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Autore: AxXx    04/12/2017    1 recensioni
[Storia Partecipante al contest: La Macchina di Zeus ha un buco in una gomma e noi l'aggiusteremo con le recensioni.]
[Indetto da Fantasiiana]
Piper McLean è senza dubbio una delle più famose e apprezzate figlie di Afrodite del Campo Mezzosangue. Di certo per il suo coraggio, non comune tra i suoi fratelli e sorelle e per la sua bellezza riconosciuta da tutti e invidiata da molti.
Ma soprattutto per il suo più grande dono: la Lingua Ammaliatrice, in grado di incantare, uomini, Dei e mostri.
Ma è proprio quando il Dono scompare che lei e sua madre dovranno cooperare per riottenerlo.
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Afrodite, Efesto, Piper McLean
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nome autore (sia sul sito che sul forum): AxXx
Titolo della storia: La Voce della Ragione
Numero capitoli: 5
Genere: Azione/Avventura/Comico
Rating: giallo (Un paio di parole un po' oltre il verde ci sono ;P )
Coppia genitore/figlio scelta: Afrodite/Piper
Tempo della storia (dopo quale libro è ambientata la storia): Tempo indefinito dopo le Imprese di Apollo 
Nota dell’autore: Mi odio per non aver scritto di meglio. Kill me. 

Avrei tanto voluto capire che diavolo stava succedendo.
Metà dei miei fratelli mi avevano svegliata strepitando come galline sgozzate durante il periodo buono dei macellai. All'inizio non avevo nemmeno capito cosa stesse succedendo: avevo pensato a cose molto blande (i figli di Afrodite potevano trasformare un unghia spezzata in una guerra punica), per questo avevo perso tempo ad occuparmi un attimo di me: tenendo il bagno occupato il tempo necessario per lavarmi il viso e sistemarmi la trecia con cui mi legavo sempre ai capelli.
Passai lo sguardo sui trucchi che infestavano (letteralmente) il bagno della casa di afrodite, pensando che avrei dovuto ordinare ai miei fratelli di sgomberarlo il prima possibile, prima che mi venisse l'ulcera: il profumo emanato dalle boccette era così intenso che emanava persino fuori da esse, cosa che poteva rivelarsi molto poco gradevole, visto che avevo un olfatto leggermente più fine e meno inquinato del loro.
Tradotto, il bagno della casa di Afrodite profumava così tanto da puzzare.
Uno dei molti motivi per cui non mi attardavo mai troppo lì. Mi detti una controllata allo specchio, assicurandomi di essere presentabile, indossai una maglietta e jeans a ginocchio, le mie scarpe da ginnastica usate. Sorrisi ed uscii, ritrovandomi davanti una sfilata di miei fratelli preoccupati (Oltre che in fila per occupare l bagno per un'ora ciascuno, come sempre).
"Allora, che succede?" Domandai, paziente, mentre osservavo Elleon, uno dei miei fratelli più grandi.
Dovetti trattenermi dallo storcere il naso mentre i miei occhi passavano sui suoi capelli tirati a lucido da due chili di gel. Sembrava in grado di lucidare le scarpe con la testa e, probabilmente, lo avrebbe fatto se glielo avesse chiesto. Non ero una figlia di Atena, certo, ma nemmeno così scema come certi miei fratelli sembravano essere.
"E' successa una cosa terribile!" Iniziò lui, con quella che io considerai essere un'imitazione di svenimento davvero poco convincente.
Forse fu proprio per quell'atteggiamento che alzai gli occhi al cielo e chiesi: "Che è successo? Drew si è rotta un unghia? Adrian ha un brufolo? O si è lasciato qualcuno?"
"Magari fosse questo." Intervenne la piccola Lacy, la più graziosa e giovane delle mie sorelle.
"Grazie agli Dei, almeno lei."Pensai sollevata dal trovarmi una delle mie sorelle più simpatiche: "Allora che è successo?"
"Be', è iniziato sta' mattina, stavamo..."
Prima che potesse finire, però, la porta della Casa di Afrodite si spalancò ed emerse il massiccio e forzuto figlio di Ares: Sherman, uno degli amici stretti di Clarisse, che si fece largo a spallate tra i miei fratelli preoccupati. I piccoli occhi neri porcini erano pozzi di rabbia e ira trattenuta a stento, mentre i pugni erano stretti così tanto che le nocche erano sbiancate. Indossava la tenuta da battaglia e, probabilmente, era anche pronta a dare battaglia. Procedeva a passi pesanti e ringhiava con rabbia contro Elleon che deglutì, schiacciandosi contro la parete.
