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Autore: Ria    06/12/2017    6 recensioni
La ragazza saltò giù dalla sedia e fece un cenno verso il gigantesco monitor, su cui le figure tridimensionali ruotavano e si fondevano in un unico corpo confuso. [...]
« Quindi i frammenti potrebbero essere ovunque? »
« In ogni dimensione possibile e su ogni pianeta possibile che l'Incrocio raggiunga. » ammise MoiMoi con un sospiro. Minto si premette forte le dita sulla fronte al culmine dell'irritazione:
« Perfetto! E noi dovremmo collaborare per...?! »
« Per tutto il tempo necessario, caro passerotto. »
« Richiamami ancora a quel modo, Kisshu, e sarà la collaborazione più breve della tua vita! »
[...] « Tu mi hai salvato già una volta, tre anni fa. Sono certo che ci riuscirai di nuovo, perché sei la più forte di tutti. »
« Ao No Kishi... »
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intersection'
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Titolo incoraggiante per tutti ♥  citando un mito… SFRAKATZAMENTO!!

Tutti: che?!

Botte sangue & viulenza sparse ♥

Tutti: … va a farti f****re z****la -.-"

 

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Cap. 56 – Toward the Crossing: Tenth road (part III)

                Corpse Party

 

 

 

 

I primi passi che compì nella grande sala furono lenti, ponderati, pesanti sul pavimento lucido intanto che si accertò dell'effettiva fisicità del proprio corpo. Con un sospiro leggero e profondo Deep Blue si raddrizzò in tutta la sua altezza, stese morbidamente le braccia e distese e chiuse le dita come per verificare con certezza assoluta la mobilità di ogni muscolo, nervo, giuntura.

Era pronto.

Abbandonò indietro la testa verso le spalle ascoltando tutti i rumori prodotti dalla propria persona, così banali, così ovvi e confortanti.

La veste che frusciò attorno al corpo. I capelli nero notte che scivolarono dalle spalle lungo la schiena ondeggiando lunghi e sottili. Il respiro calmo che gli invase la gola, il naso, i polmoni, ogni goccia di sangue.

Era tornato.

Il sorriso sulle labbra sottili si stese e scomparve rapidamente mentre l'antico sovrano si decise ad aprire gli occhi, voltandosi seccato verso la parte della sala che si chiudeva a goccia e proseguiva in direzione del resto del palazzo.

Ora che aveva modo di prestare loro attenzione gli fu chiaro che la presenza dei suoi subalterni fosse divenuta appena percepibile.

« … Inutili sciocchi. »

Sbuffò un istante e ignorò la questione, non che apprezzasse ricominciare la propria conquista con solo l'appoggio del suo luogotenente, ma in fondo anche la sua presenza era superflua vista la propria potenza.

La sconfitta era alle spalle.

L'umiliazione della disfatta.

La prigionia.

I ricordi e le voci degli spettri di Tayou e Luz che ormai tacevano domati.

 

 

***

 

 

Si ricordava il primo giorno all'Accademia alla perfezione. Come non avrebbe potuto, in fondo?

Già era eccezionale la sua presenza, a soli sei anni, senza contare quanto fosse straordinaria la ragione del suo essere lì così presto.

Sua madre non era stata convinta, proprio per nulla, e pure dopo che suo padre aveva cercato di blandirla era rimasta decisamente contraria.

« È ancora troppo piccolo per partecipare all'addestramento vero e proprio – l'aveva rassicurata Iader – ma lo sai anche tu… Un potere come il suo non può essere trascurato. »

« Lo pensi sul serio, o è l'Armata a pensarlo? »

« Andiamo tesoro – aveva insistito l'uomo, un po' ferito dal tono – lo sai che non permetterei mai una cosa simile, però li capisco. E capisco che sarà molto meglio se sarà seguito da qualcuno di cui mi fido e prenderà coscienza della cosa, piuttosto che lasciarlo sperimentare da solo e poi magari vederlo venire trascinato di fronte al Consiglio Maggiore per chissà quali progetti. O punizioni. »

Taruto, quando aveva ascoltato quella conversazione, aveva visto la madre irrigidirsi alla frase e anche lui, pur non capendone del tutto il senso, era rimasto spaventato. Lasa aveva sospirato preoccupata:

« Ti fidi davvero? »

Iader aveva sorriso furbo:

« Non avrebbero potuto scegliere nessun altro e io non avrei potuto sperare in qualcuno di meglio. Ti assicuro, Taruto sarà in ottime mani. »

Appena aveva ricevuto il permesso da entrambi i genitori Taruto era esploso in brodo di giuggiole; mai però tanto quanto aveva scoperto chi sarebbe stato il suo custode.

Sando Okorene era una specie di leggenda per lui, ne aveva sentito parlare così tanto da Kisshu e da Pai, soprattutto dopo aver scoperto la sua abilità unica che l'accumunava al giovane maggiore: se uno ci rifletteva sarebbe stato abbastanza chiaro e logico che il brunetto sarebbe finito sotto la sua ala protettiva, primo membro dell'Armata dopo decenni che fosse un manipolatore vegetale, ma al piccolo Taruto appariva unicamente come un evento eccezionale.

Così quella mattina, ricordò bene, aveva atteso di incontrarlo scattante come una molla, passando tutto il tempo a torcersi le mani dietro la schiena e a saltellare sulle punte dei piedi cercando di non sorridere troppo, felice come non mai.

Felice e anche un po' terrorizzato.

Sapeva benissimo che Kisshu avesse la passione per prenderlo in giro, ma non era riuscito a togliersi dalla mente come avesse descritto Sando bombardandolo tutta la settimana.

« Vedessi, è una specie di gigante…! Potrebbe staccarti la testa con una mano. »

« Kisshu, piantala di dire cretinate. »

« E poi ha un caratteraccio. »

Aveva insistito il verdino ignorando Pai, che a quella nuova affermazione aveva taciuto agitando soltanto di più Taruto.

« Scommetto che quando si vede appioppare un pidocchio come te da di matto e ti lancia fuori dall'Accademia come se fossi una palla! »

« Io non sono un pidocchio! »

Kisshu aveva sghignazzato dispettoso, incurante delle proteste del brunetto o dei rimproveri di Pai.

A pochi minuti dal dover incontrare di persona il maggiore, Taruto aveva iniziato ad avere la tremarella.

Se Sando fosse stato davvero un gigante rabbioso come lo aveva descritto Kisshu? Lui di sicuro non faceva tanta impressione sugli adulti, era piccolino e magro, un mocciosetto, e non era nemmeno così bravo con le piante come si vantava sempre, al massimo sapeva far germogliare qualche rametto striminzito.

Aveva sbirciato di sottecchi il soldato dall'aria annoiata che lo aveva scortato fino a lì e che gli stava facendo da guardia, all'improvviso avrebbe tanto voluto che ad accompagnarlo ci fossero stati i fratelli, oppure suo padre. Ma al comando avevano raccomandato che la questione fosse trattata nel modo più ufficiale possibile e la presenza di Iader sarebbe potuta apparire come un conflitto d'interessi: Taruto non aveva capito benissimo cosa intendessero con il termine "conflitto d'interessi", ma in effetti farsi accompagnare dal papà gli era parso molto da sfigati e aveva assecondato la cosa di buon grado.

In quel momento si era pentito terribilmente della scelta, Iader avrebbe di sicuro saputo cosa dire per tirarlo su di morale e incoraggiarlo.

E se Sando avesse deciso che non valesse la pena perdere tempo a fargli da maestro? Se anzi si fosse ritenuto offeso della richiesta?

Magari gli avrebbe detto che suo padre e gli altri dell'Armata che lo avevano portato lì si erano sbagliati, che il suo potere non era una cosa così speciale come gli avevano detto, che non sarebbe mai stato utile… Magari avrebbe addirittura detto che era inutile perfino una volta raggiunta l'età giusta per entrare nell'Armata, che avrebbe dovuto rimanere a casa mentre i suoi fratelli difendevano Jeweliria…

All'improvviso il soldato al suo fianco era scattato sull'attenti. Taruto lo aveva imitato rischiando di cadere a terra e aveva guardato entrambi i lati del corridoio agitatissimo, diventando una statua di sale quando aveva intuito l'enorme sagoma che arrivò da sinistra e aveva sentito con che tono brusco avesse chiamato il soldato.

In realtà Sando non era così enorme se ci ripensava. Certo, era altissimo per lui – era più alto di suo padre, e per Taruto era un metro di misura abbastanza esagerato – e decisamente robusto, ma non era che un ragazzo di alcuni anni più grande di Pai, cosa resa ancora più evidente dall'invisibile pizzetto che timido faceva capolino sul mento del verde con due peletti striminziti; il generale Osaki, che Taruto aveva visto di sfuggita a qualche cerimonia pubblica dell'armata, era ben più mastodontico di lui. Però allora, trovandoselo di fronte mentre lo squadrava con l'espressione truce dei suoi occhi scuri, Sando gli era parso enorme e minaccioso più di chiunque altro avesse mai incontrato.

« Le presento il soggetto, maggiore Okorene – aveva detto monocorde il soldato indicando Taruto – questo è… »

« È per caso muto? »

Lo aveva interrotto secco e tanto il soldato quanto il brunetto avevano fissato Sando confusi.

« Come scusi? »

« Ti ho chiesto se il ragazzino qui è muto. »

« N-no… Signore – aveva borbottato il soldato disorientato e passò incerto lo sguardo dal verde a Taruto, quasi accertandosi che prima avesse effettivamente sentito il bambino parlare – non è mut- »

« Allora penso che sia capace di presentarsi da solo. »

Aveva grugnito il verde e aveva fatto un cenno con la mano:

« Me ne occupo io ora. Sciò, smamma. »

Il soldato aveva titubato qualche momento, ancora confuso, ma un'ulteriore occhiataccia di Sando lo aveva convinto a congedarsi rispettosamente e svanire a rapidi passi. Taruto ne aveva seguito l'andatura con gli occhi fuori dalle orbite, non poteva lasciarlo lì da solo con…!

« Allora? »

La domanda secca di Sando lo aveva fatto sobbalzare e ruotare sui talloni a piedi uniti, le braccia rigidissime lungo i fianchi e le labbra strette.

« Come ti chiami? »

Il brunetto aveva deglutito rumorosamente emettendo solo un verso indistinto. Sando aveva alzato un sopracciglio:

« Che è, sei muto sul serio? »

« I-I-I-I-I-Ikisatashi T-Taruto. »

« Huh. – aveva replicato sempre grugnendo il verde, più convinto, quindi aveva alzato lo sguardo in su  riflettendo – Ikisatashi… Come il tenente colonnello Ikisatashi? »

« S-sì – aveva farfugliato ancora il bambino – è mio papà. »

Aveva stretto di nuovo le labbra mentre in testa gli era risuonata la voce autoritaria di Pai che gli raccomandava sempre di comportarsi e riferirsi alle persone in modo formale di fronte ai membri dell'Armata, però la sola cosa che Sando aveva fatto era stata sbuffare e commentare esasperato:

« Un altro! Come se non bastassero quella peste terrificante di Kisshu e quell'altro moccioso spocchioso…! Quanti diavolo di fratelli siete?! »

« S-s-solo tre – aveva mormorato Taruto confuso – siamo tre fratelli. »

Il verde si era massaggiato la nuca sospirando più a fondo:

« Che pazienza deve avere vostra madre…! »

Taruto non aveva saputo che rispondere, stordito dal dialogo, ed era rimasto fermo alcuni secondi mentre Sando si era avviato lungo un corridoio verso l'interno della caserma; ripresosi aveva dovuto trotterellargli dietro a balzelli per non perderlo.

