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Autore: Kseniya    10/12/2017    3 recensioni
Indugiai nell'illusione autoindotta che sarei potuto essere chiunque ed ovunque, ma il cuore gridò il suo disappunto. Chiunque ed ovunque non sarebbe stato abbastanza. Perché io, più che mai, desiderai di essere accanto a Julia. Con lei ed insieme a lei. Il panico si diffuse in me come uno spiffero d'aria gelida. Cominciai a lottare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Julia Fernandez, Yuri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La

Percezione

della

Mente

 

Non è niente, passerà. Tu sei forte e questo è niente.”
Queste furono le parole pronunciate da Boris, la cui voce era incrinata.
Non potevo vederlo, ma potevo sentirlo. Ed incredibilmente il suo viso si era messo in luce tra i miei pensieri: ora riuscivo a distinguere chiaramente nella mia mente i suoi grandi occhi verdi, i suoi lineamenti marcati che componevano quel suo viso costantemente contratto in un broncio – talvolta illuminato solamente da quel suo consueto sorriso beffardo. Lo stesso sorriso che, volente o nolente, mi era ritrovato ad invidiare. Perché attraverso esso sembrava dire: io sono ancora qua e sorrido, malgrado tutto.
Sentivo la sua presenza accanto al mio corpo inerme e costretto ad un letto d'ospedale. Percepivo la sua tensione, il timore di perdermi costringerlo ad un baratro oscuro. La paura di precipitare, senza di me, nell'eterno buio privo di salvezza. Ed io, per contro, avrei volutoabbracciarlo, dirgli che andava tutto bene. Io sarei rimasto con lui, per sempre. Come promesso. Ma il mio corpo me lo impediva, non rispondeva ai miei ordini ed intuii, inevitabilmente, di non esserne più padrone. Ero oramai divenuto prigioniero della mia mente, lontano dal mondo esterno.
Potevo solo ascoltare, come chiuso in una bolla di sapone. Potevo solo avvertire la sofferenza delle persone a me più care nel vedere il mio corpo disteso sul letto, senza reagire, senza poter dire nulla.
E solo in quel momento compresi di come il cuore muoia lentamente, accusando tutti i colpi che gli vengono inflitti brutalmente attraverso la paura, la disperazione e la tristezza. Di come esso combatta sino all'ultimo respiro, rendendoci più bello ogni secondo di vita, per poi spegnersi, affranto e distrutto.


