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Autore: Sameko    12/12/2017    1 recensioni
[Villainous]
Quando Flug era stato assunto come scienziato personale di Black Hat, certo non si aspettava di poter cadere vittima di un grosso malinteso, uno che nel mondo dei cattivi non è semplice sbrogliare, non quando credi ci sia la tua stessa vita in ballo… e, a maggior ragione, se sei uno scienziato paranoico in disperata ricerca di approvazione ed il tuo capo è un mostro lovecraftiano con una gamma di emozioni davvero ristretta.
|Paperhat|Black Hat x Dottor Flug
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Two: Over the Walls
 
 



« Siediti. »
Flug trattenne il respiro per un lungo ed estenuante secondo quando udì quel comando interrompere il silenzio con cui era stato accompagnato – scortato – nell'ufficio del suo capo. Strizzò le palpebre, deglutendo quanto più quietamente possibile e forzando le sue ginocchia a collaborare. Il risultato fu che si sedette sulla poltrona che solitamente spettava ai clienti con la rigidità propria di un androide, incapace anche solo di abbandonarsi alla morbidezza dello schienale.
Si voltò con un mezzo scatto a controllare i movimenti del suo superiore, di cui aveva appena udito il distinto frusciare delle vesti: Black Hat gli stava dando momentaneamente le spalle mentre si sfilava il proprio cappotto e si accingeva a lisciare le poche grinze che ne percorrevano il tessuto, i suoi movimenti misurati fin quasi a risultare snervanti.
Flug studiò incerto quel comportamento tanto posato e che stonava incredibilmente coi mille, angoscianti scenari che la sua mente aveva partorito su quel tetto e, ancor prima, nell’arco delle settimane precedenti.
Una piccola rotazione del collo del demone, il colletto della camicia frusciò contro la sua pelle cinerea rumoroso come un urlo, e Flug si ritrovò così a fissare la pupilla con cui Black Hat aveva preso a puntarlo.
Il cuore gli sobbalzò pesantemente nel petto e si girò tremando, stringendosi le mani tra le cosce con la testa incassata tra le spalle. Non poteva osservare il suo capo in quel modo e ovviamente pensare di non poter essere colto in flagrante. Era quasi impossibile attaccare alle spalle Black Hat, in tanti ci avevano provato ed altrettanti erano finiti sotto metri di terra, tra eroi e persone di scienza che l'Eldritch aveva assunto prima di lui – ed il medesimo discorso poteva essere applicato anche ad occhiate furtive, neanche quelle sarebbero rimaste inosservate quando si trattava di Black Hat.
Un ultimo frusciare e i passi cliccati del suo superiore tornarono ad essere l’unico suono che faceva da padrone nel locale.
Flug si mantenne rigidamente seduto su quella poltrona, tenendo sotto silenziosa osservazione i movimenti del suo capo finché quest’ultimo non si sistemò sull'altra poltrona disponibile, le braccia conserte e la gamba sinistra sofisticatamente accavallata sulla destra.
Flug restò interdetto da quell'atteggiamento, ancora prima che il suo capo aprisse bocca.
« Cosa è successo, dottore? »
Lo scienziato deglutì, trovando un fastidioso groppo in gola a rendergli impraticabile quell'azione tanto basilare. Strinse un poco di più le mani tra le gambe, a disagio sotto l'intenso sguardo del suo capo.
« Dottore, ti ho fatto una domanda. »
« N-non... pr-prolunghi la c-cosa... » Fu a stento in grado di balbettare.
Black Hat alzò lievemente un sopracciglio.
« Come? »
Flug strinse le palpebre.
« L-la p-prego, n-non mi t-trascini in qu-questo f-falso senso d-di t-tra-tranquillità... » Bisbigliò con maggior forza, la sua ultima dose di coraggio spesa tutta per esternare quella richiesta disperata. « S-sia ve-veloce... »
Grosse lacrime scivolarono da sotto i suoi occhialoni, inzuppando il sacchetto ormai bagnato. Veloce e indolore, veloce e i-indolore... solo questo chiedeva, solamente q-questo
« Di che diavolo stai parlando, Flug? » Fu la risposta di Black Hat, risposta che fece saltare i nervi già a pezzi ed oppressi dalla paura del povero scienziato.
« M-me lo merito, n-no? Mi meriterò di avere una morte dignitosa dopo anni di servizio! » Gridò con voce spezzata, il suo corpo fremente di nera indignazione. « O-oppure non contano nemmeno quelli per voi?! »
Era ormai un pasticcio tremante di lacrime, il suo cuore non aveva mai battuto ad un ritmo tanto disarmonizzato, nemmeno nell’aereo che lo aveva portato a sfondare il tetto della dimora di Black Hat e a fare il suo primo incontro con l’essere soprannaturale che sarebbe divenuto il suo nuovo datore di lavoro. Nelle orecchie sentiva solo un palpitare assordante e il disgusto poteva quasi assaporarlo in bocca ed usarlo per nutrire quell’improvviso e audace scatto di rabbia.
L’Eldritch lo fissò per un istante come se gli fosse magicamente apparso un folletto sulla spalla.
« Ferma un attimo, Flug- »
Lo scienziato non ritenne certo di doversi fermare.
« Per c-cosa? Per sentirmi dire quanto inutile sono stato anche poco prima di-- »
« FAI SILENZIO! »
Flug squittì miseramente udendo la voce del suo superiore perforargli le orecchie, rombargli dentro fino a stritolargli il cuore. Si zittì e si rannicchiò tremante come una foglia contro lo schienale, alzando le braccia per coprirsi il viso ed il petto ansante.