« Così sai manovrare le piante, uh? »

« S-sissignore! – aveva esclamato il brunetto con il fiato grosso – Cioè, un pochino… »

Sando si era fermato così all'improvviso che Taruto gli aveva sbattuto contro una gamba finendo con il sedere per terra. Aveva trattenuto il respiro sbirciando spaventato il verde studiarlo dall'alto in basso ed era rimasto basito quando, pronto ad una strigliata, lo aveva visto porgergli una mano e aiutarlo a rimettersi dritto.

« Un pochino? Basta e avanza direi, visto il soldo di cacio che sei. – aveva detto e gli aveva rivolto un ghigno gentile – Se fossi troppo bravo mi annoierei. »

Gli aveva sfregato la mano sui capelli scompigliandoglieli, nonostante il palmo fosse così grande e forte il gesto fu bonario e gentile e Taruto aveva avvertito uno strano moto di piacevole imbarazzo.

« Su, andiamo – gli aveva intimato di nuovo il verde con energia – vediamo quant'è effettivamente questo "pochino" »

Taruto si era quindi sistemato la frangia scombinata, dimentico dell'ansia, e aveva sorriso con tutta la faccia:

« Sissignore! »

 

 

 

 

« Taruto, giù! »

Al richiamo di Retasu il brunetto si girò d'istinto gettandosi a terra appena prima che il fendente di Arashi lo centrasse dritto nella schiena, mozzandolo in due. L'Ancestrale non si curò del colpo mancano, limitandosi a parare l'attacco che la mewfocena gli scagliò contro per allontanarlo da Taruto e tornando poi nella mischia, ignorando il ragazzino.

Taruto scrollò un attimo la testa per riscuotersi: stavano lottando in quattro contro Arashi – tre e mezzo sarebbe stato più corretto, vedendo come Ryou ferito faticò a tenere il passo – da pochi minuti e la battaglia era così serrata da rintontirlo; inoltre lui fino a quel momento non era riuscito ad evitare che i suoi pensieri andassero per i fatti propri, distogliendo la sua concentrazione dalla lotta.

L'idea di stare affrontando faccia a faccia l'Ancestrale gli aveva scatenato una rabbia feroce, e la sua testa non fece che riportargli alla mente momenti e parole atti a fomentarla.

Era stato Arashi a lottare contro Sando. Era stato lui a privarlo del suo maestro, del suo amico, assieme a Lenatheri.

Aveva lasciato la mora a MoiMoi senza protestare, non solo perché sapeva di dover rimanere con gli altri, ma perché sapeva che il violetto avesse molti più diritti di vendicarsi su di lei rispetto a lui; aveva molti più crediti da riscuotere, molte più ferite e tradimenti da far scontare.

Ad Arashi però ci avrebbe pensato di mano propria.

Poco importava se fosse una battaglia fin troppo ardua già in gruppo e, a conti fatti, praticamente impossibile per lui solo, o che stesse ragionando sull'impulsività di adolescente e che Pai, ormai  due o tre volte, lo avesse rimproverato per il suo lanciarsi a testa bassa contro l'Ancestrale; Taruto insisté caparbio cercando uno spiraglio inesistente nella guardia del biondo per affondare un colpo decisivo.

Dovevano fermarlo e voleva essere lui a farlo.

I suoi pugnali sibilarono a pochi centimetri dalla testa di Arashi, che li schivò con facilità prima di roteare la sua scure e respingere un nuovo assalto del gruppo, poi si concentrò su Pai che aveva tentato di bloccarlo in una micro tempesta di ghiaccio. Gli altri finirono spinti a distanza e Taruto, sbattendo contro una colonna, si rimise rapidamente dritto serrando i denti frustrato.

Maledizione…! Non riesco a prenderlo, non ci riesco, non ci riesco!

Lanciò un altro pugnale mancando il bersaglio di moltissimo e imprecò a bassa voce, continuando così avrebbe peggiorato le cose per tutti, doveva restare calmo e lucido. Ma era difficile, la differenza di abilità con l'Ancestrale gli parve così enorme da voler urlare dalla rabbia.

« Tutto a posto Taruto-san? »

« … Sì, sto bene. »

« Coraggio. – fece Retasu ferma e decisa – Proviamo ad accerchiarlo: tu vai da quella parte, io lo spingo da di là! »

Scattò di lato e Taruto si ritrovò a poter solo annuire e a seguire le sue indicazioni, rendendosi conto con una certa sorpresa di come, sempre, la verde dimostrasse totale fiducia nei suoi alleati, compreso lui che a ben guardare era il più inesperto.

Pensandoci bene qualcun altro aveva sempre creduto in lui nonostante tutto. Tanto da affidargli la persona che aveva più cara al mondo.

Il brunetto strinse il manico dei suoi pugnali, inspirò a fondo e rilassò le spalle.

Poteva farcela. Potevano, ce l'avrebbero fatta

Tranquillo senpai, ci penso io adesso.

 

 

***

 

 

Zakuro rallentò un momento l'andatura e prese due lunghi respiri pesanti, camminare con Purin in spalla si stava dimostrando più difficile di quanto pensasse. Le gambe tremarono incerte per lo sforzo, i dolori dei colpi subiti che tesero i muscoli accentuando la fatica, le braccia dure come pietre e la mewscimmia che le parve un masso caldo e molle che premeva sulla schiena.

« Dalla un po' a me. – insisté Eyner per la terza volta – Se ci ritroviamo k.o. in due su tre la vedo difficile uscirne. »

La mewwolf non rispose alzando appena un sopracciglio come le volte precedenti, ma il bruciore che le diede il respiro in gola stavolta la convinse a cedere: il bruno era ferito, d'accordo, ma se lei fosse collassata gli sarebbe stata molto meno d'aiuto che costringendolo a dividere un po' di fatica.

Con attenzione fece scivolare Purin dalla propria schiena e aiutò Eyner a issarsela sulla propria, dandogli appoggio finché lui non trovò un modo per tenerla ferma con un braccio solo; Zakuro ringraziò in silenzio la forza del ragazzo, nonostante la stanchezza e le ferite, e gettò una scorsa preoccupata al viso teso e un po' pallido di Purin che ancora non aveva ripreso conoscenza.

« Guarda. »

Al richiamo del bruno Zakuro sollevò lo sguardo dalla mewscimmia e si rese conto che finalmente stavano uscendo dalla depressione in cui erano sprofondati: il percorso buio stava iniziando a risalire, macerie ammonticchiate in modo sempre meno ripido, e si intravedeva già un vero e proprio corridoio a sormontarle.

« Finalmente… »

« Forse riusciremo a capire dove diavolo siamo finiti – fece Eyner con tono confortante – speriamo solo che gli altri non siano troppo lontani. »

Ripresero a camminare, il bruno che attento aggiustò la presa su Purin perché non cadesse, e sentirono la biondina mandare un mugolio più marcato. Eyner si fermò di colpo voltandosi per controllarla e Zakuro lo imitò, andando in aiuto dell'amica che strizzò gli occhi e tentò di alzarsi.

« Meno male… »

« Purin. Come ti senti? »

« N… Nee… San… Bene, credo… Ahi! – si portò una mano alla testa e dondolò pericolosamente all'indietro, ancora confusa su dove si trovasse – La testa…! »

« Ferma, ferma! – la supplicò divertito Eyner – Non ho una gran presa. »

« M-ma che è…? …! Toyu..:! C'era T…! Dove…?! Ohiii…! »

« Purin, attenta! »

La biondina, la testa tra le mani, replicò alla raccomandazione di Zakuro con un grugnito senza opporsi quando la mora la sostenne per le spalle o quando Eyner, cauto, si inginocchiò per farla sedere a terra prima che si lanciasse giù dalla sua schiena.

« Come ti senti? – le domandò l'amica – Hai nausea? Ti gira la testa? »

Purin fece un leggero segno di diniego e strinse i denti dolorante:

« Mi fa solo un gran male da qui a qui. »

Mormorò toccandosi i lati opposti del cranio e Zakuro si lasciò sfuggire un sospiro divertito.

« Con le botte che hai preso mi stupirei del contrario. »

« Ma che è successo, nii-san? »

« Ora ti aggiorniamo – le sorrise Eyner porgendole il braccio sano – prima però dimmi, te la senti di metterti in piedi da sola? »

Purin strizzò un momento gli occhi, sbattè le palpebre focalizzando attorno e annuì; si puntellò al bruno e con cautela si mise dritta sforzandosi di sorridere energica, Zakuro che la sosteneva a braccetto,  mentre ricevette delucidazioni sulle passate due ore e seguì gli altri due lungo gli ultimi metri di macerie.

 

 

***

 

 

La pantera argentata mandò un lunghissimo ruggito baritonale, più per incoraggiare se stessa che per spaventare il suo nemico, quindi in barba al dolore sordo che ormai le invadeva le membra puntò Arashi pronta ad uccidere. I suoi sensi affilati gridarono allarmati, consci che la debolezza fosse troppa, troppe le ferite, e che attaccare in quello stato fosse pericoloso e controproducente, ma Ryou zittì l'istinto come solo lui sapeva fare e balzò in avanti, fauci e artigli spalancati.

Le unghie delle zampe sfiorarono appena la sagoma di Arashi prima che il biondo, con passo morbido, indietreggiasse e roteasse la sua scure in un arco orizzontale di fronte a sé.

Ryou emise un guaito agghiacciante, il filo dell'arma che bruciò aprendo un lungo taglio superficiale sul torace, macchiando di scuro il mantello argenteo; la spinta del colpo lo scagliò indietro e lui sentì il soffio dell'aria fischiargli nelle orecchie finché non centrò con tutto il proprio peso l'ennesima parete, e il sibilo divenne un piare acuto che coprì qualsiasi suono.

Il dolore della caduta tolse il poco fiato rimastogli nei polmoni e Ryou, boccheggiando, capì di aver ripreso il proprio aspetto. Si rannicchiò faticosamente carponi, incapace di stabilire se gli facessero più male gli squarci di Lindèvi o la ferita dell'ascia di Arashi che gocciolò, calda e rossa, sul pavimento e sull'avambraccio a cui si era appoggiato.

A Kei verrà un infarto quando vedrà come mi sono ridotto i vestiti.

Il pensiero inutile gli strappò una risata gorgogliante – maledizione, sapore di rame, aveva sangue in bocca? Da dove veniva? – e gli sfuggì un ringhio scoraggiato.

Dunque era quello il suo limite? Di più non poteva fare?

I suoni della lotta e il frastuono dei colpi ricominciarono a farsi nitidi con calma, come se stesse rimuovendo molto piano dei tappi di cotone dalle orecchie. Cercò di sollevarsi sui palmi e dovette fermarsi, le braccia che tremarono poco salde.

Davvero quello… Era il massimo che poteva fare?

Se il solo tentativo non gli avesse fatto girare la testa in modo orribile si sarebbe ritrasformato, fosse anche solo per la soddisfazione di strappare dalla rabbia il ricco tappeto ad unghiate.

Inutile.

Ancora. Sempre, non serviva a niente.

Continuava a finire così, fermo, in disparte, in attesa che la battaglia volgesse al suo termine. La frustrazione per la propria impotenza lievitò pensando che, oltretutto, ci aveva provato, aveva tentato di ottenere una forza nuova, una forza adatta a lottare, per ripagare almeno un po' gli sforzi di chi aveva trascinato in un mondo di guerra e ferite.

Eppure non sembrò ancora essere abbastanza.

Non era sufficiente.

Ancora lui era lì, a terra.