"Ora ho capito!" Ringhiò con rabbia, afferrando mio fratello per la collottola. "Sei stato tu! Tu viscido serpente! Scarafaggio schifoso!"
"Fermo!" Lo avvertii, mettendo mano alla spada di bronzo celeste che tenevo vicino al letto. "Non puoi aggredirci nella nostra casa!"
"Col cavolo!" Sbottò il figlio di Ares, furibondo, mentre Elleon diventava blu per via della mancanza di ossigeno. "Questa serpe! È per colpa tua che io e Tillia ci siamo lasciati! Hai usato la tua lingua ammaliatrice per convincerla a lasciarmi! Se l'è appena ricordato e sappi che te la farò pagare!"
"Avanti, Sherman..." Ansimò Elleon, cercando di respirare, tenendosi alle mani del figlio di Ares. "Era... solo uno scherzo. Non volevo certo... che la vostra relazione di rovinasse."
"Oh sì, invece, che volevi."Pensai con rabbia, mentre comprendevo un po' meglio la rabbia di Sherman.
Tillia era una figlia di Demetra che viveva al campo da un paio di anni. Sherman ne era segretamente innamorato da molto tempo e pochi mesi prima aveva avuto il coraggio di dichiararsi. Il problema era che anche Elleon ne era innamorato e quando Tillia aveva preferito, cito testualmente le parole di mio fratello, quel puzzolente, arrogante, bifolco e sboccato figlio di Ares, non ci aveva visto più. Aveva provato in tutti i modi a separarli... e doveva esserci riuscito, a quanto pare.
"Sherman, calmati." Dissi piano, attingendo alla mia lingua ammaliatrice, sapendo che non avrei fermato i bollenti spiriti del ragazzo senza di essa. "Ci penso io ad Elleon, si è comportato in modo stupido e ci penserò io a fargliela pagare."
Fu allora che mi resi conto che qualcosa non andava: di solito la lingua ammaliatrice aveva effetto anche su chi faceva resistenza ad essa, spesso li rendeva più docili o meno aggressivi, ma un po' di effetto c'era specie in quelli come Sherman che, diciamocelo, a resistenza mentale, i figli di Ares, sono alla stregua di quelli di Afrodite. Eppure non solo Sherman non si calmò, ma, con uno scatto di rabbia, gettò Elleon contro il muro, rovinandogli i capelli (Grazie al cielo, qualcuno l'ha fatto) e si voltò verso di me, brandendo la sua spada.
"Zitta! So cosa vuoi fare, ma la vostra subdola magia non c'è più!" Ringhiò, menando un fendente.
Reagii d'istinto, come mi aveva insegnato Hazel e come avevo affinato negli scontri con i mostri: con una mano scansai Lacy, mentre con l'altra brandii la mia spada, parando quella di Sherman.
Il mio braccio tremò sotto la forza dell'impatto. Il ragazzo era molto più forte di me e non potevo affrontarlo in uno scontro fisico. Dovevo agire in altro modo.
Riuscii a liberarmi dallo scontro, mentre i miei fratelli si allargavano spaventati per non farsi coinvolgere (e non rovinarsi i vestiti) nel duello. Sherman si mosse di lato, cercando di colpirmi con tutto il suo peso (Che è tanto, credetemi), ma io ero molto più agile di lui e schivai il suo attacco. Mossi la lama verso la sua gamba, decisa a metterlo fuori combattimento. Ma il figlio di Ares si scansò di late, dandomi uno spintone che mi fece sbattere la schiena contro una parete tappezzata di poster della casa di Afrodite.
Sentii il fiato mozzarsi per il dolore; Sherman era molto forte e la botta mi fece dolere la schiena, come se si fosse trasformata in un unico blocco rigido di dolore.
Strinsi i denti e imposi al mio corpo di ubbidirmi, mentre deviavo un affondo. Non dovevo bloccarmi o irrigidirmi, dovevo rimanere concentrata.
Mossi la lama in un ampio arco, costringendo il mio avversario ad indietreggiare per lasciarmi spazio per almeno pochi secondi.