L'aura di agghiacciante potere che aveva stretto in viticci l'aria si ritirò quasi subito, lasciando al suo passaggio una fumosità appena percettibile. Black Hat era incline ad emettere quell'aura quando la sua forma terrena minacciava di dissolversi sotto l'impennarsi delle sue emozioni; Flug non aveva mai compreso in quale misura il suo capo fosse consapevole della cosa, ma certo era che lui poteva ormai ben percepire il sopraggiungere ed il retrocedere di quel potere dopo esservi stato esposto dozzine di volte. Rimase comunque raccolto su sé stesso, abbracciandosi il torace con una forza ormai sfasata dai continui picchi di terrore che stava vivendo.
« Flug... » Una pausa, come se il demone avesse voluto indugiare per qualche istante nella pronuncia del suo nome. « Non dirmi che mi hai preso in parola prima. »
Lo scienziato, suo malgrado, non si rilassò nel risentire quel tono relativamente posato.
« A-adesso, o f-fra due settimane n-non fa differenza... non ce la faccio più ad aspettare. » Mormorò, con voce flebile. Alzò esitando lo sguardo, a guardare il suo superiore in volto, come a voler smuovere in quell'essere un'umanità che sapeva non poteva esserci. « Lo faccia ora, lo faccia veloce, e non le sporcherò nemmeno la tappezzeria. »
Black Hat restò in silenzio dopo quella sua replica, come se stesse contemplando ciò che lui aveva detto, come se stesse valutando la posizione raccolta che aveva assunto in seguito a quella sfuriata.
Al termine di quell'ispezione, un'espressione di intensa serietà sostituì il cipiglio illeggibile dell'Eldritch.
« Mettiamo in chiaro due cose: uno, non ti ucciderò ora. Due, non ti ucciderò nemmeno fra due settimane, un mese, o qualunque lasso di tempo tu reputi ottimale. Adesso... » Il demone si interruppe, giusto per il tempo necessario a sciogliere l’intreccio delle proprie gambe ed inclinarsi leggermente verso di lui, le mani poggiate sulle cosce. « Ti consiglio caldamente di cominciare a spiegare, perché la mia pazienza ha un limite, e tu ne stai abusando fin troppo, Flug. »
Ma Flug si ritrovò privato delle parole per esaudire la richiesta che – sentiva – Black Hat gli aveva posto con una calma che un solo passo falso avrebbe potuto stracciare, visto quanto fragile come cartapesta ebbe la sensazione che fosse. Ciò che Black Hat gli aveva detto aveva poco senso nella sua mente già provata, e ogni senso che poteva assumere era legato a motivi di crudeltà e manipolazione emotiva. Non riusciva a credergli, non ci riusciva, non quando conosceva fin troppo bene la cattiva fama che circondava il suo principale. Ma perché non farla finita lì, perché continuare a mantenere intatta quella recita quando Flug la aveva già esposta e messa alla luce? Non era tipico del suo capo un simile atteggiamento e lo scienziato non fu in grado di arrovellarsi troppo intorno a quella riflessione, non con la distinta sensazione che i nervi del suo corpo stessero pizzicando sotto la sua pelle, come se fossero appena stati tirati fin quasi al loro punto di rottura ( che non era uno scenario tanto diverso da ciò che stava ora accadendo a tutto il suo essere, non ad una parte circoscritta ).
Deglutì Flug, la sua gola troppo secca e ancora stretta da quel groppo fastidioso, ma comunque in grado di operare come doveva.
« V-vorrei solo capire qual è il vostro gioco... » Era stato tutto ciò che, stancamente sconfitto, era riuscito a mormorare.
Black Hat rilasciò un sospiro visibilmente spazientito, che si consumò nell'aria con un accennato ringhiare a renderlo più rauco.
« Flug, dannazione, fa funzionare quell'ammasso di carne che hai dentro la testa! Se ti avessi voluto morto saresti già in una delle camere di tortura, o qui sul pavimento a contorcerti nel tuo sangue! » Lo scienziato si rattrappì tremolando, cercando di cacciare via le immagini orrende che gli avevano attraversato la mente mentre Black Hat parlava. Il suo capo parve abbassare un poco il tiro nel momento in cui riprese da dove si era interrotto. « Perché sei così fissato con questa idea? »
Flug si prese due secondi per ristabilizzare il suo respiro prima di rispondere.
« P-perché... v-voi... signore, non mi volete uccidere? »
« No, per l'ennesima volta. » Replicò Black Hat, come se fosse sull'orlo di una crisi di nervi. Il suono dell'interfono riempì di punto in bianco l'ufficio e l'Eldritch emise un altrettanto udibile ringhio mentre faceva per alzarsi e ricevere la chiamata dall’apparecchio sulla sua scrivania. « Ughhrr, e adesso cosa c'è? »
Flug rimase immobile sulla poltrona, così momentaneamente confuso da non badare nemmeno alla reazione innervosita del suo capo.
« Demencia, riferisci in fretta. » Brontolò burberamente il demone.
« Capo, un cliente sta attendendo all'ingresso per incontrarvi. Dice di avere un appuntamento. »
Un basso ringhio, seguito da una probabile sequela di maledizioni a giudicare dal tono con cui erano state pronunciate, gli rese ulteriormente noto il nervosismo e la seccatura del suo superiore.