Strinse i denti inferocito e si costrinse a rimettersi dritto, ignorando l'ombra nera che gli oscillò di fronte agli occhi o il lamento dell'orecchio interno. Se davvero quello era il suo limite, lui avrebbe spremuto ogni grammo di energia e ogni singola goccia di sangue rimasta finché non fosse crollato, non prima.

Fino all'ultimo. Come una certa rossa di sua conoscenza.

Non capì se fosse stato il pensiero di Ichigo – e, nel caso, si domandò quando fosse diventato un sentimentale tanto patetico – o semplicemente il respiro numero cinquanta che portò due grammi di ossigeno in più al cervello, ma riprese sufficiente energia da ritrasformarsi ancora una volta.

Inarcando la folta schiena felina, le zanne candide che fecero capolino dalle fauci, affondò con gli artigli nel pavimento e si diede lo slancio puntando in basso sotto il campo visivo di Arashi, lasciando agli altri il compito di attaccarlo frontalmente. Pai, con la coda dell'occhio, si dovette accorgere del suo piano perché prese ad incalzare l'Ancestrale con ancor più foga, distogliendo la sua attenzione da chiunque eccetto lui, e nel mentre Ryou riuscì ad arrivare esattamente sotto il biondo; con un salto quasi alla cieca la pantera spalancò la bocca e serrò le zanne attorno alla gamba dell'Ancestrale e premette con tutte le forze concesse alle sue poderose mascelle, lasciandosi ricadere mollemente con la gamba del nemico tra le fauci.

Arashi imprecò secco mentre il peso di Ryou lo trascinò di scatto in basso, ma non potè badare ai denti che gli penetrarono la tibia: Pai riuscì ad approfittare dei pochi secondi di distrazione per scagliargli contro un'ondata di ghiaccio, che gli congelò il manico della scure e l'avambraccio con cui la stava reggendo; Arashi dovette afferrare l'arma con la mano libera prima che il peso della stessa e la massa gelata gli staccassero il braccio dalla spalla e Taruto, che stava attaccando l'Ancestrale sul fianco destro assieme a Retasu, gli gettò contro i suoi pugnali. Arashi evitò che le lame gli trapassassero il cranio e la gola proteggendosi con il braccio libero, che divenne un puntaspilli, e Retasu diede il tocco finale lanciandogli contro il suo attacco.

Ryou mollò la presa appena sentì la ragazza pronunciare la formula e si afflosciò goffo sulle quattro zampe, mentre il Ribbon Lettuce Rush frusciò sopra di lui spingendo la vittima dalla parte opposta del corridoio.

La pantera emise un paio di respiri affannati, le zanne spalancate, e riprese lentamente il suo aspetto originario; Ryou avvertì la nausea per l'orrido gusto in bocca, sapore di sangue, di carne, di ossa, però riuscì a mantenere un contegno e limitarsi solo a sputare un po' per sciacquarsi la lingua.

« Fantastico Shirogane-san! »

Il biondo non rispose lasciando docile che Retasu lo aiutasse a riacquistare una posizione eretta da Homo Sapiens, la manovra improvvisata era stata tanto repentina che lui, così indebolito, non ebbe con chiarezza idea di quanto ci avessero impiegato, o da quanto tempo Arashi fosse stato scagliato via, ma dovette trattarsi solo di pochi istanti, e di poco capace di far riprendere fiato a tutti loro.

Pai infatti non aveva abbassato la guardia limitandosi ad un cenno incoraggiante verso l'americano – almeno, lui lo interpretò come incoraggiante visto l'accenno di sorriso che intuì – e Taruto non fece altro che zigzagare a mezz'aria scrutando il buio in attesa di scorgere l'avversario.

« Io però credevo che fossi quello intelligente – gli sogghignò il brunetto – non quello masochista. »

« Look who's talking, the one who picks up a knife with bare hands. This moronic brat»

Pai scrutò i due sollevando appena un sopracciglio, in un certo senso ammirando quanta energia ancora avesse Ryou nonostante le ferite. Aprì la bocca per dire qualcosa, lo sguardo sempre attento attorno a sé, quando si udì un rapidissimo sibilo.

Il moro per un momento si inclinò di lato mentre un fiotto di sangue proruppe da dietro la sua spalla, poi il contraccolpo lo spinse via con forza inaudita. Retasu si portò orripilata le mani al viso:

« PAI! »

La ragazza mollò la presa su Ryou e corse senza voltarsi verso il moro, incurante tanto di dove si trovasse Arashi quanto di proteggersi. Dal canto suo l'Ancestrale non si interessò della verde né di Pai, puntando invece ai due che erano rimasti nel suo raggio d'azione, Taruto e Ryou; il brunetto scattò indietro per guadagnare spazio di manovra, i denti stretti per non imprecare e le armi pronte al lancio, mentre l'americano, quasi d'istinto e consapevole del proprio stato, si nascose il più possibile alla vista del nemico e per non costringere Taruto a dovergli coprire le spalle, prendendo l'aspetto di Art.

Arashi squadrò di fronte a sé con gelida indifferenza, la voce calma che però tradì una furia cocente e spaventosa:

« Così renderete solo più lenta la vostra distruzione. E io non sono un tipo paziente, né che soprassiede su certe cose. »

Concluse velenoso e diede una scorsa livorosa alla propria gamba ferita, quasi più offeso del gesto audace che in qualche modo preoccupato dello stato indecente dell'arto. Ryou replicò soffiando minaccioso, mentre Taruto si limitò a rimanere in silenzio digrignando i denti, i brividi lungo la schiena.

Nel frattempo Retasu aveva raggiunto Pai e si era inginocchiata accanto a lui, la bocca semiaperta in un urlo muto.

Il moro era steso su un fianco, il volto pallidissimo ancor più evidente a contrasto con la grossa, spaventosa macchia rossa che andò spandendosi da sopra la spalla scendendo verso metà schiena: forse perché Pai si era inconsciamente spostato all'ultimo istante, o forse solo per fortunata sorte, la scure di Arashi non era penetrata abbastanza a fondo altrimenti, notando la posizione del taglio, il moro in quel momento non avrebbe più avuto con sé il braccio destro. In ogni caso la ferita era estesa e profonda, Retasu riuscì a vedere con chiarezza l'ampia porzione di carne viva che fece capolino dai lembi della maglia e lui aveva il viso contratto dal dolore, gocce di sudore freddo che gli solcarono le tempie.

« Pai…! Pai… No! Fermo! »

Farfugliò spaventata, incapace di trovare un modo per aiutarlo, e gli bloccò la mano destra con cui lui tentò inutilmente di risaldare la presa sul suo ventaglio, abbandonato a pochi centimetri dalle sue dita. Nel toccarlo la verde gli tirò il braccio indietro strappandogli un lamento e si allontanò, completamente nel terrore.

« Non ti…! Pai…! »

Si rese conto che lui si stava a stento accorgendo della sua presenza, troppo preso dal non perdere i sensi intanto che la ferita non accennava a dargli tregua; sentì il fischio della scure di Arashi a poca distanza, la voce di Taruto che scagliava le proprie lame attraverso il passaggio e un indistinto miagolio, e serrò i pugni sulle cosce.

Calmati. Non sarai di aiuto a nessuno di loro se vai nel panico.

Pur pensando ciò non si mosse, rimanendo sospesa in una stasi di ansia paralizzante.

Sapeva che Ryou non poteva più essere di supporto, malconcio com'era, e per quanto stimasse Taruto le fu chiaro che da solo non ce l'avrebbe fatta, eppure ugualmente lei non poteva abbandonare Pai. La verde avvertì il respiro accelerare e gli occhi pizzicarle intanto che, odiandosi, rimase interminabili minuti in ginocchio accanto al moro, le mani a mezz'asta incapaci di decidersi se provare ancora qualcosa per aiutarlo o afferrare le sue nacchere e colpire, lasciandolo lì, quando percepì un rumore familiare.

Si girò di scatto intuendo la sua presenza prima di vedere lei o il suo attacco brillare nel corridoio e il sollievo parve volerle incendiare le membra di vita nuova.

« Minto…! »

La mora le ammiccò planandole accanto, una freccia d'energia che la precedette allontanando Arashi dal punto cieco in cui aveva spinto Taruto, e incoccò il suo arco senza fermarsi:

« Rimani con lui e aiutalo, ti copro io intanto. »

Retasu non riuscì a risponderle, troppo sollevata dell'aiuto e di vederla viva e incolume – graffi e tagli sparsi a parte – e senza troppe cerimonie obbedì caricandosi faticosamente Pai sulle spalle e allontanandolo in un punto riparato.

Minto da parte sua provò un insopportabile misto di conforto per aver trovato ben quattro di loro ancora vivi, e di angoscia pensando a chi ancora mancava all'appello.

« Ribbon Mint Echo! »

 

 

***

 

 

Di cosa si parla con due entità metafisiche impalpabili e invisibili?

Erano il genere di domande da giornaletto su pseudo paranormale e misteri vari a cui Ichigo non voleva mai rispondere né tentare di trovare risposta, lei detestava i fantasmi e le cose del genere.

Eppure in quel momento avrebbe tanto voluto essere in grado di rispondere; il silenzio totale in cui erano piombati Luz e Tayou era interrotto solo dai suoi passi ovattati e dal campanellino sulla sua coda che, raramente, vibrava di riflesso al suo respiro emettendo solo una lievissima onda sonora che faceva increspare i capelli sulla nuca. Parlare non le sarebbe dispiaciuto, proprio per niente.

La cosa che le sembrò più paradossale fu che, a conti fatti, era quel silenzio a terrorizzarla più che il percepire la presenza dei due spettri accanto a sé.

In realtà era la prima volta che li chiamava così, e non fu certissima fosse il termine corretto con cui riferirsi loro; chiedere delucidazioni però, per quanto un sospirato argomento di conversazione, le sembrò fuori luogo e continuò a tacere a disagio, la luce intermittente che le apriva la strada sempre presente pigra e regolare nell'oscurità.

Eccoci.

La mewneko sussultò prima ancora che Luz terminasse di formulare la frase, l'improvvisa visione di fronte agli occhi che la gelò sul posto mentre la sua guida scintillante ebbe un ultimo guizzo, per poi spegnersi del tutto.

Dal nulla, in fondo al corridoio, era apparso un arco di luce. Lontanissimo ad una prima occhiata distratta, non doveva che distare una decina di metri e la rossa potè vedere chiaramente la sala oltre esso fare capolino, così come la figura scura ritta in piedi sul fondo di questa.

La ragazza deglutì a vuoto. Aveva vissuto una scena identica tre anni prima e il seguito degli eventi, una volta solcata la soglia, non era molto roseo. Tayou e Luz non dissero una parola e lei avrebbe tanto voluto fare marcia indietro, invece i suoi piedi proseguirono indipendenti dalla sua volontà.

Si morse il labbro e strinse un pugno sul petto, come potendo nascondere la presenza del frammento al suo interno ad un indefinito sguardo incantato che le stava perforando pelle, carne ed ossa; drizzò le spalle con un bel respiro e accelerò, fermandosi solo quando ebbe varcato la soglia illuminata e i suoi occhi per un secondo rimasero accecati.

Era la stessa sala che aveva visto nei ricordi di Tayou, il luogo dove Deep Blue aveva perso Luz e creato la MewAqua perfetta. Le sole differenze erano nell'assenza della giovane sul pavimento freddo, Tayou che ne sorreggeva il corpo tra le braccia, e il cielo temporalesco oltre le finestre che sormontavano una montagna di lava.

