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Autore: Shainareth    04/12/2017    4 recensioni
Con lui c’era una ragazza ben vestita, sui quindici anni al massimo, molto graziosa, dai lineamenti tipicamente normanni, con lunghi boccoli dorati e due grandi, inespressivi occhi azzurri. Adrien ne rimase colpito, poiché gli sembrò quasi di trovarsi davanti ad una bambola di porcellana in carne e ossa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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AMORE




Per Adrien quella era una novità. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che lui e suo padre avevano consumato un pasto insieme? Eppure quella sera l’uomo aveva chiesto – anzi, addirittura preteso – la sua presenza alle 19:30 in punto in sala da pranzo. Quando il ragazzo aveva domandato qualcosa al riguardo, Gabriel gli aveva risposto laconicamente che si trattava soltanto di affari. Era logico, si era detto lui. Suo padre non si sarebbe scomodato altrimenti, neanche solo per cercare la sua compagnia. Adrien anelava un qualsiasi contatto paterno, certo, ma non così.
   Fu perciò con umore ombroso che lasciò la sua camera, scendendo al piano di sotto per raggiungere la sala da pranzo con diversi minuti d’anticipo. Quando fu sulla soglia della stanza non vide nessuno, ma un particolare non di poco conto catturò la sua attenzione: la lunga tavola presente al centro dell’ambiente era apparecchiata per quattro. Avevano ospiti, quindi? Non capitava quasi mai. Adrien abbassò lo sguardo sulla maglietta scura e sui jeans casual che indossava, domandandosi se non avesse dovuto tornare di sopra per mettere qualcosa di più appropriato ad una cena d’affari, benché suo padre non lo avesse specificato.
   Qualcuno suonò al cancello di casa e lui si spostò nel grande, luminoso androne della villa, curioso di vedere i loro ospiti, che di lì a poco fecero il loro ingresso. L’uomo, sulla cinquantina, era di media altezza, con i capelli scuri ma ingrigiti sulle tempie ed una figura elegante. Con lui c’era una ragazza ben vestita, sui quindici anni al massimo, molto graziosa, dai lineamenti tipicamente normanni, con lunghi boccoli dorati e due grandi, inespressivi occhi azzurri. Adrien ne rimase colpito, poiché gli sembrò quasi di trovarsi davanti ad una bambola di porcellana in carne e ossa.
   Gabriel discese l’ampia scalinata con una lentezza solenne, un sorriso appena accennato sulle labbra, e salutò l’uomo con una stretta di mano. Quello gli presentò Juliette, sua figlia, e lei si esibì in un’affettata riverenza, proprio come avrebbe fatto la ballerina di un carillon. Fu solo quando suo padre lo chiamò che Adrien smise di fissare Juliette e si fece avanti. L’uomo, che scoprì essere Antoine Molière, un nome altisonante nel jet set della moda, gli porse la mano e il giovane la strinse, mentre la ragazza lo guardava con fare enigmatico: era incuriosita da lui almeno quanto lui lo era da lei?
   Ci furono diversi convenevoli, pochi scambi di battute, nessuno dei quali davvero interessante. Decisero infine di trasferirsi in sala da pranzo, dove Adrien si trovò a sedere al centro del tavolo, proprio di fronte alla bella Juliette. Per tutta la durata della cena, la ragazza sembrò ascoltare a malapena i discorsi degli adulti, concentrandosi piuttosto sul cibo presente nel suo piatto, che sbocconcellò appena. Di tanto in tanto, però, Adrien la sorprese a fissarlo attraverso le lunghe ciglia chiare, quasi come se volesse studiarlo di nascosto. La cosa lo mise a disagio, anche se mai quanto ciò che monsieur Molière disse di lì a poco.
   «Ora che abbiamo concluso i nostri affari», esordì dopo aver bevuto un bicchiere di vino alla salute del suo collega, «avrei da proporle un altro tipo di accordo per rafforzare la nostra collaborazione.» Gabriel accolse quella notizia senza particolare curiosità, tuttavia lasciò che l’altro gli facesse la sua offerta. «Che ne penserebbe di unire le nostre forze in un’unica casa di moda?»
   Sollevò un sopracciglio, mentre sulle labbra di Adrien comparve un sorriso sardonico che nascose prontamente dietro al tovagliolo: suo padre non avrebbe mai accettato un’assurdità del genere. «Credo sia fuori discussione», rispose difatti l’uomo.
   Antoine si lasciò andare ad una breve risata impostata. «Non intendevo subito», chiarì allora, intrecciando le mani davanti a sé. «Ci pensi», riprese poi. «Un giorno noi non ci saremo più e i nostri imperi passeranno per forza di cose ai nostri giovani eredi.»
   Juliette non parve battere ciglio, ma Adrien trovò quel discorso di cattivo gusto. Non si era ancora abituato all’assenza di sua madre – e chissà se mai lo avrebbe fatto – pertanto non voleva neanche per scherzo pensare all’eventualità che anche suo padre lo lasciasse anzitempo.
   «Juliette sta studiando sodo per succedermi, e sono sicuro che sia lei che suo figlio saranno all’altezza delle nostre aspettative», stava continuando frattanto monsieur Molière. «Ma non posso fare a meno di domandarmi cosa ne verrebbe fuori se unissero le loro risorse in una collaborazione duratura negli anni.»
