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Autore: FairyCleo    01/12/2017    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 44

Un sentimento più forte

 
Smarrimento. Rabbia. Frustrazione. Dolore. Morte.
Erano questi i sentimenti che albergavano nei cuori degli abitanti di quella spoglia e inospitale caverna.
Non più uomini e donne, ormai, ma fredde stature di cera ormai consunta, resa molle e inservibile da sferzate troppo violente affinché una superficie così delicata potesse difendersi. Loro, caduti e tornati in piedi più volte, letteralmente morti e risorti in più occasioni, erano ormai certi che non si sarebbero mai più scrollati di dosso quella sensazione di impotenza e di fine imminente.
Questa consapevolezza non era sorta per via dello stato in cui versavano. Per quanto quella scena fosse straziante e pietosa allo stesso tempo, per quanto l’empatia nei suoi confronti fosse ormai la stessa che provavano verso chiunque altro del loro gruppo di amici – ormai lontani erano i tempi in cui credevano che non sarebbero mai stati in grado di perdonarlo – era stato un altro il motivo che li aveva portati a voler gettare la spugna, a capire che arrendersi era l’unica soluzione che valesse la pena di sforzarsi a trovare.
E il motivo lo avevano visto nel corpo senza vita della loro amica dai capelli turchini. Il motivo lo avevano visto negli occhi spenti e senza speranza dell’unico su cui avevano potuto contare in qualsiasi occasione.
Goku era rimasto immobile per un tempo che era parso interminabile, parte di quel macabro gruppo scultoreo che non avrebbero mai voluto vedere. Gli occhi, velati dalle lacrime, arrossati dallo sforzo di trattenere un pianto forse più di liberazione che di dolore, non sembravano neanche più i suoi. Neri, profondi, solitamente comunicanti gioia e resi unici da uno slancio apparentemente inarrestabile verso la vita, erano… diversi. Diversi al punto da mettere loro paura.
Non c’era bisogno che i suoi amici fossero in grado di leggere nei suoi pensieri per capire quanto il loro campione, il loro eroe, il loro salvatore, si sentisse impotente e indifeso, immerso e perso, come tutti, in una situazione che non gli apparteneva, in un piano di cui non riusciva a comprendere neanche le parti più superficiali, in un gioco mortale di cui non avrebbe mai desiderato far parte.
Oozaru non era un nemico comune.
Goku non era giunto a questa conclusione tramite al racconto di Vickas o dopo aver percepito la sua immensa aura.
Oozaru non era simile a nessuno dei mostri con cui aveva avuto a che fare non per via della sua immensa forza. Questa caratteristica, per il giovane Son, era stata sempre motivo di un non dissimulato piacere che lo rendeva a tutti gli effetti membro della stirpe dei guerrieri saiyan. La forza era stata sempre il punto di partenza da cui provare a migliorarsi, a cambiare e a giungere a un livello più alto, sia spiritualmente che fisicamente.
Ma Oozaru… Oozaru era diverso da qualsiasi altra cosa avessero mai dovuto affrontare, sconfiggere, distruggere.
Rinchiuso in quel suo castello, se ne stava lì, al sicuro, a osservarli, a farli impazzire, a tormentarli con quel suo modo di fare, a giocare con loro da lontano, muovendo i fili di quella partita mai veramente giocata e, di conseguenza, mai veramente vinta o persa.
E li stava decimando, Oozaru.
Anche da lontano, li stava uccidendo uno alla volta, terribilmente, crudelmente, inesorabilmente.
Prima era toccato a Rif e a Tenshing. Poi al piccolo Trunks. Adesso, era stato il turno di Bulma. Ancora non riusciva a credere di stringere tra le braccia il suo corpo senza vita. Era così fredda, la sua geniale amica. Fredda e rigida. Ma, forse, non era mai stata più bella di allora.
La morte aveva portato via tanti, troppi, tra loro, e temeva di sapere chi sarebbe stata la prossima vittima del Tristo Mietitore. Ma se anche lui fosse andato via, se anche Vegeta avesse deciso di abbandonarli, che cosa avrebbero dovuto fare?
Si sentiva perso, Goku, perso e impotente per la prima volta in tutta la sua esaltante carriera di guerriero.
