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Autore: ayamehana    04/12/2017    6 recensioni
Certi amori sono destinati a durare in eterno; altri a bruciare e a estinguersi come la fiamma di una candela ormai consumata. Ranma e Akane hanno dovuto impararlo a loro spese, quando la loro relazione è terminata a pochi giorni dal matrimonio che li avrebbe legati per tutta la vita. Una rottura nata da un imbroglio, ma che l’erede della palestra Tendo ha interpretato come un «non siamo fatti per stare insieme».
Troppe parole, però, sono rimaste in sospeso. Sono passati sei lunghi anni; Akane è cresciuta ed è in procinto di sposare l’uomo di cui è innamorata… tuttavia, si è dimenticata di fare i conti con un’unica cosa: certi amori sono destinati a finire, solamente per ritornare ancora più forti.
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Non erano mai andati molto d’accordo, loro due; si erano amati con quella caparbietà tipica degli adolescenti… ma la loro relazione era stata fragile, si era incrinata con eccessiva facilità. Se si sforzava, riusciva ancora a vederne le crepe… in una fidanzata di troppo, nelle pressioni di due genitori invadenti… nella propria impulsività e nella timidezza intrinseca di Ranma.
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[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Shan-pu, Shinnosuke
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Premessa dell'autrice: Buonasera a tutti! Sono in ritardo mostruoso, lo so, ma ho i miei motivi! - Non è vero, continuo a passare il mio tempo a guardare serie tv al posto di scrivere, ma dettagli. In realtà, è tutta colpa delle mie ship, continuano a tenermi incollata davanti alla televisione.
Comunque, visto che la mia vita da nerd asociale non interessa a nessuno, passiamo alla storia vera e propria! Con questo capitolo, si chiude la prima parte di Tempi Supplementari. Per me è una grandissima soddisfazione essere arrivata fin qui, insomma... ho iniziato a progettare questa storia proprio da qui! Il merito è anche vostro, che continuate a sostenermi... Siete tantissimi e vi sono profondamente grata! Un abbraccio va anche a Napee che ringrazio con tutto il mio cuore, se non ci fosse lei, non saprei davvero dove sbattere la testa!
Bene, smetto di annoiarvi con le mie moine e vi lascio con il capitolo vero e proprio. Spero davvero che vi piaccia!


 
CAPITOLO VII

IL SUO INCUBO PEGGIORE

 

«Io sono Ranma… e ora devo andare.»
 
Quelle parole la colpirono con la stessa violenza di un pugno nello sterno. Ranma le stava sorridendo, ma il suo non era un sorriso felice, anzi, aveva un che di stonato e di irrimediabilmente sbagliato al centro di quel suo sguardo rammaricato. Glielo lesse negli occhi, quel rancore che provava nei suoi confronti, e fece in tempo a mimare un ‘perché’ con le labbra, prima che lui le desse le spalle per andarsene.
Ranma… pensò, mentre la figura del ragazzo che un tempo aveva amato si faceva sempre più distante. Che diavolo stava succedendo? Come mai lui aveva reagito in quel modo di fronte a Shinnosuke? Che gli fosse venuta in mente quella volta in cui…? Scosse la testa, lanciando un’occhiata in tralice al suo fidanzato: anche lui aveva l’aria confusa e si stava scompigliando i capelli, come se stesse cercando di ricordarsi qualcosa… o peggio, di qualcuno. Un’ondata di panico la assalì, quando Shin aprì bocca per mettere fine a quel silenzio imbarazzante. 

«Senti un po’, Akane…» esclamò, corrugando la fronte, «… ho come l’impressione di aver già visto quel tuo collega da qualche parte…»

Akane si asciugò le mani sudaticce sui pantaloni della tuta. «Impossibile», mormorò con i nervi a fior di pelle. «Ranma non è di queste parti… Ha vissuto in Cina per moltissimo tempo, prima di decidersi a ritornare nel suo paese natale. L’avrai di sicuro scambiato per qualcun altro.»

Shinnosuke si chiuse nelle spalle. «Sarà.»

L’artista marziale fece cenno di sì con il capo. «Ti dico che è sicuramente così!» ribadì a denti stretti, distendendo le labbra in un sorriso tirato. Come aveva fatto a cacciarsi in una situazione simile? Il suo ex e il suo fidanzato coinvolti in un faccia a faccia… Le metteva i brividi il solo pensiero di quello che sarebbe potuto accadere! «Piuttosto…» tergiversò, «… che ci fai tu qui?»

