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Autore: FlavyDreamer    30/11/2017    0 recensioni
Lui, lei, loro.
Il sogno di New York. Il sogno di una relazione impossibile che diventa realtà.
Ma come?
La storia di un amore non convenzionale che non sarebbe dovuto nascere.
La storia di un amore che è così vero da non guardare in faccia né l'età né la situazione.
Perchè, dicono, "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Ah, New York... Fra tre mesi ti raggiungo, finalmente!" sorrise Gabriele chiudendo la guida turistica di Manhattan con soddisfazione.
Diede una rapida occhiata all'orologio e si ridestò bruscamente dal suo sogno ad occhi aperti: tra meno di un quarto d'ora lo aspettava la prima lezione di approfondimento di inglese americano a casa di un'insegnante privata del suo stesso quartiere.
Con gesti rapidi sistemò quaderno e penna in uno zainetto classico nero, infilò una giacca di jeans e si apprestò a uscire.
Attraversò di corsa il salotto e fece un sbrigativo cenno di saluto ai genitori che, come sempre, erano assorbiti dalla loro attività di ricerca di facili guadagni e di gioco. La madre al portatile, il padre al computer fisso, neppure si accorsero della sua fugace presenza.
Una volta in strada, il ragazzo alzò lo sguardo sulla fila di palazzi anonimi e grigi che sovrastavano la periferia dove abitava e, come ogni volta, scosse la testa contrariato. Non aveva mai sopportato l'idea di vivere in una zona  degradata, emarginata dal resto della città, la zona in cui troneggiavano fabbriche, tir, polvere e inquinamento alle stelle.
La periferia malfamata della città, quel limbo frequentato soltanto dai residenti, senza attrattive e con pochi negozi che chiudevano ben prima delle diciannove.
Per fortuna, lui aveva un sogno e la concreta prospettiva di uno stage a New York.
Elettrizzato da questo pensiero, aprì Whatsapp e, continuando a camminare, scrisse a Emanuele, il cugino amico fraterno.
"Sto andando alla prima lezione... Speriamo passi presto l'ora, non ho molta voglia di sorbirmi ancora insegnanti"
"Un'ora passa in fretta" fu la pronta risposta.
Gabriele sorrise, poi si mise a correre per affrontare l'ultimo tratto di strada e arrivare, puntuale, davanti al palazzo vecchio e scrostato dove aveva appuntamento per il ripasso di inglese.
Nervoso, suonò al citofono e, dopo poco, senza rispondere, qualcuno aprì il portone.
Con un'alzata di spalle, Gabriele salì le scale e raggiunse il primo piano. Bussò leggermente alla prima porta e, subito, un ragazzo poco più giovane di lui venne ad aprire con un sorriso.
"Ciao, entra pure. Tu devi essere qua per una lezione, vero? Mia madre arriverà a momenti" disse premuroso mentre faceva strada lungo il corridoio verso il salone.
"Sì, sono qui per questo" rispose Gabriele seguendolo e guardandosi attorno con stupore nel vedere disordine ovunque, scatoloni a terra, libri accatastati l'uno su l'altro alternati a stracci, asciugamani e vestiti.
"Prego, accomodati" continuò il ragazzo indicando una delle sedie sotto a un zoppicante tavolo di legno invaso da modellini di aerei. Poi aggiunse "Scusa, mi presento: io sono Daniele"
"Gabriele, ma puoi chiamarmi Gabry, come tutti" sorrise Gabriele, stranamente in immediata confidenza con uno sconosciuto.
"Ciao, aspetta che tolgo subito i miei modellini dal tavolo" Un ragazzino, avrà avuto tredici o quattordici anni, si alzò di corsa dalla poltrona dove era intento a digitare su un tablet e iniziò a raccogliere tutti i modellini in una cesta accanto al televisore.
Gabriele sorrise annuendo perplesso ma divertito.
"Lui è mio fratello Lorenzo, l'appassionato di aviazione" commentò Daniele tra il serio e il faceto.
"Eccome! Guarda, per me gli aerei sono una passione indescrivibile" intervenne Lorenzo con enfasi. "Diciamo che, in genere, trascorro le giornate a costruire modellini oppure a informarmi sull'aviazione. Ho anche un sacco di dvd e passano al massimo due giorni senza che ne guardi uno" puntualizzò. Poi, tornò a sedersi sulla poltrona con gli occhi fissi sul tablet.