Per la prima volta in vita sua avrebbe preferito essere Kaharot, invece che Son Goku. Essere Kaharot significava essere un semplice soldato, ed essere un semplice soldato significava dover obbedire incondizionatamente agli ordini del proprio superiore, del proprio capo invece che agire in prima persona come tutti si aspettavano, nell’attesa che, magicamente, potesse porre fine a qualsiasi tipo di ingiustizia o sopruso.
Ma lui non era più capace di agire come aveva sempre fatto perché non sapeva più di cosa fosse capace o meno. Per ora, si sentiva solo in grado di trattenere le lacrime per far forza a Chichi, ai suoi figli, ai suoi amici e a quell’uomo che forse sarebbe morto di lì a poco.
Quanto sapeva essere beffardo, a volte, il destino? Tanti anni fa, durante uno dei loro primi incontri, aveva sorretto il corpo senza vita di Vegeta esattamente come stava facendo adesso con quello della sua migliore amica, nonché moglie di quel burbero che aveva stravolto il cuore di molti.
Poteva realmente fare qualcosa per evitare il peggio? Forse no. O forse, invece, poteva farlo. Non avrebbe avuto risposta certa finché non si fosse trovato faccia a faccia con il nemico. A quel punto, avrebbe saputo ogni cosa, anche quale sarebbe stato l’esito di quello scontro così ingiusto e impari. Battersi sarebbe stata la sua prima scelta, sempre e comunque. Doveva solo aspettare che Oozaru gli permettesse di farlo. Nel frattempo, avrebbe aiutato qualcun altro a ricordare chi era. Perché lui era un saiyan. Loro erano dei saiyan. Peccato solo che ci avessero impiegato così tanto tempo per capirlo.
“Vegeta…” – Chichi stava provando disperatamente a scuotere membra e animo di quella creatura che le stava scivolando dalle dita come fredda sabbia nella notte. Credeva che il suo cuore sarebbe presto esploso per l’incapacità di contenere tutto il dolore e l’angoscia che quel mostro spietato stava provocando.
Non credeva che avrebbero perso anche Bulma. Non credeva che una famiglia potesse essere vittima di così innumerevoli catastrofi, che una sola persona potesse annegare in un tale dolore e in una tale sofferenza. Come biasimarlo per quella sua catatonia? Come accusarlo di codardia, di aver gettato la spugna? Era rimasto solo. E non ci sarebbe stata la certezza del ritorno dovuta alla miracolosa presenza delle sfere del drago. Non ci sarebbe stato nessun intervento divino, quella volta. C’erano solo loro, stremati, forse inutili, e Junior. Gli dei avevano inviato loro Junior.
Era una persona orribile per aver generato quel tipo di pensiero? Ma doveva davvero giustificarsi per aver creduto che il maestro di suo figlio, alla fine dei conti, non fosse mai stato poi così determinante come tutti speravano? Junior era… Era solo Junior. Come avrebbe potuto aiutali a sconfiggere un nemico che non avevano neanche mai visto e da cui si nascondevano come prede spaventate?
Ma come avrebbe dato voce a quei pensieri? A quelle parole? A quello struggimento? Si guardava attorno, Chichi. Si guardava attorno nella speranza che qualcuno le prestasse la voce, che qualcuno potesse alleviarla da quel peso, da quel tormento. Ma gli occhi dei suoi amici non avevano fatto altro che gettarla ancora di più a fondo nel baratro, e da laggiù, poteva vederli cadere insieme a lei, pronti ormai ad essere afferrati dall’unica cosa agognata, la morte.
“Vegeta… Forza…” – ma provarci ancora non era servito a niente. Provarci ancora, serviva solo a farsi ancora più male.
A quel punto, Junior aveva aiutato il re dei saiyan a mettersi seduto, facendo attenzione a non compiere movimenti troppo bruschi. Chi avrebbe mai detto che, un giorno, sarebbe stato gentile con lui? Che, un giorno, avrebbe dovuto compiere una missione così importante che lo avrebbe condotto a dover spronare quell’uomo così misterioso? A non permettergli di lasciarsi andare?