Inspirai rapidamente e mi mosse di lato, facendo ondeggiare la spada davanti a me, mentre il figlio di Ares rimaneva in posizione, seguendomi con lo sguardo, pronto a reagire. I miei fratelli rimanevano fermi al loro posto, terrorizzati all'idea di affrontare un figlio di Ares.
Sherman sembrava una furia: attaccava e combatteva come un leone ferito, mentre io indietreggiavo evitando e schivando sfruttandola la mia esile costituzione per evitare i suoi attacchi. Avevo un piano ma dovevo avvicinarmi alla porta.
Fortunatamente i mei fratelli furono abastanza svegli da lasciarmi passare prima che li falciassi, così mi ritrovai sull'uscio della nostra cabina con Sherman che menava fendenti come una furia.
"Te lo dico per l'ultima volta, Sherman! Fuori, o ti butterò fuori io!" Ringhiai, aggressiva, mentre bloccavo la sua spada con la mia.
Ero così vicina che riuscivo a sentire il suo odore di metallo e sudore. Cosa che mi fece venire a mente almeno una decina di deodoranti che avrebbero potuto farglielo migliorare.
"Smetti di pensare come una figlia di Afrodite qualcunque, ora devi combattere!" Mi dissi, mentre spingevo Sherman dentro la cabina, facendo forza sulle gambe.
Lui spinse a sua volta, contrapponendo la sua forza alla mia e ringhiò: "Provaci a buttarmi fuori."
"Non ho bisogno di provarci... ci vai tu, fuori." Replicai, scansandomi di lato di scatto.
Il ragazzo non si era aspettato quella mossa e la forza della sua spinta non ebbe più resistenze, cosa che lo spinse in avanti. Allungai una gamba e lo colpii alla caviglia prima che potesse riprendere l'equilibrio e rotolò fuori, facendo sulla schiena i tre gradini della Casa di Afrodite, imprecando contro me e i miei fratelli.
"Te l'avevo detto che uscivi spontaneamente." Lo canzonai, rinfoderando la spada soddisfatta.
Ma il mio sorriso morì quando notai una ventina di semidei arrabbiati che circondavano ci circondavano. Alcuni erano armati, altri semplicemente furibondi (Anche se si erano tutti zittiti quando avevano visto Sherman volare fuori) e tenevano i figli di Afrodite più mattinieri alle strette. Delia, una delle più giovani (Aveva solo dieci anni) si teneva il vestito tutto stropicciato e bruciacchiato, mentre Drew inveiva contro un gruppo di figli di Apollo che l'aveva bersagliata con delle frecce tingenti che avevano trasformato i suoi nuovi pantaloni all'ultima moda in una vivace riproduzione di quelli di Rachel Eliabeth Dare.
"Dei del cielo!" Sbottai, brandendo nuovamente la spada per proteggere le mie sorelle. "Fermatevi tutti!"
Alcuni dei semidei indietreggierono. Uno dei figli di Apollo provò a colpirmi con un'altra freccia, ma io mossi di lato la testa lasciando che una nuvola di colore giallo canarino tingesse la Casa di Afrodite come un murales.
"Grazie, ci voleva un tocco di colore." Dissi, verso il ragazzo, intento a caricare un altro colpo.
Sherman, dal canto suo, si appoggiò alla spada e mi lanciò un'occhiataccia velenosa, furibondo e arrabbiato. "La pagherete per tutte le zizzanie che avete sparso per il campo." Biascicò tenendosi la schiena dolorante.
"State tutti fuori!" Ordinai, mentre con la coda dell'occhio vedevo Chirone avvicinarsi al galoppo accompagnato da un gruppetto di satiri e semidei. "Ho capito che ce l'avete con noi, ma almeno lasciatemi chiarire cosa sta succedendo. Voi." E mi rivolsi a Delia e Drew. "Tornate immediatamente dentro, devo parlare con tutti."
Non usai la lingua ammaliatrice, questa volta, tanto mi bastava aver provato con Sherman, non sarei riuscita a convincere tutti quei semidei furiosi.
Fortunatamente non ne ebbi bisogno: vedermi battere un figlio di Ares incazzato doveva esser stato un deterrente sufficiente per impedire agli altri semidei di fare irruzione nella casa di Afrodite.
