un po’ spalancati e le labbra schiuse e tremolanti, doveva pur rimediare in qualche altro modo, anche involontario.
Viktor sorrise appena.
« Guarda, si scrive così. »
Senza lasciare la mano di Yuri, usando quella libera, Viktor scrisse sul foglio anche quella frase.
A Yuri non importava l’”anche io”: quando Viktor gli diceva di amarlo preferiva ripetere “ti amo” a propria che uno scarno anche io. Se non c’era quella parola nella frase, se non c’era la parola amore, non gli sembrava sufficiente.
« Ya lyublyu tebya », ripeté Yuri, guardando Viktor dritto negli occhi.
Era chiaro che quello non fosse un semplice esercizio di pronuncia e se lo fosse stato si sarebbe rivelato un po’ fallimentare, per quanto a tentoni Yuri era giunto alla fine della frase.
« Mhm », fece Viktor.
« Cosa c’è? » domandò Yuri, allarmato.
« Niente, non avevo mai pensato che potesse suonare meglio se sei tu a dirlo. »
Neanche a dirlo, il volto di Yuri tornò ad imporporarsi.



Mosca, ore 18:25.

« Certo che siete lenti, eh! »
Mettere i piedi a terra dopo aver trascorso quasi una decina di ore in volo era un’esperienza mistica. Così mistica da costringere Yuri a prendere l’aereo molto prima rispetto a qualsiasi impegno potesse avere: se doveva esibirsi faceva in modo di concludere il proprio viaggio almeno il giorno prima, in modo da potersi riposare per tutta la notte.
Arrivo la mattina e qualsiasi impegno il pomeriggio? Mai nella vita. Yuri non sarebbe stato sufficientemente sveglio ed efficiente per permettersi qualcosa di simile.
Era già tanto che fosse riuscito a recuperare il proprio bagaglio senza scambiarlo con uno del tutto diverso dal suo, dopo essere atterrati a Mosca.
Anche se erano dovuti partire a metà giornata, non avevano anticipato i festeggiamenti e a mezzanotte gli erano giunti solo degli auguri tranquilli da parte di sua madre, prima che andasse a coricarsi. Viktor era di tutt’altro avviso però: aveva passato circa un’ora a coccolarlo e sbaciucchiarlo, cosa che inizialmente aveva tenuto sveglio uno Yuri desideroso di gustarsi ciascuna di quelle attenzioni.
Perciò non avevano nemmeno fatto troppo tardi, non aveva dormito così poco, ma era ugualmente distrutto.
Però era ancora emozionato. Una combinazione letale per il suo orientamento; Viktor gli aveva sistemato una mano sulla testa e lo aveva voltato neanche un braccio meccanico in direzione della persona che li stava aspettando, prima di avvolgergli un braccio intorno alle spalle per evitare di perderlo.
« Scusa Yuri, siamo stanchi », si giustificò il giapponese con un sorriso.
Yuri Plisetsky li scrutò serio, la solita espressione torva e arrabbiata in viso.
« Questo è perché siete vecchi. Beh, tu di un anno in più per davvero. » Il suo tono di voce si addolcì. « Tanti auguri. »
Il biondino era felice di vedere Yuri, nonostante tutto. Era da mesi che riuscivano a comunicare solo per messaggio o magari con qualche videochiamata, mentre Viktor si dava alla macchia per la propria permanenza in Giappone.
Stava bruscamente evitando Yakov per non dover affrontare la questione allenamenti; li stava portando avanti di propria spontanea iniziativa ad Hasetsu, dove quasi conviveva con Yuri nella sua piccola stanza, alle terme di Yutopia.
Se aveva fatto da coach a lui perché non sarebbe dovuto essere in grado di allenare anche se stesso?
Yakov era di tutt’altro avviso, ma sapevano tutti e tre che non era il caso di intavolare il discorso in quel momento.
Yuri non dava per scontati gli auguri. Per la verità era il primo compleanno in cui non si preoccupava davvero neanche per un secondo che solo sua madre e suo padre si sarebbero ricordati di augurargli una buona festa. Sua madre e suo padre, e Phichit, che era una presenza costante.
