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Autore: AmonAmarth    08/12/2017    6 recensioni
E' arrivato Natale, l'ultimo Natale prima del college e Stiles vorrebbe passarlo tutti insieme, compreso un certo Suorwolf che però trova sempre il modo di farlo arrabbiare.
I due litigheranno come al loro solito, ma da un semplice litigio nascerà una potente magia che riporterà lo spirito del Natale in due anime tormentate.
Storia ispirata a "Il Canto di Natale".
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A STEREK CHRISTMAS CAROL

 

Non faceva mai troppo freddo in California in quel periodo e Stiles invidiava profondamente i New Yorkesi che potevano vivere quello che si definiva un bianco natale. Ma del resto, avrebbe potuto anche andargli peggio, sarebbe potuto nascere Australiano e fare un abete di Natale con la sabbia!
Si guardò attorno, i Californiani non erano nemmeno famosi per le loro decorazioni natalizie, del resto quel sole che ancora ti scaldava e ti faceva girare con nulla di più di una giacca a vento, certo non invogliava nei cittadini uno spirito natalizio!

Sorrise al pensiero che quello sarebbe stato il suo ultimo Natale Californiano, l’anno prossimo college… college significava Quantico… Quantico significava Virginia… Virginia significava latitudini più alte… latitudini più alte significavano: bianco Natale!

Parcheggiò la sua Jeep davanti allo studio medico di Deaton. Di solito le riunioni del Branco si tenevano sempre alla ristrutturata Villa Hale, ma per chissà quale assurdo motivo, quel lupo costipato aveva detto che casa sua era off limits per un po’, lamentandosi del disastro che Scott e Liam combinavano ogni volta. Stiles doveva concordare che quei due fossero dei grandi casinisti, ma il fatto che all’improvviso Derek avesse deciso che casa sua non fosse più adatta per le riunioni un po’ gli puzzava.
Non si stupì di vedere la Camaro nera di Derek mentre mancava la moto di Scott. Quel ragazzo sarebbe arrivato in ritardo e Stiles ci metteva la mano sul fuoco che Derek si sarebbe arrabbiato tantissimo. Da quando era ritornato in città e aveva accettato di far parte effettivamente del Branco di Scott era cambiato tantissimo, più aperto e meno ringhi, c’erano addirittura dei sorrisi (ovviamente sempre rivolti al suo Alpha mai a lui!) ma ogni tanto ritornava il lupo scorbutico e costipato di un tempo e Stiles ci avrebbe giurato che quel giorno sarebbe stato uno di quei momenti.
Entrò dentro lo studio veterinario, Deaton lo salutò con un sorriso caldo e cortese e gli indicò di dirigersi nella sala sul retro.
Stiles si diresse lì, convinto di trovare tutto il Branco ad eccezione dell’Alpha, probabilmente anche di Liam, ma di sicuro contava di trovarci Lydia, invece, seduto su una sediolina, lo sguardo corrucciato e le braccia incrociate al petto, c’era solo Derek.
«Ehi… siamo solo noi?» Domandò il ragazzo guardandosi attorno. Derek sollevò lo sguardo e inarcò un sopracciglio e Stiles si batté mentalmente il cinque da solo perché ovviamente aveva indovinato: quella era una giornata Sourwolf!
«Come mai Peter non è ancora arrivato?» Chiese il ragazzino cercando di iniziare una conversazione.
«E io che ne so. Mica viviamo assieme!»
«Uhh… non c’è bisogno di dirmelo così gentilmente Derek, potrebbero cariarmisi i denti solo ascoltandoti!» Stiles si sedette su una sedia incrociando le braccia al petto e imbronciandosi. Non capiva perché con tutti Derek era gentile e quasi sorridente, con lui invece era sempre il solito Sourwolf! Magari lo sbatteva al muro meno volte, ma comunque lo trattava con accondiscendenza e, contrariamente a Scott, non lo aveva mai abbracciato! E a Stiles quella cosa non andava giù perchè era da un bel po’ che i sogni che faceva su lui e Lydia erano cambiati, o meglio era cambiato il soggetto e al posto della bionda fragola ormai c’erano due braccia muscolose che lo stringevano con forza e al posto di una pelle morbida e soffice, c’era una barba ruvida e puntigliosa che gli arrossava la pelle delicata… si, era ormai da tempo che Stiles aveva capito non solo di essere bisessuale, ma di essersi preso una di quelle cotte che quella di Lydia a confronto era una barzelletta!
Il giovane alzò lo sguardo verso il moro. Derek aveva chiuso gli occhi e aveva appoggiato il capo contro il muro. Poteva sembrare rilassato ad un occhio non attento, ma Stiles poteva chiaramente vedere le sue sopracciglia contratte, le labbra strette in una morsa ferrea che tutto suggerivano, tranne serenità.
«Hai già cominciato a fare le decorazioni di Natale?» Chiese ad un tratto, perché Stiles odiava il silenzio, lo odiava terribilmente… soprattutto in quel periodo dell’anno.
Derek alzò lo sguardo e guardò Stiles. Avrebbe voluto dire che lo odiava terribilmente… ma non era così. Anzi… da tempo ormai Derek aveva capito che il suo lupo aveva scelto Stiles, aveva trovato in lui un’anima affine e al tempo stesso complementare. Ma se c’era una cosa che Derek aveva capito del ragazzino era che, contrariamente a lui, Stiles era completamente etero. Cercava di stargli il più lontano possibile, il suo odore era come una droga per lui, avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo finché entrambi non avessero avuto l’odore dell’altro sul proprio corpo. Ma non poteva… non poteva rendersi ridicolo in quel modo e non poteva permettere che anche Stiles, ragazzo solare e sorridente, venisse travolto nel suo vortice di tristezza e autocommiserazione.
Derek era ben consapevole di cosa provava per il ragazzino, ma certe volte si domandava davvero cosa il suo lupo ci avesse visto, come faceva ad amare quella sua terribile parlantina e perché mai era sempre felice e sorridente? Lui… proprio lui che in quel dato periodo dell’anno avrebbe dovuto essere uno straccio?
Si limitò a guardarlo male, comunicando con le sue irsute sopracciglia piuttosto che con le labbra.
«Sai Derek, ho avuto molte più conversazioni con le tue sopracciglia che con te!» Sbuffò il ragazzino la cui vita si stava mettendo in pericolo se non fosse che proprio in quel momento arrivò Lydia seguita da Malia.
Derek sbuffò. Lydia e Malia… le due ex di Stiles, le due prove viventi che il suo compagno apprezzasse le curve delicate e morbide di una donna a quelle scolpite e nette di un uomo.
Non sapeva perché Lydia e Stiles si fossero lasciati, pensava che, dopo che il ragazzino aveva faticato tutti quegli anni per conquistare la sua storica fiamma, si sarebbero sposati e avrebbero avuto un numero indecente di bambini… invece nemmeno quattro mesi dopo il loro fidanzamento, i due si erano lasciati inspiegabilmente. Il lupo di Derek aveva uggiolato felice, mentre la parte umana e razionale del mannaro aveva scelto di non illudersi perchè non sarebbe passato molto tempo prima che Stiles trovasse una nuova bellissima ragazza.
«Scusate se ho fatto tardi, ma ho dovuto faticare un po’ per convincere mia madre a lasciarci la casetta sul lago per questo Natale.» Disse Lydia tutta sorridente mentre si sedeva accanto a Stiles.
«Ha accettato? Ha detto si?» Stiles era ovviamente eccitato, mentre Derek si limitò a sbuffare annoiato.
«Si! Possiamo stare fino al ventisei, poi deve venire la ditta delle pulizie per Capodanno, ma avremo la casa per tre giorni solo per noi!»
«Evvai!» Stiles cominciò a saltellare eccitato e proprio in quel momento arrivarono Scott e Liam, seguiti da Mason e Theo.
«Qualcuno è contento?» Domandò Scott felice di vedere il suo migliore amico felice, in quel periodo voleva che Stiles lo fosse sempre, così da non pensare ai brutti ricordi legati al passato.
«Siii! Lydia è riuscita ad avere casa libera per tre giorni, possiamo passare il nostro ultimo Natale tutti insieme qui!» Stiles era chiaramente contento e, sebbene Derek amasse l’odore della sua felicità, quel giorno gli dava particolarmente fastidio. Lui odiava il Natale, odiava bere l’eggnog e odiava quella stupida tradizione di scambiarsi regali accanto all’albero illuminato. Era una cosa stupida e non l’avrebbe mai più rifatta.
Si alzò di scatto, focalizzando immediatamente tutta l’attenzione su di sé.
«Voi fate quello che volete!» Disse incamminandosi verso la porta.
«Cosa? Tu non vuoi venire?» Ovviamente doveva essere proprio Stiles a parlare, proprio lui a cui Derek faceva fatica a dire di no, era difficile per lui riuscire ad essere la causa della tristezza del giovane.
«Si Stiles! Non ho intenzione di perdere tempo in queste stronzate. Pensavo fosse una riunione importante.»
«Ma questa è una riunione importante.» In un impeto di coraggio, il più piccolo andò a posizionarsi dinanzi al mannaro, spalancando le braccia e impedendogli così la via di fuga. «Questo è il nostro ultimo Natale insieme a Beacon Hill, l’anno prossimo saremo molto probabilmente sparsi per tutta l’America e difficilmente riusciremo a passarlo insieme.»
«Buon per voi! Io me ne vado.» Derek strattonò il giovane cercando di smuoverlo, non applicò molta forza, ovviamente non voleva fargli male. Stiles infatti non si mosse di un solo centimetro.
«Dobbiamo passarlo tutti insieme, Derek.»
«Dobbiamo? Non vedo perché la cosa debba essere un dovere.»
Tutti alternavano lo sguardo tra Stiles e Derek, ormai sapevano che di lì a pochissimo sarebbe scoppiata una guerra che prevedeva un Derek ringhiante e minaccioso e uno Stiles urlante e agitato.
«A Natale si sta tutti insieme!»
«Bene e allora state tutti insieme!» Derek avvicinò minacciosamente il volto a quello di Stiles, i suoi occhi erano di un azzurro ghiaccio e Scott si avvicinò all’amico, sapeva che Derek non avrebbe mai fatto del male ad un membro del branco, Stiles in particolare, ma era anche vero che il giovane umano del gruppo aveva la particolare capacità di far perdere completamente le staffe al mannaro.
«Tutti insieme razza di lupo costipato! Per qualche assurdo motivo fai parte del branco e il branco passa il Natale insieme.»
«Faccio parte di un branco non di un gruppo di adolescenti esagitati!» Stavolta Derek scrollò Stiles con più vigore, tanto che il giovane perse l’equilibrio, e sarebbe caduto a terra se Scott non lo avesse prontamente afferrato al volo.
«Derek… » L’Alpha cominciò a parlare, cercando di salvare la situazione e raffreddare gli animi, ma la voce di Stiles lo interruppe.
«No Scott, lascialo andare! Credevo che anche per lui la parola branco avesse lo stesso significato che ha per tutti noi, evidentemente non è così e lui non ci considererà mai la sua famiglia.»
Quelle parole ferirono il lupo molto più di quanto non lo volle dare a vedere.
Per lui Branco aveva lo stesso identico significato che aveva per Stiles, ma Derek non avrebbe mai dimenticato che lui era stato la causa della morte della sua intera famiglia, non avrebbe mai commesso lo stesso errore due volte.
Uscì di corsa dallo studio veterinario dell’emissario e, dimentico completamente della Camaro, cominciò a correre velocemente nei boschi della riserva.
Non si accorse nemmeno di essersi trasformato in lupo, voleva smettere solo di pensare e soprattutto di ricordare e in quella forma era tutto molto più facile, tutto si riduceva al puro e mero istinto. Sentì una sorta di richiamo, come se qualcosa lo stesse attirando verso un punto preciso, non era un odore, era più una sensazione, una strana sensazione che spingeva le sue zampe a correre sempre più veloci verso un punto preciso della riserva.
Si fermò dopo una lunghissima corsa e notò dove l’istinto lo avesse condotto: il Nemeton.
Sentì una strana forza che lo spinse ad accucciarsi proprio sopra quell’enorme tronco. Derek poteva sentire un’energia pulsante provenire da esso. Ricordò come fosse anche quella colpa sua, lui aveva dato potere al Nemeton con l’uccisione di Paige, lui era la causa del suo stesso male e sicuramente era lui la causa adesso di quel pianto che, inspiegabilmente, sentiva provenire da lontano, come se il vento avesse raccolto quei singhiozzi e glieli avesse portati per punirlo.
Stiles stava piangendo.
Ed ancora una volta era colpa sua.
Il lupo nascose il muso sotto le zampe e pianse.
E così come il sangue di una vergine accese il potere del Nemeton, le lacrime di un cuore tormentato diedero potere ad una grande e potente magia.