Appena fummo tutti dentro, ordinai a tutti i semidei di barricarsi all'interno e sbarrare porte e finestre, mentre io radunavo alcuni figli di Afrodite per spiegarmi cosa diavolo stesse succedendo.
"Semplice." Spiegò Lacy, affranta. "La lingua ammaliatrice. Non esiste più. L'abbiamo persa."
"Come scusa!?" Domandai allibita, mentre i iei occhi passavano su tutti i miei compagni.
"Esatto. E non solo quella." Aggiunse Drew, seduta sul suo letto, sistemandosi le unghie. "Ogni incantesimo ad essa legato. Ammaliamento, ipnosi, seduzione... tutto sparito. E ora tutti quelli a cui l'abbiamo fatto vengono a chiedere il conto."
Alzai gli occhi al cielo, o meglio, al soffitto, ignorando il fatto che Drew non stava aiutando Francis a barricare una finestra, e soffocai un'imprecazione: non ci voleva proprio perdere la lingua ammaliatrice. Sembrava quasi che avessimo perso ogni potere correlato con nostra madre. Il fatto era che i figli di Afrodite si dilettavano da anni con scherzi più o meno innocienti che si basavano sulla loro malia. Rompere e creare coppie a piacimento era qualcosa che, benché non la condividessi, avevo dovuto accettare nell'indole di alcuni miei fratelli (anche se mi ero assicurata che non esagerassero).
Senza più alcuna traccia del loro potere, i vecchi separati si sarebbero riuniti rapidamente... e con una chiara idea di chi fosse il colpevole dei loro problemi sentimentali e l'ancor più chiara idea di come fargliela pagare.
Tali timori si concretizzarono con l'entrata, attraverso una finestra, di una freccia colorante che esplose a mezz'aria creando una nuvola arancione in mezzo alla casa, mandando nel panico i miei fratelli.
"No! L'arancione non sta bene con le lenzuola!"
"Il mio vestito è rovinato!"
"La mia pelle si rovina!"
"BASTA!" ordinai, ignorando le sciocche lamentele che si levavano da molti di loro.
Tutti si fermarono, fissandomi come se fossi un alieno.
Con calma mi feci strada tra loro e mi avvicinai alla porta, allacciandomi la spada alla vita e li osservai. Abbiamo fatto dei casini e, a quanto pare, è il momento di rifarci di tutti i problemi che abbiamo provocato. Parlerò con i ragazzi del campo e li convincerò mettendoci al loro servizio."
"E come? Gli dobbiamo portare la biancheria alle lavatrici?" Domandò Elleon, contrariato.
"Se necessario sì." Lo rimbeccai, fulminandolo con un'occhiataccia. "Per un giorno e domani ci prenderemo volontariamente gli ultimi turni alle docce e quelli per il bucato. In questo modo calmeremo gli altri almeno per un po'. Intanto io cercherò di capire come mai i nostri poteri sono spariti."
I miei fratelli non sembrarono molto entusiasti, ma il vociare sempre più concitato all'esterno della Casa di Afrodite sembrò convincerli a seguire il mio piano. Cosa che pensavo ovvia, visto che, con tutti i problemi che i miei fratelli avevano provocato, si sarebbero meritati di peggio.
Aprii la porta, notando come la folla di semidei si fosse ingrndita, tocando addirittura i quarante ragazzi e ragazze che circondavano la nostra casa.
"Bene... speriamo di essere convincenti anche senza." Pensai, rimpiangendo la Lingua ammaliatrice.
Passai i seguenti venti minuti a parlare con i ragazzi e, in seguito, con gli altri capigruppo e con Chirone, spiegando loro come i miei fratelli avrebbero agito per farsi perdonare. Fu un compito non esattamente facilissimo: i torti perpetrati dai figli di Afrodite non erano esattamente gravissimi, ma tanti ed un paio di volte dovetti trattenermi dal non arrabbiarmi di più. È vero che alcune volte erano scherzi innocienti, ma altre volte avevano messo i bastone tra le ruote a relazioni davvero molto serie, cosa che io trovai parecchio scorretta.
Alla fine, però, anche faendo un po' di consulenza matrimoniale tra le coppie in precedenza sciolte, riuscii a placare gli animi e convincere buona parte dei Semidei a tornare alle loro case.