"Guarda che i manga sono molto meglio" lo pungolò Daniele prendendo un giornalino da una pila di fumetti a terra e andando a coricarsi sul divano.
"Ah, Gabry non preoccuparti. Mia madre dovrebbe farsi viva tra poco" disse ancora prima di immergersi nella lettura.
Gabriele li osservava stupito ridendo tra sé. Gli sembrava una situazione alquanto bizzarra in casa di una famiglia altrettanto bizzarra.
Scosse la testa sconcertato e, dando un'impaziente occhiata all'orologio, sistemò quaderno e penna sul tavolo.
Un pallone rotolò piano dal corridoio al divano del salotto; pochi istanti dopo una bambina entrò timidamente, corse a recuperare il pallone e, prima di tornare in cucina, salutò con un veloce cenno della mano.
"Lara, nostra sorella. Bene, direi che hai conosciuto tutti ormai" rise Daniele alzando per un attimo lo sguardo dall'appassionante manga. "A dire il vero manca nostro padre ma, sai, è poco presente. Lavora come portiere notturno e dorme quasi tutto il giorno. Quando non dorme, come oggi, va in giro a fare qualche lavoretto per arrotondare" concluse con noncuranza tornando a concentrarsi sulla lettura.
Gabriele annuì senza parlare, divertito dalla grottesca situazione.
"Eccomi, scusa il ritardo" Una donna sulla quarantina, alta, longilinea, abbigliata con una semplice tuta blu, entrò sicura nella stanza diffondendo un piacevole profumo di mughetto.
Aveva un pallido viso acqua e sapone, incorniciato da lunghi e lisci capelli neri, leggermente scompigliati, che le arrivavano alla vita; i suoi occhi, anch'essi neri, sembravano velati da una non ben definita malinconia, come se guardassero "sempre un po' più in là".
Si avvicinò al tavolo e porse a Gabriele una mano ben curata con le unghie smaltate di nero "Io sono Claudia" si presentò, con voce limpida e calda, fissandolo negli occhi.
Il ragazzo la guardava incapace di distogliere lo sguardo, il suo ingresso sembrava aver fermato il tempo e averlo condotto in una dimensione dove non esisteva altro che lei.
Pazzesco, non la conosceva, la vedeva soltanto da pochi attimi ma qualcosa in quella donna rischiava di attrarlo senza rimedio.
Si riscosse sorpreso e anche un po' indispettito, com'era mai possibile? Era sicuramente stata la debolezza di un attimo, lui aveva una relazione e gli sembrava assurdo fantasticare su altre donne, per lo più ultraquarantenni e sposate.
"Gabriele, ma può chiamarmi, come tutti, Gabry" le rispose con finta noncuranza sostenendo il suo sguardo con fermezza.
"Diamoci del tu" ordinò Claudia prendendo un libro e un dizionario dalla mensola sopra al divano. Poi si sedette al tavolo e aprì il libro alle prime pagine senza perdere di vista Gabriele che, a sua volta, la osservava risoluto.
"Perché l'inglese americano?" gli domandò a bruciapelo giocando con le pagine del volume.
Gabriele sorrise soddisfatto e si rilassò contro lo schienale. "New York. Fra tre mesi. Un bel colpo!" spiegò ammiccando.
"Wow, la city!" esclamò Daniele riemergendo dal manga preferito e ricordando la sua superflua presenza.
Claudia si voltò e fissò i figli con finta tolleranza: "Non disturbateci. Sto facendo lezione"
"Perché le serali?" le chiese Gabriele scrutandola indagatore e appoggiandosi allo schienale con le braccia conserte.
La donna fece spallucce con indifferenza  "In questo posto e con questa crisi nera ho preso quello che c'era. Ma non insegno lì da un bel po'. Chi ti ha parlato di me?"
"Leonardi. Non è un mio amico ma lo conobbi in palestra anni fa. Parlando, gli ho detto di New York e dell'intenzione di migliorare il mio inglese americano. E lui, subito, mi ha parlato di... te... E mi ha assicurato che eri una bravissima insegnante di inglese con specializzazione nella variante statunitense. Ed eccomi qua" concluse indicando con un braccio tutto l'ambiente.
