Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: KuroHeart    30/11/2017    0 recensioni
"Non c’è altro modo… Se vuoi continuare a vivere allora dovrai diventare come me. Ma ti avverto: una volta che avrai fatto questa scelta, non potrai tornare indietro."
Una voce maschile mi parla, ma io non capisco il significato di quelle parole. Provo a guardare in volto la fonte di questa voce, ma è sfocata e confusa. Cerco di chiedere chi lui sia, ma non riesco a dire nemmeno una parola… Ad un certo punto, l’oscurità si attornia a me e tutto scompare, facendo vedere sangue sparso qua e là. Mi guardo intorno per cercare una via d’uscita, ma rimango paralizzata sul freddo pavimento.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I miei genitori e quelli di Thomas si conoscevano già da tempo, prima che noi nascessimo.
Ovviamente non ci era voluto molto perché io e lui facessimo amicizia.
Eravamo quasi sempre insieme e quando uno dei due doveva tornare a casa, sentivamo già l'uno la mancanza dell'altro: certo doveva essere per il fatto che siamo figli unici, ma soprattutto penso perché la nostra amicizia era ed è profonda. Abbiamo condiviso tutto, le risate e i pianti, i successi e i fallimenti. Grazie a lui ho trascorso un'infanzia spensierata. Ma purtroppo tutto questo non era destinato a durare per sempre...
Ricordo ancora quel giorno. Il giorno in cui tutto cambiò. Il giorno in cui i suoi genitori vennero uccisi.
 
https://www.youtube.com/watch?v=ywhvj7UaDHo&ab_channel=earlyriseband
 
Era il 10 Novembre 1879 (io avevo undici anni e Thomas nove).
Il mio amico era venuto a casa mia per trascorrere il pomeriggio insieme, visto che i suoi genitori avevano un impegno.
<< Scacco matto! >> esclamai contenta.
<< Non è possibile che abbia perso di nuovo... >> disse lui sbuffando.
<< Vedrai che la prossima partita la vincerai tu. >> lo incoraggiai.
<< L'avevi detto anche prima, ma il risultato è stato lo stesso. >> replicò incrociando le braccia al petto.
<< Vuoi fare un'altra partita? >> gli chiesi mentre rimettevo le mie pedine sulle caselle della scacchiera.
<< No, cambiamo gioco. >> rispose sorridendo felice, come se si fosse dimenticato di non aver vinto nemmeno una volta.
Così facemmo e giocammo fino all'ora di cena. Poi raggiungemmo i miei genitori nella sala da pranzo. Una volta finito, ritornammo nella stanza dei giochi.
Ormai per Thomas era giunta l’ora di tornare a casa, ed io ero stata talmente insistente con i miei genitori, che mi diedero il permesso di accompagnarlo.
Salimmo sulla carrozza prendendo posto uno di fronte all’altra con Walter, il maggiordomo della mia famiglia, alla guida, e raggiungemmo la villa Hill percorrendo una scorciatoia, visto che avrebbe potuto piovere da un momento all'altro.
Il mezzo si fermò di fronte all'entrata, rimanendoci più del solito...
Guardai attraverso il finestrino e notai che il cancello era già aperto: nessuno era venuto ad aprirlo però.
"Probabilmente il forte vento deve aver spezzato le sottili catene che lo tenevano chiuso." pensai, anche se non ne ero molto convinta.
<< Tutto bene? >> chiese Thomas, alzando un sopracciglio.
<< Sì, certo. >> annuii e gli sorrisi per nascondere la mia preoccupazione, dato che non volevo turbarlo con una semplice supposizione, basata per giunta su una sensazione.
Poi la carrozza proseguì trovando posto nel grande viale.
Walter scese ed aprì lo sportello: << Signorini, vi prego di attendere un attimo qui. >>
Sentii una morsa allo stomaco, come se qualcosa di brutto stesse per accadere o fosse già accaduto. Anche Thomas aveva un brutto presentimento a riguardo: << Qualcosa non va? >> chiese al maggiordomo, lievemente turbato.