 

* * *

 

Stiles si era ripromesso che non avrebbe mai più pianto per uno come Derek Hale.
Aveva pianto quando aveva scelto la prima volta di andarsene in giro per il Messico con Breaden.

Aveva pianto quando era ritornato e l’unico che aveva salutato con affetto era stato Scott.
Aveva giurato che quel lupo costipato non meritava le sue lacrime.
Eppure adesso non poteva impedire loro di scendere sul suo volto, non poteva proprio fermarle e avrebbe voluto strapparsi i dotti lacrimali pur di poterlo impedire.
«Stiles… » Scott guardò l’amico e, con un sospiro, si sedette sul letto accanto a lui, massaggiandogli piano la schiena.
«So quanto ci tenevi… »
«No! Non ci tenevo, mi dà solo fastidio… »
«Stiles, possiamo per un momento saltare la parte in cui io fingo di crederti e passare direttamente a quella in cui ti lasci abbracciare perché so quanto importante per te sia avere vicino in questo periodo dell’anno tutti quelli che ami?»
«Io non… »
«Passiamo anche direttamente alla parte in cui ammetti di amare Derek?» Stiles guardò negli occhi il suo migliore amico, quello che era in un certo senso suo fratello e a cui Stiles voleva bene quanto a suo padre, ma non poteva certo negare che Scott non fosse in genere così brillante e intelligente.
«Come... ?»
«Come ho fatto a capirlo?» Stiles annuì lentamente con il capo. «Bhe a parte il fatto che sono un licantropo e sento come il tuo odore cambia quando gli sei vicino, ma sono anche il tuo migliore amico e credimi so leggerti dentro molto meglio di quanto ci riesca tu.» Stiles abbassò il capo mortificato, perché le parole di Scott gli avevano fatto venire in mente qualcosa a cui non aveva mai pensato prima.
«Perfetto, quindi si sta pure prendendo gioco di me!» Sbuffò e Scott lo guardò con la sua tipica espressione da cucciolo confuso. Adesso si che Stiles lo riconosceva!
«Se l’hai sentito tu, lo avrà sicuramente sentito anche lui, avrà capito che mi piace e quindi si prenderà gioco di me! Dio che figura di merda! Perché sono una figura di merda che cammina!» Stiles si coprì il volto con le mani, sentendosi avvampare al pensiero che Derek aveva probabilmente capito tutto e chissà quante risate si era fatto alle sue spalle.
«Stiles, io non credo che Derek se ne sia accorto. Avrà percepito il cambiamento di odore, ma non credo che lo abbia collegato, non ti conosce bene quanto ti conosco io.» Sussurrò Scott accarezzando i capelli dell’amico.
«E’ che… io non lo so Scott, ero convinto di molte cose e poi improvvisamente quando finalmente Lydia si accorge di me, mi rendo conto che non è quello che volevo veramente. L’anno prossimo il Branco si scinderà e sappiamo benissimo chi sarà quello che non si farà mai sentire. Potrò vedere te, Lydia, Liam diamine persino Theo ogni volta che vorrò perché so che voi ci tenete a stare insieme, ma Derek, lui sparirà per sempre dalle nostre vite, dalla mia vita, sarà l’ennesimo nome che dovrò spuntare nella lista delle persone che mi hanno abbandonato e… volevo solo… volevo solo avere l’opportunità di passare un ultimo Natale insieme visto che… visto che con lei non ho potuto.» L’odore di tristezza che emanava Stiles era quasi intossicante per Scott. Il mannaro abbracciò stretto l’amico e sentì con quanta forza e disperazione l’altro si strinse a lui. Non poteva dire niente per far stare meglio Stiles, non poteva dirgli di sperare perché avrebbe significato farlo soffrire ancora di più, non poteva nemmeno dirgli di dimenticare perché sapeva, lui più di chiunque altro, che certi sentimenti sono quasi indelebili e che anche solo per attenuarli hanno bisogno del loro tempo.
Così fece l’unica cosa che un vero amico può davvero fare, lo strinse con forza e lo tenne stretto e al sicuro fino a che anche l’ultima lacrima non si fu seccata sul suo viso.

 

* * *

 

Fu uno spiffero gelido a svegliare Stiles. Non si era accorto che Scott ad un certo punto era dovuto rientrare a casa e lo aveva lasciato, rimboccandogli le coperte, eppure fu una sensazione di freddo a destarlo. Si guardò attorno confuso, la finestra era chiusa eppure c’era uno strano spiffero che proveniva proprio dalla sua…
«Ahh! Chi sei tu?» Accanto a lui c’era una donna, una bellissima donna. Doveva avere all’incirca una quarantina d’anni, un volto dolce e al tempo stesso forte, occhi intelligenti di una persona molto saggia. Ma c’era qualcosa di strano nella donna, i colori, non solo quelli dei suoi abiti, ma i colori stessi del suo volto e dei suoi capelli, erano leggermente sbiaditi, come se lui li vedesse in trasparenza.