Lì c'erano solo vetri bianchi che riflettevano sbiaditi il salone vuoto, e Deep Blue che ne osservava le immagini scialbe con le braccia dietro la schiena e un sorriso indefinibile.

« MewIchigo. Sei venuta ancora a offrirmi la tua vita? »

 

 

***

 

 

Il corpo semisvenuto di Pai era pesante e difficile da sorreggere, anche per tutti i centimetri d'altezza con cui lui la superava, ma ciò che rese tutta l'operazione così titanica per Retasu furono le fitte al torace: si guardò bene dall'emettere un solo lamento – il moro non era del tutto cosciente, ma lei temette che si sarebbe accorto della cosa – e con sommo sforzo aiutò il ragazzo a sedersi con la schiena alla parete, rimuginando su come chiudergli la ferita prima che morisse dissanguato. Non ebbe alcuna idea efficace e non aiutarono gli spasmi che parvero volerle stritolare i polmoni; un nuovo moto di paura le salì lungo la gola, Ake l'aveva raccomandata di stare attenta, i colpi subiti da Zizi avevano mancato solo di poco di perforarle ogni organo interno con le sue stesse costole, ma non per questo lei era guarita. Se i danni fossero peggiorati, o se le ferite si fossero riaperte… Forse era già…

« … R… tasu… »

« Pai…! »

La verde lo fermò prima che azzardasse a fare un solo movimento, notando come si fosse contratto impallidendo per il dolore:

« Stai fermo! È grave… Non sforzarti. »

Pai non le rispose e strinse le labbra, gli occhi scuri socchiusi che cercarono di valutare l'andamento dello scontro poco lontano. Tentò di dare un impulso alla mano destra e per poco non gridò per il dolore, la spalla che diede appena un vago spasmo.

Merda.

« Retasu… Dammi una mano… »

 « Eh? »

Lui le fece cenno di tenergli il braccio ben spinto contro il fianco, insistendo quando la ragazza si ritrasse capendo di fargli male, poi si mise la mano sinistra sulla spalla: cercando di non perdere i sensi per il dolore concentrò tutte le proprie forze e creò una sottile e solida lastra di ghiaccio che gli divorò la pelle dalle scapole fino al bacino, ma chiudendo almeno per un po' la ferita della scure. Retasu allontanò lentamente le mani, esterrefatta, studiando il moro per accertarsi di quanto avesse fatto, e lui abbandonò la testa contro il muro pago di avvertire il sangue ricominciare a scorrergli nelle vene e il cuore riprendere un battito regolare.

« … Vai… »

« … Cosa?! No…! Non ti lasc…! »

« Retasu. »

La verde interruppe le proteste capendo quanto gli costasse parlare.

« Vai. »

Era inutile che lei rimanesse al suo capezzale, la cosa fondamentale era fermare Arashi e lui, per un po', ancora non sarebbe passato all'altro mondo.

Retasu rimase ferma un altro minuto, chiedendosi se Pai fosse abbastanza lucido per accorgersi che nemmeno lei era al massimo delle forze, ma decidendo alla fine che non aveva capito e che in fondo fosse meglio così: era più utile che lei lottasse, piuttosto che rimanere in panchina per paura, sua o del ragazzo.

Se la sarebbe cavata. In fondo lei e le altre se la cavavano sempre.

Annuì mordicchiandosi il labbro inferiore; gli strinse un momento la mano grande, più fredda del normale, e con un balzo scattò per raggiungere gli altri, incurante della fitta che avvertì al fianco e del senso di pesantezza sullo sterno.

I suoi getti d'acqua seguirono il lancio delle lame di Taruto e l'ennesima freccia di Minto annunciando il ritorno della verde, che Arashi accolse con un verso di stizza più pronunciato del solito:

« Non avete proprio intenzione di arrendervi neppure di fronte all'evidenza. »

« Che dobbiamo dirti? Siamo duri di comprendonio. »

Il biondo replicò battendo la scure contro il pavimento e rompendo la formazione del terzetto, che tornò a circondarlo dopo un solo istante.

« Minto che fa una battuta – ghignò Taruto con il fiato grosso, continuando a lanciare e richiamare i suoi pugnali con velocità ubriacante – stiamo davvero per lasciarci la pelle! »

« Non mi sembra una cosa su cui scherzare Taruto-san! Ribbon Lettuce Rush! »

« Il pessimo umorismo deve essere una tara di famiglia. »

Commentò solo la mewbird e intanto si portò con una parabola a testa in giù sopra lo scontro, puntando Arashi con una sequenza rapidissima di scoccate. Il biondo ancora resistette, la rabbia crescente che non ne rallentò né minò la precisione dei movimenti, però fu con un filo di speranza che la mora e gli altri notarono come in qualche modo fossero meno letali di prima: dovevano aver iniziato a sfiancarlo, oppure il morso di Ryou era stato più incisivo del previsto, in ogni modo le falciate di Arashi erano diminuite di frequenza.

Le due MewMew cercarono subito di approfittarne. Retasu, pur con fitte sempre più ravvicinate e chiare all'addome, si accodò a Minto generando colpi senza fermarsi, inondando assieme all'amica il corridoio di frecce d'energia e lame d'acqua e costringendo Arashi a muoversi pochissimo per non venire centrato: le attenzioni del biondo iniziarono a concentrarsi unicamente sul crearsi spazio di manovra nel nugolo di colpi, senza riuscirci, e ad evitare che Taruto, rapido e agile, sgusciando incolume tra gli attacchi altrui lo centrasse con le sue lame.

« Non rallentiamo! Coraggio! »

I tre spinsero ancora e ancora, Arashi che iniziò a porre meno attenzione a colpi vaganti che lo sfiorarono in modo non letale e che prese a roteare la scure con maggior foga; gli archi in aria dell'arma dissolsero frecce e lame nemiche come nubi nel vento, lasciandogli un varco per avvicinarsi alle due terrestri che indietreggiarono senza smettere di colpire.

All'improvviso Retasu avvertì mozzarsi il fiato dal dolore. Ebbe la sensazione che una lama le stesse trapassano la carne e capì che una delle zone guarite avesse ceduto, in un punto indefinito tra torace e ventre: perse l'equilibrio, ondeggiando di lato, e il suo colpo sbagliò mira schiantandosi contro la parete e schivando il suo obbiettivo.

Minto tentò invano di raggiungere l'amica, ma Arashi lanciò un'onda di energia alle sue spalle respingendola senza aver bisogno di vedere chiaramente da dove lo attaccasse. La mewbird provò con una freccia che venne respinta a mo' di mosca contro un vetro, il muro di forza non lasciò un solo punto cieco alle spalle dell'Ancestrale e né lei né Taruto lo avrebbero potuto fermare.

Così Retasu si ritrovò incapace di ripararsi, con Arashi ad un metro da sé, le braccia tese all'indietro pronto a tagliarla in due.

« Retasu! »

La verde alzò le mani brandendo le nacchere, un ultimo e vano tentativo di ripararsi, poi avvertì un rivolo di freddo pizzicarle il collo.

Arashi gridò a denti stretti mentre una pioggia di schegge di ghiaccio gli arrivò dall'unico punto in cui non pensava avrebbero potuto colpirlo. Si voltò furente, deviando solo l'arco della scure perché colpisse alla sua sinistra e non di fronte e Retasu vide il colpo spaccare un'altra volta il pavimento in una netta voragine, intanto che un'altra scarica di ghiaccio vibrò quasi dal nulla.

Lei, ancor prima di focalizzare la presenza di Pai o di preoccuparsi del suo gesto, tentò di togliersi dal raggio d'azione di Arashi, ma quello la tenne sotto tiro: provò a colpirla e mancò il bersaglio, distratto da una scarica di saette e da una freccia che riuscì ad evitare gli centrasse la mano, ma ancora non cedette insistendo per abbattere almeno uno di loro.

« Schifosi vermiciattoli! »

Ruotò l'ascia attorno a sé, mancando Minto di pochi millimetri, poi la sbatté a terra centrando Pai di striscio e costringendolo a retrocedere, quindi di nuovo cercò Retasu, ancora troppo vicina per essere fuori pericolo.

Alzò la scure con la stessa facilità di una spada corta. Non avrebbe mancato di nuovo il colpo.

« Questa è la vostra fin-! »

Il biondo si zittì all'improvviso rimanendo immobile a mezz'aria. La mewfocena soffocò uno strillo istintivo.

Arashi aveva perso di vista un altro avversario ancora operante.

Taruto.

E il brunetto aveva divorato i metri che lo separavano dal nemico, incurante di gettarsi contro il Fuu Hyou Sen diretto al biondo o sul filo dell'arma dell'Ancestrale, finché non era arrivato abbastanza vicino da piantargli una delle proprie lame dritta tra le scapole.

L'aria del passaggio rimase sospesa. La temperatura, scesa per i rapidi e ampi colpi gelati di Pai, acuì il silenzio interrotto solo dal respiro pesante di Taruto e dal curioso singulto che mandò Arashi, l'espressione di colpo quieta quasi non avesse ancora compreso appieno cosa fosse successo.

Il brunetto ritrasse le braccia con un solo gesto e l'Ancestrale rimase ancora sospeso, immobile; lo videro portarsi una mano alle labbra, studiando confuso le macchie scure che gli coprirono le dita quando se le passò sulla bocca, per poi afflosciarsi a terra senza un suono.

Nessuno disse nulla. Taruto scivolò a terra con lo sguardo fisso sull'avversario, l'espressione indecifrabile, ed ebbe l'impressione di non poter mai più distogliere lo sguardo da lui.

Ci era riuscito.

Lo aveva sconfitto. Proprio come voleva.

Non riuscì dunque a spiegarsi il senso di nausea che gli diede fissarlo.

Sussultò come una molla quando si sentì toccare. Sbirciò confuso Retasu abbracciarlo forte per le spalle e sospirare stanchissima e sentì Minto imitarla piano:

« È fatta… »

« Sì. È finita. – ripetè la verde e passò affettuosa una mano sulla nuca del brunetto, ancora cinto tra le sue braccia – È tutto a posto, Taruto-san. »

Lui non replicò non capendo il perché dell'affermazione e la studiò sfilargli con garbo il pugnale dalla mano: si rese conto solo in quel momento di quanto stesse tenendo teso il braccio, tanto da farlo tremare, e di quanto stesse stringendo la lama fino ad addormentarsi le dita. Il senso di nausea si fece più acido e per un istante gli dispiacque che la verde si fosse tirata in piedi smettendo di abbracciarlo.

In quell'atmosfera il miagolio di Ryou suonò stridulo come unghie sulla lavagna:

« Ricordami di non scherzare mai più con te, se hai un oggetto affilato tra le dita. »

 

 

***

 

 

« MewIchigo. Sei venuta ancora a offrirmi la tua vita? »

La ragazza non rispose rimanendo ferma al cospetto di Deep Blue, la propria campanella stretta in una mano e le braccia serrate contro il torso.

Lui si voltò pigramente verso di lei, che tremò senza volere scorgendo la stessa spada che gli aveva visto brandire tre anni prima.

Quella spada che spaccando il suolo aveva distrutto Tokyo, mietendo così tante vite.

Quella spada che aveva trapassato Kisshu.

Che aveva ucciso Masaya.

E stavolta lei non aveva alcuna ragione per non affrontarla. Nessun amore da far risvegliare, nessuna speranza che il suo nemico si rivelasse per altro se non il mostro che era.

Solo lei e una lama, tra sé e la morte.