« Fallo accomodare nella hall, comunicagli che lo riceverò a breve. » Ordinò, non trattenendosi dall'utilizzare un tono palesemente scocciato. « Fatto ciò, raggiungi in fretta il mio ufficio, hai il Dottor Flug in custodia fino ad ulteriori istruzioni. »
« Ricevuto, capo~ » Canticchiò Demencia, schioccando rumorosamente le labbra nella mimica del suono di un bacio.
Black Hat emise un suono disgustato prima di chiudere la comunicazione.
Flug si sporse un poco dalla sedia, guardando titubando la schiena leggermente incurvata del suo capo.
« S-signore...? »
« Questa conversazione non finisce qui, Flug. Continueremo più tardi. » Decretò severamente Black Hat, voltandosi in sua direzione con uno sguardo mortalmente serio. « Non fare niente di stupido mentre sei sotto la supervisione di Demencia, chiaro? »
Flug deglutì a fatica, riuscendo a stento ad assentire con la testa.
« S-sì, s-signore... »
 
 
. . .
Insomma... non era così che, fino a mezz'ora prima, si era aspettato si concludesse quella mattinata – di sicuro, non con lui che faceva ritorno illeso al laboratorio, sentendosi come se il cielo avesse deciso per una volta di miracolarlo. La certezza che lo aveva perseguitato per settimane si era oramai disciolta in un bagno di pensieri confusi, di domande che gli irrigidivano le spalle a causa della tensione che faticava a lasciare il suo corpo.
Avrebbe dovuto attendere almeno fino al termine del colloquio di Black Hat con quel cliente, ma nel frattempo non gli dispiaceva restare al sicuro con Demencia nel laboratorio, non impegnato nel lavoro o a guardarsi le spalle come se la morte stessa potesse fagocitarlo quando meno se lo aspettava. Sospettava che Black Hat si fosse persino scordato di quell'appuntamento, a giudicare dalla reazione seccata con cui aveva accolto la comunicazione di Demencia, un atteggiamento non proprio consono alla sua normale persona, ma non il più estraneo di cui il suo capo avesse dato prova quel giorno: il primato lo deteneva, a suo parere, il chiaro sforzo con cui Black Hat aveva cercato di essere quanto più paziente possibile nel dialogare con lui, un Flug molto diverso da quello con cui l’Eldritch era abituato a rapportarsi. Se ne rendeva conto solo adesso, a mente un po' più fredda e lucida, di come il suo superiore avrebbe potuto mostrarsi molto più intollerante, ma aveva evidentemente cercato di fare l'opposto. Non tutto era andato perfettamente liscio, Black Hat era pur sempre Black Hat, tuttavia lo sforzo c'era stato, e Flug lo aveva notato, seppur non subito. E, in fondo, non dovrebbe essere nemmeno tanto stupito dalla cosa, perché un buon rappresentante del male deve essere in grado di adattarsi alle varie situazioni e trarre il massimo vantaggio da ciascuna di esse. Perché, se l’eroe è versatile, il villain deve esserlo ancora di più – e Black Hat, il cattivo che era vissuto abbastanza per vedere il proprio eroe morto e sepolto, non faceva certo eccezione.
Sospirò Flug, sentendosi molto attentamente osservato e, per questo, altrettanto infastidito.
« Demencia, non è necessario che tu mi stia appiccicata in questo modo. »
La diretta interessata ridacchiò, i canini appuntiti messi lievemente in mostra.
« Black Hat mi ha detto di farti da baby sitter ed io la baby sitter farò! » Replicò civettuola lei, sdraiata sopra la scrivania con il mento fra le mani, i piedi che si muovevano a mezz’aria. « Sai come sono i bambini, Fluggy. Ti distrai un attimo e sono già con una fiala di ammoniaca alle labbra! »
E poi Demencia si avvicinò al suo viso, invadendo deliberatamente il suo spazio personale per sussurrargli qualcosa all’altezza dell’orecchio.
« E fidati quando ti dico che ha uno dei sapori più disgustosi che abbia mai assaggiato. »
Lo scienziato scelse volutamente di ignorare il commento con cui la ragazza lo aveva implicitamente paragonato ad un bambino, o di correggerla sul fatto che lui ( essendo solo un misero mortale ) avrebbe decisamente avuto altro di cui preoccuparsi nel caso avesse malauguratamente ingerito dell’ammoniaca. Tornò quindi sull'argomento più pressante, ovvero quello di riappropriarsi del suo agognato spazio personale.
« Sul serio, Demencia, lasciami respirare! Vai, vai- » Flug si interruppe, cercando di suggerire al più presto un passatempo che potesse tenerla occupata. « Va a giocare con Lil’ Jack! »
« L'ultima volta che ci ho provato ha cercato di mangiarmi… e lo sai che Black Hat non farebbe a pezzi il suo animaletto solo per tirarmi fuori. » Gli rispose con un accenno di delusione l'assassina, un leggero broncio a renderle più pronunciate le labbra – il buonsenso di non mettersi a giocare con un pitone reticolato di ben nove metri lo possedeva pure una come Demencia, a quanto pareva. « Inoltre, Black Hat mi ha dato degli ordini precisi! E nel mio cuor comanda uno soltanto~ »
« Hai mai preso in considerazione l’idea di non permettere che la tua vita graviti tutta intorno a Black Hat? » Le chiese con tono sarcasticamente esasperato Flug, procedendo a ristabilire lui stesso le giuste distanze con la sua collega.