In più, Stiles aveva la netta sensazione di aver già visto la donna da qualche parte, aveva un qualcosa di terribilmente familiare.
«Chi sei?» Chiese di nuovo e la donna gli sorrise con dolcezza, un sorriso terribilmente materno che gli fece stringere il cuore.
«Sono il fantasma dei Natali passati.» Disse e la sua voce aveva un che di ancestrale, pensò Stiles.
«Oddio esistono anche i fantasmi? Ma in questa città non si può proprio stare in pace! Prima i lupi mannari, poi i kanima e i cacciatori, poi gli Alpha e il Darach, Dottori del Terrore e adesso anche i fantasmi?» La donna sorrise al suo continuo straparlare e inclinò leggermente il capo, strizzando appena gli occhi. Fu un fulmine di lucidità negli occhi di Stiles. Quel taglio degli occhi… non poteva essere…
«Sei la madre di Derek.» Non gli uscì come una domanda perché vedeva nel volto della donna i lineamenti duri del mannaro: il taglio degli occhi, la forma sottile delle labbra, il naso leggermente appuntito.
Il fantasma annuì.
«Sei sempre stato quello intelligente, Stiles.» Il fantasma si alzò e si diresse verso la finestra spalancandola. Stiles si portò le coperte a coprire il suo corpo quando l’aria notturna lo investì.
«Vieni Stiles.»
«E’ un sogno vero?» Piagnucolò il ragazzo convinto ancora che si trattasse di un sogno. La donna scosse il capo e, dentro di sé, Stiles sapeva che era la verità, del resto erano a Beacon Hill, o Beacon delle Cose Strane e Bizzarre, un fantasma era quasi d’obbligo.
«M-ma perché? Insomma perché sei con me e non con tuo figlio?» Chiese Stiles che ancora cercava di coprirsi con la coperta.
«Perché Derek ha invocato il mio aiuto… o meglio dovrei dire il nostro aiuto.» Stiles la guardò sempre più confuso. La donna si riavvicinò al letto, sedendosi accanto al ragazzo e continuando a sorridergli in quel modo materno così dolce che Stiles non riusciva a credere che quella fosse Talia Hale, l’ex Alpha di Beacon Hill, madre di Derek Hale.
«Vedi Stiles, mio figlio è sempre stato un ragazzo felice, ma dopo Paige è cambiato; inoltre, se in lui c’era ancora una piccola traccia del bambino solare e amorevole che ho cresciuto, questa è completamente sparita la notte dell’incendio. Derek ha compiuto un rito, inconsapevolmente, ma lo ha fatto. Tu stanotte riceverai la visita di tre spiriti che aiuteranno te, e si spera anche mio figlio, a trovare la retta via.»
Stiles corrugò la fronte, era sicuro che qualcosa ancora sfuggisse alla sua comprensione.
«Ma non capisco, se è Derek che ha compiuto il rito, cosa c’entro io?» Domandò.
«Per questo ragazzo mio, devi arrivare alla fine del viaggio.» La donna si alzò di nuovo e raggiunse la finestra, tendendo una mano verso Stiles. Il ragazzo la guardò per alcuni attimi. E se fosse stata una trappola? Un pericolo mortale?
Stiles ci pensò qualche minuto… se c’era una cosa per cui lui era famoso era che non si tirava dietro a nulla, insomma se non fosse stato per lui che voleva cercare un cadavere, Scott non sarebbe mai stato morso.
Si alzò dal letto infilandosi la sua felpa rossa, non sapeva dove fosse diretto, ma di sicuro avrebbe avuto freddo. Infilò anche rapidamente le sue All stars non curandosi di allacciarsele, sperava solo che ovunque la donna lo volesse portare, non fosse un luogo affollato dato che le braghe del suo pigiama di superman erano abbastanza riconoscibili!
Giunto alla finestra Stiles si guardò attorno. E adesso cosa doveva fare.
Talia, sempre con quel sorriso caldo e dolce, allungò una mano verso il giovane.
«Reggiti forte, Stiles.» Stiles fece come aveva detto e le prese la mano. Era fredda, ma solida, proprio come lo sarebbe stata una qualsiasi mano. La sua presa era ferrea e Stiles si rese conto con qualche secondo di ritardo che la donna lo stava letteralmente trascinando oltre il davanzale. Non ebbe nemmeno il tempo di urlare spaventato che sentì letteralmente il pavimento mancargli sotto i piedi e in un lampo si ritrovò a volteggiare sopra le stradine deserte di Beacon Hill.
La prima sensazione che Stiles provò fu di vuoto. Era come se in un primo momento tutti i suoi organi interni fossero scomparsi per poi ricomparire improvvisamente ben più pesanti di prima. Non aveva mai provato così tanta paura in tutta la sua vita, eppure aveva affrontato lupi mannari e altre bestie strane con nient’altro che una mazza da baseball per difenderlo.
Talia non volava troppo in alto, ma nemmeno troppo bassa per impedire che il giovane si facesse del male. Quando Stiles si fu abituato, dovette ammettere che era anche piuttosto emozionante, volare era una delle cose che aveva sempre sognato e ora si sentiva un piccolo Peter Pan con la sua Trilli personale in attesa di una nuova grande avventura.
Stiles vedeva scorrere sotto di sé tutta Beacon Hill eppure… c’era come una nebbia sulla città, una nebbia di un vago colorito azzurrognolo. Era strana e il giovane ci metteva la mano sul fuoco che tutto quello aveva a che fare con la strana magia che Derek aveva invocato, non c’era mai stata nebbia a Beacon Hill.
Dopo alcuni minuti in cui il giovane aveva cominciato a rabbrividire per il freddo, Stiles vide comparire l’ospedale e sembrava che Talia fosse diretta proprio lì… ma perché?
Quando ormai il grande edificio fu dinanzi ai suoi occhi e Talia poggiò i piedi sul cornicione del tetto, Stiles non aveva più dubbi.
«Perché mi hai portato proprio qui?» Domandò mentre la donna si stava già dirigendo verso la porta per entrare dentro l’ospedale, mentre lui non si era mosso di un solo millimetro.
Talia si girò e guardò il giovane. C’era ancora dolcezza nei suoi lineamenti, ma c’era anche qualcosa di più duro, il tipico sguardo di una madre che vuole spingere il proprio figlio a fare una determinata cosa… madre… ora Stiles capiva perché era comparso proprio il fantasma di Talia a mostrargli il suo Natale passato… una madre.
«Perché quella notte è accaduto anche qualcos’altro Stiles, qualcosa che tu hai rimosso dalla tua memoria ed è giusto che tu ricordi.»
«I-io… io non voglio ricordare. Io non voglio entrare lì dentro.» Disse Stiles assomigliando molto ad un bimbo capriccioso, lì fermo mentre giocherellava con le maniche della felpa.
«Coraggio Stiles, sei sempre stato un bambino e adesso un ragazzo coraggioso, forse il più coraggioso del branco.» Lo incitò Talia spalancando la porta che dava verso l’interno.
«E’ più facile affrontare bestie strane piuttosto che rivivere il giorno della morte della mamma.»
«Stiles, non per essere autoritaria, ma l’incantesimo non si esaurirà finché tu non avrai compiuto il viaggio a cui sei destinato. Non ci muoveremo di qui finché tu non entri e non vedi ciò che deve essere visto.» Il tono della donna era dolce, ma Stiles poté sentire perfettamente quella nota di comando Alpha e, per un breve attimo, si trovò a sorridere al pensiero di un Derek bambino che ubbidiva riluttante agli ordini della sua Alpha-mamma.
Riluttante, il giovane cominciò ad avanzare ed entrò nel locale. Non appena dentro venne colpito dalle stesse identiche sensazioni di quel giorno: le grida concitate dei medici, Stiles ricordava che c’era stato un tamponamento con un camion e che per quel motivo suo padre non era potuto essere presente agli ultimi attimi di vita di sua madre.
Non credeva di ricordarlo così bene, eppure le gambe si mossero come di vita propria e ben presto il giovane si ritrovò proprio davanti alla camera da letto di sua madre. Vide se stesso, un bimbetto di appena otto anni, seduto sul materasso accanto alla madre, che parlava a raffica di qualsiasi cosa gli passasse per la testa in quel momento, ignaro di come il suo mondo sarebbe cambiato di lì a poco.

 

«E poi Scott è caduto dalla bici e si è tutto fatto male. Si è messo a piangere e quel bimbo biondo che ha sempre le macchinine belle si è messo a prenderlo in giro. Poi però la sua mamma lo ha portato via e allora io e Scott abbiamo potuto giocare di nuovo e poi… »
La signora Stilinski cominciò ad essere scossa da violente convulsioni, il piccolo monitor cominciò a fischiare e in poco tempo tutta la saletta venne riempita da medici ed infermieri e il piccolo Stiles si ritrovò tra le braccia di una più giovane Melissa che lo portava fuori.

«Stiles tu resta qui, guarda qui ci sono venti dollari, vai alle macchinette e prendi tutto quello che vuoi.» Melissa accarezzò la guanciotta ancora piena del bambino che guardò prima i soldi nella sua mano e poi i medici che si affollavano rumorosi verso la sua mamma.
«Ma la mamma sta bene?»

 

Stiles chiuse con forza gli occhi. Sapeva che Melissa non gli avrebbe risposto, lo avrebbe guardato con i suoi soliti occhioni dolci e grandi e gli avrebbe baciato con dolcezza la guancia, spingendolo poi via, lontano da quel posto dove avrebbe passato le prossime cinque ora in attesa del padre.
Il giovane pensava che lo spirito di Talia lo avrebbe condotto dentro quella stanza dove si stava svolgendo la più grande tragedia della sua vita, invece la donna lo spinse a seguire se stesso.

Stiles ricordava di aver raggiunto la saletta ristoro, la conosceva bene perché aveva passato molto tempo lì a consumare le sue merende con Scott quando i medici dovevano parlare in privato con suo padre oppure stavano visitando la sua mamma.
Non appena arrivarono, per Stiles fu come essere colpito da un fulmine.

 

Stiles si guardò attorno. Era triste, non era uno stupido e sapeva benissimo che i dottori lo avevano fatto uscire perché stava succedendo qualcosa di grave e che la sua mamma non stava bene. Guardò sconsolato la macchinetta dei dolci, non gli faceva voglia niente, voleva solo la sua mamma, quella che era una volta, non quella degli ultimi tempi che gli urlava sempre contro quando non era imbottita di farmaci, che gli diceva di andarsene e che lo accusava di volerla uccidere.
Si sedette sconsolato su una sediolina. Accanto a lui c’era un ragazzino, ma lui era talmente triste e misero da non farci neppure caso.

 

«Quello è Derek.» Mormorò Stiles. Non aveva nemmeno bisogno di porla come una domanda. Quello era Derek, in tutto il suo splendore adolescenziale. Bello da togliere il fiato persino a quell’età. Era praticamente identico, solo con lineamenti più delicati e sicuramente meno muscoli, anche se era già ben messo persino all’epoca.
Stiles non ricordava minimamente di averlo incontrato prima di quel giorno alla riserva con Scott quando cercavano il suo inalatore.

«Lui e Laura erano venuti a trovare Peter. Tu non lo ricordi, ma lui si, Stiles. Lui ricorda questo momento, perché è in questo momento che accadde.» Disse Talia guardando il ricordo del figlio con un sorriso triste e orgoglioso al tempo stesso.
«Accadde cosa?» Domandò il giovane, ma lo spirito continuò a fissare lo Stiles e il Derek del ricordo.

 

Derek aveva sentito un odore acre di tristezza e c’era anche quell’odore salato e nauseabondo di lacrime. Odiava quell’odore, gli faceva venire terribilmente il mal di testa. Abbassò il capo e vide il corpicino di un bimbo, era tutto rannicchiato su stesso e stringeva con forza una banconota da venti dollari in mano. Si guardò attorno in cerca dei genitori del piccolo, ma il bimbo era solo.
«Dovresti tornare dalla tua mamma e il tuo papà.» Disse, più per far smettere di piagnucolare quel bambino che per vero interesse.

Il bimbo alzò lo sguardo e due piccole pepite d’ambra abbagliarono Derek. Non aveva mai visto occhioni così belli, sembrava quasi che parlassero.
Il bimbo guardò il ragazzino e il pensiero della sua mamma lo fece scoppiare letteralmente a piangere. Non sapeva nemmeno perché, non era uno che si fidava subito del primo che incontrava, eppure si gettò di lancio tra le braccia del ragazzo.
Derek restò paralizzato per qualche secondo, non capendo come fosse possibile che un bambino stesse bagnando la sua maglietta preferita. Sentì il suo lupo ringhiare e per un attimo temette di perdere il controllo. Ma poi, il bimbo strinse la sua mano. La sua manina calda gli infuse una strana e piacevole sensazione di pace e il suo lupo uggiolò, come felice, prima di acquietarsi.
Senza nemmeno rendersene conto, Derek si sedette meglio sulla sedia e si portò il bimbo in braccio mentre questi continuava a piangere sulla sua spalla.
Non disse niente, non cercò nemmeno di informarsi sul perché un bimbo così piccolo fosse da solo in ospedale e stesse piangendo. Si limitò ad esserci per lui. Si limitò ad accarezzargli la schiena quando dei singhiozzi più violenti scuotevano quel piccolo corpicino e lo cullò finché il piccolo, stremato dalle lacrime, non si addormentò tra le sue braccia.

