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Autore: Rota    10/12/2017    0 recensioni
Come primo atto, io sentii la voce di lei - ovattata, al di là dell’acqua e della barriera a doppio strato entro cui il mio corpo galleggiava. Quella colonna cilindrica, quella piscina di reflussi a neutroni liberi fu come il ventre materno che mi diede al mondo.
-Oh, guarda Kuro-chan! Guarda!
Poi un rumore sordo, che all’epoca non avrei mai saputo definire. Quel bambino si era sporto e aveva schiacciato mani e viso contro il vetro che ci divideva.
Aprii gli occhi di scatto e lui arretrò spaventato, seguito dalle risa di quella donna.
-Hai visto? Si è svegliato! Si è svegliato, Kuro-chan!

[Shu!Centric - Lievissimissimo KuroShu]
Questa storia partecipa allo "Sci-Fi Fest” a cura di Torre di Carta e Fanwriter.it!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shu Itsuki, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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*Numero Parole: 860
*Prompt 7: “Prima Legge: Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’umanità riceva danno.” (Isaac Asimov)




 

-Sei stato tu a ucciderlo, Itsuki Shu.
Così lui ha detto, di fronte a una platea che i miei sensi hanno trovato indefinita, immensa, surreale. Ero stato portato, come un essere umano qualsiasi, come uno di quelli la cui anima macchiata dalla colpa e dal delitto venivano individuati dagli Occhi di Natsume e quindi condannati alla Corte di Giudizio. Ma non giudici normali mi hanno guardato, non giudici normali hanno imposto il loro verdetto su di me.
Perché, d’altronde, io davvero umano non sono: nessuno mi avrebbe dato un privilegio tanto alto.
Una commissione straordinaria ha preso in esame le colpe delle Cinque Grandi Macchine. Tre uomini e lui, Eichi Tenshouin - dietro, gli schermi di un televisore che ha ripreso tutto in diretta, in modo che tutti i cittadini della Capitale potessero vedere la disumanità della mia inespressività.
Non sono mai stato umano, non lo sarei mai diventato. Neppure di fronte a una condanna a morte, o a quello che per loro era il semplice premere un interruttore che avrebbe cancellato qualsiasi dato registrato dal mio Intelletto.
Uno di quei quattro disse che avrebbe buttato le mie vecchie ferraglie, così le ha definite con disprezzo, nella Discarica, per nutrire la Fornace con qualcosa di vagamente più pregiato di tutto il ferro arrugginito che doveva ingoiare ogni giorno.
Ma le loro parole non mi avrebbero scalfito, non avrebbero fatto alcuna impressione alla mia sensibilità, perché io non sapevo ancora di essere nel torto.
Gli esseri umani muoiono, molti oltrepassano la linea sottile che li tiene legati alla vita, e così era toccato anche a Nito Nazuna.
Quando però lui ha rilevato davanti a me la mia responsabilità, in questo processo, allora qualcosa in me è scattato, molto più che una valanga di pensieri: concatenazione di azione e conseguenza.
Io ero- anzi no, io sono responsabile della morte di Nito? L’ho ucciso io?
Anche solo il dubbio divora parti del mio cervello, perché se la risposta è affermativa, sarei andato contro la mia stessa natura senza neppure accorgermene. Hanno dibattuto a lungo, li ho sentiti chiaramente, se il fatto che la mia psiche abbia tenuto nascosto questa mia grave colpa fosse una cosa positiva o fosse una cosa negativa; il fatto che abbiano deciso di condannarmi, in ultima analisi, fa chiaramente intendere quale sia stato l’esito della discussione.
Ma al di là di ogni argomentazione legittima che questa mia esistenza e queste mie azioni hanno scatenato in loro, rimane un semplice fatto.