<< Nulla di cui preoccuparsi, signorino. >> rispose tranquillo con un sorriso per poi chiudere lo sportello e dirigersi alla porta principale della villa.
Passarono diversi minuti ma Walter non era ancora tornato. Io e Thomas cominciammo a preoccuparci.
<< Vado a dare un'occhiata. >> dissi aprendo lo sportello e scendendo dalla carrozza con un balzo.
<< No, Katreena, fermati! >> esclamò Thomas tentando di afferrarmi per il braccio. Corsi fino alla porta d'ingresso socchiusa e la spalancai.
<< Sì, capisco... >> sentii la voce di Walter in lontananza. Pensai stesse parlando con i genitori di Thomas, anche se non avevo idea di cosa. Quindi decisi di entrare nel salotto, ma quando svoltai l'angolo per raggiungerli, vidi una cosa orribile davanti a me: il cadavere del padre e quello della madre del mio amico, avvolti in un macabro abbraccio, coperti di sangue, i loro occhi spalancati ed i volti contratti in un'espressione di terrore. Mi misi ad urlare, completamente inorridita e scioccata.
Walter venne subito da me e mi allontanò dalla stanza. << Signorina, vi avevo gentilmente chiesto di rimanere nella carrozza con il signorino Thomas. >> disse rimproverandomi ma cercando di mantenere un tono di voce tranquillo.
<< Loro sono... >> cercai di parlare con voce tremante.
L'uomo annuì mestamente: << Purtroppo sì. Anche i servitori hanno subito la stessa sorte. Ora vi prego di tornare alla carrozza, non voglio che il signorino... >>
<< Mamma! Papà! No! >>
Lo sentii gridare per poi mettersi a piangere. Io ed il mio maggiordomo lo raggiungemmo subito in quella maledetta stanza. Thomas era inginocchiato davanti ai suoi genitori e carezzava loro il viso, macchiandosi così le mani del loro sangue.
<< No... no... perché... >> mormorò, le lacrime ormai scorrevano senza controllo.
<< Signorino Thomas, è meglio se andate con miss Katreena... >> disse mettendosi davanti ai corpi dei suoi genitori per evitare che lui continuasse a guardarli.
Ma lui non gli diede ascolto, e singhiozzante cominciò a fissarsi le mani sporche.
<< Ve lo chiedo per favore, signorino... >> Walter si chinò verso di lui e gli porse gentilmente la mano.
Thomas gliela prese e si alzò, uscendo dalla stanza.
Mi avvicinai al mio amico e gli misi una mano sulla spalla, cercando di consolarlo in qualche modo. Io ero troppo scioccata e spaventata dopo aver visto quei cadaveri una seconda volta, e sapevo bene che se avessi chiuso gli occhi, quell'immagine raccapricciante si sarebbe palesata nella mia mente.
Ad un certo punto Thomas si girò verso di me alzando lo sguardo per poi affondare il viso nel mio petto, stringendomi forte a sé e continuando a piangere.
Lo abbracciai cercando di condividere almeno in parte il suo dolore.
<< Mi dispiace, mi dispiace così tanto... >> dissi, cercando di soffocare i gemiti anche se invano, mentre il mio corpo non faceva che tremare.
<< Miss Katreena, ho telefonato alla polizia. Sarà qui a breve e io dovrò rispondere ad alcune domande, dunque vi prego di andare entrambi nella camera del signorino. >> mi intimò Walter usando un tono di voce tranquillo, spezzato solo dalle lacrime desiderose di uscire, ma che s'impegnò a trattenere. Io lo guardai con gli occhi spalancati, temendo di trovare altri cadaveri lungo la strada. In quel momento il mio maggiordomo sembrò leggermi nel pensiero, poiché disse: << Ho perlustrato l'abitazione e non vi sono problemi al piano superiore. Ora andate, ve ne prego. >>
Così salimmo le scale e raggiungemmo la stanza di Thomas. Si mise seduto con la schiena appoggiata al letto e la testa tra le ginocchia, piangendo più forte di prima.
<< Perché?! Perché?! >> le parole uscivano soffocate, ma lui incurante continuava a ripeterlo, come se si aspettasse una risposta.