 

Stiles non riusciva a credere ai suoi occhi. Eppure, adesso che lo vedeva, ricordava di quel ragazzino taciturno che lo aveva stretto. Non gli aveva detto parole inutili, stupide frasi di conforto, non gli aveva nemmeno chiesto perché piangesse. Lo aveva solo preso tra le sue braccia e gli aveva impedito di crollare.
«I-io nemmeno lo ricordavo.» Sussurrò, guardando il modo in cui Derek lo stringeva e gli asciugava le lacrime che stavano già cominciando a seccarsi sulla sua guancia.

«Tu lo hai dimenticato, ma Derek no. Ha riconosciuto il tuo odore quando ti ha rivisto alla riserva. Sapeva perfettamente chi eri, Stiles, e soprattutto lo sapeva il suo lupo.»
«Il suo lupo? In che sens… »

 

«Derek.» Una ragazza, più o meno sulla ventina d’anni comparve. Era bella, talmente bella che non era difficile ipotizzare la parentela con Derek. Se poi a qualcuno fosse venuto il dubbio, bastava guardare gli occhi, avevano entrambi gli stessi occhi verde-grigio.
«Come sta lo zio?» Domandò Derek, parlando a bassa voce, conscio che sua sorella lo avrebbe sentito, non volendo svegliare il bimbo.

«Solito… lui chi è?» Domandò Laura indicando con il mento il piccolo accoccolato tra le braccia di Derek.
Il giovane alzò le spalle e quel movimento portò Stiles a mugugnare infastidito.
«Solo un bimbo che vagava frignando per l’ospedale.»
«E ha smesso di frignare con te?» Domandò Laura con molto scetticismo. Derek le lanciò un’occhiataccia.
«Non guardarmi così! Quando mamma ti metteva in braccio Cora che dormiva, non si sa come si svegliava e urlava fino a spaccarci i timpani!» Derek sbuffò, cercando di ignorare la fitta al petto che il solo pensiero della sua sorellina morta gli procurava.
I due fratelli rimasero qualche attimo in silenzio, fissando il piccolo Stiles che sbavava beatamente sulla maglietta di Derek.
«Der, dobbiamo andare.» Disse dopo un po’ Laura, ridestatasi dai suoi pensieri. «Verranno a prenderci.»
«Ma tu sei maggiorenne!» Disse Derek con fervore.
«Lo so, ma non ho un lavoro e quindi non posso badare a te economicamente. Ti porteranno in una di quelle case famiglia. Dobbiamo andarcene prima che vengano a prenderti.» Derek annuì. Laura aveva ragione, era una ragazzina poco più, dinanzi alla legge non era idonea per prendersi cura di un giovane adolescente.
Si alzò in piedi e stese il piccolo sulle sedie. Stiles borbottò e si agitò nel sonno, allungando le manine alla ricerca del calore che lo aveva avvolto fino a pochi attimi prima.
«Andiamo.» Laura incitò Derek che sembrava tentennare dinanzi a quel visino paffuto.
Il giovane mannaro si inginocchiò e baciò la fronte del piccolo.

 

Stiles vide come un lampo accecante e risentì in quel punto preciso il calore delle labbra di Derek sulla sua pelle.
Strinse con forza gli occhi per proteggersi da quella luce abbagliante e quando li riaprì era di nuovo nel suo letto, nessuna traccia dello spirito di Talia accanto a  lui.

Si toccò rapidamente la fronte. Non riusciva a crederci: Derek Hale, lo stesso Derek Hale che lo sbatteva contro la prima superficie solida disponibile, lo aveva accarezzato per un’ora intera e gli aveva baciato delicatamente la fronte.
«Si, ti ha baciato, non lo hai immaginato.» Stiles sobbalzò all’ennesima voce femminile.
Dinanzi a lui c’era la stessa ragazza di prima, ma più grande. E come il fratello… era bellissima.
«Tu sei Laura?»
«Sarebbe più corretto chiamarmi lo Spirito del Natale Presente, ma si, sono Laura.»
«Prima sua madre, adesso la sorella. La prossima chi sarà? Sua nonna?» Stiles si alzò dalle coperte, ormai aveva capito che per quella notte non avrebbe dormito per niente.
«Oddio! Spero per te che non sia nonna Penny. Insomma, hai presente zio Peter? Bhe ha preso tutto da lei.»
«E adesso dove dobbiamo andare?» Chiese Stiles mentre si infilava di nuovo le All stars.
«Oh, sono sicura che ti piacerà.»
Stiles sbuffò e, come poco prima, si ritrovò ben presto a volare sui tetti di Beacon Hill. Stavolta ci volle leggermente più tempo, si stavano dirigendo verso una zona più periferica della città. Nonostante facesse quella strada mediamente una volta al giorno, non capì dove si trovava finché non raggiunsero la destinazione: Villa Hale.
«Ma che… ?» Laura atterrò nel giardino e si diresse verso le finestre che Stile sapeva affacciare nel grande salone. Stiles non riusciva a credere ai propri occhi. Lì, proprio al centro di quell’immenso spazio, faceva bella mostra di sé un bellissimo abete, vero, con tante lucine bianco ghiaccio e delle decorazioni, poche ma di buon gusto, blu. Sotto c’erano almeno una decina di pacchetti e, addormentato sull’unico divano dell’intero edificio probabilmente, c’era Derek. Stiles non poteva vedere nient’altro che il suo volto di profilo, gli occhi chiusi e il volto scavato e sporco di terriccio. Probabilmente era stato a correre per la riserva in forma di lupo.
«Ecco perché non voleva che venissimo alla villa in questo periodo.» Disse Stiles continuando a guardare quel piccolo abete risplendere e riflettere la sua luce fredda sul volto del mannaro.
«Sai Stiles, non sei l’unico che ha perso qualcosa in questi giorni. Anche l’incendio venne appiccato una settimana esatta prima di Natale. Gli Argent furono molto bravi a scegliere il giorno, sapevano che in quei giorni l’intero branco si sarebbe riunito per la festività. Derek era già cambiato per via di Paige, era diventato molto taciturno e a tratti scontroso. Ultimamente era tornato a sorridere e ad essere il Derek che conoscevamo. Avevamo intuito che ci fosse una ragazza dietro, ma lo vedevamo così felice che decidemmo di non indagare. Avevamo sempre avuto una tradizione, decorare l’albero tutti insieme con luci di colore rosso e giallo… »
«Il colore degli occhi di voi licantropi… » Sussurrò Stiles guardando quelle fredde lucine azzurrognole.
«Quell’anno mamma decise di farle azzurre, voleva far capire a Derek che, nonostante il cambiamento del colore dei suoi occhi, lui restava sempre il suo bambino e che gli avrebbe sempre voluto bene. Derek non lo disse mai apertamente, ma apprezzò il gesto della mamma e decise che le avrebbe fatto il più bel regalo di sempre. Quel giorno era stato via tutto il giorno in cerca del regalo perfetto per lei e per tutto il branco. Ma quando tornò a casa, trovò solo un edificio in fiamme e corpi che venivano portati fuori ormai privi di vita.»
A quelle parole il cuore di Stiles ebbe una dolorosa fitta. Prima non aveva avuto modo di pensarci molto a lungo, ma se Derek e Laura erano in ospedale quando sua mamma era morta, l’incendio non doveva essere stato appiccato che pochi giorni prima.
«Ma perché allora si ostina a voler restare solo?» Domandò guardando sconsolato la figura di Derek dormiente. Gli sembrava strano che il lupo non si svegliasse e non lo sentisse parlare, forse era particolarmente stanco… o forse c’era qualcosa di misterioso in atto.
Laura sospirò e guardò anche lei la figura del fratello con sguardo pieno di affetto e di preoccupazione.
«Perché come dici tu, è un Sourwolf costipato. Ha perso Paige, e quando pensava di averla superata, di aver trovato la persona capace di farlo andare avanti, si è scoperto che non era altro che una cacciatrice psicopatica che gli ha tolto tutto. Derek ha smesso di fidarsi delle persone e quel che è peggio, pensa che la solitudine sia una punizione che gli sia stata inflitta per aver messo Kate sulle nostre tracce.»
«Ma questo è assurdo!» Sbottò Stiles urlando. Derek si mosse appena nel sonno, ma non si svegliò.
«Lo so Stiles, ho passato anni a cercare di farglielo capire. Io non ci sono riuscita… ma forse tu puoi.» Disse la ragazza guardando il giovane con un sorriso.
«Io?» Domandò Stiles dubbioso, sbattendo più e più volte le palpebre. Perchè mai quel Sourwolf costipato doveva dar retta a lui?
«Significhi per lui molto più di quanto voglia ammettere.» Con quelle parole Laura prese la mano del giovane e… un secondo dopo i due si ritrovarono dentro la villa. Stiles guardò più volte se stesso e la finestra oltre la quale era poco prima.
«I-io… ma che… cosa è… ?»
«Guarda i regali.» Disse Laura indicando i pacchetti sotto l’albero.
Ancora sconvolto, Stiles si avvicinò all’albero. Camminò in punta di piedi nel passare davanti a Derek. Prima di dedicare la propria attenzione ai regali, osservò il lupo. Era a torso nudo e, sebbene tutti quei muscoli fossero per Stiles una specie di Kriptonite, tutto ciò a cui il ragazzino riusciva a pensare era che il lupo avrebbe potuto prendere freddo. Non gli importava che fosse un mannaro, che non potesse ammalarsi e che era praticamente impossibile che sentisse freddo, a volte era il semplice fatto di avere qualcuno che ti rimboccasse le coperte, indifferentemente che servisse o meno, a fare la differenza. Era quel semplice gesto la cosa più importante. Il giovane si guardò attorno, non c’era niente in quel loft che potesse essergli utile. Così si sfilò la sua felpa rosse e la poggiò sul torso nudo di Derek. Vide il lupo prendere un profondo respiro e, la fronte corrugata di qualche attimo prima lasciò il posto ad un’espressione più rilassata. Il cervello di Stiles memorizzò quel fatto semplicemente come una sensazione fisica del lupo, probabilmente aveva davvero freddo.
Dopo portò la sua attenzione all’alberello. L’odore di pino era forte e pungente. A terra, oltre ad un’enorme quantità di aghi caduti, c’erano almeno una decina di pacchetti. La maggior parte sembravano aver visto giorni migliori, la carta era stropicciata, in alcuni punti addirittura rotta o magari scolorita lasciando intravedere in trasparenza parte del regalo sottostante. Stiles si accucciò meglio e lesse i biglietti.