Ogni sorta di confusione abbandonò il volto del suo ragazzo, quando questi si girò verso di lei, con una buffa espressione stampata in viso. «Ma come?» le domandò, offeso. «Stamattina non sembravi stare tanto bene e ho pensato… ecco… ho ben pensato di venirti a prendere per accompagnarti a casa.»

Akane rise: Shinnosuke era capace di scaldarle il cuore solamente con delle semplici parole. Si avvicinò a lui e gli sfiorò le labbra con le proprie. «Grazie… è molto gentile da parte tua.»
 
***
 
L’interno del ristorante di Ucchan era esattamente come lo ricordava; gli venne quasi da sorridere al pensiero di tutte le volte in cui si era fermato lì a pranzare dopo la scuola.
Nonostante lo spazio fosse un po’ ristretto, si respirava un clima piuttosto confortevole, capace di attenuare – almeno momentaneamente- l’inquietudine che nell’ultima ora aveva appesantito il suo cuore. Prese posto su uno degli sgabelli di fronte alla piastra, mentre una cameriera, vestita in uno sgargiante kimono, faceva capolino dalle cucine.

«Benven…» cominciò, ma le parole le morirono in gola quando posò lo sguardo su di lui. «Ma io ti conosco! Se la memoria non m’inganna, sei Ranma Saotome, giusto?»

Il codinato sollevò un sopracciglio e la stramba ragazza sbuffò, puntandosi un dito al petto. «Sono Konatsu, ti sei forse dimenticato di me?»

«No, mi ricordo eccome di te, invece!» esclamò Ranma, picchiandosi il palmo di una mano con un pugno. «Se non sbaglio, hai provato a uccidermi, tempo fa…»

«Ma poi la signorina Ukyo mi ha preso con sé e mi ha fatto cambiare idea…» soggiunse Konatsu con aria sognante, prima di compiere una giravolta su se stesso. Era un tipo stravagante, su questo non vi erano dubbi. E, ora che ci penso, lui stravede per Ucchan, anzi, le ha addirittura confessato di amarla… rimuginò l’artista marziale, guardandolo di sottecchi.

«E dimmi… come te la passi, amico?»

Le labbra tinte di rosso del Kunoichi si incresparono in un sorriso compiaciuto. «Oh, meglio di te sicuramente! Ti ho osservato quando sei entrato, sai? Avevi una faccia da funerale…»

Ranma aprì la bocca per replicare ma, in quel momento, la porta della cucina si aprì e da essa fece la sua comparsa Ukyo. Indossava la sua solita giacca blu, sopra cui era stata adagiata una cintura contenente delle spatole di varie dimensioni. A differenza di quella mattina, però, aveva legato i lunghi capelli castani in una coda alta tenuta ferma da un fiocco bianco. «Konatsu, quante volte devo dirti di non intrattenerti con i clienti?» gridò in direzione del ninja, che, colto in flagrante, sobbalzò.

«Ma signorina Ukyo…» si lamentò Konatsu, «… non si tratta di un cliente qualsiasi, ma di Ranma!»

Ucchan sgranò gli occhi e scansò il ragazzo con una manata. «Che ci fai tu qui?!» ringhiò, puntando un dito contro il codinato che, di tutta risposta, si chiuse angelicamente nelle spalle.

«Non hai mai pensato di dare una rimodernata all’arredamento?» esclamò, allargando le braccia e deviando strategicamente la domanda della sua amica d’infanzia. La vide sporgere le labbra in una smorfia, mentre il Kunoichi, dietro di lei, sbuffava una risata divertita.

«Seriamente, Ranma…» replicò la moretta, massaggiandosi le tempie con il pollice e l’indice, «… non ti avevo forse chiesto di startene fuori dalle nostre vite?»

«Mi hai minacciato di picchiarmi se avessi fatto del male ad Akane», la corresse l’artista marziale, «ma non mi hai domandato di tenermi fuori dai giochi.»

«Touché», s’intromise Konatsu, beccandosi poi un’occhiataccia da parte di Ukyo. Il ninja sorrise con finta innocenza e le rivolse uno sguardo che pareva dire: Ma che ho fatto, ora? «D’accordo, mi levo di torno e vado a lavare i piatti.»