Guardando quelle persone, i suoi compagni, i suoi amici, per un attimo si era scoperto un essere privo di coraggio. C’era qualcosa nei loro occhi, qualcosa di indecifrabile e di oscuro che lo aveva fatto tremare, fermarsi, esitare. Aveva paura, Junior. Paura di deluderli, paura di non essere abbastanza. Aveva notato il modo in cui Chichi lo guardava, aveva visto in lei il sentore, la convinzione che la sua presenza lì, tra loro, non avrebbe fatto alcuna differenza. E temeva di deludere anche il resto di quella combriccola di micini spaventati. Ma, soprattutto, temeva di deludere lui, Gohan, il suo protetto, il suo figlioccio, il ragazzo che gli aveva mostrato le gioie e i dolori di una seppur acquisita paternità. C’era mancanza di fede, in lui? C’era mancanza di fiducia in quegli dei che lo avevano così caldamente raccomandato? No, non si trattava di ciò. Era solo che gli eventi lo avevano travolto e stravolto talmente all’improvviso da confondere il suo cuore e il suo animo. Come avrebbe potuto anche solo sospettare che Bulma e Trunks avrebbero chiuso gli occhi per sempre a così breve distanza l’una dall’altro, e proprio mentre lui stava arrivando? Non bastava, forse, l’aver dovuto apprendere della triste sorte di Rif e Tenshing? Di sapere che non ci fosse alcuna traccia neppure del forte, fortissimo Majin-Bu? Ed era stato Goku a informare tutti loro. Quello strano eroe dai capelli palmati aveva trovato un varco tra il loro mondo e quello dell’Aldilà e aveva fatto finalmente comprendere alle divinità che il timore, la paura della morte, non potevano portarli a ignorare il pericolo che incombeva su tutti i mondi, conosciuti e non. E solo adesso che ci rifletteva per davvero Junior era stato in grado di capire che la soluzione fosse dietro l’angolo e che lo stesso, identico ragionamento, valesse proprio per tutti.
“Continuare a fare il suo gioco non porterà a nulla di buono” – aveva così esordito, fiero, duro e pacato allo stesso tempo – “Nascondersi non è una soluzione”.
Stava parlando a tutti, e a nessuno. Aiutava ancora Vegeta a reggersi, cercava in qualche modo di attirare la sua attenzione. Ma il re dei saiyan era lontano, distante, perso nel suo universo di dolore e angoscia.
Doveva riportarlo indietro. Doveva far sì che Vegeta tornasse da loro, e doveva farlo subito.
“Sono stato mandato qui per una ragione. E so che non sarà facile, ma voglio che mi ascoltiate. A cominciare da te, Vegeta. Ovunque tu sia, devi fare lo sforzo di tornare qui”.
Ma lui non era lì e, forse, non sarebbe tornato mai più.
“Dacci solo qualche minuto” – aveva detto Yamcha, spiazzando i presenti – “C’è una cosa che dobbiamo fare, prima”.

 
*
 
Ciò che avevano dovuto fare non era stato facile, ma era stato necessario. Che Yamcha avesse deciso di svolgere in prima persona quel compito, poi, era stato in parte sconvolgente, in parte quasi una ovvietà. Vegeta non ne sarebbe stato in grado. Per questo, lui si era limitato ad assistere a ogni fase, o almeno così avevano sperato tutti gli altri, cercando di non disturbarlo, di non infliggergli ulteriori pene, ulteriori sofferenze.
Così, Yamcha, aiutato da Chichi e da Videl, aveva cercato di sistemare come meglio aveva potuto la salma della donna verso cui aveva da sempre provato dei sentimenti che andavano al di là del semplice stare insieme. Tra le lacrime, le due donne e l’uomo che l’amava ormai non troppo segretamente avevano cercato di ravvivare i suoi capelli turchini, di pulire gli schizzi di sangue più evidenti e di ricomporre quel suo petto in modo da non rendere così visibile l’orrore che lo attraversava. Tutto quel rito si era svolto nel più religioso silenzio, mantenuto in rispetto della loro più cara amica e in rispetto dell’unico membro della sua famiglia rimasto ancora in vita.
E Crilin non aveva potuto fare a meno di pensare al fatto che l’assenza dei genitori di Bulma fosse stata solo un bene. E Goku, Maestro Muten e tutti gli altri, non avevano potuto fare a meno di rievocare i momenti trascorsi insieme a quella donna così geniale, testarda e gentile, sorridendo e piangendo insieme, giurando di vendicarla e maledicendosi per la loro stupidità e per non aver capito sin dal primo istante che qualcosa, in lei, da un po’ di tempo non era più come avrebbe dovuto essere.