Boris si destò dal proprio letto, sfilandosi l'ago della flebo sotto lo sguardo contrariato del compagno di stanza. Lo ignorò, infilandosi le ciabatte ai piedi ed avvicinandosi al lavandino presente in quella piccola camera d'ospedale: non aveva un aspetto così terribile dai tempi del Monastero, ritrovandosi ad odiare quelle lunghe ed evidenti occhiaie violacee che gli infossavano gli occhi. Le labbra screpolate, sintomo di disidratazione, e il volto più pallido del solito.
«Ti reggi a malapena in piedi...» gli fece notare Sergey, disteso nel letto affianco al suo. «Devi riposare.»
Boris provò a sorridergli, ma un capogiro lo costrinse ad appoggiarsi saldamente al lavandino per evitare di sbilanciarsi sul pavimento. Osservò lungo le sue braccia, vedendole tremare a causa della debolezza fisica. A stento riusciva a riconoscersi. Era sempre stato quello forte, ritrovarsi in quelle condizioni pessime fece accrescere in lui una rabbia distruttiva. La sentì ribollirgli nel sangue, prendere sopravvento del suo corpo. Distrutto nell'orgoglio, l'ego a pezzi.
«Boris, dico sul serio.»
Si voltò, annegando nella limpidezza degli occhi di Sergey. Lo guardavano severi, ma in essi si celava anche la preoccupazione di perdere un'altra persona a lui cara. Boris la riconobbe ed una punta di gelo gli s'insinuò in petto.
«Non guardarmi così.» rispose, secco e duro. «Non è morto
«E' in coma.»
«Appunto.»
Sergey, per un attimo, distolse lo sguardo da quello dell'amico, non riuscendo più a sostenerlo. La gola divenne improvvisamente secca.
Respirò a fondo, per poi ammettere: «Non sappiamo come sarà dopo.»
Gli occhi di Boris si dilatarono come se avesse ricevuto una pugnalata, trasmettendo quanto lo avessero sconcertato quelle parole. Era la verità, lo sapeva. Ma sentirselo dire, dando margine alle sue paure più intime, lo fece sentire male.
Avrebbe voluto rispondergli a tono, gridargli contro tutta la frustrazione che, lentamente, lo stava logorando, ma gli mancarono le forze. Si limitò a rimanere fermo dov'era, con le mani e le gambe tremolanti e lo sguardo perso nel vuoto.
Barcollando, oltrepassò la porta della camera e si addentrò nel lungo corridoio dell'ospedale. Il personale sanitario camminava avanti ed indietro, chi spingendo barelle con sopra pazienti e chi, invece, discutendo dinanzi ad una cartella clinica. Tutto sottovoce, senza disturbare. Inspiegabilmente quell'ambiente lo irritò.
Quando si trovò davanti all'ascensore, premette il tasto apposito ed attese. Le porte si aprirono e all'interno non vi era nessuno. Perfetto.Prima di vedere Yuri, voleva stare un po' da solo.
I ricordi nella sua mente erano caotici, sbiaditi dalla confusione e dalle emozioni. Non rimembrava quanto fosse accaduto con precisione, perché al momento del duello di Yuri contro Garland era incosciente. Sforzandosi, ripercorse attraverso la memoria l'eco emesso dalle sirene dell'ambulanza con la quale erano stati trasportati in ospedale. Il macchinario della tac. I camici bianchi dei medici. Il battito del cuore accelerato che gli fece pulsare le tempie dolorosamente. Il ronzio insopportabile nelle orecchie. La voce di Yuri lamentare un male mai provato prima.
E poi buio. Tutto scomparve, tutto tacque. Un lungo silenzio angosciante.
Lui disteso a letto, risvegliatosi da un lungo e confuso sonno... di fronte, Julia. Il verde bellissimo dei suoi occhi sfumato dietro un velo di lacrime.
«Boris...» soffiò, flebilmente. «E' in coma. Yuri è in coma.»
E nell'udire quelle parole, il mondo gli era caduto addosso con tutto il suo insopportabile peso. Aveva provato a trattenersi, ma alla fine si era liberato in un urlo di rabbia e dolore. Julia, a quel punto, lo aveva stretto a sé, piangendo con il viso premuto sulla sua spalla. Cercando conforto in lui, nel disperato tentativo di fargli forza al contempo. Tutto invano. Quel sentimento negativo non aveva dato segni di volersene andare. Non così, non subito.
Scampanellio. Le porte dell'ascensore si aprirono e Boris uscì all'esterno, ritrovandosi nel reparto di terapia intensiva. La stanza dove era ricoverato Yuri era poco più avanti. Il cuore gli salì in gola, i passi divennero incerti. Ma alla fine giunse.
Fermo ed immobile in quel letto bianco. La maschera dell'ossigeno, l'elettrocardiogramma che risuonò regolare al ritmo del suo battito cardiaco.
«Yuri.» pronunciò in un sussurro, nella remota speranza che lui, in un modo o nell'altro, avesse potuto sentirlo. «Non è niente, passerà. Tu sei forte e questo è niente.»
Si sedette al suo fianco prendendogli una mano: era gelida.
Angoscia e paura si mescolarono. Fu scosso da un fremito. Per scrupolo, rigettò uno sguardo repentino al monitor appeso alla parete. Era tutto regolare, niente di cui preoccuparsi.
Eppure...
«Vedi di risvegliarti presto. Non costringermi a prenderti a calci nel culo.»
Ovviamente nessuna risposta.
Studiò il suo volto, sembrava tranquillo e beato. Lontano da quel mondo crudele e da sempre così distante, come insensibile alle angherie da loro sopportate e subite.
Chiuse gli occhi, trattenne il respiro. Si impose di stare calmo, di domare la guerra interiore che stava avvenendo dentro lui.
«Ovunque tu sia, ricordati che io sono qui ad aspettarti.»


Boris! Boris!
Avrei voluto chiamarlo, gridare a squarciagola il suo nome... ma non avevo voce.
Allora provai a muovere anche solo un dito in sua direzione. Dovetti fare uno sforzo inimmaginabile che non servì a niente.
Era straziante, orribile.
Lui era lì per me, lo sentivo. Ed io non potevo fare niente.
Poi un confortevole tepore mi avvolse un polso, scendendo successivamente tra le dita. Intuii che mi stava stringendo una mano. Avrei voluto ricambiare la presa.
Lo avrei voluto tanto.


Un rumore di passi, seppur lieve, risvegliò Boris dall'assopimento.
Alzò la testa, incontrando il viso contratto in una smorfia sofferente di Julia.
«Ciao.» la salutò, rimanendo impassibile.
Julia, al contrario, si sforzò di sorridergli: «Dovresti riposare. Ci sono io con lui.»
«Voglio esserci anch'io.»
Lei annuì comprensiva, prendendo una sedia e posizionandola dall'altra parte del letto. Posò un delicato bacio sulla fronte di Yuri, sussurrandogli parole dolci all'orecchio ed accarezzandogli i capelli. Una lacrima le rigò una guancia, per poi scivolare sul volto del russo.