«Meglio così», concordò la cuoca. «Ah, Konatsu, ci sarebbe anche la spazzatura da portare fuori… per piacere.»

Il Kunoichi sospirò e lasciò la stanza, borbottando una frase che suonò come ‘tocca sempre a me fare lavori di questo genere’.

«Perché non mi hai detto che lei ha un fidanzato?» chiese Ranma a bruciapelo, una volta rimasto solo con Ucchan. La ragazza trasalì e si mise ad armeggiare con una spatola per rigirare un impasto sulla piastra.

«Non mi sembrava il caso di dirtelo, Ran-chan.»

Il codinato si corrucciò. «Così da farmi fare la figura dell’emerito idiota con Akane e con il suo…» Soffiò, passandosi una mano tra i capelli spettinati, «… con il suo ragazzo?» Odiava dover ricordarsi che lei apparteneva già a un altro… specie perché si trattava di Shinnosuke e non di un tipo qualsiasi.   

Ukyo si morse il labbro inferiore e adagiò un okonomiyaki su un piatto. Ranma la ringraziò per quel pasto non richiesto e ne approfittò per osservarla di sottecchi. La sua amica d’infanzia stava volutamente evitando di guardarlo, lo sapeva bene. Che provasse pena verso di lui? Strinse la bocca in una linea retta: non sopportava quando qualcuno si comportava così nei suoi confronti! «Di’ qualcosa, Ucchan.»

«Vorrei solo che gettassi la spugna…» ammise la moretta, sollevando finalmente lo sguardo. Era seria, pareva tenerci davvero. «Ce n’è voluto di tempo, ma io e Akane siamo diventate grandi amiche con il passare degli anni… e credimi, Shinnosuke è stato in grado di farla rialzare dopo che tu l’hai lasciata. Grazie a lui, Akane ha ricominciato a sorridere. Non distruggere la sua felicità, Ranma… non ora che l’ha finalmente ritrovata.»

Una lama invisibile trafisse il cuore del codinato che, come un automa, si alzò dalla sedia per congedarsi da quella che anni addietro aveva considerato la sua migliore confidente. «Mi dispiace, Ucchan… ma questa volta non potrò darti ascolto. Io ci tengo a lei e voglio… devo provare a fare qualcosa, prima che sia troppo tardi.»
 
***
 
Akane starnutì e afferrò un ennesimo pacchetto di kleenex. Odiava avere le febbre; si sentiva veramente inutile, bloccata in casa e senza alcuna possibilità di muoversi o, ancor peggio, di allenarsi!   

«Che ti avevo detto?» la canzonò Shinnosuke sornione, entrando nella stanza con un vassoio tra le mani. «Non avresti dovuto andare a lavoro ieri!»

«Non dire stupidaggini, Shin», lo rimbeccò l’artista marziale, gettando a terra un fazzoletto usato. «Sai bene anche tu che ieri dovevo insegnare un nuovo kata ai miei allievi!»

«E perché non ti sei fatta sostituire dal tuo nuovo collega di lavoro?»

Akane digrignò i denti. Già, perché non ho lasciato quel maledetto compito a quell’idiota di un Ranma? Sono sicura che se la sarebbe cavata magnificamente, pensò con non poco sarcasmo, prima di prendere la ciotola di miso bollente che il suo fidanzato le stava porgendo. Si soffermò a osservare la brodaglia verdastra che galleggiava al suo interno, sentendo un improvviso buco allo stomaco. Se c’era qualcosa che il suo ragazzo non sapeva fare, quella era proprio cucinare! Ricacciò indietro un conato di nausea e afferrò un cucchiaio. «Perché, come ti dicevo ieri, Ranma è nuovo di qui e, com’è giusto che sia, deve ancora ambientarsi», mentì, sforzandosi di mandare giù qualche sorsata di quella zuppa disgustosa. «Non sarebbe stato carino, da parte mia, se gli avessi scaricato tutto il lavoro, senza dargli l’opportunità di conoscere meglio i nostri studenti.»

«Sei sempre la solita premurosa», mormorò Shinnosuke, sporgendosi per sfiorarle la fronte con le labbra. «Adesso, scusami, ma devo andare…»

Akane mise il broncio. «Di già? Non puoi restare a farmi un po’ di compagnia?»