La rossa serrò le labbra inspirando a fondo, brandì la campanella con entrambe le mani e scagliò il primo colpo; Deep blue si limitò a porre la sua spada tra sé e la mewneko e una barriera lo avvolse interamente, respingendo indietro l'attacco. Ichigo strinse i denti battagliera, roteò a mezz'aria per assecondare il rinculo e ripartì di scatto, correndo e balzando da una parte all'altra dell'enorme sala bombardando l'avversario di luce.

Un colpo, e un altro, un altro, un altro.

Con il fiato corto per lo sforzo Ichigo scagliò l'ennesimo Strawberry Surprise e saltò con una capriola dalla parte opposta del salone, la sua arma sempre stretta tra le mani e pronta al contrattacco.

Non vide che un nuvolone di polvere per qualche secondo. Tese le orecchiette feline, cercando di regolare il respiro per non coprire il minimo suono con il suo boccheggiare, ma di colpo Deep Blue sembrò essere scomparso.

Che si sia teletrasportato alle mie spalle?

La rossa si voltò di scatto, non scorgendo altro che l'ingresso e il corridoio buio dietro di esso, completamente vuoto, si rigirò e buttò un urlo, sollevando la sua arma un secondo prima che una sfera d'energia la centrasse in pieno.

Tutto il corpo le tremò nel contraccolpo e lei avvertì i piedi strisciare sul pavimento intanto che la spinta l'allontanò dal suo obbiettivo. Si sforzò di reggere l'attacco, il MewPower che l'avvolse protettivo accecandola con il suo baluginio iridescente, mescolato alla luminosità del colpo che stava subendo, e si azzannò le labbra per non far uscire il minimo suono, nonostante la sensazione che i muscoli le si stessero strappando.

Quando il colpo si esaurì Ichigo non riuscì nemmeno ad abbassare le braccia, rigida come pietra. La spinta l'aveva schiacciata contro la parete, aprendo una voragine alle sue spalle, però in qualche modo lei sembrò aver resistito all'onda d'urto restando dritta e cosciente. Magari l'attacco che l'aveva centrata non era stato forte abbastanza.

Forse era riuscita a colpire Deep Blue e a ferirlo.

Aprì lentamente un occhio mentre la foschia delle macerie si diradò: la disperazione le affossò lo stomaco.

Deep Blue era in piedi esattamente dove lo aveva visto entrando; non aveva neppure un capello fuori posto, una piega nell'abito, nulla.

Lei era già sfinita e lui non aveva dato alcun segno di aver quasi notato la sua presenza.

No…

« Non vorrei perdere tempo con un'inutile esserino come te. – disse l'essere con tranquilla arroganza – Ti dispiacerebbe scomparire? »

Il nuovo attacco risplendette sul palmo aperto del moro, ma Ichigo non riuscì a muoversi.

Era tutto come tre anni prima.

L'ingresso nella luce e l'enorme sala. La forza devastante di quell'essere.

E lei che non riusciva che a contrastarlo a fatica, finendo schiacciata e sconfitta.

Ichigo, attenta!

La rossa sussultò capendo di non aver reagito abbastanza in fretta. Sollevò la campanella, ma l'attacco di Deep Blue fu troppo vicino e lei riuscì soltanto ad impedire che il colpo la polverizzasse: finì sbalzata via urlando e vide tutto quanto, il salone, le pareti lucide, Deep Blue stesso, venire avvolti nella luce.

 

 

 

 

 

 

 

… Dove sono…?

Sono morta…?

No, stai tranquilla.

Ichigo aprì lentamente gli occhi.

Luce. Nient'altro che bianca luce. Sopra, sotto, attorno a sé, luce infinita.

Era in piedi e non seppe perché, né perché poggiasse su un nulla assoluto eppure avesse la certezza di essere sulla superficie più salda che mai avrebbe potuto calpestare.

Non c'erano rumori, né freddo, né caldo. Non c'era vento, né il dolore delle ferite. Non c'era nulla. Nessuno.

… No, qualcuno c'era.

Di fronte a lei, una macchia azzurra così brillante da risultare accecante in quel placido candore.

E una appena intuibile, un tono più caldo del bianco che avvolse l'universo, uno spicchio di sole giallo pallido.

« … Ao No Kishi… Luz… »

Ichigo, non devi arrenderti.

« Non mi sto arrendendo »

Replicò e seppe immediatamente che fosse una bugia, anche Luz lo seppe. Si era arresa, sapeva di non avere altra scelta.

« … Non sono in grado di sconfiggerlo. »

Sì che lo sei.

« Non è vero! »

Gemette afflitta.

« Sempre… Ho sempre avuto qualcuno al mio fianco, qualcuno che ha combattuto con me, che mi ha aiutata. Deep Blue non l'ho sconfitto io, io sono sopravvissuta solo per caso! »

Tu hai lottato.

« No, io mi sono comportata come una stupida! Ho lottato dopo che Kisshu è morto, e anche allora ho fallito! »

Insisté disperata.

« È stato Masaya-kun a sconfiggerlo! Non io! Io…! Io non…! »

Ichigo.

La rossa sentì le mani di Tayou sfiorarle il mento. Sentire non sarebbe stato il termine adatto, perché le dita del biondo furono impalpabili, né tiepide né fredde, umide o ruvide, ma qualcosa di lieve, appena distinguibile. Come il tocco di una piuma o di un petalo.

Lei avrebbe voluto fuggire, ma seppe di non potere, come non era potuta fuggire dal cospetto di Deep Blue.

Capì di stare piangendo.

« Ho paura! Non sono in grado di affrontare una cosa del genere! Io... Io...! »

Lui le prese il viso tra le mani asciugandole le guance inondate di lacrime, gli occhi color dell'oceano che la guardavano amorevoli:

Tu mi hai salvato già una volta, tre anni fa. Sono certo che ci riuscirai di nuovo, perchè sei la più forte di tutti.

« Ao No Kishi... »

Percepì un'altra mano sfiorarle i capelli.

Tu ce la farai.

Ichigo non rispose.

Era la prima volta che vedeva Luz così distintamente. Era più magra del ritratto che aveva trovato all'Archivio, più grande di alcuni anni, con una bellezza che la rendeva eterea, impalpabile, donando il terrore si potesse rompere se solo si fosse osato toccarla. Gli occhi azzurri vibrarono sul viso magro, sinceri, dolcissimi, e Ichigo sentì l'impellente bisogno di piangere più forte e chiedere scusa per le sue paure e per i suoi errori, convinta non seppe perché che Luz sarebbe stata in grado di ascoltarla e perdonarla, liberandola per magia da qualsiasi peso.

Tu non ti sei mai arresa finora. Mai.

Hai pianto, hai strepitato, ti sei disperata, ti sei illusa, ma hai reagito. E quando non ci sei riuscita, quando è stato troppo grande per te, hai avuto chi ha saputo risvegliarti.

Ichigo si morse l'interno della guancia. Pensò alla prima battaglia contro Deep Blue e allo schiaffo che le aveva tirato Minto per riscuoterla, a Ryou e al suo devoto sostegno dopo la battaglia della Prima Luna; alla celebrazione della Dama Rossa, al bimbo dai capelli mandorla e al vecchio Taighen.

Pensò alle sue amiche e si sentì svuotata, inutile.

« … Sono patetica. Non ce la faccio da sola, non posso. »

Nessuno è solo. Mai. Loro sono qui con te.

Le accarezzò il petto con la punta dell'indice sottile e sorrise dolcemente.

Nessuno è mai da solo, se riesce a ricordarlo. Chi lo dimentica si smarrisce e smette di vedere anche chi ha vicino.

Ichigo vide la ragazza abbassare lo sguardo addolorata.

Nuvem lo ha dimenticato. La paura di fallire, di perdere ogni cosa, gli ha fatto credere di essere stato abbandonato da tutto e da tutti, compresi coloro che lo amavano.

E per non vedersi scappare tra le dita chi aveva di più caro ha fatto qualsiasi cosa, fino ad incatenare loro e se stesso.

Ichigo non le rispose e si azzardò a prenderle la mano nella sua. Luz riprese a sorridere malinconica.

Ichigo, ora devi reagire.

Tayou le afferrò con gentilezza e decisione una spalla.

È il momento. Hai il frammento di Dono, sfruttalo.

La rossa corrugò appena la fronte, un po' seccata ormai di quel suo parlare come se ogni cosa volesse dirle fosse ovvia e immediatamente intuibile.

« … Non ho idea di come. – puntualizzò – Non è come il mio potere, o come il cristallo con il MewAqua Rod, non è… Istintivo. »

Spiegò e Tayou le sorrise sottile stringendole le mani.

Mi legherò al frammento.

« Tu… Cosa?!? »

La mia coscienza è quasi scomparsa. Nuvem ha ripreso un corpo ed un'esistenza suoi e il legame della mia vita con la sua e il Dono quasi non esiste più; sopravvive solo grazie al tuo frammento.

Mi legherò definitivamente ad esso. Sarà la scintilla che ti permetterà di attivarlo, sarò il tuo mezzo per poterlo usare e battere Deep Blue.

« Come un… Mew Aqua Rod "vivente"? »

 Lo stesso principio.

Lo sentì ridere a labbra chiuse.

Hai solo quest'occasione, Ichigo, sfruttala e vinci

 

 

 

 

 

 

 

Deep Blue si portò il braccio lungo il fianco e sorrise soddisfatto. Un assaggio appena della sua potenza era stato sufficiente per spazzare via quella piccola seccatura terrestre, e probabilmente ne sarebbe occorso anche meno, ma lui aveva la brutta abitudine di non risultare così freddo come desiderava in ogni occasione, specie se aveva del rancore verso qualcuno.

MewIchigo era di certo una delle prime nella lista.

Sperò di non aver usato tanta forza da aver distrutto fisicamente il corpo; la soddisfazione di rimirare l'inutile, misero cadavere di colei che gli aveva impedito di risorgere tre anni prima – la stupida umana e il suo sciocco sentimento d'amore – sarebbe stata troppo grande per perderla per un… Eccesso di entusiasmo.

Studiò l'angolo del salone verso cui aveva scagliato la rossa, iniziando ad intravedere le macerie nella parete tra il polverone, e sorrise pronto a scorgere il fagotto inerme della ragazza steso al suolo. A terra però non vide nulla: scrutò attorno, non c'era la massa di un corpo accasciato in nessun punto del pavimento, e poco a poco nella nebbiolina biancastra intuì due gambe perfettamente ritte in piedi.

Si corrucciò lievemente, forse l'aveva sottovalutata troppo, in fondo ricordava bene che MewIchigo fosse abbastanza coriacea. Probabilmente era lì per svenire, sarebbe stato magnanimo e le avrebbe concesso un ultimo rapido colpo per finirla…

La fronte appena aggrottata del moro divenne una maschera di rabbia quando potè vedere con chiarezza Ichigo fronteggiarlo, lucida e pronta alla lotta. Aveva il volto e le braccia coperti di graffi, lividi e polvere, il vezzoso costumino rosa sporco e sbrindellato in alcuni punti, eppure gli puntò contro la propria arma indifferente al proprio stato e al fiatone squadrando l'avversario senza la minima esitazione: il cuore sulla campanella di pelouche risplendette forte mentre una chiara luminescenza azzurrata avvolse la rossa, il frammento nel suo petto che bruciò piacevole.

Per un solo momento, Ichigo vide Deep Blue impallidire.

Dietro di sé intuì un'ombra, un movimento infinitesimale, e il pallore del nemico divenne furia cieca mentre lo sentì latrare a bassa voce:

« Tu…! »

Deep Blue brandì la spada con entrambe le mani e Ichigo avvertì il fruscio del tocco di Tayou sulla spalla nuda; il luccichio sulla sua pelle, dato dal frammento di MewAqua, tremò appena.