« Perché, tu hai mai pensato di fare lo stesso? »
L’inventore si ritrovò a fissare momentaneamente basito il ghigno tagliente della ragazza-lucertola, riconoscendo silenziosamente che non aveva repliche con cui difendersi da quell’insinuazione tutt’altro che priva di fondamenta. Aveva sempre voluto l’approvazione di Black Hat più di qualunque altra cosa da quando lavorava lì… e la mancanza di approvazione era ciò che aveva fatto nascere quei suoi pensieri di inutilità, di sconforto, che nel momento in cui era giunto a temere per la sua vita avevano giocato la loro modesta parte nel far accrescere esponenzialmente le sue paranoie.
« Q-quella… quella è solo la mia vita lavorativa. » Provò comunque a salvarsi lo scienziato, rispondendo con molta meno convinzione di quanto avesse desiderato.
« Non sapevo esistesse una differenza tra la tua vita lavorativa e la tua vita privata, Fluggy. » Lo schernì l’assassina, strizzandogli un occhio con una complicità che sarebbe stata ben accompagnata da una gomitata d’intesa.
Le labbra di Flug si piegarono in una smorfia impacciata, che la ragazza non poté fortunatamente vedere con il sacchetto di mezzo, ma che fu purtroppo per lui in grado di intuire a giudicare dai suoi successivi risolini.
Prima che Demencia potesse completamente crogiolarsi nella schiacciante vittoria ottenuta in quello scambio di frecciatine, 5.0.5 fece la sua apparizione in laboratorio con un vassoio di pancake fumanti.
Aveva ancora lo stomaco un po’ sottosopra da tutte le forti emozioni che aveva vissuto, ma avrebbe mentito Flug se avesse detto che non era in vena di mettere qualcosa sotto i denti. Dopotutto, aveva saltato la colazione quella mattina, troppo in ansia per la presentazione di quel giorno per mangiare qualcosa ed essere assolutamente certo che non gli sarebbe rimasta sullo stomaco.
« Ohhh, 5.0.5, sei davvero il migliore! » Trillò Demencia, correndo ad abbracciare l’orso e sfilando nel frattempo due o tre pancake dal vassoio mentre il cuoco di casa non stava guardando.
Flug sorrise alla vista del grosso orsacchiottone, che doveva essersi dato molto da fare per preparargli una colazione tanto abbondante in così poco tempo.
Il tempo di posare il vassoio e 5.0.5 aveva già provveduto a raccoglierlo dalla sua sedia girevole e a stringerlo contro il suo corpo peloso, morbido e sempre incredibilmente profumato.
« Grazie piccolo, è un gesto davvero apprezzato. » Mormorò lo scienziato, sollevando la testa a guardare l’orso nei suoi grandi occhioni, in quel momento attraversati da un cristallino e profondo dispiacere. Era palese l’apprensione in quell’atteggiamento persino più disponibile del solito e non era piacevole per Flug vederlo così ansioso. « S-sto bene, 5.0.5. Credimi… »
Nonostante il suo tentare di rassicurarlo, si sentì stretto maggiormente contro il petto dell’orso, a contatto con la sua soffice pelliccia azzurra.
« V-vi ho fatto preoccupare così tanto…? » Si ritrovò a domandarsi, una volta compreso che l’adorabile esperimento non lo avrebbe lasciato tanto facilmente.
« Beh, , direi di sì, Flug. » Gli rispose Demencia, dopo essersi infilata in bocca i pancake rubati, per poi leccarsi soddisfatta le dita. 5.0.5 le rivolse uno sguardo seccato, accortosi ormai troppo tardi del furto che aveva subìto. « Hai dato di matto praticamente di fronte a tutti e, te lo giuro, non ho mai visto nemmeno il capo così tanto perplesso prima d’ora. »
« S-seriamente? » Non poté evitarsi di metterla in discussione Flug, cercando di giostrarsi come meglio gli riusciva tra le zampe dell’orso.
« Te l’ho appena giurato, Flug! » Ribadì Demencia, gettando con enfasi le braccia al cielo. « Ti è venuto dietro quasi immediatamente! E penso fosse andato a cercarti nelle tue stanze, perché quando io e 5.0.5 lo abbiamo raggiunto stava già andando nella direzione opposta. Lo abbiamo poi perso di vista, ma grazie alle telecamere nel suo ufficio abbiamo visto che eravate entrambi sul tetto. »
L’inventore allargò gli occhi, incredulo nell’apprendere di quanto Black Hat avesse effettivamente fatto anche dietro le quinte per… lui. Flug non pensava davvero che dietro a quei comportamenti non ci fosse stato un interesse prettamente materiale, non era capace di illudersi fino a quel punto… ma, malgrado ciò, una parte di lui si ritrovò comunque ad… ad ammirare, in un certo senso, la dedizione che il suo capo dimostrava sempre di possedere, una dedizione pura, che non aveva mai smesso di apprezzare nella figura di Black Hat e che, confessava, aveva tentato un po’ di emulare nel suo piccolo in passato.
« Ehi, cosa ti era preso comunque? »
La domanda di Demencia lo distrasse da quelle sue riflessioni, in un modo che per qualche motivo trovò quasi sgradevole… ma era una domanda legittima e sensata per cui la ragazza non meritava di essere rimproverata.