Una lacrima.
La riconobbi subito attraverso i tocchi delicati delle sue mani e la sua voce calda, capace di scioglierti in una pace interiore che solo lei sapeva suscitare.
Julia era lì, insieme a Boris. E stavano soffrendo a causa mia.
Quando ti risveglierai, torneremo insieme in Russia. Ho riflettuto molto e ho deciso che voglio venire con te, perché voglio vivere, crescere ed invecchiare insieme a te.”
Mi dimenai nel vuoto in cui mi ritrovai a precipitare, senza mai toccare il fondo.
Una sensazione di vuoto mi attanagliò lo stomaco. Ero solo contro la mia mente.


«E magari un giorno ci sposeremo, avremo dei figli...» continuò Julia, scossa dal pianto che non era più riuscita a trattenere. «Saranno belli come te, lo so.»
Appoggiò la fronte a quella di Yuri. «Ti prego, torna da me.»



Indugiai nell'illusione autoindotta che sarei potuto essere chiunque ed ovunque, ma il cuore gridò il suo disappunto. Chiunque ed ovunque non sarebbe stato abbastanza. Perché io, più che mai, desiderai di essere accanto a Julia. Con lei ed insieme a lei.
Il panico si diffuse in me come uno spiffero d'aria gelida. Cominciai a lottare.


Un suono monotono e piatto. L'elettrocardiogramma innescò l'allarme.
Il cuore di Yuri smise di battere. Julia si sentì schiacciare da una morsa agghiacciante, il respiro le si spezzò. Boris balzò in piedi, terrorizzato. Le gambe tremarono, come divenute incapaci di reggere il peso del suo corpo. La vista si annebbiò.
Un medico, seguito da un gruppo di infermieri, entrarono velocemente nella stanza, invitando i due ad allontanarsi dal letto. Julia si rifiutò e Boris dovette trascinarla in disparte con sé, stringendola in un abbraccio. Iniziarono le manovre di rianimazione: trenta compressioni, due insufflazioni. Gli scoprirono il petto, applicando le piastre del defibrillatore.

 

Uno, due, tre...
Avvertii una luce accecante dietro le palpebre ed il peso di due mani forti premermi sul petto. Più volte, costantemente. Le braccia e le gambe mi fecero male, di colpo, ma ne gioii; stavo recuperando la sensibilità del mio corpo. Stavo tornando a vivere.
Ed era quello che volevo.

 

Ventuno, ventidue, ventitré...
Cercai di resistere, di tornare ad essere me stesso. La mia attenzione fu catturata dal sensore che avevo al dito: era divenuto pesante. Ora potevo accorgermi di quello che avevo addosso. Mi vennero i brividi. E poi, finalmente, la luce.

 

Yuri riaprì gli occhi, emettendo un piccolo urlo soffocato. Tossì mentre il dottore gli spostò la mascherina dell'ossigeno dal viso, spronandolo a respirare. Le sue mani strinsero convulsamente il lenzuolo, mentre lo sguardo saettò in ogni angolo della stanza alla ricerca di quanto più caro avesse al mondo. E quando lo trovò, perdendosi negli sguardi increduli e felici al tempo di stesso di Boris e Julia, sentì le labbra distendersi in un sorriso.



NdA: Prima di tutto, vorrei avvisarvi che sono sempre io: Pich Shrooms. Ho deciso di cambiare nickname, perché avevo bisogno di qualcosa di nuovo che riuscisse a rappresentare la persona che sento di essere in questo momento. Spero di non avervi creato trambusto in tutto questo, io stessa devo ancora abituarmici XD.
Detto questo, passo a spiegarvi come è nata l'idea di questa OS (da quant'è che non ne scrivevo una? Anni o_O?): io e Red (precisamente Red_Amortentia) stavamo sproloquiando – come a nostro solito – sui NeoBorg, in particolare su che fine avessero fatto Boris e Sergey mentre Yuri si ritrovava beatamente ricoverato in ospedale. Dall'anime si evince che fossero spariti nel mondo, così è subentrata l'ispirazione. In particolare dopo aver letto questa frase scritta sempre da Red: “Si presume fossero anche loro all'ospedale.”
… ed ecco lì il fulmine a ciel sereno *-*! Oserei dire, pertanto, che è tutto merito suo XD! Quindi, per favore, diciamo grazie a Red u_ù (ndTuttiInCoro: graaaazie Red)
Bene, spero che questa piccola improvvisata possa essere di vostro gradimento :D.
Un ringraziamento speciale a tutti coloro che decideranno di dedicarmi un po' del loro tempo leggendo e lasciando un piccolo commento.
Grazie!
Un abbraccio,
Pich ora Kseniya.

   
 
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