«Mi dispiace, ma il lavoro chiama… Ma se hai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, fammi uno squillo, va bene?»

La piccola Tendo annuì, sollevando un angolo della bocca in un sorriso. «Grazie, Shin», gli rispose, prima di aggiungere: «Sei davvero il migliore, te l’ho mai detto?»

Shinnosuke scoppiò a ridere e, nel farlo, due buffe fossette apparvero ai lati delle sue labbra. «Sì, almeno un centinaio di volte!»

«E allora lascia che te lo ripeta per la centounesima volta», mormorò Akane, afferrandolo per la manica della giacca e costringendolo a chinarsi verso di lei. Già, la sua relazione con Shin era la cosa più bella che le fosse mai capitata; non avrebbe permesso a nessuno di strappargliela via come, invece, era successo con Ranma.
 
***
 
Quando Ranma entrò in palestra, quel giorno, ad accoglierlo vi era solo la Signora Taniguchi. Se ne stava in piedi dietro alla reception, con la cornetta del telefono in bilico tra la spalla e l’orecchio, e borbottava frasi sconnesse come ‘Sì’, ‘No’, ‘Spero davvero che si riprenda’. Il codinato la guardò incuriosito e aspettò che riagganciasse prima di chiederle: «C’è qualcosa che non va?»

La donna scosse la testa e, nel farlo, un ciuffo argenteo sfuggì dallo strettissimo chignon in cui aveva legato i capelli. «Ero al telefono con…» Fece una pausa, durante la quale si mise a picchiettare con le dita sulla superficie in legno del bancone, «… un amico stretto di Akane. Mi ha detto che lei sta male e che oggi non si presenterà a lavoro.»

Ranma inarcò un sopracciglio. «Shinnosuke?» chiese, deglutendo a fatica la bile amarognola che gli aveva appestato la bocca. Per tutti i Kami, com’era possibile che quella testona si fosse invaghita di quello stordito?

Di tutta risposta, Keiko sgranò gli occhi. «Allora hai saputo…?» gli domandò con voce strozzata. Il codinato annuì e lei soggiunse: «Mi dispiace tanto, figliolo…»

«Non importa. Io… non ho intenzione di cedere ora… né mai lo farò!»

 
Durante tutta la lezione, Ranma non fece altro se non pensare ad Akane. L’idea di lei tra le braccia di un altro gli faceva accapponare la pelle dalla rabbia. Aveva così tanta voglia di picchiare quel Shinnosuke… lui e quella sua dannatissima faccia da santarellino!
Per più di una volta, si beccò un pugno da parte di qualche suo allievo, seguito subito da un richiamo della sensei, che continuava a ripetergli di non distrarsi. Ma com’era possibile non ritornare con la mente a quel momento, in cui la sua ex fidanzata gli aveva dimostrato di non provare più alcun sentimento nei suoi confronti?

Alla fine dell’allenamento, Ranma aveva così tanti muscoli indolenziti da faticare a muoversi. Quei ragazzini ci sapevano davvero fare con le arti marziali, altroché! Avevano approfittato della sua disattenzione per colpirlo a destra e a manca!

Aveva già iniziato a cambiarsi nello spogliatoio, quando un lieve bussare alla porta lo fece sussultare. «Ranma, posso entrare?» gli chiese la Signora Taniguchi con quel suo modo di fare da mamma chioccia. Stava cominciando ad abituarsi a quella donna tanto apprensiva e chiacchierona…

«Prego», mormorò il ragazzo, appallottolando la giacca del karate gi per ficcarla dentro la borsa.

Keiko socchiuse l’uscio e sgusciò nella stanza. «So che ti stai cambiando, ma vedi… c’è una persona che desidera vederti. Dice che ha una certa urgenza, quindi…» Le tremava la voce, il che era piuttosto strano.

Ranma inarcò un sopracciglio. «E chi sarebbe questa persona?» domandò, infilandosi la sua adorata casacca rossa e armeggiando con i bottoncini dorati.

La sensei si morse il labbro inferiore. «Non saprei… ma ha detto di conoscerti molto bene», gli rispose, prima di aprire la porta. Al codinato si raggelò il sangue nelle vene appena posò lo sguardo sulla nuova arrivata. Indossava uno stretto abito cinese verde acqua, che le copriva a malapena il fondoschiena. I capelli vaporosi contornavano quel suo visetto dalla parvenza angelica, su cui era stampato un sorriso malvagio; un sorriso che voleva dire solo una cosa: ‘Ti ho trovato, finalmente… Ranma.’
 