Flug trafficò distratto con le maniche del suo camice, non particolarmente a suo agio all’idea di dover rendere pubbliche le sue passate angosce. Decise che avrebbe risposto, questo sì, ma avrebbe omesso quanti più dettagli possibili dalla sua confessione.
« Io… io pensavo che… » Mormorò dapprima, rendendosi tuttavia conto che forse nemmeno 5.0.5 lo avrebbe sentito chiaramente se non avesse alzato la voce – e lo scienziato avrebbe volentieri evitato di ripetersi. « P-pensavo che Black Hat volesse… uccidermi… »
Suoni sorpresi – Demencia – e versi di sconcerto – 5.0.5 – vennero emessi contemporaneamente da entrambi i suoi interlocutori.
« Woah, Flug. La avevi pensata davvero estrema stavolta! » Esclamò l’assassina. « Se c’è qualcuno di cui Black Hat non vorrà mai liberarsi, quello sei proprio tu, ironicamente! »
Flug, ascoltando le parole delle sua collega, si mosse a disagio tra le zampe di 5.0.5, sentendosi come se avesse quasi pronunciato un’eresia. L’orso fu facilmente in grado di intuire il suo sconforto e lo scienziato gli fu grato per il nuovo, genuino abbraccio di consolazione in cui venne stretto. 5.0.5 era stato etichettato come ‘esperimento fallito’ nei file che lo riguardavano ma, a parer di Flug, 5.0.5 era tutto tranne che un esperimento fallito; era bensì un essere vivente, ed era paradossalmente il membro più umano dell’organizzazione, pur essendo a tutti gli effetti un animale.
L’espressione incredula di Demencia si mitigò visibilmente dopo quella prima, esterrefatta reazione. La ragazza si passò una mano dietro al collo, smuovendo un poco la lunga e fluente coda di cavallo nel processo, quasi come se avesse qualcosa dentro di lei ad intralciarla, a frenarla dall’esprimere qualunque concetto avesse in mente di esternare.
« Guarda, so che potrà sembrare assurdo detto da me, ma… ma, a volte, vorrei scambiarmi di posto con te solo per qualche ora, giusto per vedere cosa si prova ad essere importante come lo sei tu. »
Questa volta, Flug restò legittimamente a bocca aperta.
« Non… non dirai sul serio, Dem. Non è per nulla divertente essere me. »
« Però tu ricevi le sue attenzioni e vieni calcolato molto più di me… e di 5.0.5., ovviamente. E valuta tantissimo il tuo lavoro. Se un cattivo ha un problema con un nostro prodotto, stai pur certo che il capo continuerà a sostenere fino a prova contraria che il problema non è nel prodotto in sé, ma nel modo in cui viene utilizzato. » Ribatté prontamente Demencia, come se si fosse aspettata fin dall’inizio di ricevere una replica del genere. « Chiedilo direttamente a lui, se sei così tanto scettico. »
« E-eh, u-uh, Demencia… io non credo che dovrei mai nemmeno pensare di chiedere cose simili… » Rispose a fatica Flug, ancora incapace di assimilare quanto quelle osservazioni gli avevano appena riferito, alcune delle quali il suo cervello non riusciva nemmeno a figurarsele, figuriamoci ad accettarle. Sapeva che Demencia aveva sempre una visione tutta sua del mondo e di tutto ciò che le stava attorno – ma lui che riceveva attenzioni da Black Hat? Quali di tutte le interazioni che condivideva abitualmente col suo capo rientravano sotto la voce ‘ricevere attenzioni’?
« Flug e Demencia, nel mio ufficio e subito. »
Lo scienziato sobbalzò leggermente udendo la voce del demone espandersi dall’interfono in tutto il laboratorio e sollevò la testa quasi d’istinto, a gettare un rapido sguardo verso una delle telecamere installate nel vasto locale. Doveva essere stato un colloquio non troppo impegnativo, visto quando rapidamente sembrava essersi concluso.
« Pare che dovremo mangiarci i pancake per strada. » Considerò Demencia, con un sospiro rassegnato.
5.0.5. lo lasciò andare a quel punto, dandogli una leggera pacca sulla testa di incoraggiamento, mentre l’assassina si accingeva a raccogliere il vassoio con le cibarie.
« Non penso riuscirò a finirli, 5.0.5. » Disse Flug, con un lieve tono di scuse, ma il sorriso benevolo dell’orso lo tranquillizzò sul fatto che 5.0.5. non gli avrebbe nemmeno avanzato una pretesa simile.
« Oh, per quello non preoccuparti, Fluggy! Il mio pancino farà più che volentieri il lavoro sporco per te! » Lo ‘rassicurò’ ridendo Demencia, prima che la voce leggermente più impaziente del loro superiore – e leggermente più impaziente con Black era, in verità, tono sul limite di una pericolosa irritazione – tornò ad elevarsi sopra le loro teste.
« Quando dico subito, intendo all’istante. »
Fu chiaro a tutti e tre che quello sarebbe stato il primo ed ultimo richiamo che avrebbero ricevuto dal demone – e avrebbero fatto meglio a prestargli ascolto.
Demencia lo affiancò, rivolgendogli un sorriso a zanne scoperte.
« Pronto ad andare, fifoncello? »
Flug sospirò internamente, prima di assentire in risposta.