Vai.

La rossa balzò in avanti pronta ad attaccare e Deep Blue la intercettò a mezz'aria fendendo di fronte a sé con la sua lama; la spinta del moro contro la campanella fu terribile e Ichigo dovette assecondare il proprio slancio e il colpo nemico assieme, lasciandosi scivolare sotto il moro e sgusciandogli sotto. I due si ritrovarono dai lati opposti del campo, Ichigo genuflessa pronta ad un nuovo balzo e Deep Blue con le mani serrate sul manico e gli occhi fuori dalle orbite.

« Tu! – ripetè, quasi schiumando per l'ira – Tu dovevi scomparire! Come osi mostrarmi ancora quel tuo volto da traditore?!? »

Girò su se stesso e scattò indietro con tale velocità che Ichigo rinunciò ad attaccare e aspettò le piombasse addosso, respingendolo con un colpo contrario: la campanella splendette come non mai e la rossa avvertì l'energia scorrere potente, quasi incontrollata dalle sue dita all'arma esplodendo contro il moro, che fu spinto via finendo contro il muro vicino.

Ora combatteremo ad armi pari.

Deep Blue si rialzò con un urlo selvaggio, le pupille come spilli:

« Maledetti…! Insetti nocivi…! »

Ichigo se lo vide spuntare di fronte così rapidamente che bloccò il suo affondo al fianco per un solo secondo; sollevò il braccio allontanandolo e poi lo riabbassò, scagliando un altro colpo di luce che Deep Blue scacciò a fatica prima di tornare ad incalzarla a sua volta.

Lo spettacolo per chi avesse guardato sarebbe risultato assurdo. La mewneko, splendente di un'aura azzurrata su tutto il colpo, dimenava in ogni direzione la sua arma a cuore facendo esplodere lampi di luce nel tentativo di abbattere Deep Blue; quest'ultimo, dal suo lato, fendeva di fronte a sé con l'enorme spada provando a squarciare in due la terrestre, respingendo i suoi attacchi come una mazza da baseball una palla, tutto ad una velocità ubriacante.

Ichigo di norma non sarebbe riuscita a tenere un simile ritmo, non usando il proprio potere in così rapida frequenza. Eppure non cedette, né sentì di poterlo fare, tenendo il passo del nemico e cercando un punto cieco per colpirlo in modo decisivo e prendere le redini dello scontro, fino a quel momento senza successo.

Sei bravissima. Non distrarti un momento, la partita è aperta.

La rossa avvertì di nuovo un pizzicore leggero quando Tayou  parlò.

Non avrebbe mai immaginato che il legame tra i tre membri dei Melynas e il Dono fosse tanto forte: non solo, dopo che lei aveva iniziato a sfruttare la forza della MewAqua, il biondo era comparso al suo fianco, ma ogni volta che lui la sfiorava, o ogni volta che Deep Blue colpiva la sua arma, la rossa sentiva l'energia che l'avvolgeva reagire.

Era come essere immersi in una vasca di acqua tiepida, perfettamente immobile, che al minimo suono s'increspava sulla superficie solleticandole la pelle.

La presa di coscienza la spaventò, così come il capire quanto fosse delicata la reazione alla voce e al tocco di Tayou – appena un lieve soffio sulla cute – e quanto fosse violenta ai colpi della lama di Deep Blue e alle sue urla – una vibrazione spaventosa che le si ripercuoteva fin nel nervo più profondo.

Temette che, se avesse abbassato un solo istante la guardia, avrebbe perso il contatto con il Dono.

Il nuovo affondo ritardò di alcuni istanti. Ichigo spalancò gli occhi, era il momento!

« Ribbon Strawberry Surprise! »

Deep Blue riuscì solo sollevare una mano verso il viso, ma era già troppo tardi. La luce accecante del Ribbon Strawberry Surprise lo investì con la forza di un treno e Ichigo lo guardò mentre venne sbalzato dalla parte opposta del salone, abbattendo la seduta su cui aveva riposato fino al suo risveglio.

Ichigo lo vide distruggere la struttura e accasciarsi su di essa senza reagire: lo aveva messo fuori combattimento.

Adesso!

La rossa reagì pronta e corse verso il trono, domandandosi vaga come avrebbe potuto sferrare il colpo di grazia. Che ricordasse la sua campanella era letale solo contro i chimeri e neppure in modo definitivo, si limitava a scindere il para-para dall'animale invaso o dall'energia vitale rubata, ma non dissolveva il parassita; neppure contro Kisshu e gli altri era mai servito da quel punto di vista, sì li feriva, poteva stordirli, ma di sicuro non era un attacco atto ad uccidere.

Mentre la consapevolezza prese forma nella sua mente la ragazza rallentò il passo, come avrebbe dovuto…

Si fermò del tutto quando il suo sguardo cadde sulla spada di Deep Blue, sfuggita dalla presa del suo padrone e rimasta conficcata nel pavimento proprio tra la rossa e l'essere dai capelli neri.

Ichigo trattenne il respiro e cercò l'ombra di Tayou alle sue spalle: il biondo per la prima volta si allontanò dalla sua schiena e si avvicinò all'arma di Deep Blue, su cui posò la mano eterea facendo rispendere minacciosa la lama al contatto. La mewneko avvertì il fiato bloccato nel petto diventare un refolo gelido.

Non c'è altra via.

Lei non rispose. Capì perfettamente cosa intendesse Tayou.

Deep Blue aveva una sua vita autonoma, un corpo vero e mortale, non era più un'entità esistente in funzione di un individuo ospite; la rossa non poteva sperare di scacciarlo, coi sentimenti o con i propri poteri che fossero, e non poteva certo anche solo pensare che Deep Blue l'ascoltasse in modo ragionevole e abbandonasse i suoi propositi di distruzione e dominio.

Andava fermato. In modo definitivo.

Ichigo fece scomparire la sua campanella e si avvicinò alla spada a passi lenti, l'impressione che tutto il freddo provato da quando era nata fosse riemerso dalle viscere del suo animo, soffocandola.

Aveva già preso in mano il bokuto di suo padre, qualche volta, e pure lo shinai di Masaya(*), ma mai una spada vera.

Il manico era ruvido, non fastidioso da stringere, però adatto a non scivolare dalle mani; la rossa strinse le dita attorno ad esso, era grande abbastanza perché potesse cingerlo con entrambi i palmi, e sollevò l'arma.

Era pesante, molto più pesante di quanto si aspettasse, e affilata: la lama uscì con sorprendente facilità dal vano che aveva inciso nel terreno, sibilando leggermente, e Ichigo ondeggiò un poco di lato sotto il peso inaspettato per non farsi sfuggire l'arma e al tempo stesso tenerla inclinata a distanza da sé, temendo per il filo acuminato.

Le venne in mente quanto Minto e Ryou la sgridassero per il suo prendere un po' troppo seriamente ciò che vedeva nei film, e dovette dar loro ragione: sul grande schermo eroi ed eroine che impugnavano una spada parevano sempre trasformarsi, assorbire una qualche forma di nuova forza, una potenza sconosciuta e un immenso coraggio; lei invece provò solo timore per quello strumento di morte e per come lo maneggiasse, totalmente ignara del modo corretto per farlo, per come pesasse minaccioso sulle sue braccia, per poi deglutire al pensiero di cosa dovesse fare con esso.

Si avvicinò ai resti dello scranno di Deep Blue con circospezione, pronta al primo momento pure solo a dimenarla per impedire al moro di coglierla di sorpresa.

Lo vide riverso a pancia sotto, i lunghissimi capelli neri sparsi sul pavimento e impiastrati di polvere, come la veste blu che si alzò e abbassò al respiro lieve dell'essere. Ichigo si morse il labbro inferiore, aveva sperato davvero di scoprire che il suo attacco avesse sortito un effetto maggiore.

Alzò le braccia per sollevare l'arma sopra la schiena del nemico, capì di essere troppo distante per essere certa di sferrare con precisione e si avvicinò di qualche altro passo, le mani vicine al petto e la spada che grattò leggera le falde del suo bustino.

Non c'è altra via.

Il riascoltare la stessa frase non la convinse per niente.

Ancora Deep Blue rimase incosciente, il viso nascosto contro il pavimento. Ichigo si accostò al moro e sentì la punta dello stivale sfiorare il bordo della sua veste che si muoveva in modo impercettibile.

La rossa si morse con più energia il labbro, inspirò a fondo e sollevò ancora la spada posizionandola sopra di lui, in linea tra le sue scapole.

… Non vorrei lasciarti questo peso.

I guanti sfregarono fastidiosi mentre Ichigo strinse forte la presa e rimase immobile.

… Sono qui, Ichigo. Sono accanto a te.

La ragazza inspirò un'altra volta con tutta la capacità dei propri polmoni e diede un'ultima spinta in su con le braccia sollevando la lama, serrando le palpebre.

Lasciò andare la spada mollemente, limitandosi ad accompagnarne la spinta perché all'impatto il suo stesso peso affondasse assieme all'arma stessa.

Avvertì una leggera resistenza, il filo che impattava contro qualcosa, ma non trapassava nulla.

Uno scalpiccio di pietrisco.

… ICHIGO!

La mano sinistra di Deep Blue le si serrò attorno alla gola prima ancora che lei capisse cosa stava accadendo e riuscisse ad aprire gli occhi.

La spada cadde a terra tintinnando cupa. Ichigo tentò immediatamente di infilare le proprie dita tra quelle del moro, l'ossigeno che iniziò a diminuire e le fitte per la stretta che già andavano a segnarle la pelle, però per quanto gli graffiasse ferocemente le mani quello non accennò ad allentare la presa.

« Tu… Schifoso…! Scarafaggio…! »

Gli occhi celeste veleno dell'essere parvero volerla trapassare da parte a parte. Ichigo prese a sgambettare nervosamente e sentì un rivolo di saliva colare dalla bocca semiaperta che bramava respiro, ottenendo solo di boccheggiare aspra; lo sguardo andò annebbiandosi e ai lati del suo campo visivo intuì la mano destra di Deep Blue sollevarsi. Dietro di lei Tayou disse qualcosa, ma si potè avvertire solo un fremito nell'aria e un suono senza rumore.

« Questa volta ti romperò questo sudicio…! Miserabile collo di stupida umana…! »

All'improvviso Ichigo gridò. Quantomeno provò a gridare, la gola occlusa che le permise solo un vago rantolo, ma l'istinto non si curò della cosa facendole spalancare la bocca in una smorfia di dolore, e la sala si riempì di luce intanto che Deep Blue iniziò una lenta e dolorosa tortura tentando di estrarle a forza il frammento dal petto.

Ichigo non aveva mai provato un dolore simile: fu come se tutte le ossa del petto si frantumassero, poi si piegassero a mo' di lame verso l'interno e le trapassassero ogni organo con lentezza insopportabile. I polmoni le bruciarono come invasi di aria rovente, benchè lei sentisse di non avere più un briciolo di ossigeno con cui urlare, i muscoli del torace si tesero e contrassero, pesanti, irrigiditi, e il cuore accelerò al punto che la rossa sperò smettesse di galoppare, pure che si fermasse del tutto pur di placare le fitte laceranti che le pulsarono tra le costole fino alla gola e alle orecchie.

Esausta, accecata dal dolore e dalla mancanza di fiato, nel panico, Ichigo lasciò che l'istinto di sopravvivenza prendesse il sopravvento e insisté a dimenarsi senza ragionare, scalciando inutilmente e graffiando, tentando invano di mordere la mano di Deep Blue troppo distante dalla propria bocca. Disperata iniziò a scorgere il frammento, ormai con una punta fuori dal suo petto, quasi una piccola lama di luce che la stava trapassando, e aumentò la foga del suo agitarsi insensato.