 

Per papà

Per il mostriciattolo

Per la bisbetica

Per Psyco

Per mamma e per l’Alpha migliore di sempre.

 

Stiles prese in mano il pacchetto che conteneva il regalo di Talia. Era quello più rovinato di tutti, come se Derek lo avesse stretto troppe volte al petto e troppe volte ci avesse versato lacrime amare sopra.
«Ogni anno Derek ricrea l’albero di Natale, identico in tutto e per tutto a quello che avevamo fatto tutti insieme e tutti gli anni mette i regali che non ha mai potuto donare quel giorno. E’ come se fosse rimasto bloccato a quel giorno, come se… non so, si aspettasse che mamma e gli altri vengano a prendere questi regali e ad aprirli tutti insieme.» Stiles continuò a guardare il piccolo pacchettino che teneva in mano. Sapeva come si sentiva, anche lui conservava ancora il regalo che aveva fatto alla sua mamma. Non era nulla di eccezionale, erano solo un paio di guanti con le renne perché Stiles aveva notato che aveva sempre le mani fredde. Era ancora lì, con il suo fiocco rosso e la carta regalo verde bottiglia. Era quella cosa lasciata in sospeso, quel sassolino nella scarpa che continuava a dare fastidio ogni volta che si camminava. Posò il pacco che era destinato alla madre di Derek e studiò con attenzione gli altri pacchettini, quelli che sembravano essere un po’ più recenti: erano due e Stiles sentì l’aria mancargli completamente in petto quando lesse a chi sarebbero stati destinati.

 

Stiles

 

Quell’unica parola, scritta con l’elegante calligrafia del mannaro, rimase come marchiata a fuoco indelebile nelle sue retine.
«M-ma cosa?» Stiles si girò verso Laura, ma attorno a lui tutto stava diventando nuovamente confuso e una fitta nebbia lo avvolse.

Urlò con quanto fiato aveva in gola, non gli interessava di svegliare Derek. Ma dalle sue labbra non uscì il minimo suono. Si portò le mani alla gola e cominciò a tossicchiare perché quella fitta nebbia aveva il vago sentore di bruciato, di cenere.
Cadde a terra e il suo petto venne scosso da pesanti convulsioni dovute alla fortissima tosse che lo aveva colto.
Non seppe quanto tempo passò esattamente, ma pian piano sentì di poter riuscire ad inspirare pienamente senza che pesantissimi conati lo colpissero.
Il pantalone del suo pigiama era bagnato sulle ginocchia a contatto con qualcosa di morbido ma terribilmente freddo.
Pian piano anche gli ultimi residui di nebbia fitta si dissolsero e Stiles vide che si trovava in un parco giochi, ma gli era completamente sconosciuto. C’era neve, tanta neve e un vento gelido lo fece rabbrividire. Forse non era stata una bellissima idea lasciare la sua felpa rossa a Derek.

 

«’Mettila! Non si fa così!»
«Smettila tu! Io sono il fratello maggiore e io decido come mettere la sciarpa.»

«Uffa sei cattivo! Adesso chiamo nonno!»
«E vallo a chiamare!»

 

Stiles osservò quei due bimbi che litigavano. Il primo, il maschietto, doveva avere sui cinque, massimo sei anni. La seconda, chiaramente la più piccola, doveva averne tre o quattro.
Stavano lavorando ad un pupazzo di neve, il risultato non era dei migliori, ma chi era Stiles per poter giudicare un pupazzo di neve dato che non aveva mai avuto occasione di farne.

Seguì i due bimbi con lo sguardo, erano sempre di spalle e Stiles poteva vedere solo la chioma corvina del più grande e le due treccine rosse della più piccola.
«Sono bellissimi non trovi?» Stiles si congelò sul posto.
Quella voce.
Non riusciva a crederci che potesse… si girò e fu come guardarsi allo specchio… o quasi!
«T-tu sei…?»
«Il fantasma del Natale futuro.» Disse e… per la miseria, da dove venivano fuori quei muscoli che intravedeva sotto quel maglione così aderente? E quella barbetta? Stiles doveva ammettere che gli donava.
«Ma aspetta… sei un fantasma… vuol dire che io… »
«No! No! Stiles, nulla di tutto questo. In realtà il termine più esatto sarebbe spirito, ma in genere siccome con questo particolare incantesimo compaiono sempre persone morte ormai si tende a dire sempre fantasma.»
«E tu sei il me del futuro? Cioè quest’incantesimo è stata una sorta di macchina del tempo che ti ha fatto tornare nel passato?» Lo Stiles adulto scoppiò a ridere. Era strano vedersi da grandi e Stiles doveva ammettere che la cosa lo inquietava alquanto.
«Stiles la magia è qualcosa di completamente sconnesso dalla scienza. Insomma il tuo migliore amico è un licantropo e il ragazzo che ami… »
«Io non amo Derek!» L’occhiataccia che lo Stiles adulto gli fece aveva dell’inquietante, perché Stiles era sicuro di aver visto quel movimento di sopracciglia solo in un’altra persona: Derek Hale!
«Stiles, vuoi davvero fare questo giochino con me?»
«Ad ogni modo cosa dovrei vedere qui?» L’attenzione di Stiles venne di nuovo attirata dai due bambini.

 

«Nonno Ty è cattivo!»
«Non è vero nonno, è Talia che è stupida e non sa giocare.»

«Non è vero! Tu sei un brutto lupo cottipato!»
«Si dice costipato ignorante!»
«Ehi, ehi! Calma ragazzi.» Un uomo si alzò dalla panchina del parco.

 

«Papà.» Stiles vide suo padre, un po’ invecchiato, ma era lui. La bambina gli corse incontro, stringendosi alle sue gambe e nascondendosi dietro, non prima di aver fatto una linguaccia al fratello. Stiles poté finalmente vederla in volto: era una bellissima bambina con i capelli rosso fragola, la pelle piuttosto chiara e anche con qua e là qualche lentiggine. Furono gli occhi, il taglio degli occhi soprattutto, a colpirlo: erano di un meraviglioso verde sottobosco, a tratti grigi come nei momenti in ombra.

 

«Ragazzi, adesso smettetela. Lo sapete che non dovete litigare che sennò poi vi agitate e se vi agitate io non so più come gestirvi.» Noah Stilinski si abbassò e prese in braccio la piccola Talia.
«Ma nonno, lui è cattivo. Lui vuole annodare la sciarpa al pupazzo di neve, così lo strozza. Io ce la voglio mettere come ce la mette papi per tenerci al caldo.» La piccola mostrò la propria sciarpa, morbidamente avvolta attorno al suo collo.

Lo Sceriffo guardò il nipote maggiore.
«Ty perché non vuoi far mettere la sciarpa a tua sorella?» L’interpellato alzò le spalle e con un piede calciò via un po’ di neve.
«Perché è da femmine mettere la sciarpa in quel modo.» Disse non con un certo disprezzo nella voce.
«Stai quindi dicendo che io metto la sciarpa come una femmina?»

 

La schiena di Stiles venne percorsa da un brivido.
Quella voce. Come era possibile che quella voce si trovasse lì… e soprattutto… Stiles non l’aveva mai sentita così. Era felice, spensierata, non c’era quel solito ringhio di sottofondo.

Buttò un occhio verso il se stesso grande: lo stava guardando come se si aspettasse che lui avesse capito ogni cosa.

 

«Papà!» La piccola Talia saltò letteralmente dalle braccia del nonno per finire dritta dritta in quelle, già spalancate, di Derek.
«Ciao principessa.» Il lupo baciò con dolcezza la guanciotta rossa rossa per il freddo della figlia, sfregando i loro nasi in un gesto intimo e caldo che sembrava essere un loro piccolo rituale. La piccola infatti sorrideva felice, il malumore di poco prima completamente dimenticato.

«Allora Ty, cos’è questa storia che non vuoi mettere la sciarpa come fa papi?»  Il bimbo alzò gli occhi verso il padre che indossava la sciarpa verde perfettamente avvolta al suo collo e su cui adesso la piccola Talia aveva poggiato la testolina.
«E’ da idioti papà. Poi noi non ne abbiamo nemmeno bisogno, siamo lupi!» Sbuffò il bambino. Derek guardò suo figlio, il suo pestifero primogenito, nato dall’unione del seme di sua sorella e quello del marito. Si inginocchiò in modo da poter essere ad altezza degli occhi del figlio, occhi ambrati, dalle mille mila sfumature dell’ambra calda. Con un braccio solo, tenendo salda la presa sulla figlioletta con l’altro, sistemò la sciarpa color miele al figlio.
«Ty, è vero siamo lupi e non sentiamo mai freddo, ma vedi, il tuo papi ci ama più di ogni altra cosa al mondo e fa quello che ha sempre fatto, dal momento in cui mi ha conosciuto e dal momento in cui siete nati voi due… » Derek accarezzò la guancia calda del figlio, sorridendo soddisfatto di aver sistemato la sciarpa nell’esatto modo in cui avrebbe fatto suo marito. «… si prende cura di noi.» Disse e i suoi occhi non erano mai apparsi più innamorati di così.

 

Stiles non riusciva a credere ai suoi occhi. Dinanzi a lui c’era un altro Derek, un Derek amorevole, dolce e il solo vederlo con in braccio una bambina stava riempiendo il suo cuore di così tanta gioia che probabilmente ne sarebbe morto.
«C-cosa significa?» Domandò non riuscendo a staccare lo sguardo da Derek che prendeva per mano il bambino e, tutti e tre insieme, andavano a mettere la sciarpa attorno al pupazzo di neve.