« Sì, Dem. »
Per quanto non stesse saltando dalla gioia alla prospettiva di dover riprendere quella conversazione con il suo capo, non poteva ovviamente rifiutarsi di farlo. E accidenti se sarebbe stato difficile riprendere quella conversazione, ora che gli altri due residenti di Black Hat Manor lo avevano fatto sentire come se avesse sbrigativamente condannato un innocente… e, nella sua testa, ‘Black Hat’ ed ‘innocente’ non avrebbero mai dovuto essere parole in grado di correlarsi.
Chissà quanto ancora quella giornata sarebbe potuta diventare fuori dal comune prima di cena.
 
 
Terminato quel colloquio fortunatamente breve, Black Hat era stato in grado di riconcentrarsi sul pressante problema che aveva dovuto lasciare in sospeso per prendersi cura del suo business: Flug, e qualunque cosa avesse fatto andare in panne persino una mente come la sua, ben al di sopra di quella che era la media degli esseri umani.
Da quando era riuscito ad estrapolare dal loro delirante dialogo, lo scienziato aveva – o aveva avuto, dipendeva tutto da quanto era riuscito a convincerlo – paura di morire, di essere ucciso da lui, e Black Hat non era in grado di spiegarsi il motivo di un pensiero tanto… tanto assurdo? Non che non gli fossero mai sfuggite minacce di morte o anche peggio, ma mai aveva avuto intenzione di rendere concrete quelle minacce. E Flug avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto sapere a questo punto della sua carriera che non aveva la vita da perdere a lavorare sotto di lui.
Tutta quella situazione era quasi irreale agli occhi dell’Eldritch, oltre che uno spreco di tempo in piena regola, visto che avevano dovuto interrompere la presentazione del loro nuovo prodotto senza nemmeno una dimostrazione – fortunatamente si era trattato di una pubblicità preregistrata, se fosse stata una live avrebbe preso a manrovesci Flug, altro che accompagnarlo giù da quel tetto e curarsi persino che non mettesse in atto altre genialate, a citato esempio quella che era stato in procinto di fare sul bordo di un palazzo di quattro piani.
Aveva pensato si sarebbe buttato, lo aveva pensato davvero per un istante, e il suo corpo era… lo aveva sentito divenire rigido, lo aveva sentito divenire di pietra, ma non una pietra dura come il diamante, una pietra dura come la più scarsa grafite… e lo aveva sentito debole, debole come se le sue enormi capacità avrebbero potuto non essere sufficienti in quella malaugurata circostanza. Aveva agito quasi senza pensare, lo aveva afferrato con i suoi tentacoli ed allontanato da quella posizione pericolosa, ma neanche allora, nemmeno quando lo aveva poggiato a terra davanti a sé, quella strana sensazione lo aveva lasciato. Diavolo, si era sentito e si sentiva tutt’ora come un genitore timoroso che faceva ritrarre la sua prole da un balcone troppo alto! Ma, tornando indietro, sapeva che non avrebbe esitato a farlo di nuovo; lasciare che accadesse avrebbe significato perdere Flug – e il demone non poteva permettersi di perdere Flug, non lo scienziato che ogni altro villain avrebbe pagato caro per avere al proprio servizio.
Per quanto non fosse assolutamente disposto a dare via una simile informazione con facilità, ammetteva che parte del suo successo – una parte più estesa di quanto volesse coscientemente riconoscere – lo doveva a quell’umano, quella stramba matassa di nervosismo ed insicurezza che il dottore era sempre stato. Non sarebbe stato semplice trovare un sostituto in una sfortunata eventualità… forse, non lo avrebbe mai trovato nemmeno un valido sostituto.
Un bussare insistente provenne dalla porta del suo ufficio, segno che i suoi due dipendenti avevano prestato ascolto al suo richiamo – una volta tanto.
Congedata Demencia e rimasto solo Flug nervosamente in piedi sulla soglia, Black Hat si preparò allo sforzo non solo mentale, ma anche fisico che avrebbe dovuto fare per giungere esattamente dove voleva: ripristinare la fiducia dell’inventore e così sperare nel non ripetersi, in futuro, di disguidi di un simile calibro.
Rispetto a come lo aveva lasciato prima di quel colloquio, il dottore sembrava visibilmente più rilassato, e all’Eldritch certo non dispiacque, perché un Flug non troppo ansioso era un Flug più incline ad ascoltare.
« Vieni avanti, Flug. »
Il suo dipendente esitò, un piede che sostò brevemente davanti all’altro, prima di fare quanto gli era stato detto e avvicinarsi alla sua scrivania. Tuttavia, Black Hat preferì lasciare la sua sedia ed abbandonare qualsiasi sentore di professionalità potesse assumere quell’imminente dialogo; non era tempo di discutere di affari, cataloghi di armi mortali e simili, di quelli si sarebbe parlato in un altro momento.
« Flug- » « S-signore- »
Entrambi si interruppero.
Black Hat si accigliò, momentaneamente interdetto mentre osservava lo strizzarsi degli occhi del mortale attraverso le lenti di quegli enormi occhialoni. Avevano… stavano per parlare quasi nello stesso istante? Questo sì che era un fatto… curioso.
Flug si ritrasse incassando un poco le spalle, ma il demone gli fece cenno con una mano di proseguire. Non si sarebbe certo lasciato sfuggire quell’unica volta in cui lo scienziato pareva davvero intenzionato a prendere parola.
Il suo sottoposto assentì, deglutendo sempre in maniera fin troppo rumorosa per non farsi chiaramente udire, ma Black Hat aveva smesso già da tempo di prestare troppa attenzione a quei suoni.