Claudia annuì soddisfatta ammirando il suo nuovo alunno. Gli prese il quaderno,  la penna e iniziò a scrivere guardandolo di sottecchi.
"Ok Gabry. Cominciamo?" propose poi, accattivante.
"Cominciamo. Sono pronto" le fece cenno d'intesa avvicinandosi al tavolo.
 


 
"Non ho capito. Davvero ti è quasi dispiaciuto che la lezione sia durata soltanto un'ora? Ma se prima di andarci mi scrivevi annoiato e preoccupato!"
Emanuele scosse la testa ironico e lanciò al cugino un'occhiata interrogativa.
I due ragazzi erano seduti nel soggiorno dell'appartamento di Emanuele, un attico nella "zona bene" della città.
"Non è per la lezione, Ema. Non ci crederai ma... E' pazzesco. Non appena l'ho vista ecco... Quella donna... mi ha provocato un brivido... Insomma, mi sono ripreso subito però, ecco, non me l'aspettavo..." confessò Gabriele ripensando con stupore a quel pomeriggio.
Emanuele smise di colpo di versare il caffè nelle tazze e si voltò sorpreso. "Come? Ti ha provocato brividi una che hai visto, sì e no, un'oretta? E anche fosse? Mica la conosci" commentò perplesso.
"E' sembrato surreale anche a me, credimi. Però... Non so, quando l'ho vista entrare nel salotto, sono quasi rimasto senza parole. Non me l'aspettavo, era davvero l'ultima cosa che potessi immaginarmi stamattina" spiegò Gabriele con enfasi fissando un punto davanti a sé. "E poi" continuò prendendo la tazza che il cugino gli offriva "chissà, magari anche lei mi ha notato... "
Emanuele sorseggiò piano il caffè senza proferire parola. Aveva sempre cercato di aiutare Gabriele nello studio, di dargli buoni consigli poiché aveva visto in lui grande talento e capacità, lo riteneva un ragazzo capace di giudizio e meritevole di farsi una posizione lasciando quella periferia dimenticata da tutti. "Lo so che al giorno d'oggi certi dettagli non fanno più scalpore ma non sai nulla di lei tranne che è una bella donna e ha vent'anni più di te. E' sposata?"
"Ho conosciuto i suoi tre figli ma il marito no perché fa il portiere notturno e di giorno o si riposa o fa altri lavori per arrotondare" rispose Gabriele con distacco.
"Quanti anni hanno i suoi figli?"
"Non so, uno credo diciassette, l'altro ne avrà tredici o quattordici e la bambina non più di dieci"
Emanuele si alzò e mise le tazze nel lavandino. Poi tornò a sedersi sulla poltrona al centro del salone e guardò il cugino con espressione seria. "Dammi retta. Considerala soltanto una bella donna da cui vai a imparare l'inglese. Non farti nessun'altra idea, non è il caso che ti lasci coinvolgere troppo dalla fantasia. Ah, e poi, un altro dettaglio: tu non frequenti forse una certa Marika?"
Gabriele scoppiò in una fragorosa risata. "Mah sì, sì, infatti. Chi ha detto nulla? E poi, magari, è stato un attimo stamattina... Domani non accadrà più. Frequento Marika e il mio sogno è New York e la specializzazione in Diritto Cinematografico, lo sai bene. Il sogno di una vita e non lo tradirei mai. Nulla mi potrà distogliere da ciò che sogno da anni" puntualizzò con trasporto.
"Ecco, pensa ai tuoi obiettivi. Tu meriti molto di meglio che stare qua. Non so, in te ho sempre visto una scintilla, uno spirito d'avventura, ho sempre pensato che tu non saresti rimasto in questa città tutto sommato anonima ma che avresti viaggiato e realizzato una carriera importante" lo ammonì Emanuele con severità.
"Ma certo, ma certo. Nessuno mi distoglierà mai dalla sfolgorante carriera forense che ho in mente. Però" aggiunse Gabriele mentre rifletteva fissando il cugino "chissà... voglio vedere se questa Claudia mi darà qualche brivido anche domani... Non pensavo certo che un'insegnante d'inglese potesse essere... piacevole, ecco. Sicuramente è stato solo un abbaglio però meglio una donna carina che un anziano rompiscatole ahah"
"Su questo sono d'accordo" rise Emanuele prima di avviare il film che avrebbero visto per trascorrere la serata.
   
 
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