Dopdoiché passai il resto della mattinata a sopportare le lamentele dei miei fratelli che consideravano tale punizione come troppo dura e ingiusta, cosa di cui ero assai in disaccordo. In particolare Drew e Elleon furono particolarmente stressanti, continuando a lamentare di problemi come unghie che si rompevano, sudore che puzava e vestiti stropicciati.
"Ma voi sapete pensare solo a quello!?" Sbottai, all'ora di pranzo, quando tornarono per l'ennesima lamentela. "Se non la smettete vi manderò a spalare le stalle dei pegaso e poi vedrete come sarete ridotti!"
Mentre correvano via mi massaggiai le tempie; mi era venuto mal di testa per lo stress e non potevo chiedere conforto a Jason, che era dovuto tornare rapidamente al Campo Giove su richiesta di Frank, quindi c'era solo lei. Lei e i dannati problemi dei suoi altrettanto dannati fratelli.
Una mano le si appoggiò sulla spalla.
"Stai comunque agendo bene, Piper, si vede che sei migliorata." Commentò Chirone che si era avvicinato con la parte equina in bella vista.
"Lo so, ma non riuscirò a tenere tutti calmi per sempre." Risposi, scuotendo il capo. "Questa è solo... una pezza. Una pezza per un problema molto grosso."
"Invero lo è, ma per ora ti stai comportando bene. Ora vieni, devo parlarti in privato." Disse, incamminandosi verso la Casa Grande.
Lo seguii senza fare domande, mentre il mio cervello si arrovellava sui motivi dell'improvvisa perdita dei poteri miei e dei miei fratelli. Non avevo mai sentito parlare di un'intera casa semidivina che perdeva i propri poteri. Certo, avevo sentito parlare di semidei che non riuscivano più ad evocarli perché il loro genitore divino era arrabbiato o per via di un qualche strano incantesimo. Altre volte erano state lanciate maledizioni su determinate case (come quella volta che mi aveva raccontato Annabeth in cui la casa di Apollo aveva stregato tutta la casa di Ares perché parlasse in rima baciata.) ma non pensavo esistesse un incantesimo o una maledizione capace di annebbiare completamente il potere principale di un'intera Casa.
Avrei tanto voluto che la maggior parte dei miei amici non fosse a Nuova Roma, in quel momento. Loro avrebbero saputo cosa fare, in particolare Annabeth, lei avrebbe certamente saputo cosa fare in quelle circostanze.
Entrai nella Casa Grande e seguii Chirone in salotto, dove lui mi fece accomodare sul divano, mentre la solita testa di leopardo annusava l'aria in cerca di croccantini. Presi gentilmente una scatola e me ne versai in mano una manciata per dargliela.
Dopo che ebbi sfamato il micione, mi risedetti e attesi che Chirone parlasse.
"Ragazza mia, mi dispiace molto per questi incresciosi incidenti." Iniziò il centauro scuotendo il capo. "Non pensavo sarebbe potuto succedere. In effetti non credevo fosse possibile che il potere di un'intera Casa potesse sparire così di colpo."
"è già successo?" Domandai, sperando che avesse un'idea di come risolvere la situazione.
"No, mai. Persino quando gli Dei cadono sulla terra, i poteri dei loro figli non cede." Spiegò Chirone pensieroso.
Piper annuì: anche quando Apollo era diventato mortale non era successo nulla ai suoi figli: erano rimasti divini con i loro poteri che fossero la medicina o la musica. Ma allora cos'era successo?
"Credo comunque che c'entri qualcosa successo a mia madre." Ipotizzai. "Altrimenti come si spiega che TUTTI i suoi figli siano rimasti senza un briciolo di potere?"
"Ne sono convinto anche io, per questo, se non riceveremo responsi entro oggi, pensavo di mandarti direttamente all'Empire State Building e da lì sull'Olimpo per scoprire cosa sta' succedendo." Spiegò Chirone, con calma, mentre preparava una tazza di cioccolata calda.
"Grazie, devo prepararmi per una sorta di... impresa quindi?" Domandai, sentendomi un po' più tranquilla.
Non che volessi rischiare la vita, ma cercare di risolvere il problema mi sembrava molto più intelligente di rimanere al Campo a risolvere gli inutili battibecchi dei miei fratelli con gli altri Semidei.
"Non mi sbilancerei così tanto, ma comunque ti consiglio di prepararti." Convenne Chirone, con un mezzo sorriso, porgendomi la tazza di cioccolata calda.