« Signore, mi scuso per i disagi che il mio recente comportamento vi ha sicuramente causato. Vi assicuro che simili equivoci non capiteranno mai più. »
« Specifica, Flug. Voglio sapere da cosa è stato dipeso questo equivoco di cui parli. » Gli intimò l’Eldritch, socchiudendo con un’inquisizione inconscia le palpebre, cosa che spinse lo scienziato a mettersi nuovamente sulla difensiva, ad arretrare in sua presenza – e si rese conto troppo tardi dell’errore. Dannazione, lui era un villain, un conquistatore e distruttore di mondi, non un… non un consulente di qualche genere! Come poteva destreggiarsi meglio di così in un campo che non era chiaramente il suo?
Ringhiò tra sé e sé, facendo tuttavia attenzione a rendere quel ringhio silenzioso e non visto, la tesa del cappello lo facilitò in quest'ultima. Cosa facevano gli esseri umani in momenti di questo tipo? Si… si mostravano dispiaciuti, comprensivi, empatici e… diavolo, si sentiva sempre più nauseato ad ogni parola che gli stava attraversando la testa. Black Hat non era normalmente nessuno di questi aggettivi, non sapeva nemmeno come pienamente fingerne uno di quella breve lista. Tralasciando quelle che sarebbero state palesi manifestazioni emotive – puah! – cos’altro c’era che poteva utilizzare a suo vantaggio? Contatto fisico, forse? Sì, con quello magari se la sarebbe cavata senza fare troppi sacrifici, visto che contatti fisici tra lui e il suo dipendente non erano poi così estranei.
Sollevò la mano e sfiorò dapprima la spalla di Flug, come se il suo corpo stesse esitando nel compiere quel gesto. Non appena gli artigli coperti dai guanti toccarono il tessuto del camice, le sue dita si poggiarono seguendo l’esempio, e fu allora che il suo scienziato si accorse del contatto.
« Flug, ti sarai reso sicuramente conto di quanto tutta questa situazione sia controproducente per l’organizzazione. » Gli parlò, fissando il mortale dritto in quei suoi occhi un poco più larghi del normale. « Devo essere certo che tu possa svolgere il lavoro che ti compete al meglio, devo potermi fidare di nuovo del tuo buonsenso senza dover necessariamente trascorrere intere giornate a tenerti d’occhio. Ci siamo capiti? » 
L’inventore annuì, sostenendo miracolosamente il suo sguardo invece di abbassare gli occhi come di solito faceva.
« Sì, signore. H-ha… ha perfettamente ragione. »
Black Hat non mutò la serietà della sua espressione. Strinse leggermente la spalla dell’umano, prima di interrompere quel contatto ed incrociare le braccia al petto.
« Quindi? » Spronò, cercando di suonare perentorio al punto giusto, senza risultare necessariamente oppressivo.
Flug cessò per qualche secondo di trafficare con le maniche del camice, il suo intero organismo pareva essersi immobilizzato, cosa che il demone osò definire aliena se si trattava di un tipo ansioso come il suo sottoposto.
« Vi a-avevo… vi avevo sentito parlare al telefono con qualcuno… »
La serietà facciale di Black Hat si frantumò.
« Tu COSA? »
Flug emise un debole squittio, le sue mani scattarono verso l’alto nel tentativo forse di placare la sua nascente IRA.
« Non v-volevo farlo, non volevo farlo, signore! N-non era m-mia intenzione…! »
« Tu hai ORIGLIATO una mia conversazione privata, insulso vermiciattolo?! » Ringhiò l’Eldritch scoprendo le zanne, ogni fibra del suo volto si deformò sotto l’accesso di rabbia che fece tremare tutta la metà superiore del suo corpo. « PER QUESTO NON NE VOLEVI PARLARE, EH?! »
« P-per f-favore signore, p-per favore, l-la prego… » Flug si fece piccolo piccolo sotto di lui, talmente piccolo da finire con l’assomigliare ad un roditore che era stato appena catturato per la coda da una trappola. « P-per favore, B-Black Hat--! »
Qualcosa dentro Black Hat si bloccò, si acquietò, arrestando il concretizzarsi della sua furia in un ruggito collerico. Il vedere Flug rattrappirsi tanto miserevolmente di fronte a lui fu memoria fin troppo vivida dei recenti avvenimenti e lo turbò, lo turbò in qualche modo, fino a spingerlo a dare le spalle allo scienziato per non avercelo più sotto gli occhi. Così non andava bene, così NON andava bene. Doveva arrivare a dei risultati, e anche se aveva tutte le ragioni per reagire a questa maniera, doveva astenersi dal farlo, per il bene della sanità mentale di Flug e, per diretta estensione, del successo della sua organizzazione.
Con un enorme sforzo di volontà, costrinse i suoi muscoli facciali a rilassarsi e le zanne a ritrarsi nella sua bocca, le mascelle gli fremettero rigide quando la richiuse. Abbassò le braccia, forzandole a restare contro i suoi fianchi, a lasciarle lì ciondolare una volta che fosse passato da assolutamente furioso ad almeno incredibilmente stizzito.
Rilasciato un ultimo, iracondo respiro, Black Hat raddrizzò la schiena e si voltò nuovamente verso l’inventore, che lo stava fissando con sguardo più stralunato che intimorito.
« Per favore cosa, Flug? » Gli domandò a denti stretti il demone, il ringhio che stava reprimendo delineò una smorfia stirata sul suo volto.