«Questo… » Disse lo Stiles adulto indicando i tre che ridevano e scherzavano insieme, mentre lo Sceriffo restava in disparte a continuare a far foto a tradimento alla famigliola felice. «… è quello a cui tu e quel costipato di Sourwolf siete destinati se solo la smetteste di girarci intorno.»
«V-vuoi dire che Derek… » Stiles non riusciva a crederci. Se voleva una prova che tutto quello non fosse altro che un sogno l’aveva avuta. Perché solo nei suoi sogni Derek Hale poteva mai provare qualcosa per lui.
«Derek ti ha scelto come proprio Compagno. Immagino tu sappia che i lupi sono monogami, vale la stessa cosa per un mannaro. E’ molto raro, non tutti riescono a trovare il loro Compagno, ma a Derek è successo e quel Compagno sei tu.»
«I-io? Ma andiamo non scherzare. Io non posso essere il Compagno di Derek, lui mi odia!» Lo Stiles adulto scosse la testa e il suo sguardo si posò su Derek che continuava a giocare indisturbato con i bambini.
«Non è così, Stiles. Ma credo che tu ormai abbia capito come agisce. Derek si nega la felicità, è convinto di non meritarla, sente di dover espiare una grande colpa. Ti sei mai chiesto Stiles perché tu sei quello che viene sempre trattato peggio? Perché non riesce a controllarsi quando è con te. Il suo lupo ti vuole, ti brama, ma la sua mente razionale vuole starti lontana. E’ come se in lui ci fossero contemporaneamente due personalità e così diventa scorbutico e anche piuttosto stronzo. Ma non ti odia, Stiles, credimi se ti dico che non ti odia.»
Stiles continuava a guardare Derek. Era così felice mentre si metteva sua figlia sulle spalle e iniziavano tutti insieme una lotta a palle di neve.
«Perché mostrarmi tutto questo? Se è ciò a cui siamo destinati perché mostrarmelo visto che succederà comunque.»
«Stiles il futuro non è un libro che apri e puoi leggerne il contenuto. E’ più un libro di pagine bianche che si scrive di volta in volta. Voi siete destinati a questo, ma non sempre avviene. Esistono numerosi universi in cui Derek continuerà a punirsi per quell’incendio e continuerà a negarsi la felicità, altri in cui non fate altro che farvi del male iniziando una relazione unicamente basata sul sesso… non esiste un unico futuro Stiles, il futuro ve lo potete costruire solo ed esclusivamente voi, con ogni singola scelta che compiete ogni giorno. Non in tutti gli universi Derek ha innescato l’incantesimo che ci ha portati qui ora, in alcuni casi è andata bene lo stesso, in altri no. Ti sto mostrando tutto questo Stiles perché tu veda con i tuoi occhi come può essere il vostro futuro. Ma non avverrà con uno schiocco di dita, dovete lavorarci, tutti e due. Sarà una lunga salita, ma… » Lo sguardo di Stiles adulto tornò a posarsi sulla sua famiglia. In quel momento Stiles giovane notò che il lui del futuro era diventato molto più definito, non aveva più quell’aura evanescente attorno.

 

«PAPIIIII! Vieni a giocare!»

 

«… ne varrà la pena, Stiles, credimi ne varrà la pena.»

 

Stiles si girò verso la sua famiglia e corse verso di loro, ma una palla di neve, lanciata a tradimento proprio dal marito, lo colpì dritto in faccia.
«Sourwolf! Giuro che questa me la paghi!» Stiles si inginocchiò e prese una grossissima quantità di neve che cominciò a modellare con le mani.

«Papi come sei buffo!» Scherzò la piccola Talia.
«Vedrai adesso come ve la faccio pagare.» Stiles si preparò a colpire, ma proprio mentre stava per lanciare la palla, Tyler lanciò la sua che lo colpì dritto in faccia e, come nei migliori cartoni animati, la stessa palla di neve che Stiles stava lanciando contro suo marito, finì dritta in faccia a lui.
«Ehi! Ma che modi sono questi di prendersela con il proprio padre umano?»
Derek e i due bambini ridevano a più non posso dell’espressione imbronciata di Stiles.
«Ah si! E stasera andrete tutti a letto senza cena.» Derek si avvicinò al marito, le mani poggiate sulle gambine della figlia.
«Oh coraggio amore, non fare così. Prometto che saprò farmi perdonare.» Il moro si avvicinò al volto del marito e con tenerezza, gli baciò la punta del nasino arrossato.
«Siete fortunati che vi amo immensamente e non riesco ad essere arrabbiato con voi.»

 

Stiles venne abbagliato da una luce immensa e un fastidioso trillo gli assordava le orecchie. Se le tappò con le mani, sperando che quel rumore finisse.
Prima di essere inghiottito dal buio tutto quello che vide fu Derek baciare dolcemente Stiles avvolgendogli un braccio attorno alle spalle, mentre l’altro prendeva per mano Tyler.

 

* * *

 

Intanto a Villa Hale

 

Derek sentì un odore piacevole invadergli le narici e una piacevole sensazione di calore e protezione. Si crogiolò in quel tepore, in quell’odore che gli ricordava così tanto quello del suo ragazzino. Poi, all’improvviso, sentì un urlo… la voce di Stiles.
Derek si destò di colpo, la paura che Stiles fosse in pericolo lo rese vigile e scattante nel giro di pochi secondi. Si guardò attorno, annusando l’aria: l’odore di Stiles era forte, troppo forte. Guardò ciò che aveva fatto cadere quando si era alzato di scatto. Non poteva essere. Si inginocchiò e la prese tra le mani.

Quella era la felpa di Stiles. Che diavolo ci faceva a casa sua?
«Stiles non è più qui.» Al sentire quella voce Derek sfoderò gli artigli e si trasformò nella sua forma Beta. Amava quella voce, la amava profondamente, ma sapeva che non poteva essere vero, che il semplice fatto che la sentisse voleva dire che era in atto un oscuro incantesimo.
Con gli occhi azzurri, le zanne acuminate, Derek si girò verso sua madre, colei che era stata la sua prima Alpha e, sebbene volesse bene a Scott e si fidasse di lui, non provava certo le stesse cose che aveva provato per sua madre come Alpha.
«Che cosa gli hai fatto?» Ringhiò con rabbia. Si aspettava che sua madre, o meglio il mostro che ne avesse preso le sembianze, lo attaccasse, invece si limitò a ridere. Derek si immobilizzò, la risata di sua madre, era una delle cose che più le mancava di lei.
«Oh Derek, sei davvero adorabile. Anche da piccolo, quando trovammo quel cucciolo di cagnolino e lo prendemmo con noi: lo amavi talmente tanto che eri diventato iper protettivo.» Derek lentamente rifoderò gli artigli. Quelle erano informazioni che ovviamente solo sua madre poteva conoscere.
«Mamma?» Domandò incerto. Non voleva essere ingannato un’altra volta, era l’ultima cosa che voleva.
«Si piccolo mio.» Talia Hale spalancò le braccia e Derek si ritrovò improvvisamente un bambino quando vi ci si fiondò dentro e si accucciò per poter restare il più stretto possibile a sua madre, la sua Alpha. Il suo odore era sempre lo stesso: bosco e quegli aromi speziati che tanto gli ricordavano i meravigliosi piatti che cucinava. In quel momento non gli importava nemmeno che fosse un uomo adulto di ventisei anni perché quelle braccia gli erano mancate come l’aria.
«M-ma come è possibile?» Domandò dopo un po’, non riuscendo però a staccarsi dal corpo caldo della madre. Talia accarezzò la guancia del figlio, era così diverso dal bimbo che aveva cresciuto, adesso era un uomo, un uomo bellissimo, ma solo da troppo tempo.
«Sei stato tu.»
«Io?» Chiese interrogativo il lupo e poi ricordò. Ricordò di aver pianto sul Nemeton dopo aver sentito Stiles piangere, ricordò di quella luce che si era sprigionata dal vecchio tronco.
«Derek, ho una cosa da mostrarti e voglio che tu faccia tesoro di ciò che sto per farti vedere.» Disse Talia e prese le mani del figlio tra le proprie.
«C-cosa?» Derek vide che attorno a loro stava cominciando a formarsi una fittissima nebbia, talmente fitta che il lupo non riusciva a sentire nemmeno più gli odori.
«Chiudi gli occhi.»
E Derek ubbidì al suo Alpha e chiuse gli occhi.

 

Derek si gettò sul divano. Era stanco e spossato, erano quasi quarantott’ore che non mangiava e che non si faceva nemmeno una doccia. Tutto il tempo alla ricerca di Stiles. Stiles, che dopo l’incidente dell’ospedale sembrava essere sparito nel nulla. Come era possibile che quel ragazzo fosse così dannatamente abile? Derek avrebbe voluto dire che era tutto merito della volpe che a quanto pareva si era impossessata del suo corpo, ma sapeva bene che non era così. Stiles era intelligente, e molto. Ma sarebbe morto piuttosto che dirglielo in faccia.
Un rumore improvviso lo destò dai suoi pensieri.

Proprio lì, dinanzi a lui… c’era Stiles. Il lupo scattò sull’attenti. Che Stiles aveva davanti? Il ragazzino logorroico o il Nogitsune?
«Derek, sono io… ti giuro che sono io.» Esclamò il ragazzo aprendo le braccia in un chiaro segno di difesa. Il lupo lo osservò attentamente. Sembrava lui, gli occhioni erano spalancati nella loro tipica espressione da cucciolo spaventato, le sue mani si muovevano febbrilmente, cariche di nervosismo. Derek inspirò.
Eccola lì.
La differenza, quell’impercettibile variazione nell’odore.
In un lampo il lupo si gettò sul ragazzo, stringendogli con forza una mano, munita di artigli, al collo e lo schiacciò contro una parete.
«Tu non sei Stiles.» Ruggì e non c’era la più piccola traccia di indecisione in lui. Il ragazzo dinanzi a lui ebbe solo un breve attimo di confusione, lo sguardo confuso venne ben presto sostituito da un ghigno malizioso.

 

«Che cosa significa? Perché mostrarmi questo?» Domandò Derek mentre vedeva se stesso ringhiare contro il Nogitsune.
«Perché quel giorno lo hai finalmente capito.» Disse Talia e Derek tornò a guardare la scena che si svolgeva dinanzi ad i suoi occhi.

Si, quel giorno lo aveva capito… e una parte di lui avrebbe voluto non capirlo mai.

 

«Allora è vero.» Disse solo il Nogitsune, Derek si rifiutava di pensare a quella creatura diabolica come Stiles. Stiles poteva essere la persona più pasticciona e casinista dell’universo intero, ma ogni sua azione era fatta per amore, per affetto verso i suoi amici. Non era stato Stiles a provocare quel disastro all’ospedale, lui cercava di impedirlo.
«Esci subito dal corpo di Stiles!» Ringhiò il lupo stringendo sempre più la presa sul collo del giovane, ma tutto quello che ricevette fu solo l’ennesimo ghigno malizioso.