   Lì per lì Adrien non comprese il peso di quella proposta, perciò si limitò ad aspettare il parere di suo padre, riflettendo tuttavia sul proprio futuro: sarebbe davvero stato in grado di portare avanti il nome degli Agreste nel campo della moda? Non era certo di avere la stoffa per diventare uno stilista di successo. Tornò a portarsi il tovagliolo alle labbra, cercando di nascondere il divertimento che gli aveva suscitato la sua stessa battuta; forse, si disse, se i presenti avessero saputo quanto fosse in realtà propenso a freddure del genere, nessuno si sarebbe fatto la minima aspettativa sul suo conto.
   «Mi sta proponendo un accordo matrimoniale?»
   Quella domanda fu come una doccia fredda. Adrien si convinse di essersi perso qualche passaggio, ma la risposta del loro ospite non lasciò adito a dubbi. «Credo fortemente che Adrien e Juliette potrebbero fare grandi cose insieme. Inoltre, visto il loro aspetto, sono più che convinto che farebbero parlare molto di loro, finendo col diventare una delle coppie più chiacchierate non soltanto nel campo della moda. Avrebbero dei bambini bellissimi, il che contribuirebbe a procurare pubblicità gratuita.»
   Adrien fremette d’ira. Serrò le mascelle e strinse i pugni, cercando in controllare in qualche modo le proprie emozioni prima di esplodere. Suo padre avrebbe davvero permesso una cosa del genere? Non era da escludere che per affari ne avrebbe almeno tenuto conto, ma… Guardò Juliette, che ora lo fissava con due occhi di ghiaccio. La trovò inquietante, proprio come tutta quella situazione paradossale.
   «Monsieur Molière», prese infine parola Gabriel, mantenendo una calma impeccabile, «mi dica: considera sua figlia alla stregua di una giovenca da riproduzione?»
   «Come?» balbettò l’uomo, credendo di non aver compreso bene.
   «Mio figlio Adrien è certamente la cosa più bella e preziosa che ho», continuò monsieur Agreste, stupendo non poco suo figlio. «So bene di non essere affatto un padre modello, tutt’altro. Ciò nonostante, non mi passerebbe mai per la testa di considerarlo un cavallo di razza. Potrei anche essere capace di programmargli le giornate, ma non mi sognerei mai di imporgli un qualsivoglia legame sentimentale.» Detto questo, si alzò rigidamente, rischiando quasi di far cadere la sedia alle sue spalle, e gettò il tovagliolo sul piatto ancora pieno per metà. «La cena è finita. Sapete dov’è la porta.» Si rivolse al proprio figlio, che ancora lo fissava con occhi pieni di piacevole incredulità. «Adrien, non sei obbligato a trattenerti. Puoi andare, se lo desideri.» Lui però non si mosse, troppo sorpreso per fare anche solo il più piccolo movimento. Si limitò soltanto a seguirlo con lo sguardo mentre usciva dalla stanza.
   «Stupido testardo», imprecò monsieur Molière, non capacitandosi di come quello stolto volesse gettare al vento una simile occasione per i loro rampolli. Non aggiunse altro a voce alta, ma dal modo in cui si mosse e fece cenno a sua figlia di seguirlo fuori da lì, era palese che era rimasto offeso dal rifiuto del collega.
   Quando erano ormai sulla soglia di casa, Adrien si affrettò a raggiungerli per rivolgersi a Juliette. «Davvero ti sarebbe stato bene?»
   Lei gli rivolse l’ennesimo sguardo inespressivo e, per la prima volta in tutta la serata, parlò. «Ha davvero importanza?»
   Il giovane rimase turbato da quelle parole rassegnate, pronunciate per di più con un tono del tutto incolore. Juliette era tanto bella quanto spenta. Così giovane, così morta. Gli si strinse il cuore mentre la vedeva andar via con suo padre. Una bambola triste e priva di emozioni, speranze, desideri, sogni. Ne ebbe quasi timore e giurò a se stesso che non sarebbe diventato come lei. Mai.
   Si diresse a passo spedito nello studio di suo padre e lo trovò a contemplare il ritratto di sua madre, quel bellissimo quadro ispirato ad una celebre opera del grande Gustav Klimt. Gabriel aveva amato sua moglie con tutto se stesso e sicuramente continuava a farlo. Per quanto severo e persino ingiusto potesse sembrare alle volte nei suoi riguardi, Adrien sapeva che non sarebbe mai stato capace di privarlo della gioia più grande di tutte. Anche lui avrebbe amato qualcuno così tanto? Forse già lo faceva, in effetti, e avrebbe combattuto con le unghie e con i denti per non perdere lei, per non soffrire proprio come quell’uomo dall’aria cupa che fissava con occhi lucidi quelli verdi dell’amata, sia pure attraverso una fredda tela.












Questa a dire il vero risale ad un paio di settimane fa, ma fino all'ultimo sono stata fortemente indecisa se postarla o meno. Mi chiedo se davvero Gabriel reagirebbe così, davanti ad una proposta del genere, e nonostante i dubbi, continuo a ripetermi di sì. Perché, per quanto io legga in giro fanfiction italiane e straniere in cui lui fidanza suo figlio con Chloé o con il funghetto di turno (in questo caso Juliette), non riesco davvero a capacitarmi che proprio Gabriel Agreste possa imporre un legame di tipo sentimentale alla cosa più preziosa che gli ha lasciato la donna che ha amato con tutta l'anima, la stessa per cui sembra aver perso la testa dopo la sua scomparsa. Ho diverse teorie al riguardo, ma al momento taccio.
Insomma, questo è il mio punto di vista, che può essere condivisibile o meno, certo, ma mi andava di condividerlo con voi. Trovo che possa essere un interessante spunto di riflessione, che ne pensate?
Scappo a correggere l'ultima shot che ho postato, piena zeppa di ripetizioni e sviste, sigh.
Buona serata e grazie a chiunque legga, commenti o aggiunga questa storia fra le preferite/ricordate/seguite. ♥
Shainareth





  
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