***
 
Distesa comodamente su un fianco, Akane stava sfogliando una rivista di cucina, di cui aveva fatto l’abbonamento non poco tempo prima. Si era ripromessa di imparare a cucinare in vista del suo imminente matrimonio con Shinnosuke; voleva essere la mogliettina perfetta, premurosa e affettuosa. Tutte quelle ricette, però, non sembravano fare al caso suo: ogni volta che provava a mettersi ai fornelli, rischiava seriamente di dar fuoco alla cucina.
La piccola Tendo sospirò e chiuse il giornale. Perché non aveva ereditato le stesse doti culinarie di Kasumi? Era davvero ingiusto! Quanto avrebbe voluto avere le mani da fata di sua sorella… le sue, a confronto, erano rozze e poco femminili. Le nocche erano ricoperte di vecchi tagli e cicatrici che si era guadagnata a forza di pugni; mentre le dita… erano tozze e con le unghie corte e piene di pellicine. Chissà come sarebbe apparsa, al suo anulare sinistro, la minuscola fede che Shin le aveva regalato. Akane spostò lo sguardo proprio su quel dito… e scattò subito a sedere. Il mio anello! pensò, frugando sotto la coperta. Dove diavolo è finito?! Non posso averlo perso!
Il panico la stava già divorando, quando si ricordò improvvisamente dove aveva effettivamente lasciato il suo anello di fidanzamento. Era costretta a toglierselo prima di tutti gli allenamenti e, probabilmente, si trovava ancora dentro al suo armadietto. Che sbadata, devo assolutamente andare a recuperarlo!
Si alzò in piedi con non poca fatica a causa della febbre alta, e, dopo aver indossato una felpa leggera, uscì di casa.
 
***
 
Ranma indietreggiò, cozzando contro la panca su cui aveva adagiato le sue cose. Perché lei si trovava lì? Era venuta forse a riprenderlo per riportarlo in Cina con la forza? «S-Shan-pu», mugolò, lasciandosi scivolare a terra.

La ragazza annuì con vigore e si slanciò verso di lui. «Finalmente ti ho trovato, wo qin ai de!*» squittì, gettandogli le braccia al collo e strofinandogli il naso contro la spalla. Il codinato fu tentato di ritrarsi, ma era paralizzato dallo sgomento. Lei era la sua tortura, il suo incubo peggiore e, ora, si trovava lì, in carne e ossa, pronta a strappargli via quel poco di libertà che era riuscito a ritagliarsi.

«S-Shan-pu, come… quando…»

L’amazzone si sciolse dall’abbraccio e si mise in ginocchio davanti a lui. I suoi occhi rossicci, notò Ranma, erano attraversati da una scintilla di puro odio; era indubbiamente arrabbiata con lui, ma come darle torto? «Semplice: sapevo che saresti venuto qui», gli rispose sprezzante, schioccandogli due dita sulla fronte. «In fondo, ti conosco da anni, Ranma… avresti fatto qualsiasi cosa pur di ritornare da lei, non è vero?»

L’artista marziale contrasse la mandibola, gettando un’occhiataccia alla cinesina, la quale, cogliendo il suo disprezzo, scoppiò a ridere. «E poi», soggiunse, «diciamo che ho avuto un piccolo aiuto da una persona di tua conoscenza. A Collant Taro non è piaciuto affatto lo scherzetto dell’attestato di nascita falso, sai? Ora, si trova a casa tua, a fare i conti con quell’idiota di tuo padre.»

Ranma roteò gli occhi al cielo: più tardi avrebbe dovuto risolvere anche i problemi di quello stupido del suo vecchio! Se solo gli avesse dato ascolto e avesse prenotato due posti in un aereo come una qualsiasi persona normale… «Beh, ben gli sta! Una lezione non gli fa di certo male, ogni tanto!» esclamò il codinato, chiudendosi nelle spalle.

La bocca tinta di rosso di Shan-pu si contorse in un ghigno divertito. «Ma parliamo di cose serie, wo qin ai de.»

«Io non ho niente da dirti, Shan-Pu.»

«E, invece, sì», sibilò la cinesina, congiungendo le braccia al petto. «Che cosa credevi di fare con quelle piante soporifere, Ranma?»