«Oh perché dovrei uscire, si sta così bene qui dentro. E’ un corpo giovane, una mente brillante ed un adolescente… amo questa sensazione, gli ormoni che si liberano… oh è costantemente arrapato il ragazzino… » Le mani del Nogitsune scesero lascivamente sul petto del mannaro che sentì un brivido lungo la schiena intera. Quelle mani… le voleva risentire su di sè…
«Ti piace non è vero?» Derek sentì le mani di Stiles scendere verso il basso e raggiungere la cerniera dei jeans.
No.
Artigliò con forza le mani della creatura portandole poi contro il muro, ai lati del volto.
Non erano le mani del Nogitsune che lui voleva, erano le mani di Stiles. Quelle mani con dita lunghe e affusolate, nervose che Stiles non faceva altro che muovere. Quelle mani che sarebbero state sicuramente insicure ed impacciate, ma al tempo stesso dolci e premurose.
«Esci dal corpo di Stiles.» Ripetè, parlando vicinissimo al volto del Nogitsune, facendo brillare i suoi occhi di azzurro ghiaccio.
«E se non lo faccio che fai? Sentiamo Derek, se non lascio questo corpicino indifeso, che fai?» Il Nogitsune continuò a guardarlo con aria di sfida, poi, con una forza sorprendentemente, che Derek non si aspettava minimamente dal corpo di Stiles, portò una mano, piena di artigli, di Derek verso il suo petto.
«Coraggio Derek, uccidimi. Scommetto che Chris Argent non si lascerebbe sfuggire un’occasione simile. Stiles non c’è più, ci sono solo io, il Nogitsune. Uccidimi Derek e libererai la città da questo potentissimo spirito.»
Derek continuò a fissare i propri artigli che avevano lacerato la maglietta di Stiles e avevano già cominciato a graffiare quella pelle pallida e delicata.
Sapeva che era giusto. Quando dovevano affrontare il kanima, lui era disposto ad uccidere Jackson, perché era giusto farlo. Lui stava uccidendo tantissime persone. E la stessa cosa stava facendo la creatura che si era impadronita del corpo di Stiles.
Era giusto… ma allora perché i suoi artigli si stavano ritraendo? Perché non riusciva a fargli del male? Perché aveva riconosciuto il suo odore alla perfezione?

 

«Il tuo lupo lo aveva già marchiato. Lo aveva marchiato quel lontano giorno all’ospedale, quando lo prendesti in braccio e lo cullasti fino a farlo addormentare. La tua parte umana, lo ha capito solo in quel momento.»

 

Non poteva perché Stiles era il suo Compagno.
Ritirò del tutto gli artigli, allontanandosi dalla creatura che lo continuava a guardare con quel solito ghigno strafottente. Il suo lupo era inquieto perché voleva cacciare quella creatura, voleva che Stiles stesse bene, non voleva che gli accadesse niente di male.

«Bene bene… guarda un po’ chi ha trovato il suo Compagno.» Con sguardo strafottente il Nogitsune si avvicinò a Derek. Nonostante fosse la faccia di Stiles, nonostante fossero le sue labbra, quel ghigno perfido era orribile. Il volto del ragazzo non era fatto per la malvagità e Derek si ritrovò ad odiare quella creatura come non mai.
Con una mossa rapida, talmente tanto che nemmeno il lupo la vide, Derek si ritrovò con la mano di Stiles letteralmente nel suo addome che gli stritolava gli organi interni.
«Sai Derek perché ho scelto di non impossessarmi della Kitsune? Mhm? Lo sai?» La volpe diede uno strattone al braccio, strappando e lacerando i tessuti interni del lupo che cercavano disperatamente di guarire. Derek sentì il sangue risalirgli dalla gola e lo sputò a terra.
«Noshiko non si sarebbe fatta il minimo scrupolo ad uccidere la sua stessa figlia pur di distruggere me. Ma Stiles… » Di nuovo la volpe storse il braccio, procurando altri danni e altro dolore al lupo. «… oh a lui nessuno oserà torcere un solo capello. Scommetto che adesso cercherai Chris, scommetto che gli starai bene alle calcagna per impedirgli che mi faccia del male. Fallo Derek, proteggi il tuo Compagno, ma tutto quello che stai facendo è proteggere un involucro vuoto.» Con l’ennesimo strattone il Nogitsune ritirò la mano dall’addome di Derek. Il lupo cadde a terra boccheggiando.
«Non lo permetterò… non permetterò che tu faccia del male a Stiles.»

 

Derek guardò il se stesso di un paio di anni prima. Quella fu la prima volta che ammise ad alta voce che non avrebbe mai permesso a niente e nessuno di fare del male al suo ragazzino logorroico.
Vide il Nogitsune sparire e vide se stesso cadere a terra boccheggiante.

«Perché mi hai mostrato proprio questo momento?» Talia si avvicinò a Derek, carezzandogli dolcemente la guancia ruvida. Il lupo non si accorse nemmeno che nel frattempo l’incantesimo si era esaurito ed erano ritornati nel suo loft del presente.
«Perché voglio che tu prenda una decisione diversa piccolo mio. Allora giurasti che Stiles non lo avrebbe mai saputo. Sei persino scappato via da Beacon Hill, ma il tuo lupo non ce l’ha fatta a stare lontano da lui a lungo. Cosa pensi che succederà quando Stiles andrà via al college?»
«E cosa pensi che succederà quando mi renderò ridicolo dinanzi a lui dicendogli che il mio lupo lo ha scelto come unico Compagno di vita?»
«Derek, tu sai cosa succede ad un lupo se ci si allontana dal proprio Compagno, vero?»
Derek abbassò lo sguardo. Certo che lo sapeva. Era il motivo principale che lo aveva spinto a ritornare a Beacon Hill. Quando un mannaro trova il proprio Compagno è per la vita, quando lo lega e la parte umana diventa consapevole del legame, il lupo è fortemente legato al proprio Compagno… in sua assenza, il lupo muore, si lascia morire di stenti perché non riesce a sopportare la lontananza. Ed era ciò che era successo a lui.
In quel momento Derek sentì un’altra presenza nella stanza. Si girò di scatto e… non poteva credere ad i suoi occhi.
Dinanzi a lui c’era Scott, ma non lo Scott di adesso, doveva essere uno Scott del futuro. Questi gli stava porgendo la mano, Derek si volse verso la madre che annuì con il capo. Il lupo prese la mano di Scott e, come prima, si ritrovò avvolto dalla nebbia.
Pochi attimi dopo si ritrovarono dinanzi ad un cimitero. Era freddo e grigio, cupo e triste.
Il gelo però attanagliò Derek quando vide lo Sceriffo Stilinski piangere dinanzi ad una bara, accanto ad un’altra bara, quella che sapeva essere la bara della moglie… ma allora l’altra bara…
«Stiles è morto.» Disse Scott. Nelle sue parole c’era dolore, era chiaro che l’Alpha riuscisse a stento a trattenere le lacrime.
«Tu eri andato via. Dopo la litigata di Natale prima del college sei andato via una mattina e nessuno ti ha più rivisto. Dopo tre anni siamo venuti a sapere della tua morte. Eravamo distrutti, a pezzi, ma nessuno quanto Stiles. Non si è mai più ripreso, nonostante si fosse fidanzato e stesse per sposarsi non era più lo stesso. Poi, pochi giorni fa ha scoperto che il tuo lupo lo aveva scelto come proprio Compagno e che il motivo della tua morte era dovuto alla vostra lontananza. Non ce l’ha più fatta e solo ieri il mio migliore amico si è suicidato.»
Quelle parole furono come un pesante macigno nel petto di Derek. Era come se il cuore fosse diventato improvvisamente fatto di miliardi di spilli che dolorosamente si conficcavano sempre più in profondità ad ogni minimo battito.
«Hai la possibilità di impedire tutto questo.» Scott si girò verso Derek, il suo volto sconvolto dalle lacrime. «Non voglio ritenerti responsabile della sua morte e non voglio accusarti, ma puoi fermarlo Derek, puoi essere felice, lo potete essere entrambi. Tutto quello che devi fare è aprirti. Apriti con Stiles, parlagli. Non permettere che tutto questo accada, Derek… non permetterlo… » La voce di Scott si fece sempre più bassa, ma l’udito del mannaro era colpito dai singhiozzi dello Sceriffo. Ogni singhiozzo era una piccola stilettata nel suo cuore. Poteva sentire lo Sceriffo piangere, Scott, Lydia, Liam persino Theo… tutti piangevano. C’era chi pronunciava il nome di Stiles a mo’ di preghiera, c’era chi piangeva e basta e c’era chi semplicemente fissava una Jeep ormai vuota, ormai senza padrone.
Derek si portò le mani alle orecchie. Non voleva più sentire, non voleva… non poteva…
«Io… io lo amo così tanto… »
Un bagliore fortissimo, una luce e…

 

BOOM BOOM BOOM

 

Derek si svegliò di soprassalto. La felpa di Stiles che cadde a terra.
Era stato tutto un sogno? Forse Stiles aveva dimenticato quella felpa chissà quando e lui l’aveva semplicemente presa.

Doveva per forza essere così.

 

BOOM BOOM BOOM

 

I colpi ripetuti al suo portone lo spinsero ad alzarsi dal divano.
Era sicuramente stato tutto un sogno.

Stava per dirigersi al portone e cacciare via chiunque fosse lo scocciatore di turno che lo stava infastidendo, quando, passando vicino all’albero, notò qualcosa di diverso: il pacchetto che conteneva il regalo di sua madre non c’era più. Il panico lo colse. Che fine aveva fatto. Si inginocchiò sotto l’albero e cercò disperatamente il pacchettino. Ma non c’era più, al suo posto c’era solo un bigliettino e la calligrafia era quella della madre.
Derek lo prese in mano. L’inchiostro era un rosso acceso, quasi luccicante.

 

Piccolo mio,

il regalo era bellissimo, mi dispiace solo averlo potuto aprire così tardi. Lo porterò con me e sarà sempre nel mio cuore, come il cucciolo che me lo ha regalato.
Ora non hai più niente che ti ancori al passato.

Apri la porta e goditi la vita, sii felice cucciolo mio.

La mamma

 

Derek si portò al petto il bigliettino. Non era stato un sogno. Sua madre era davvero stata lì. Baciò il piccolo fogliettino, ringraziando chiunque gli avesse dato la possibilità di vedere sua madre un’ultima volta.

 

«LO SO CHE SEI LÌ DENTRO SOURWOLF! VIENI QUI E APRI QUESTA DANNATA PORTA O GIURO CHE LA SFONDO!»
Derek alzò gli occhi al cielo.