Junior non li aveva disturbati. Sapeva quanto fosse importante per gli esseri umani dare segna sepoltura ai propri cari. E, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, stava diventando sempre più difficile nascondere che quel momento gli fosse indifferente. Volente o nolente, si era affezionato a tutti loro. E pensare che, inizialmente, il suo scopo primario fosse stato quello di assoggettarli tutti. Era cambiato. Era cambiato sin dentro l’anima, e questo lo faceva sentire molto più vicino a Vegeta di chiunque altro. La loro evoluzione era stata simile, anche se avvenuta mediante percorsi diversi. Junior aveva sacrificato la sua stessa vita per proteggere Gohan, mentre il re dei saiyan non aveva potuto fare niente per impedire la morte di suo figlio, così come non aveva potuto fare niente per impedire la morte di sua moglie. Stava soffrendo per lui. Stava soffrendo con lui. Ma doveva aiutarlo a tornare in sé. Doveva farlo per il suo bene e per quello dell’universo intero.
Così, la cerimonia di sepoltura della donna dai capelli turchini si era svolta in tutta la solennità che qualche vecchio lenzuolo in parte bruciacchiato e quel freddo terreno ricoperto di neve potevano offrirle. Era stato Yamcha in persona a scavare la profonda fossa che l’avrebbe ospitata per chissà quanto tempo, innaffiandola con una valle di lacrime inarrestabili. Ma da solo non ce l’avrebbe fatta a lasciarla lì, da sola, a buio e al freddo, ed era toccato a Goku giungere in suo aiuto, promettendole che l’avrebbero vendicata e che avrebbero in qualche modo sistemato ogni cosa.
Ma nessuno, neanche Junior, si sarebbe aspettato di vedere quello che sarebbe accaduto di lì a poco.
Era come se Goku non fosse stato più lui per qualche lungo, interminabile minuto, e che le parti si fossero in qualche modo ribaltate.
Grazie all’utilizzo del teletrasporto, il capofamiglia Son si era portato esattamente davanti a Vegeta, rimasto nella grotta in compagnia di Chichi, C18 e della sua piccolina, e senza che loro potessero intervenire, lo aveva schiaffeggiato con così tanta forza da rompergli il labbro e farlo sanguinare.
“GOKU!” – Chichi non riusciva a credere ai suoi occhi – “MA CHE STAI FACENDO?”.
“Quello che avrei dovuto fare dal principio!”.
Inarrestabile e feroce come una furia, Goku non si era fermato davanti alle suppliche di sua moglie, o al pianto disperato della figlioletta di Crilin, o alla totale mancanza di reazione da parte di Vegeta. Anzi, questo suo atteggiamento lo aveva solo portato a diventare sempre più aggressivo e violento.
“PERCHÉ NON REAGISCI?” – continuava a urlargli mentre lo tempestava di pugni e calci –“PERCHÉ TI COMPORTI DA VIGLIACCO?”.
Si era chinato su di lui, afferrandolo per il colletto della maglia e colpendolo ripetutamente sulla guancia destra. Se Goku non fosse stato un saiyan, le sue nocche, entrate ripetutamente in contatto con lo zigomo di Vegeta, si sarebbero certamente fratturate. Ma lui non era un semplice essere umano, così come non lo era la sua vittima.
Goku voleva disperatamente che Vegeta reagisse. Era rimasto troppo tempo a guardarlo, a compatirlo, e quello era il risultato della loro volontà di rimanere in disparte: tutta la sua famiglia non c’era più, e presto anche lui li avrebbe abbandonati. Non poteva permetterlo.
Per questo stava dando sfogo alla sua rabbia e stava cercando di suscitare in lui un qualsiasi tipo di reazione. Quello non era l’uomo che aveva conosciuto e che aveva cercato di ucciderlo! Quello non era l’uomo che aveva sfidato Freezer e che aveva combattuto senza esitazioni contro Cell e contro Majin-Bu! Proprio nello scontro avuto con quest’ultimo, Vegeta aveva deciso di immolarsi pur di consentirgli di lanciare la sua Energia Sferica. Era meglio morire piuttosto che restare con le mani in mano! Come aveva potuto ridursi a quello? Come?