Avevo appena iniziato a sorseggiare quel dolce ristoro che quasi pareggiava con l'ambrosia quando qualcuno entrò nella Casa grande con inconfondibile ed elegante incedere.
Una giovane donna che non dimostrava più di venticinque anni dai lunghi, fluenti capelli neri e occhi cangianti. La carnagione abbronzata in maniera che perfetta era sminuirla. Indossava una maglietta rosa chiaro e pantaloni jeans lunghi, tutto molto semplice, ma che non facevano altro che risaltare la sua figura perfetta.
"Questo non può essere vero." Pensai, osservandola con occhi sgranati, mentre avanzava fino a Chirone.
Mia madre sorrise e aprì bocca, senza riuscire a proferire una parola.
 

Mentre mia madre sorrideva a Chirone io rimanevo a bocca aperta, fissandola con sorpresa, ma anche una certa ansia: avevo imparato che, in sua presenza, era pericoloso farsi vedere. A lei piaceva troppo incasinare le vite sentimentali, e non solo, della gente, soprattutto se eri, cito testualmente, una delle sue figlie preferite.
Avevo brutti ricordi di quello che avevo passato a causa sua: la mia fin troppo travagliata relazione con Jason, intervallata da altri spasimanti, uno più scocciante dell'altro (Eccetto poche eccezioni che, però, non era il caso di riportare alla mente) la maggior parte ben manipolati da mia madre che non desiderava altro che mettere alla prova i miei sentimenti.

"Al diavolo lei e le sue prove. Cosa sta' combinando questa volta!?" Mi domandai, mentre la osservavo gesticolare verso Chirone e aprendo la bocca come se volesse parlare.
Senza successo.
"Mi dispiace, mia signora, ma non la capisco." Disse, gentilmente, il centauro.
Lei alzò gli occhi al cielo, come se il suo mutismo fosse stato causato dal centauro e ci lanciò uno sguardo furioso. Dovetti trattenermi dallo sbuffare infastidita per non farla arrabbire. Va bene che era mia madre in tutto, ma era pur sempre una Dea. Le avevo imparato a ie spese cosa significava opporsi ad un Dio.
"Non puoi usare una penna e un foglio?" Domandai, alzando gli occhi al soffitto (Visto che il cielo non si vedeva se non da una finestra).
" Buona idea." Convenne il centauro, prendendo, da uno scaffale, una penna ed un figlio bianco. "E' chiaro, divina Afrodite, che lei ha perso la voce. Credo che questo ci aiuterà."
Come immaginavo, mia madre sembrò assai poco felice di quell'osservazione così diretta sulla sua voce, ma, non potendo protestare (per ovvie ragioni) prese la penna ed iniziò a scrivere.
Chirone, intanto, mi si avvicinò: "Penso che la vostra perdita di potere sia correlato alla sua perdita di voce."
"Lo penso anche io." Risposi, mentre osservavo mia madre intenta a scrivere (e attenta a non spezzarsi un'unghia nel mentre.)
Alla fine, con grande difficoltà, riuscimmo a scoprire cosa stesse accadendo e, chissà come, la cosa non mi sorprese. Non vi starò a riscrivere tutta la lettera parola per parola, perché mia madre sapeva essere prolissa e pettegola anche solo scrivendo, vi basti sapere che il succo era che, pochi giorni prima, lei e Ares avevano condiviso... una notte molto speciale, per chi ha capito capisca.
Inutile dire che mia madre, essendo già sposata con un altro Dio, non aveva fatto fare una bella figura al suddetto Dio (Efesto) che se l'era un attimino presa.
Ora, tra gli Dei c'era una specie di... patto implicito che riguardava i tradimenti: a parte Era, questo patto, faceva in modo che una divinità non se la prendesse troppo per i figli semidivini che il proprio coniuge. Chiari, non erano felici, ma non avevano nemmeno scagliato orrende maledizioni sui detti discendenti. Ad esempio, Anfitrite, la moglie di Poseidone, trattava Percy in modo freddo e distaccato, ma non andava certo ad inviargli contro mostri orrendi e maledizioni per farlo fuori.