«Come se tu potessi riuscirci, Stiles.» Disse mentre riponeva il bigliettino in uno dei libri poggiati sul suo tavolo.
Andò ad aprire la porta. Trovarsi lì davanti Stiles, dopo quello che aveva visto non fu facile e Derek sentì chiaramente il proprio lupo spingerlo verso di lui, assicurarsi che quello non fosse un sogno, che Stiles fosse vivo e che stesse bene. E, per la prima volta dopo tanti anni, Derek assecondò il proprio lupo. Di getto, abbracciò Stiles, stringendo quel piccolo corpicino freddo.
Stiles sbarrò gli occhi e si gelò sul posto. Probabilmente non si era ancora svegliato e stava sognando ancora di quello strano futuro in cui lui e Derek erano felicemente sposati con prole a carico.
Eppure sembrava reale… soprattutto perché Derek indossava la sua felpa. Gli venne da ridere, gli andava davvero piccola.
«Che hai da ridere?» Derek si staccò dal corpicino di Stiles. Stava bene, solo Stiles era in grado di ridere in un momento come quello.
«Scusa ma… ti sta peggio di quanto non ti stesse quella maglia che ti eri messo quel giorno che a casa mia c’era Danny.» Esclamò il più piccolo indicando la felpa rossa.
Derek sbuffò e lo lasciò entrare in casa. Stiles puzzava di nervosismo e ansia.
«Ascolta io… » Come nelle migliori commedie romantiche, i due avevano cominciato a parlare contemporaneamente.
«Prima tu.» Disse Derek e trovò Stiles assolutamente adorabile mentre si mordicchiava il labbro. Quante volte aveva passato minuti interi solo a fissare quei due perfetti canotti morbidi. Stiles aveva davvero delle bellissime labbra e Derek pensava che baciarlo avrebbe avuto un duplice effetto: non solo sarebbe stato il paradiso, ma avrebbe finalmente trovato anche il modo per farlo tacere!
Stiles alzò lo sguardo e guardò Derek. Aveva pensato a cosa dire per tutto il tragitto fino a Villa Hale. Alla fine era giunto alla conclusione che essere precisi e diretti fosse la cosa migliore da fare.
«E’ vero che sono il tuo Compagno?»
Derek avrebbe voluto mentire, avrebbe voluto allontanare Stiles da sé, da tutto il male che avrebbe molto probabilmente portato nella sua vita, ma il pensiero di ciò che poteva accadere era ancora troppo vivido nei suoi ricordi.
Doveva smetterla di pensare che Stiles potesse essere come Paige o peggio ancora come Kate. Stiles era Stiles: sessantasei chili di pelle chiara e ossa fragili, con la giusta dose di sarcasmo. Era la persona più goffa ed imbranata del pianeta, ma era anche la persona con il cuore più puro che Derek avesse mai visto, ben più di Scott, perché era facile restare retti e onesti quando la vita ti sorride anche nelle avversità. Stiles aveva conosciuto la morte quando era ancora un bambino, ma non aveva permesso a niente e nessuno di oscurare quel suo bellissimo sorriso.
«Si, Stiles. Sei il mio Compagno.» Disse, la voce che gli tremava per l’emozione. Sentì il cuore di Stiles cominciare a battere come una piccola batteria e il suo odore mutare in qualcosa di più piccante come eccitazione.
«Perché non me lo hai mai detto?» Chiese il giovane, avvicinandosi di un passo al lupo, stupendosi del fatto che l’altro non si fosse ritratto.
«Perchè non voglio che tu ti faccia del male, non voglio trascinarti nella mia vita.»
«Derek, nel caso non te ne fossi accorto, nella tua vita ci sono già. E voglio esserci.» Stiles si avvicinò di un altro passo e Derek ancora non si ritrasse.
Il giovane nascondeva qualcosa dietro che il lupo non poteva vedere, ma conoscendo Stiles doveva essere l’ennesima pazzia.
«Stiles, tutte le persona vicino a me si fanno del male.» Disse il moro. Paige era stata solo la prima di una lunga lista e Derek non voleva che quella lista comprendesse anche il nome del suo ragazzino.
«Le persone si fanno male ogni giorno, Derek. Ho perso mia madre quando ero piccolo, ben prima di conoscerti. Ho sofferto molto prima che tu entrassi a far parte della mia vita. Che tu resti o te ne vai, io soffrirò comunque. Perché è la vita, Derek. Ci sono i momenti buoni e i momenti cattivi. Ma se tu resti… » Stiles compì un altro passo, ormai il suo petto sfiorava quello del lupo. Erano vicinissimi e mentre Stiles riusciva a mantenere fisso il suo sguardo in quello del lupo, quest’ultimo alternava rapide occhiate a quegli occhi color whisky con le sue labbra morbide e perfette. «… possiamo farci meno male se stiamo insieme.» Disse e, con una rapida mossa, avvolse le braccia attorno alle spalle del lupo. Il movimento fu rapido e Derek era troppo concentrato a guardare quelle labbra perfette muoversi e non notò cosa Stiles stringeva tra le mani.
«Non voglio che tu ti faccia male, ma non riesco neppure a starti lontano.» Disse il moro stringendo le mani sui fianchi di Stiles, avvicinandolo ulteriormente, facendo aderire i loro petti.
«E allora non farlo.» Derek guardò le labbra di Stiles. Moriva dalla voglia di baciarle, assaporarle, poterne tastare la morbidezza e inebriarsi nel loro dolce sapore.
«Sai… spero proprio che tu non sia un Darach oscuro.» In quel momento Derek alzò lo sguardo e capì cosa Stiles nascondeva: vischio.
«Sei un idiota.» Disse con il sorriso sulle labbra, perché alla fine lui amava Stiles anche per quel suo essere completamente il suo opposto.
«Ma potrei essere il tuo idiota.» Sussurrò Stiles, le gote rosse e gli occhi luminosi e brillanti e Derek pensò di non aver mai visto nulla di più bello.
«Si, sei il mio idiota.» Disse prima di coprire quell’insignificante distanza tra di loro.
Il loro primo bacio fu impacciato e insicuro, ma fu anche passionale e dolce. Le labbra di Stiles erano proprio come Derek le aveva sempre immaginate, morbide, calde e dolci. Si muovevano veloci sulla propria bocca e la lingua non riusciva a stare ferma, Derek sorrise al pensiero che Stiles riuscisse ad essere iperattivo anche mentre baciava.
«Che… ne dici… se… andiamo lo… stesso… mhm… a… casa… mhm… di… mhm...mhm… Lydia…?» Stiles si sentiva felice, come se potesse toccare il cielo con un solo singolo dito. Stava davvero baciando il suo Sourwolf e questi lo stringeva con possesso e dolcezza, inseguendo le sue labbra, bramandole, ogni qual volta che lui si allontanava.

Derek pensò a quello che sua madre aveva scritto nel biglietto.

 

Ora non hai più niente che ti ancori al passato.
Apri la porta e goditi la vita, sii felice cucciolo mio.

 

Ora non doveva più passare il Natale e attendere lo scoccare della mezzanotte nella speranza che qualcuno entrasse e aprisse quel regalo. Quel regalo era stato aperto e anche se la ferita sarebbe sempre rimasta lì, a prudere e a dar fastidio di tanto in tanto, si era rimarginata e ormai Derek stringeva tra le braccia la migliore pomata lenitiva di sempre.
Guardò Stiles dritto negli occhi, le lucine dell’albero di natale sembravano accendere una miriade di stelle colorate nell’ambra dei suoi occhi.

«Va bene.» Disse solo e il sorriso con cui il ragazzino lo ripagò fu la prima vera cosa bella che gli accadeva da anni.
«Che bello!» In uno slancio di gioia Stiles tornò a baciare Derek, rischiando di far cadere entrambi a causa della sua foga.
«Adesso… mhm… chiamo Lydia… le dico… mhm… che andiamo… oddio… mhm… che bello… io e il Sourwolf insieme… il nostro primo.. mhm… Natale… » Derek si staccò dalle labbra del più piccolo e lo spinse giocosamente sul divano.
«Ok avevo torto.» Disse e quelle parole terrorizzarono Stiles: che ci avesse già ripensato?
Derek lo lasciò bollire nel suo brodo per poco, perché subito si gettò su di lui stringendolo e ricominciando a baciarlo con foga.
«Pensavo che baciarti fosse un buon modo per farti stare zitto, evidentemente sbagliavo.» Stiles scoppiò a ridere e Derek pensò di non essere mai stato più felice di così. Accarezzò la guancia morbida di Stiles, tornando a specchiarsi nei suoi bellissimi occhi. Il suo lupo finalmente quieto che sembrava fare le fusa nel sentire il tocco del suo Compagno su di sé.
«Buon Natale, Der.»
«Buon Natale Stiles.»

 

Lassù… in alto in alto, Talia stringeva al petto il regalo di Derek, il piccolo quadretto incorniciato con una foto di lei, sottoforma di lupo, che vegliava sul sonno dei suoi tre cuccioli addormentati.
«Buon Natale, piccolo mio.»
















Quattro chiacchiere al "Drago Verde"
Eccomi qui, mentre voi tutti sarete impegnati a fare un bellissimo alberello di natale, io sono rotornata anche in questo fandom con questa cosina-ina-ina che spero davvero vi sia piaciuta. Oddio questa è una data da ricordare, non scrivevo una storia VERDE da.... ANNI. Wao, non come sia riuscita a trattenermi ahahah
Btw spero davvero che vi sia piaciuta e di aver portato un po' di spirito natalizio nelle vostre casine
;)
Ringrazio la mia sorellona per avermi fatto questo bellissimo banner (anche se un pochino scuro per i miei gusti colorati), la mia carissima beta OmbraSmagliante che nonostante i suoi millemila impegni è riuscita a correggermi la storia in tempo <3
Ringrazio ogni singolo lettore che deciderà di passare per qui, anche se per puro caso, grazie mille e spero vogliate lasciarmi un regalino e farmisapere che ve ne pare ;)
Spero di tornare quanto prima in questo fandom con altre storie, si spera prima o poi di avere il tempo e mettermi al lavoro sulle long iniziate ;)
Un bacio e mi raccomando fate tanti alberelli belli e colorati ;)

Pagina d'autore: AmonAmarth - EFP
Profilo twitter: AmonAmarth08

 






























 
   
 
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