Sempre più infuriato, lo aveva preso per un braccio, costringendolo ad alzarsi per poi vederlo cadere un istante dopo. A quel punto, non si era più controllato, e aveva lasciato che la sua forza e la sua ira esplodessero, trasformandosi in super saiyan. La voce terrorizzata di Chichi e di Videl che gli chiedevano di smetterla erano un suono ovattato, lontano. Lo sguardo incredulo dei suoi amici, accorsi per le loro grida, non era da meno. Con un calcio, un solo, potentissimo calcio, aveva condotto Vegeta al di fuori della soglia, facendolo cadere di peso nella neve, non più candida, ma macchiata dal sangue che grondava dal suo naso fratturato.
“Vieni con me” – come avrebbe fatto Freezer, Goku lo aveva sollevato per i capelli, cacciandogli un lamento, e lo aveva sbattuto con violenza proprio sul ciglio della tomba di sua moglie, costringendolo a guardarvi dentro, mentre gli teneva premuto il viso proprio sul bordo freddo e cedevole.
“Guarda! GUARDALA! Sai perché si trova lì? Lo sai? Perché non abbiamo fatto niente! Perché la paura ci ha bloccati qui e ci ha fatto nascondere come conigli! E guarda a cosa ci ha condotti! GUARDA! Trunks è morto! Bulma è morta! Quanti di noi devono morire prima che tu capisca? Eh? Perché fai così? Perché non reagisci? Perché ti ostini a non capire?”.
Stava aumentando ancora la sua aura e non aveva impiegato molto tempo affinché il secondo livello del super saiyan si fosse palesato. La sua aura era così calda da sciogliere la neve. Se avesse continuato in quel modo, sarebbe presto diventato super saiyan di terzo livello e, a quel punto, la sua forza spirituale sarebbe stata talmente immensa da raggiungere ogni angolo della Terra. Solo un miracolo avrebbe potuto fare in modo che Oozaru non li trovasse.
“Che cosa gli è preso? È forse impazzito? Dobbiamo fermarlo o preso saranno in due i corpi da seppellire in quella fossa!”.
Mr. Satan non credeva ai suoi occhi. Ormai a conoscenza dell’indole pacifica di Goku, non avrebbe mai creduto di poterlo vedere in preda a una tale ira. Cosa voleva dimostrare? Vegeta stava soffrendo, aveva appena perso tutta la sua famiglia, come poteva credere che un simile atteggiamento potesse giovargli?
“FATE QUALCOSA!”.
“Non faremo niente, Satan. Stai calmo” – era stata la voce di Maestro Muten che aveva permesso a lui e ai presenti, scioccati e increduli, di riflettere e pensare a quanto stava avvenendo – “Goku e Vegeta sono molto più simili di quanto crediamo. Lasciamolo fare. Forse, Goku ha capito qualcosa che noi non siamo in grado di comprendere”.
Poteva anche essere vero, ma quello spettacolo era raccapricciante. Vegeta continuava a non reagire a quella violenza gratuita. Se ne stava lì, con gli occhi chiusi, deciso a non obbedire agli ordini di un Goku sempre più violento e feroce.
“Papà, lascialo stare!”.
“FERMO, GOHAN!” – lo aveva redarguito Junior – “NON INTERVENIRE!”.
“Di questo passo lo ucciderà!”.
“Non accadrà!” – lo aveva rassicurato – “E tu, questo, dovresti saperlo”.
“Eh?”.
“Concentrati, figliolo. Concentrati e aiuta tuo padre in questa impresa disperata. Vegeta è la nostra unica speranza, Gohan. Sono qui per questo, per aiutarvi a capire. Ma, a quanto vedo, lo state facendo benissimo anche da soli”.
Il giovane Son lo guardava stranito, incerto sul da farsi. Poi, però, aveva obbedito, sorretto dalla fermezza di Junior e dal sorriso della sua amata Videl, e aveva chiuso gli occhi, scoprendo che, nonostante quel trambusto, entrare in contatto con Vegeta gli era venuto molto più naturale di quando credesse.
Parlare direttamente all’animo e al cuore di un uomo era diverso che rivolgersi semplicemente al suo udito. Gohan sentiva Vegeta, ed era certo che Vegeta sentisse lui, per quanto continuasse a sfuggirli.