Ma un conto era tradire il proprio conuge con un mortale, che, da quel che avevo capito, era una cosa che accadeva spesso. Un conto era tradirlo con un altra divinità: lì sì che le cose diventavano serie. (Serie per gli Dei, si intende)
Era come una mancanza di rispetto particolarmente grave, per loro. Quindi ecco venir fuori vendette e rancori degne di una faida tra Capuleti e Montecchi (Ehi, anche io sono una figlia di afrodite, posso citare una bella storia d'amore, per quanto abusata?)
In particolare, Efesto, era sempre stato estremamente duro nelle sue vendette, quindi ecco la sua ultima trovata: togliere la voce alla moglie, in modo che non potesse nemmeno più convincerlo a perdonarla.
Il problema è che ci eravamo andati di mezzo anche noi suoi figli.
"Oh, avanti, è assurdo!" Sbottai, quando finii di leggere. "Perché dovrebbe interessarci!? Vai da Efesto e chiedigli di scusarti! Non potresti fare lo sforzo di qualche secolo di essergli fedele!?" Dissi a mia madre, accartocciando il foglio tra le mani. Per quanto la situazione mi desse fastidio, non potevo fare a meno di pensare che Efesto avesse le sue buone ragioni per aver fatto quello scherzetto.
Gli occhi di Afrodite brillarono di una luce inquietante e, per un attimo, il suo corpo risplendette di luce, prima che si calmasse e alzasse il mento con aria da nobildonna, mantenendo un orgoglioso quanto fastidioso contegno.
"Ho capito, ho capito. E allora rimarrai lì fino a che non sarà lui a ridarti la voce?" Sbuffai indispettita, incrociando le braccia. "Molto bene, fai come vuoi."
Feci per alzarmi quando Chirone mi poggiò una mano sulla spalla.
"Aspetta, Piper."
"Se lei non vuole aiutarsi, perché dovrei aiutarla io?" Domandai, inarcando le sopracciglia. "Con il dovuto rispetto, Chirone, ma i figli di Afrodite possono sopravvivere un paio di mesi senza i loro poteri. Lasciamo che Efesto sbollisca la sua rabbia e finiamola qui."
"Il problema è che potremmo non avere un paio di mesi." Replicò il centauro, mortalmente serio. "Oltre alla vostra voce, sono spariti anche tutti gli effetti collegati ad essi, ricordi?"
"Sì... e allora?" Domandai, senza capire dove andasse a parare.
"Ricordi come mai Gea sta ancora dormendo e non ci ha fatti precipitare in una voragine?" Domandò Chirone.
Dovetti soffocare un'imprecazione, mentre un terribile presentimento si formava nella mia testa: ero stata io, con la mia Lingua Ammaliatrice, ad addormentare Gea. Era stato il potere da figlia di Afrodite ad addormentarla. Ma ora che quell'effetto era svanito, non si poteva sapere quando si sarebbe risvegliata. Forse un anno, ma anche meno: dopotutto Gea era lenta nel suo risveglio, ma non così lenta da lasciarci molto margine. Dovevo assolutamente recuperare i miei poteri, prima che ci fossero le prime avvisaglie del suo risveglio.
"Quindi, cosa dobbiamo fare?" Domandai con un sospiro esasperato.
Afrodite ci interruppe, spostando verso di noi un altro foglio su cui era scritto, anche qui molto allungata, che Efesto aveva abbandonato il Monte Olimpo poco dopo averla ammutolita, andando a rifugiarsi nelle sue fucine, sul Monte Sant'Elena. Un vulcano sotto il quale, un tempo, viveva il Gigante Tifone e che era da sempre stata una sua fucina.
"Perfetto. È dall'altra parte del continente." Sbuffai, esasperata. Questi erano i momenti in cui avrei davvero voluto che i miei amici fossero presenti.

Loro erano molto più esperti di me in viaggi e imprese: io avevo solo partecipato a quella dei sette e tanto mi bastava, visto che era già stata molto rischiosa. Sapevo già dove sarebbe andata a parare tutta la questione: sarei dovuta andare io con mia madre a recuperare la sua voce perduta. Non ci sarebbe stato tempo per tirare fuori nemmeno una mezza profezia su dove andare e cosa fare: la missione era già di per sé molto chiara.
Così, per evitare il risveglio di Gea, io e mia madre avremmo dovuto attraversare l'intera nazione per raggiungere la fucina di Efesto e convincerlo a ridarle la voce.
Perfetto: una gran bella missione.

  
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