Infatti anche in quel momento Yuri sentì il telefono vibrare; il ragazzo doveva voler sapere se fosse giunto sano e salvo nelle fredde terre dell’ovest. Ovest dal loro punto di vista, ovvio.
Non ebbe però il tempo di pensarci, troppo concentrato su gli auguri del ragazzo di fronte a sé.
Quel piccolo gesto, quelle due parole che dette con un tono leggermente meno irritato, dovevano essere costate a Yuri. Proprio per questo motivo lo apprezzava tanto.
« Grazie. »
« Yurio, sappi che sei fortunato! » sbottò di colpo Viktor, attirando di più a sé il fidanzato. « Ci vuole fortuna per partecipare al compleanno del mio Yuri! »
Yuri sapeva che era un azzardo, che lui non era un tipo fisico e che il suo omonimo l’avrebbe ucciso. Solo per questo evitò di abbracciarlo.
Solo per questo e perché tra di loro c’erano le transenne che dividevano chi aveva già passato i controlli di sicurezza, oltre a Viktor che lo teneva stretto.
Yuri se ne accorse solo quando ci sbatté contro.
Quanto poteva essere stanco per non averle notate?
« Non sto davvero partecipando se tu non hai intenzione di uscire per non dover rifare i controlli, stupido! » sbottò il biondo.
Yuri si voltò.
« Sei serio, Viktor?! »
Sbraitarono entrambi per diversi minuti contro il russo, ma fu irremovibile.
Durante quell’acceso scambio di opinioni, tra Yuri che tentava invano di convincere Viktor e Yurio che invece gli inveiva contro vanificando tutto il lavoro del proprio alleato, si avvicinò a loro un membro del personale dell’aereoporto.
Viktor lo salutò con un cenno e scambiarono qualche parola incomprensibile a Yuri, suscitando l’ira di Yurio che si ritrovò a non essere più considerato.
Accanto a loro c’era un trasportino piuttosto grande. Quello di Makkachin.
Viktor si accucciò. Viaggiare molto e avere degli amici tra i controllori dell’aereoporto era servito a dare un po’ di libertà a Makkachin in quell’ora di attesa per il volo che da Mosca li avrebbe portati finalmente a San Pietroburgo.
« Makkachin, piccolo mio! » lo salutò Viktor con tono drammatico, mentre Makkachin saliva con le zampe anteriori sulle sue gambe.
Il russo si profuse in qualche frase affettuosa nella sua madrelingua, accarezzando i ricci di Makkachin.
« Viktor, mi hai seriamente fatto venire qui per poi ignorarmi e parlare al tuo cane? » Nessuna risposta. « Ohi, Viktor! »
E pensare che da parte di Yuri sarebbe bastato solo dire che voleva davvero superare le transenne, per convincere Viktor.
Dubitava che se il suo spartano compleanno in aereoporto fosse stato organizzato di nuovo da Viktor, Yuri lo avrebbe lusingato con la propria presenza.
 


San Pietroburgo, ore 22:05.

« Viktor, dobbiamo proprio andarci ora…? »
L’emozione che aveva fatto da carburante a Yuri durante tutta la giornata, che lo aveva spinto ad affrontare dei festeggiamenti a pranzo e un viaggio di dieci ore insieme a Viktor, stava iniziando ad esaurirsi.
Era ancora entusiasta, ovvio, ma preferiva continuare ad esserlo nei propri sogni, o magari sul divano dell’appartamento di Viktor, spalmato su di lui e con Makkachin come coperta.
Sotto gli occhi di Yuri due profonde occhiaie erano comparse, ma non sembrarono scalfire Viktor impietosendolo. No, lui era stoico e fiero, convinto della propria meta e granitico come lo era stato in aereoporto.
Fisicamente il russo sembrava stanco almeno quanto lui, ma per i gesti dimostrava il contrario.
« Certo! E poi ormai siamo arrivati. »
Erano scesi dall’aereo intorno alle nove, dopodiché avevano preso il taxi che Viktor aveva già prenotato. Quell'uomo era l’efficienza fatta persona, forse perché odiava aspettare.