Stava per perdere conoscenza. Stava per vedersi sottrarre la sua unica arma per sconfiggere Deep Blue, morendo nella completa impotenza: come aveva sibilato il moro, uno scarafaggio tra le sue mani.

Ad un passo dall'oblio avvertì un'altra volta una voce muta sussurrare vicino al proprio orecchio. Forse era ancora Tayou che la chiamava, incapace di aiutarla.

Poi, un lampo di luce, una sagoma più distinta. Solo per un secondo. E la voce limpida e disperata di Luz.

Ti prego, fermati! Nuvem!

L'immagine della bionda apparve, incorporea, accanto ad Ichigo e sporse un braccio tra lei e Deep Blue; l'arto non toccò né il moro né la mewneko, attraversando ogni cosa che sfiorò, e perciò la rossa non seppe mai dire se fosse stata la chiarezza della sua voce o il modo in cui, nell'evanescenza della sua figura, gli occhi azzurri risultassero così ben definiti, limpidi e tristi, però qualsiasi fosse stata la ragione la stretta sulla sua gola si allentò a sufficienza perché lei potesse frapporre le dita guantate a quelle gelide e letali di Deep Blue.

Con un movimento rapidissimo e spremendo ogni grammo di forza rimasto Ichigo, mezza accecata dalla mancanza d'aria, si liberò dalla presa del moro e calciò di fronte a sé: non le importò di colpire l'avversario o meno, volle solo allontanarlo quanto bastava per fuggire in zona di sicurezza; capì di centrare qualcosa, forse un gomito, o una gamba, ma non controllò cercando attraverso la nebbia del proprio sguardo il frammento che Deep Blue era riuscito a cavarle dal petto.

Lo vide, giusto accanto ai piedi dell'essere: non splendeva più come quando avevano lottato o quando Deep Blue l'aveva estratto, eppure la rossa si lanciò per prenderlo; Deep Blue, ancora distratto dall'ombra di Luz quasi svanita, non reagì abbastanza prontamente per impedire alla ragazza di riprenderla.

Stringendo nel pugno destro il frammento con tanta forza da tirare le cuciture dei guanti, Ichigo scattò, meglio, barcollò a quattro zampe evitando di un soffio che Deep Blue la riagguantasse, e gli saltellò tra le caviglie nella brutta imitazione di un gattino intento a giocare con il padrone cercando la via di fuga; al terzo tentativo riuscì a sgusciargli via da sotto le mani e intanto che si spinse per tirarsi in piedi il suo palmo sinistra si appoggiò a qualcosa di rigido.

L'elsa della spada del moro.

Ichigo afferrò l'impugnatura senza rifletterci troppo e si allontanò, il frammento in una mano e la spada nell'altra. Deep Blue, riscossosi, storse il viso deluso da se stesso e gridò di rabbia:

« Credi di esserti salvata?! Le suppliche dei morti non ti proteggeranno! »

L'essere esplose un colpo di energia dal palmo e Ichigo lo evitò a fatica scartando di scatto a destra, la pelle della coscia che pizzicò lambita dalle emissioni dell'attacco.

« Non ti permetterò di rovinare di nuovo tutto! Stupido esserino insignificante, ti schiaccerò come l'insetto che sei! »

Ichigo cacciò un paio di strilli istintivi mentre, rimessasi a correre rasoterra, zigzagò da una parte all'altra per non venire colpita; l'energia devastante degli attacchi, ravvicinatissimi, le vibrò ogni volta addosso facendola sbandare e costringendola a spingersi coi piedi, con le mani chiuse a pugno sui suoi tesori, perfino con i gomiti, qualsiasi parte del corpo servisse per rimettersi in equilibrio e non permettere al moro di mirarla con precisione. Le orecchie le fischiarono per le esplosioni ravvicinate, la gola bruciò per la morsa da cui era fuggita e per lo sforzo; rintontita la rossa per alcuni minuti potè focalizzare solo il passo successivo al precedente per non venire centrata, cercando allo stesso tempo un modo per riavvicinarsi al nemico e riprendere a lottare.

« Corri, corri gattino! – la canzonò Deep Blue con una risata sguaiata – Cosa farai, adesso? Sei da sola, ormai! »

Le sue risa querule si alzarono di un'ottava quando l'ennesimo colpo esplose appena dietro le spalle di Ichigo, scagliandola qualche metro più in là e facendola rotolare malamente a terra; il moro la guardò con malevolo divertimento rialzarsi con fatica e riprendere a correre ormai a quattro zampe, un pugno sempre chiuso sul frammento inservibile e l'altro sul manico della spada che sbatacchiò contro il pavimento ad ogni balzo, un inutile ingombro da cui la mewneko non sembrò capace di staccarsi.

« Nessuna briciola di Dono degli Avi con cui giocare ad armi pari, nessun traditore che ti protegga le spalle o dia la sua miserabile vita per la tua! – soffiò sprezzante il moro – Solo te e io. »

La rossa strinse i denti rabbiosa.

Aveva ragione, erano solo loro due.

Tutti coloro che aveva cari erano lontani. E contavano su di lei. Tutti stavano lottando, avevano lottato e fatto di tutto perché lei arrivasse lì, perché sapevano che lei era la loro risorsa e, nonostante i suoi errori, si fidavano di lei tanto da affidarle il loro destino.

Non li avrebbe delusi scappando.

Seguì la curva del perimetro del salone per ancora qualche metro, ruotò su se stessa e soffiando minacciosa puntò contro Deep Blue.

Lui rise ancora più forte:

« Vieni, vieni pure! Muori almeno con onore, sciocco esserino! »

Il nuovo colpo scoppiò proprio contro il fianco di Ichigo che fu spinta via, verso sinistra, gridando dal dolore; lei però invece di retrocedere o cambiare direzione serrò le labbra in una linea dura, assecondò lo slancio rotolando un momento di lato e quindi ricominciò a correre puntando sul nemico.

Deep Blue rise ancora e affiancò i palmi, scagliando un altro colpo. Ichigo non indietreggiò, afferrò l'elsa della spada con entrambe le mani e drizzò la schiena, saltando in alto per evitare l'attacco; come temeva non fu sufficiente e l'esplosione le raggiunse la gamba sinistra, strappandole un urlo: lo stivale color vinaccia si strappò in più punti e il fine olfatto della mewneko avvertì odore di bruciato – plastica e pelle – mentre lei atterrò malamente sull'altra gamba per diminuire almeno un poco le fitte accecanti che le vibrarono lungo la coscia.  

Deep Blue non smise di fissarla e ghignare e di nuovo si portò i palmi di fronte al petto. Ichigo, ancora nello slancio della corsa, mosse la gamba ferita e vide le stelle dal dolore, ma chiuse entrambi i palmi sull'impugnatura della spada e s'impose di ignorare la questione.

Pochi secondi che parvero ore.

Dietro lo sguardo appannato da piccole lacrimucce ai lati degli occhi, la figura di Deep Blue sembrò più oscura e spaventosa che mai; sentì il pelo di coda e orecchie drizzarsi, il pericolo dell'attacco contro cui si lanciò chiaro al suo istinto felino, eppure non indietreggiò. Il frammento di Dono, schiacciato tra la sua mano e l'elsa, si plasmò uno spazio nel suo palmo piagandole probabilmente per sempre la carne. La gamba tremò tanto sotto lo sforzo di sostenere il suo peso in corsa che Ichigo temette avrebbe ceduto, facendola crollare a terra.

« Così finisce tutto, MewIchigo. »

La rossa piegò le braccia contro il petto e mosse con fatica la spada, sollevandone la punta da terra e voltandola di fronte a sé a mo' di lancia.

L'energia azzurra di Deep Blue formò una sfera definita. Ormai il colpo stava per essere scagliato, Ichigo non lo avrebbe mai evitato.

« Addio. »

La mewneko gridò ancora per darsi coraggio, chiuse gli occhi e tese le braccia avvertendo tutto il peso della lama; l'ultima immagine che le fu chiara fu l'arma che passò attraverso la sfera di energia e la fatica per spingerla in avanti, quasi che qualcosa ne ostacolasse il cammino.

La scarica di energia si espanse in tutta la sala, una sfera di luce che si schiantò contro pareti, pavimento e soffitto coprendo tutto di bianco. Le voci di Ichigo e di Deep Blue si udirono solo per pochi istanti, coperte dal fragore dell'esplosione e dallo scricchiolio dei muri che si frantumarono.

Di nuovo, nient'altro che bianco e silenzio.

La luce si dissolse poco a poco, permettendo agli occhi di riabituarsi con delicatezza alla penombra luminosa della sala. Il palazzo crepitò lieve ancora per pochi secondi, lo scalpiccio di qualche pietruzza che rotolò lungo le pareti fino al pavimento, intanto che la polvere sollevata dall'onda d'urto andò a depositarsi placida su di esso.

Non ci fu nessun altro rumore per lunghissimi minuti. Quando ogni cosa nell'aria si fermò le sole cose visibili nel salone furono lo scranno di Deep Blue, distrutto, e le sagome dei due avversari riverse a terra.

Un tintinnio argentino vibrò lungo tutta la stanza, diffondendosi lento e deciso.

Ichigo tentò una prima volta di aprire gli occhi – alzarsi, in quel momento, sembrò un'idea folle e irrealizzabile pure solo a pensarla – e ottenne solo di arricciare il naso, mugolando scontenta. Ritentò e sollevò lentamente le palpebre, non avrebbe mai pensato che un movimento tanto infinitesimale potesse risultarle così complesso e faticoso.

Ci mise un po' a mettere a fuoco cosa avesse davanti. Quando le iridi rosa tornarono lucide, inquadrando il pavimento sconnesso di fronte, Ichigo si mise a studiare ogni dettaglio che i suoi occhi percepirono, cosicché la sua mente riprendesse coscienza dei momenti precedenti al suo svenimento.

Pavimento freddo. Sporco, polvere sulla pelle. Piastrelle rotte che graffiano le braccia.

Era corsa direttamente in bocca a Deep Blue, disarmata, un secondo prima che lui la facesse saltare in aria.

Pareti incrinate. Crepe che corrono minacciose verso il soffitto, forse crollerà presto.

No… Non era disarmata… Aveva la sua spada.

Buchi nei muri, buchi nel pavimento; l'energia di Deep Blue.

Girare la testa senza strusciare la faccia a terra le costò una buona dose di pazienza e dolore, ma l'impresa riuscì e per due volte la rossa potè scrutare attorno a sé quasi a centoottanta gradi.

Dov'era finita la spada del moro…?

Trono distrutto. Una veste blu. Capelli neri.

La vista della sagoma di Deep Blue le diede abbastanza energia per sollevarsi con il busto e guardare di fronte a sé. Immobile Ichigo fissò il profilo dell'essere, aspettandosi in qualche modo che reagisse nuovamente, che saltasse in piedi come nulla fosse, o accadesse qualcosa di inaspettato, ma per quanto rimanesse in attesa Deep Blue non mosse un muscolo. Parve non muoversi proprio, neppure il più lieve tremolio.

Inspirando a fondo per trattenere il lamento che le provocò mettersi in ginocchio, la mewneko si tirò lentamente in piedi sperando che il tremore alle ginocchia fosse solo passeggero e claudicando si avvicinò alla silhouette scura.