Beh… farti addormentare così da approfittarne per scappare? pensò Ranma, prima di mordersi la lingua. «Oh, quello!» rispose, invece, scompigliandosi i capelli. «Suvvia, Shan-pu, è stato solo uno scherzo innocente.» 

L’amazzone espirò rumorosamente dal naso come un toro pronto a partire all’attacco. «Non è stato affatto divertente, invece… risvegliarsi due giorni dopo il mio matrimonio e scoprire che tu e quel lardoso di tuo padre eravate scomparsi!» Aveva la voce rotta dall’isteria e stava stringendo convulsamente le mani a pugno.

Ranma tossicchiò e si alzò in piedi, allontanandosi velocemente da lei. «B-Beh…» iniziò, ma venne interrotto da un gesto brusco di quella pazza.

«Ovviamente me la sono presa con quelle stupide delle tue complici», ringhiò Shan-pu, sollevandosi anche lei da terra e annullando nuovamente la distanza che li separava. Il codinato fece qualche passo indietro, ma finì solo con il ritrovarsi inchiodato tra lei e gli armadietti.

«C-Che ne è stato di Pink e Link?»

«Davvero ci tieni a saperlo?» gli domandò la cinesina, carezzandogli languidamente il petto. L’artista marziale scosse la testa e stava per ribattere che no, non gli interessava realmente, ma le parole gli morirono in gola, quando lei avvicinò le labbra al suo orecchio. «Le ho rinchiuse in una gabbia, in attesa che vengano date in pasto agli avvoltoi.»
 
***
 
Le lezioni pomeridiane erano terminate da un po’, quando Akane fece il suo ingresso nel dojo Taniguchi. Quel luogo appariva sinistramente silenzioso senza la Signora Keiko a farne gli onori di casa. Sopra il bancone della reception svettava un cartello con la dicitura ‘Torno subito’ scritta nella calligrafia spigolosa della sensei. La piccola Tendo tirò un sospiro di sollievo: almeno si sarebbe risparmiata le mille domande di quella vecchia ficcanaso.

Frugò nella borsetta ed estrasse le chiavi del suo armadietto, ma queste le caddero di mano, nel momento in cui udì delle voci provenienti dallo spogliatoio. Ma che diamine? si chiese, avvicinandosi alla porta socchiusa e tendendo l’orecchio.

«Mi spieghi perché fai tutto questo?»

Akane sgranò gli occhi e si morse la lingua per reprimere un’esclamazione di sorpresa. Ranma? pensò, sbirciando dalla fessura aperta dell’uscio. Il suo ex fidanzato aveva la schiena incollata alla parete e teneva le braccia sollevate sopra la testa. Sembrava agitato ed era rigido come uno stoccafisso, mentre una figura più snella e minuta lo teneva saldamente inchiodato al muro. La faccia di quest’ultima era nascosta da una soffice nuvola di capelli color lavanda che Akane avrebbe riconosciuto ovunque: si trattava di Shan-pu, quella serpe velenosa che aveva provato più volte a soffiarle il ragazzo, ricorrendo anche a mezzi meschini pur di riuscire nel suo intento.

«Perché tu mi appartieni, Ranma», rispose la cinesina, prima di sporgersi in avanti e poggiare le labbra su quelle del codinato.

La piccola Tendo si sorprese nel serrare le mani a pugno. Perché doveva assistere a una scena così intima e raccapricciante? E soprattutto, era proprio necessario che quei due facessero quelle smancerie nel luogo in cui lei lavorava? Stava per urlare dalla frustrazione, se lo sentiva. Indietreggiò e, nel momento in cui lasciò andare la porta, quest’ultima la tradì emettendo un lungo cigolio.

La bocca di Akane si aprì in una ‘o’ perfetta, mentre Shan-pu, dopo essersi allontanata da Ranma, girava lo sguardo verso di lei. I suoi occhi rossicci la squadrarono dalla testa ai piedi, in modo critico, quasi indagatore. «Oh, Akane!» esclamò, infine, allargando le labbra in un sorriso falsissimo. «Entra pure, stavamo aspettando solo te!»
 