Forse perché era ancora il compleanno di Yuri e doveva essere tutto perfetto.
« Lo so, ma… ci verremo anche nei prossimi giorni, no? » domandò. « Ti prego, sono stanchissimo… »
Il corpo esausto di Yuri si adagiò contro quello di Viktor, le loro dita guantate strette l’una nell’altra.
C’era poca gente per le strade di San Pietroburgo a quell’ora, anche se questo era un confronto che Yuri non era in diritto di fare non sapendo quanto fossero affollate le vie durante il giorno. Se c’era una cosa che sapeva era che le fredde terre dell’ovest dove viveva Viktor, per chiamarle come Phichit, erano davvero fredde.
Anzi: erano gelide.
Si convinse che il maglione regalatogli da sua sorella non sarebbe stato sufficiente, così come non lo sarebbero stati tutti gli altri accessori che si stavano sì rendendo utili, ma senza nasconderlo a sufficienza dal freddo.
Non come il corpo di Viktor che lo stringeva a sé, almeno.
Gli sembrava di essere stretto ad una stufa umana.
« Poco fa avevi freddo, la prossima lamentela quale sarà? »
Yuri ci pensò. Troppo a lungo, perché gli venne in mente una sfilza di possibilità che però si sentì ingrato anche solo ad elencare nella propria testa.
Viktor sapeva che Yuri era stanco. Se ne rendeva conto e sapeva di averlo esasperato fino al limite.
« Almeno se entriamo qui starai al caldo. »
Gli occhi di Yuri si illuminarono.
Sì, decisamente bastava molto poco per renderlo felice.
Viktor estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca del cappotto nocciola e dopo svariati tentativi riuscì a trovare quella giusta e ad infilarla nella serratura. La girò e aprì il portone.
Subito si fiondarono all’interno dell’ingresso.
Il riscaldamento era spento, ma il caldo dell’androne, essendo quella una struttura chiusa, li avvolse ugualmente.
Sempre meglio che fuori.
Dopo essersi abituato a vivere in Giappone Viktor doveva ammettere che il clima russo accoglieva in modo alquanto rigido.
Slacciò il guinzaglio dalla pettorina di Makkachin, rimasto per tutto il tempo della passeggiata seduto accanto a loro, e dopo averlo lasciato libero si voltò verso Yuri.
« Vieni. »
Nell’edificio, il naso che gradualmente si scongelava e il corpo che tornava ad avere la propria proverbiale mobilità, Yuri tornò ad essere entusiasta.
Avevano fatto bene a non lasciarsi condizionare dalle sue lamentele.
Viktor fece attenzione a lasciare Makkachin nell'ingresso, senza che li seguisse.

Erano nel palaghiaccio dove Viktor era solito allenarsi.
Un click e le luci sopra la pista si accesero.
Era imponente, elegante. Le ampie vetrate rivelavano l’esterno dell’edificio. Anche se in quel momento era buio, Yuri immaginava quanto dovesse essere bello potersi godere il paesaggio esterno durante le pause, usarlo come ispirazione in ogni istante delle proprie prove.
Si guardò intorno tenendo ancora Viktor per mano.
Aveva visto diversi palaghiaccio, ci si era anche esibito.
Non sapeva se quello lo colpisse tanto solo perché lo conosceva come il luogo che aveva visto nascere la stella che era Viktor.
Il naso puntato verso il soffitto, le labbra schiuse per lo stupore mentre lasciava scorrere lo sguardo su ogni elemento dell’enorme stanza.
Sapeva che fare un complimento su quel luogo sarebbe suonato sciocco, anche se Viktor lo avrebbe capito. E lo capiva già, a giudicare dalla sua espressione, perché lo stava guardando soddisfatto.
« Aspettami qui, mh? » ruppe il silenzio il russo, sporgendosi e baciandogli una guancia.
Lì potevano stare più tranquilli, nessun occhio indiscreto a giudicarli per le loro effusioni come invece in aereo, in aereoporto o per strada. Non che degli sconosciuti importasse loro troppo.