Il mio continuo domandarmi se davvero ho ucciso io Nito Nazuna, se ho permesso io che proprio sotto le mie mani, nel mio pieno controllo, la sua vita abbia cessato di esistere non per sua volontà, ma per la mia.
Sono giorni chiuso in questa prigione nera, e sono giorni che la mia anima si dilania su questi pensieri. Non ho mai sentito dolore così fisico come adesso, non ho mai provato un’agonia simile a quella di un essere vivente come in queste lunghissime ore.
Non provo timore per la morte che mi attende: sarà, dicono, una persona che ha lavorato spesso con me a spegnermi, di fronte ai giudici e a quella stessa platea impietosa che quel giorno mi ha visto e ha applaudito alle parole di condanna.
So che Mademoiselle è stata distrutta, Kagehira costretto a introdurre pezzi biologici per non venire soppresso - lo avrei costretto io a farlo, se solo avessi avuto ancora la possibilità di parlargli.
Piccolo, stupido, inutile robot. Avrebbe dovuto disfarsi della lealtà e dell’onore molto prima che io stesso macchiassi anche lui della mia stessa colpa. Cosa resterà ora di tutti quei suoi schiocchi sentimenti nei miei confronti? Non altro che dolore, ancora e ancora.
Eichi Tenshouin ha forse ragione, dopotutto. Lo posso dire, ora che sono completamente solo e nessuno può vedermi, mentre alzo le mani e apro il mio cranio.
Se fossi stato almeno la metà sicuro e arrogante di quello che sono, mai avrei promesso a Nito una cura che evidentemente mi era impossibile dargli. Avevo detto io stesso, prima che entrasse in sala operatoria, che gli rimaneva ben poco tempo da vivere.
Ma come ogni pretendente divinità, il vero folle ero io, non chi non credeva nella rivoluzione contenuta nella mia arte. Io non posso nè ho mai potuto fare nulla per salvare questa umanità: ho solo arrecato dolore e una più lunga pena fisica, con la mia medicina e con la mia pazza ideologia della vita eterna.
Eichi Tenshouin ha ragione.
Ho ucciso io Nito Nazuna.
Ma prima di attendere ancora, prima che siano gli altri ad avere il privilegio di spegnermi e a decretare la mia morte, o lo sia la Legge stessa che mi compone nell’intimo - ecco, basta premere qui, e in dieci secondi Shu Itsuki non esisterà più.
Addio dunque. Addio a tutti.
Kagehira, Nito, fratelli miei.
Addio anche a te, Kuro Kiryuu. Avevi ragione anche tu, come sempre mi avevi rivolto parole di verità, non hai fatto altro che tutta la vita, persino quando mi parlavi così scioccamente di amore e di sentimenti.
Addio anche a te, mio bellissimo e meraviglioso Umano.










Note autrice: Salve a tutti, sono Rota e ci terrei a fare alcune piccole precisazioni in vista della fine di questo capitolo - che, rivelo, è il penultimo della raccolta.
Innanzitutto, ci tengo a precisare una cosa, che forse viene spiegata meglio nella long che ho scritto sempre per questa serie ma è meglio ribadire. A me, a Rota, Eichi piace; lo trovo un personaggio controverso, ma non un vero e proprio "malvagio", non un vero e proprio "cattivo". A Shu no, Eichi non piace manco per sbaglio. Rendere il mio pensiero dal suo punto di vista mi è stato problematico, ovviamente, e spero davvero di aver reso la differenza tra la ""malvagità assoluta"" che io in quanto scrittrice non gli attribuisco e la malvagità relativa che invece gli attribuisce Shu.
​Seconda cosa. Ho lasciato diversi buchi di trama in questa raccolta e anche nella long che la precede/la segue, volutamente. Questo perché a conclusione del progetto è mia intenzione scrivere una OneShot Kuro!Centric, che sarà incentrata in modo particolare sulla relazione tra Kuro e Shu, lasciata volutamente molto accennata in queste altre due fic. Spero leggerete anche quella, quando arriverà (L)

   
 
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