"Già. Perché? Perché qualcuno avrebbe dovuto ucciderli?"
Mi si spezzò il cuore a vedere il mio amico in quello stato. Le lacrime ripresero a scendere senza che me ne fossi accorta.
<< Thomas... >> gemetti in preda ad una forte angoscia e tristezza.
Mi avvicinai per poi inginocchiarmi di fronte a lui, abbracciandolo.
<< Mi dispiace così tanto. Non oso immaginare il dolore che stai provando in questo momento. >> mormorai con la voce rotta dal pianto.
<< Mamma... Papà... >> sussurrò debolmente mentre si stringeva a me.
Dopo che Walter fu interrogato dalla polizia, ci raggiunse e si mise a preparare le valigie con dentro le cose di Thomas.
<< Cosa stai facendo? >> gli domandò subito il mio amico.
<< Non potete più stare qui. Ora che i vostri genitori se ne sono andati, la famiglia Handwar dovrà occuparsi di voi, poiché non avete altri parenti che possano farlo. >> rispose l'uomo mentre piegava una camicia.
<< Che ne è dei miei servitori? >> chiese, ma con la consapevolezza che la risposta non sarebbe stata positiva.
<< Purtroppo sono stati uccisi anche loro. >> gli riferì il mio maggiordomo con rammarico.
<< Lo immaginavo... >> mormorò per poi chinare il capo.
<< Resteremo qui per la notte, dato che fuori c'è un temporale e sarebbe pericoloso viaggiare con un simile maltempo. Alcuni poliziotti rimarranno qui a proteggerci, dunque non abbiamo nulla da temere. Domani mattina faremo ritorno alla residenza Handwar. >> fece sapere Walter a entrambi mentre chiudeva una delle valigie.
Così Thomas venne a vivere da noi.
Ovviamente da quel giorno lui non fu più lo stesso: durante i primi giorni, non disse una parola ai miei genitori e nemmeno a me. Non toccò cibo né acqua; rimaneva nella camera che gli avevamo assegnato, guardando fuori dalla finestra, assorto nei suoi pensieri.
L'odio e la rabbia erano sentimenti che pian piano stavano cominciando a riempire il suo animo: ogni volta che passavo vicino alla porta della sua stanza, riuscivo a sentirli chiari come la luce del sole, così come la tristezza, la quale si era già radicata nel suo cuore.
Volevo fare qualcosa per confortarlo, ma i miei genitori mi dissero di lasciarlo stare per un po' e così feci.
Una notte sentii Thomas piangere più forte del solito. Quella volta non potei far finta di niente, così decisi di andare nella sua stanza per consolarlo. Nel momento in cui entrai, trovando il mio amico avvolto nelle coperte e girato verso la finestra, il suo pianto s'interruppe bruscamente, senza emettere nemmeno più un singulto.
<< Thomas... >> lo chiamai sottovoce.
Lui non rispose, forse perché voleva farmi credere che stesse dormendo.
Chiusi piano la porta e mi avvicinai lentamente al suo letto. Poi mi misi sotto le coperte, accanto al mio amico. Lui si girò di scatto, il suo viso rigato dalle lacrime. Non disse nulla, nemmeno di andarmene, e si appoggiò a me. Gli carezzai il viso per asciugare alcune lacrime.
<< Sono qui, Thomas. >>
Dopo avergli sussurrato quelle parole, affondò il viso nel mio petto riprendendo a piangere. Avvolsi il mio amico in un abbraccio, facendo passare le dita tra i suoi capelli fino a quando non si tranquillizzò del tutto.
<< Resta con me, ti prego. >> implorò lui, stringendosi ancora di più a me.
Era così fragile e indifeso...
<< Certo. Non vado da nessuna parte. >> gli baciai dolcemente la fronte e
rimasi al suo fianco tutta la notte; quando si addormentò, l'alba era ormai giunta.