Viktor lasciò la mano di Yuri a malincuore e si tolse la giacca che abbandonò sul parapetto della pista.
Yuri parve quasi smarrito nel vedere Viktor allontanarsi e tornare, poco dopo, con indosso i pattini al posto delle scarpe.
Aveva temuto che lo stesse portando al palaghiaccio per sorprenderlo con un allenamento fuori programma, per quanto nelle sue condizioni volesse dire farlo rovinare a terra e lasciarlo dormire sul ghiaccio.
Non avrebbe nemmeno avuto senso.
Che volesse essere lui ad allenarsi?
No.
Era incomprensibile, illeggibile e indecifrabile.
Proprio come il foglio coperto di numeri che Yuri aveva trovato sulla propria scrivania.
Dal bordo della pista Yuri vide solo che Viktor aveva iniziato a muoversi, ma non con la solita nonchalance; era elegante, lo era sempre, eppure non stava spendendo tutto il tempo a guardarlo quasi a chiedergli se stesse apprezzando lo spettacolo che gli stava fornendo: era concentrato su dove stava pattinando, alternava alle occhiate al ghiaccio quelle rivolte a lui. Gli regalava dei piccoli sorrisi, che facevano da corredo a quei movimenti eleganti.
« Perché non sali sugli ultimi spalti delle gradinate? » gli chiese a gran voce affinché lo sentisse.
Yuri ubbidì senza nemmeno pensarci, convinto che se glielo aveva proposto Viktor, quella fosse la chiave tanto cercata per risolvere il mistero.
Iniziò la propria scalata, una curiosità tale in corpo da sostituire la stanchezza. Ogni tanto Yuri si fermava, si voltava e guardava Viktor per controllare se fosse ancora intento a muoversi sul ghiaccio.
Una volta in cima ai gradoni Yuri tornò ad osservare la pista.
La sorpresa gli impedì di sedersi.
Viktor si era tenuto vicino al bordo, prima di iniziare a pattinare, per non lasciare tracce al centro.
Ora che si trovava in alto, Yuri riusciva a vederli. Vedeva una coppia di solchi paralleli sul ghiaccio. Dei solchi curvi, sinuosi.
Delle lettere in corsivo.
Ya lyublyu tebya.
Sulla pista perfettamente pulita e priva di imperfezione spiccavano solo quei segni.

Era un pensiero tanto dolce, tanto bello da spiazzare Yuri.
Aveva realizzato tutto nell’esatto momento in cui Viktor aveva finito di scrivere.
Si era tolto i pattini rimanendo con indosso solo i calzini, del tutto incurante di aver perso in eleganza – sapeva che Yuri non lo avrebbe mai giudicato – e aveva iniziato a salire con rapidità le scale per raggiungerlo.
Non aveva scollato un istante gli occhi dal suo viso sorpreso, innamorato e commosso, Viktor.
Il suo regalo era stato, almeno nel dichiarato, l’acquisto dei biglietti per il viaggio a San Pietroburgo.
A Yuri sarebbe bastato quello, perché era già troppo.
Nella verità, però, il suo regalo era stato anche supervisionare i preparativi della sua festa affinché fosse perfetta. Era stato organizzarsi in modo che incontrasse persone che non vedeva da mesi. Era stato trovare un regalo che gli rimanesse nel cuore.
Viktor era un po’ nervoso e un po’ agitato, perché fallire un regalo materiale sarebbe stato meno doloroso che fallirne uno in cui aveva messo l’anima.
Voleva sapere cosa pensava Yuri, era l’unico di cui contasse davvero il pensiero.
« Mi sono allenato un sacco per riuscirci », premise. « È una sciocchezza, ma… »
Mai Viktor aveva iniziato una frase in modo tanto umile.
Stava ammirando il proprio operato, Viktor, notando delle incertezze e delle imperfezioni che agli occhi di Yuri nemmeno esistevano. Quando guardò il giapponese, scoprì che lo stava fissando.
Gli aveva dato il tempo di voltarsi e poi gli aveva afferrato il volto tra le mani per baciarlo.