***
 
Akane? pensò Ranma, prima di venire sopraffatto da un’ondata di panico. Che ci fai lei qui? Non era ammalata? si domandò, spostando lo sguardo sulla diretta interessata. I loro occhi s’incontrarono per un breve istante, e lui riuscì a cogliere una nota di disapprovazione in quelli castani di lei. Era furiosa, indubbiamente, ma sembrava anche molto confusa. Il codinato si mordicchiò il labbro inferiore: presto o tardi, avrebbe dovuto spiegarle tutto sin dal principio.

«Ma che bella sorpresa», ricominciò Shan-pu, avanzando verso la nuova arrivata. «Akane Tendo, ne è passato di tempo dall’ultima volta in cui ci siamo viste.»

Le labbra di Akane, dapprima spalancate in una smorfia di stupore, si distesero in un sorriso privo di allegria. «Shan-pu, ti vedo bene», esclamò la sua ex fidanzata, incrociando le braccia al petto. Stupida imprudente che non sei altro! la maledisse, invece, Ranma. Che cosa credeva di fare, quella scema, rispondendo per le rime a Shan-pu? Voleva sfidarla, per caso?

«Oh, grazie», replicò l’amazzone, fermandosi a qualche passo da lei. Pareva una belva feroce pronta ad azzannare la sua preda. Ranma digrignò la mascella: doveva agire, prima che quella pazza dicesse qualcosa di terribilmente sbagliato.

«Shan…»

«E ho sentito che ti stai per sposare con il tuo ragazzo! Volevo farti i miei più sentiti auguri, Akane!»

Cosa? pensò il codinato, mentre quella notizia lo investiva come la deflagrazione di un ordigno, che distrugge ed elimina tutto quello che incontra. Riuscì quasi a sentirlo, il rumore del suo cuore che si spezzava in tanti minuscoli frammenti difficili da ricomporre. Si ritrovò a cercare con lo sguardo Akane e non si stupì, quando si accorse che anche lei lo stava fissando. Come abbiamo potuto ridurci in questo modo? avrebbe voluto urlarle contro. Come abbiamo potuto, Akane?

«È quasi buffo», continuò Shan-pu, ghignando di fronte all’espressione smarrita di Ranma, «se penso che voi due, una volta, eravate praticamente inseparabili, due anime gemelle. Credevamo tutti che foste destinati l’uno per l’altra, mentre, ora… guardatevi: vi state per sposare con due persone completamente differenti.»

L’artista marziale si riscosse dal suo stato di trance e si preparò a tappare la bocca a quell’amazzone dalla lingua troppo lunga. Akane non doveva sapere, non in quel modo… Si slanciò in avanti, pronto ad acchiapparla, ma lei lo scansò e, con un sorriso crudele stampato in volto, sganciò l’ultima potentissima bomba. «Anch’io e Ranma stiamo organizzando il nostro matrimonio, non è fantastico?»

La sua ex fidanzata sgranò gli occhi e il codinato agitò le braccia davanti al viso, nel pallone più totale. Che diamine poteva mai dirle, ora? «Akane, giuro che non è come pensi… Noi…»

«Ma è meraviglioso!» lo interruppe la ragazza, serrando la mandibola. «Sono davvero felice per voi! Ora, ehm… scusate, devo proprio andare!»

«Akane!» urlò Ranma, ma lei gli aveva già voltato le spalle. Non è possibile! È tutto un malinteso, noi… io… «Devo seguirla!»

Afferrò la maniglia della porta, più che deciso a correre dietro alla donna che amava. Non doveva finire così, lei doveva assolutamente sapere la verità… prima di legarsi per sempre a un altro uomo. Shan-pu, però, non pareva essere del suo stesso avviso. Lo ghermì per la manica della casacca e lo tirò indietro.

«Non ci provare, tesoro», sibilò a pochi centimetri dal suo viso. Ranma sostenne il suo sguardo: non avrebbe più permesso a quella vipera di mettergli i bastoni tra le ruote.

«Altrimenti?»

«Altrimenti… ucciderò Akane con le mie stesse mani.»    

 

*wo qin ai de: 'amore mio' in cinese.

Note dell'autrice: Giuro che sono felicissima di essere riuscita a introdurre Shan-pu! Lei è odiosa e pazza, ma descriverla è bellissimo, giuro! Comunque, prima di salutarvi, volevo avvisarvi che ho creato una pagina autore su Facebook, così da aggiornarvi sui prossimi capitoli, se vi va! La trovate a questo link.
Vi mando un bacione enorme!

Ayamehana.
  
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