Con il passare dei mesi, la polizia non era ancora riuscita a trovare gli assassini dei suoi genitori. Disse che non c'erano abbastanza prove per capire chi fosse stato: l'unica cosa certa era che la morte dei suoi genitori e servitori era stata programmata da alcune persone facenti parte della mafia o di una setta, poiché qualche cadavere era stato trovato quasi totalmente privo di sangue e presentava due strane punture, alcune sul collo, altre sulle braccia, mentre altri, tra cui quelli dei genitori, oltre alle punture, avevano subito diverse ferite simili ad artigli, effettuate su quasi tutto il corpo.
<< È impossibile che la polizia non abbia ancora catturato quei maledetti! >> sbottò Thomas, battendo un pugno sul tavolo.
<< Ci dispiace molto, Thomas. >> gli disse mia madre con voce rotta.
<< I tuoi genitori erano i nostri amici più cari e credimi, siamo davvero addolorati per ciò che è accaduto loro. >> continuò, cercando di non mettersi a piangere.
<< Questo mondo è pieno di ingiustizie! Le brave persone vengono uccise da quelle cattive e queste ultime riescono a sfuggire alla giustizia! >> esclamò.
<< E allora cosa vorresti fare? Trovare quelle persone e vendicarti, magari uccidendole con le tue stesse mani? Non è quello il modo di fare giustizia, giovanotto. >> intervenne duro mio padre.
<< Caro, non mi sembra il caso di... >> replicò mia madre nel tentativo di dissuaderlo dall'usare un simile tono con il mio amico.
<< Deve imparare ad essere forte e ad accettare che la vita non è sempre giusta. >> la interruppe subito lui.
Thomas, tremante e con le lacrime agli occhi, si alzò da tavola e corse di sopra nella sua stanza.
Io stetti in silenzio ad osservare la scena. Capivo perfettamente il fatto che fosse sbagliato cercare di fare giustizia da sé, ma non trovavo nemmeno giusto che i colpevoli venissero lasciati in libertà, come se non avessero fatto alcunché di sbagliato.
Dopo quella sera, Thomas cambiò di nuovo: le lacrime erano sparite e quella che prima era un'espressione tra la tristezza e la rabbia, era diventata determinazione.
All'età di dodici anni, disse a me e ai miei genitori che sarebbe diventato un poliziotto, giurando che avrebbe fatto giustizia per i suoi. Così cominciò a studiare duramente e ad allenarsi con la spada e la pistola, migliorando sempre più, giorno dopo giorno.
Gli anni passarono, ma nonostante ciò, il mio amico non perse mai di vista il suo obiettivo.
Così arrivò il giorno della sua partenza per Londra, il 14 Agosto del 1888, un mese prima del mio ventesimo compleanno.
<< Katreena, ti ringrazio per avermi sostenuto nei momenti difficili, soprattutto quando i miei genitori sono morti. Vedrai, diventerò un vero poliziotto e smaschererò i responsabili. >> disse Thomas, prendendomi le mani tra le sue.
Io scossi la testa accennando un sorriso: << Non devi ringraziarmi. Dopotutto noi siamo come fratelli, è normale aiutarsi a vicenda. Sono sicura che ci riuscirai. Però ricorda che non è questo il tuo vero obiettivo. I tuoi genitori avrebbero voluto vederti condurre una vita normale. >>
<< Lo terrò a mente. >> rispose guardandomi negli occhi.
<< Abbi cura di te. Ti voglio bene, Thomas. >> gli sorrisi per poi abbracciarlo affettuosamente.
<< Anch'io te ne voglio, Katreena. Ti scriverò non appena sarò arrivato. >> promise il mio amico, ricambiando il gesto con il medesimo calore.
La carrozza si avviò verso l'uscita del cortile e Thomas mi salutò un'ultima volta con la mano. Io feci lo stesso mentre una lacrima mi rigava il viso. Certo ero triste per la sua partenza, ma anche felice: lui voleva (e vuole tuttora) fare giustizia per i suoi genitori, ma allo stesso tempo aveva (e ha tuttora) il desiderio di vivere la sua vita.

______________________________

Salve a tutti! Come state? Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non sia risultato troppo corto T_T
In tal caso, vi chiedo umilmente scusa.
Ci vediamo al prossimo capitolo!
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: KuroHeart