Una volta lontani, gli occhi di Yuri erano lucidi.
« Non è una sciocchezza » ribatté Yuri quasi si trattasse di un affronto. « È bellissimo, perché lo hai fatto tu. » Attese un istante. « Grazie, Viktor. »
Glielo dimostrò cercando di corsa il proprio telefono e poi la fotocamera. Immortalò quell’istante, immortalò la pista che era diventata nella sua interezza uno striscione del loro amore.
« Yuri… »
Stava trattenendo le lacrime, i singhiozzi per l’emozione. Sapeva quale enorme sforzo fosse per lui.
« Ya lyublyu tebya, Viktor », pronunciò Yuri, risoluto, gettando qualche sguardo alla scritta sul ghiaccio per accertarsi di non aver inventato nulla, le gote arrossate.
Viktor sbatté le ciglia.
La soddisfazione che provava in quel momento era incommensurabile, indicibile.
Si ritrovò ad avvolgere le braccia intorno ai fianchi di Yuri e a sorridere per la sua esitazione. Lui che aveva avuto sempre difficoltà a crederci, all’amore, non pensava sarebbe mai riuscito a provarne e a manifestarlo tanto facilmente.
« Dio, sono così fortunato… » disse Yuri, singhiozzando appena.
Il russo sorrise.
« Buon compleanno, amore mio », sussurrò Viktor contro il suo orecchio, schioccando poi un bacio sulla sua tempia.
Yuri, il volto nascosto contro il suo petto, cercò un orologio con lo sguardo.
Lo trovò appeso al muro.
Appena le dieci e mezza.
Mancavano ancora due ore alla mezzanotte.
Solo a quel punto ricordò che in Russia, a San Pietroburgo, era ancora il ventinove di novembre. Era ancora il suo compleanno.
Il fuso orario che a volte ostacolava ancor di più la loro relazione quando erano lontani – impedendo loro di resistere e costringendoli a ritrovarsi – aveva permesso a Viktor di dargli il suo regalo in un posto speciale senza farlo il giorno sbagliato.
Anzi, era Viktor ad aver permesso tutto questo, ad averlo reso reale.
I numeri sul foglio trovato nella propria camera di Hasetsu avevano appena acquistato un senso.
Quasi Viktor gli avesse letto nella mente, parlò.
« Hai visto? Sono riuscito anche a portare indietro il tempo, per te. »
Già pronto a spiegarsi, vide Yuri ridere.
« Sì, ho trovato i tuoi calcoli incomprensibili », rispose.
Un piccolo grazie a fior di labbra, fronte contro fronte, entrambi sorridenti.
« Mi basta dividerlo con te il mio tempo, Viktor. Non mi serve altro. »
Malizioso era il sorriso che inclinò le labbra di Viktor.
« È il tuo compleanno ancora per un’ora, Yuri. »




1chort: accidenti;
2vkusno: delizioso


----
La mia nuova fissazione del 2017 è scrivere fanfiction di compleanno, se mi ricordo del compleanno dei personaggi.
Già solo a novembre ne ho scritte due e devo dire in realtà che è un ottimo pretesto per tenermi in allenamento e avere idee per le one-shot, distraendomi così senza troppi sforzi dalle long.
Che dire? Fluff Viktuuri non AU, per una volta. Come sempre ho corso come una dannata per riuscire a pubblicarla entro il 29 e pur essendo una storia che non racconta chissà quali vicende e senza pretese, mi auguro veramente che vi abbia tenuto compagnia e che vi sia piaciuta ;_;
Yuri on Ice è un anime a cui mi sono affezionata tantissimo e spero di poter omaggiare (?) anche Viktor con una shot, per il suo compleanno.
Tengo a ringraziare Jessica per avermi dato l'idea del regalo di Viktor, per cui stavo sclerando e senza la quale penso questa fanfiction avrebbe perso parecchio Grazie a chiunque sia arivato a leggere fino a qui, spero davvero che vi vada di dirmi cosa ne pensate!
Alla prossima! ~
   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: CHAOSevangeline