“Non avere paura” – era stata la prima cosa sensata che gli fosse venuta in mente di dire – “Non avere paura, Vegeta, e guarda. Fa come ti dice papà, guarda”.
“Lasciatemi in pace” – erano state le sue uniche parole, mentre ancora si ostinava a tenere le palpebre serrate – “Lasciatemi in pace”. Era una supplica, non un ordine. E quel tono sommesso, quella voce pietosa, aveva solo contribuito ad alimentare l’ira del Son.
“MALEDIZIONE, VEGETA, GUARDA!”.
Se avesse spinto ancora, Vegeta sarebbe finito sul freddo corpo avvolto dal sudario di Bulma. Goku sarebbe davvero arrivato a tanto?
“E va bene! Vuoi che te lo dica?”.
“Non permettergli di farlo”.
“Lo vuoi sentire?”.
“Sai che non sarebbe la verità”.
“Perché mi stai costringendo a questo non lo capirò mai, ma si vede che è questo ciò che desideri!”.
“Vegeta, apri gli occhi e reagisci!”.
“Lasciatemi in pace”.
“Non abbiamo la minima intenzione di farlo”.
Non sapeva come ci fosse riuscito, ma ce l’aveva fatta. Prima che Goku lo facesse, prima che incolpasse Vegeta della morte dei suoi cari solo per avere una reazione da parte sua, Gohan aveva raccolto tutta la concentrazione necessaria e aveva fatto cadere il velo, concedendo a quel povero disgraziato, a quell’anima in pena, di entrare in contatto con le uniche persone che avesse mai amato, di vedere la sua Bulma e il suo Trunks che gli sorridevano teneramente, chiedendogli di non lasciarsi andare.
Era successo tutto insieme e tutto troppo all’improvviso per essere spiegato nel dettaglio. Ma proprio mentre Goku stava per dirlo, proprio quando la frase era stata già sul punto di essere pronunciata, Vegeta aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola, facendo leva sui palmi e sprigionando un’energia che avevano visto solo in pochissime occasioni.
Avevano dovuto aggrapparsi per non essere spazzati via. Gohan aveva protetto Videl, Chichi aveva stretto Goten, e tutti gli altri si erano protetti a vicenda, escluso Goku, che era stato scaraventato molto più lontano di quanto non avrebbe creduto.
Solo Junior aveva previsto ogni cosa, formando attorno a sé, a Gohan e a Videl una barriera abbastanza spessa da impedire a quella potenza così pura di raggiungerli.
“Ma cosa… Cosa sta succedendo?” – aveva chiesto la giovane dai corti capelli corvini, spaventata e incredula.
“Quello che sarebbe dovuto accadere dal principio” – aveva detto il namecciano, sorridendo speranzoso – “Ce l’hai fatta, Gohan. Ce la state facendo tutti”.
Il giovane mezzosangue, ancora un po’ scosso, lo aveva guardato per un momento lunghissimo, tornando poi a concentrarsi sulla figura di Vegeta che ancora urlava e sprigionava energia luminosa da quella posizione di totale seppur apparente sottomissione.
E poi, Junior lo aveva fatto: Junior aveva estratto qualcosa dalla tasca e l’aveva data a Gohan, continuando a sorridere.
“Ma questo… Questo è il medaglione in cui era stato imprigionato Oozaru!”.
“Lo è… E non lo è” – aveva detto lui, misterioso –“Ma di una cosa sono certo: adesso, siete pronti a usarlo”.

Continua…


Eccomi qui, con una settimana di ritardo. Vi chiedo umilmente scusa e vi ringrazio per le recensioni dei capitoli precedenti e per la pazienza.
Spero di essermi fatta perdonare!
Volevate una reazione? Ecco la reazione! XD
Non ho molto da dire, in realtà. Penso che il capitolo parli da solo. Posso solo augurarmi che vi sia piaciuto e che restiate con me fino alla fine. Ormai, ci siamo quasi (lo so, lo dico da un po’, ma vorrei arrivare a un numero “tondo” di capitoli. Non so se mi spiego).
Per ora vi saluto, e vi auguro di trascorrere un piacevole week-end!
Un bacino
A presto!
Cleo
   
 
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