Aveva mascherato il primo guaito, ma non si fece remore per i continui piagnucolii infastiditi che mandò ad ogni passo: braccia e gambe erano talmente ricoperte di lividi e graffi e così malconce che il minimo movimento le causò dolore, insistere a camminare si sarebbe potuta considerare una forma di coraggio più che sufficiente per concedere il lamentarsi.

Ancora intontita dovette trovarsi proprio accanto a Deep Blue per capire dove fosse finita la spada, intuendo inoltre, con un moto di gelido ribrezzo, che l'essere non si muovesse davvero più, né avrebbe potuto farlo ancora.

Le ginocchia le cedettero lentamente. Ichigo si limitò ad accompagnarsi a terra, poggiandosi all'indietro sui palmi, lo sguardo incatenato alla punta dell'arma su cui Deep Blue parve essersi accasciato stancamente e che in quel momento spuntò dalla sua schiena. Non c'era traccia di sangue sull'acciaio splendente, solo attorno alla veste strappata dal filo della spada si intuì una chiazza scura alla cui vista Ichigo serrò le mani in uno scatto nervoso.

Avvertì qualcosa nel pugno e si costrinse a distogliere lo sguardo dal corpo del moro, domandandosi cosa stesse stringendo; socchiuse appena le dita e riconobbe il frammento che aveva recuperato, doveva aver perso la presa dalla spada, ma in qualche modo era riuscita a tenere con sé la scheggia di Dono.

Il Dono…

Riprese a guardarsi attorno con ansia crescente finché non lo trovò e ancora la nausea le serrò lo stomaco.

Tra i resti del trono di Deep Blue vide un piccolo oggetto sferico, non dissimile da una comune sfera di vetro trasparente.

Era il guscio di MewAqua che gli Ancestrali avevano rubato, ed era vuoto.

Completamente vuoto.

Il desiderio di piangere montò così rapidamente che la rossa dovette chiudere gli occhi e fece tre lunghi respiri per impedirsi di cedere. Le sfuggì lo stesso un singhiozzo e si sentì una stupida. Stanca e afflitta si allungò verso il guscio vuoto e poi si lasciò di nuovo a sedere, fissando la superficie trasparente che riflettè a fatica il suo volto distrutto.

Aveva fallito. Deep Blue era morto, sì, ma lei non aveva recuperato il Dono. Anche se fossero tornati indietro – per un secondo ripensò agli altri, al fatto se fossero illesi o meno, e dovette inspirare a fondo ancora un paio di volte – Jeweliria sarebbe stata condannata a dissolversi in una pozza di terra morta.

Strinse la presa sul cristallo e vi poggiò la fronte azzannandosi le labbra, tutto quello sforzo, tutta quella lotta… Per un sasso inutile.

« Maledizione…! »

Con rabbia si mise in ginocchio e piegò il braccio dietro la testa, pronta a lanciare il cristallo vuoto dall'altra parte della sala, quando il corpo di Deep Blue emise per un secondo un bagliore azzurrato.

Ichigo cacciò uno strillò ricadendo sul sedere, il Dono stretto al petto, e fissò terrorizzata il corpo finché non smise di splendere, appena un attimo dopo. A quel punto fu il cristallo vuoto a brillare.

La rossa lo fissò attonita, non capendo perché l'interno dell'oggetto andasse a riempirsi di una sostanza iridescente e indefinibile.

« Mew… Aqua?! »

Farfugliò la mewneko coprendosi il viso con la mano libera per proteggersi dalla luce:

« Come…?! Com'è…?! Ah…! »

Un lampo più intenso la costrinse a chiudere gli occhi. Quando li riaprì vide la conosciuta, confortante luminescenza liquida dietro la superficie liscia del cristallo, pur se la quantità fosse parecchio più esigua dell'ultima volta in cui l'aveva vista.

« Sei stata bravissima, Ichigo. »

La giapponese buttò un altro urlo e pigolò querula:

« Voi…! Insomma! Volete farmi venire un infarto?!? »

Squadrò irritata le figure di Luz e Tayou, ricomparsi di fronte a lei e che la guardarono sorridendo; in realtà Ichigo ebbe l'impressione che il sorriso del biondo fosse un po' canzonatorio, forse per l'aspetto che lei seppe di avere – sconvolta di stanchezza, scarmigliata, eppure con sufficiente energia per fare smorfie e corrucciarsi come una bambina – e sentì di arrossire stizzita. Sbuffò drizzando le spalle, notando come le due figure fossero più luminose ed evanescenti di prima, quasi dei veli di bruma contro lo sfondo, quindi chiese:

« Com'è possibile? – si rivolse ai due, mostrando il Dono – Non c'era più nemmeno una goccia di potere. »

Luz abbassò lo sguardo con un sorriso malinconico. Tayou si fece più serio, ma apparve comunque sereno:

« Contrappasso adeguato. Il Dono era legato al suo padrone, ma non conosceva fedeltà. Come ha sempre fatto, accumula energia con calma e costanza, acquisendone in quantità in determinate occasioni. Così com'è accaduto la notte in cui è stato creato. »

Ichigo sussultò tornando a fissare il Dono:

« Vuoi dire…?! »

« Sì. – disse il biondo – Ha raccolto l'energia della vita di Nuvem. Come la raccolse quel giorno di trecento milioni di anni fa, assieme alla mia e a quella di Luz. »

La rossa rabbrividì all'idea.

« Non temere, stavolta non potrà tornare. »

La rassicurò il biondo intuendone i pensieri:

« L'evento di quella notte è stato una casualità terribile. L'energia che il Dono ha raccolto ora non è sufficiente per mantenere l'esistenza di una coscienza priva di un corpo, e nessun Atavismo sarà più ripetibile. Deep Blue è definitivamente scomparso. »

Ichigo, ancora confusa, sorrise avvertendo le membra irradiarsi di caldo sollievo.

« … Sarà sufficiente? »

Domandò, di nuovo titubante, scrutando la goccia di potere tra i palmi. Tayou attese prima di risponderle:

« Per salvare Jeweliria, sì. »

La mewneko non ribattè e abbassò cupa le orecchie, il biondo aveva intuito il suo pensiero ed era parso addolorato a distruggere le sue speranze.

Se ce ne fosse stata di più, forse… Tutti coloro che ancora erano feriti dopo la Battaglia della Prima Luna, quelli che lottavano tra la vita e la morte… Forse…

« Non ce n'è per altro. »

Precisò triste Tayou e Ichigo nascose il viso dietro la frangetta senza rispondergli.

Luz, che ancora non aveva  parlato, si inginocchiò accanto alla rossa; le rivolse un sorriso affettuoso, poi le cinse le braccia con le proprie e posò la guancia contro la sua: pur non sentendo con chiarezza il tocco di una pelle estranea, Ichigo ebbe la sensazione che l'avessero sfiorata con un velo di stoffa gelido e non riuscì ad impedirsi di rabbrividire.

« Sei stata straordinaria. »

Disse Tayou. Ichigo lo sbirciò con la coda dell'occhio, ebbe l'impressione che il biondo fosse più trasparente di prima e lei distinguesse meglio la sala alle sue spalle.

« Ti ringrazio… Davvero. Per tutto. »

La rossa alzò la testa, stavolta fu sicura che Tayou fosse più evanescente; dovette strizzare gli occhi per distinguerne bene il viso e tendere le orecchie, la sua voce era quasi inudibile.

« Avrei voluto… Poter parlare di più… Con te… »

« Avresti…?! No, aspetta! Non andartene! – fece agitata e allungò la mano verso il biondo, ormai invisibile – Ao No Kishi! »

Si girò di scatto, anche Luz era già svanita, la mewneko non percepì nemmeno più le sottili braccia della bionda che l'avevano stretta e il suo viso le parve quasi uno strano riflesso di luce nell'aria:

« Luz! »

La ragazza sorrise. Ichigo intravide il suo profilo trasparente accostarsi al suo orecchio e sentì un pizzicorino, un soffio leggerissimo che richiese alcuni secondi di riflessione per essere interpretato.

« Lui… Lo rivedrai… Il… È tuo. Usa… »

« Eh? No, Luz, non…! Di cosa parli?! »

« … Gra… zie… Addi… o… »

Un respiro e le due figure erano scomparse. Dissolte come non fossero mai state lì.

Ichigo si guardò attorno confusa, alzandosi meccanicamente non avendo ben chiaro cosa avrebbe dovuto fare e sentendo una stanchezza insopportabile rallentare il suo passo. Si avviò fuori dalla sala, le parole vaghe di Luz in testa e il Dono tra le mani, quando il suo corpo sciolse la trasformazione e lei tornò all'aspetto di Ichigo Momomiya.

« Cosa…?! Oh, no! La MewAqua…! »

All'improvviso si ricordò di quanto fosse successo nella battaglia finale a Tokyo: le radiazioni della MewAqua avevano temporaneamente fatto svanire i poteri suoi e delle ragazze, tanto che tutti si erano convinti che il gene m fosse scomparso. La rossa controllò l'interno della sua coscia destra, la voglia m non c'era più.

Prese a correre incurante della fatica che le appesantì le membra.

Magari era successo solo a lei, che aveva affrontato Deep Blue da vicino. Ma non poteva rischiare che anche le ragazze si fossero trasformate: non aveva idea di dove si trovassero, se stessero affrontando ancora qualcuno degli Ancestrali o meno, e nel caso se si fossero trovate contro Toyu, Lindèvi o Arashi senza poteri…

Non fu pronta per il buio fuori dal salone. Rimpianse subito i suoi occhi felini, ma non si fermò incespicando nell'oscurità e tirando un'imprecazione quando il pavimento diede un terribile scossone.

« E adesso?! »

Nel buio onde luminescenti verdi e rosse iniziarono ad inglobare i profili appena distinguibili delle pareti, scomparso il suo creatore la dimensione stava scomparendo. Ichigo corse ancora più veloce, guidata solo dalla diversa oscurità e sbattendo contro angoli e curve, finché per un secondo il pavimento sotto i suoi piedi non perse consistenza e lei inciampò sul suolo brullo del vero pianetino.

Rotolò tra le ombre, il Dono serrato tra le braccia, poi una dolorosa fitta alla testa e l'oscurità fu totale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 (*) rispettivamente la "spada di legno" (bokuto o bokken) e la "spada di bambù" (shinai). Il bokutō è la riproduzione in legno della katana giapponese e ne conserva la forma, la bilanciatura e, nel caso di alcune scuole, anche il peso. Lo shinai è usato durante l'allenamento e nel combattimento. Maggiori dettagli qui :3

https://en.wikipedia.org/wiki/Shinai

https://en.wikipedia.org/wiki/Bokken

 

 

 

 

 

 

 

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

 

Tutti: … e la chiudi così?

Hai desu~ ♥ ^w^

Tutti: e non sapremo niente.

Dameee ~ ♥ ^w^!

Tutti: che è successo alla gatta.

No ^w^

Tutti: se gli altri la ritrovano, o moriranno nel niente?

No no ^w^

Tutti: né se quelli sperduti riusciranno ad uscire o crolleranno marcendo nel niente?

Nope ^w^

Tutti: … … … Tu… Sei una brutta persona -.-**

Ringrazio tantissimo prima che mi mandino a quel paese xD LittleDreamer90,  Amuchan, mobo,  Hypnotic Poison, Sissi1978 e TheRosablue91 e pregando non decidano di boicottarmi in massa (o spedirmi pacchi caccabomba x°D) rassicuro loro e tutti i lettori che non dovrete aspettare troppo per gli ultimi capitoli.

GENTE ULTIMI CAP! Uno e l'epilogo! E bon! FINE! Sto piangendo!

 


Mata ne
~ ♥!

Ria

 

   
 
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