Lo scienziato lo guardò tremolando, prima di chinare la testa, ad evitare ad ogni costo il suo sguardo inquisitorio.
« Mi l-lasci spiegare, signore… è quanto voleva sin dall’inizio, v-vero? »
L’Eldritch rimase in silenzio, fiducioso nel fatto che Flug avrebbe recepito il suo implicito messaggio di sbrigarsi, se voleva evitare conseguenze più spiacevoli di un semplice scatto di rabbia. Il mortale ebbe il buonsenso di non deluderlo.
« E-era… era stato quel giorno in cui mi avevate convocato nel vostro ufficio… » Iniziò Flug, le dita che avevano ripreso a trafficare con le maniche ormai stropicciate del camice. « Stavo per andarmene, per ritornare al laboratorio… ma poi vi avevo s-sentito pronunciare il mio nome e n-non ho… non ci ho tanto riflettuto sopra, lo ammetto, e sono terribilmente dispiaciuto p-per questo… »
Lo scienziato si fermò, giusto il tempo per alzare timorosamente gli occhi in sua direzione, come se avesse sperato di trovare qualcosa… cosa, Black Hat non lo sapeva – e nemmeno gli interessava in questo momento saperlo.
Flug riprese immediatamente dopo quella breve pausa.
« Credevo vi voleste liberare di me, che voleste assumere un altro scienziato al mio posto, magari p-persino la persona con cui stavate parlando… e avevate detto che mi avreste… ‘r-ridotto in poltiglia’ una volta trovato u-un… un sostituto… »
Il silenzio scese tra di loro non appena l’inventore ebbe chiuso bocca, un silenzio che Black Hat sfruttò per ponderare su ciò che gli era stato riferito. Aveva compreso a quale conversazione Flug si stesse riferendo, ma stava attualmente cercando di ricordare la parte del discorso in cui aveva, in teoria, pronunciato quelle parole a detta dello scienziato. Tacle, quell’impertinente di una donna-polipo, lo aveva chiamato solo per una chiacchierata amichevole delle sue in quell’occasione, una di quelle rare chiacchierate che il demone aveva l’occasione di tenere con lei una volta ogni tanto – tutt’ora non aveva idea del perché continuasse a tenersi in contatto con lei… forse, perché gli mancava in fondo parlare con un membro della sua stessa specie? Per quanto sentimentale fosse quella ragione, non ne aveva di migliori purtroppo da fornirsi.
Era stato da parecchio comunque che non si sentivano, dunque Black Hat le aveva raccontato a grandi linee del progetto con cui si stava al momento dilettando ( la sua organizzazione ovviamente ) e del personale che aveva assunto. Le aveva parlato di Flug, , e Tacle non aveva esattamente perso tempo nel sondare il terreno e assicurarsi così della competenza del suo scienziato, suggerendogli persino di provare a cercare fra altre specie che avevano un quoziente intellettivo mediamente più alto rispetto a quello di un essere umano e… oh. Adesso ricordava.
« Fluuug. » Digrignò i denti il demone, quasi macinandoli tra loro dall’irritazione. « Ero sarcastico, SARCASTICO, dannazione. »
Prima quella svampita di Tacle e poi Flug? Possibile che nessuno fosse in grado di capire il suo sarcasmo?!
« O-oh… » Esclamò con un bisbiglio il suo sottoposto, strofinandosi vergognosamente un braccio. « Qu-questo è… imbarazzante… »
Black Hat si massaggiò la fronte con un rauco brontolio, perfettamente in accordo con quel commento, ma del tutto intenzionato a non esprimerlo ad alta voce. Una situazione già di per sé assurda era divenuta ancora più assurda, come diavolo era possibile?
Non aveva parole, davvero – o meglio, ne aveva, ma sarebbero state imprecazioni in lingue che avrebbero fatto sanguinare le orecchie del suo attuale interlocutore. Meglio sbollentare la sua incredulità con qualcosa di produttivo… avrebbe sempre potuto fare una visitina al quartier generale di un manipolo di eroi nella città a fianco, se meglio ci pensava.
Tuttavia, parole che non fossero imprecazioni doveva trovarle, se voleva chiudere questa faccenda e assicurarsi che episodi simili non ricapitassero più. Sfortunatamente, sapeva alla perfezione quali parole avrebbero fatto al caso suo.
« Flug, lo dirò una sola volta e non lo ripeterò più, quindi ti consiglio di aprire le orecchie. Il tuo ruolo qui è fondamentale, e se ti lasci traviare da simili distrazioni la macchina che è la nostra organizzazione inizia a non funzionare più come dovrebbe. Fissatelo in testa, perché non mi sentirai pronunciare un altro discorso motivazionale di questo calibro. »
Flug, forse inconsapevolmente, aveva inclinato la testa insacchettata da un lato, come a mostrare evidente curiosità di fronte al suo nuovo intervento. Black Hat stirò con molestia un angolo della bocca, levando gli occhi al soffitto.
Avrebbe preferito non giungere fino a questo grado di onestà, ma la situazione a suo oggettivo parere lo aveva richiesto – e quanti sforzi questa situazione gli aveva, obiettivamente, già richiesto di fare? Uno in più non avrebbe fatto granché differenza.
« Jefecito… »
Black Hat trovò facilmente gli occhi dell’altro quando riportò la sua attenzione sullo scienziato. Flug non lo chiamava tanto spesso in quel modo, ma ogni volta che lo faceva… l’Eldritch sentiva il suo corpo rispondere attivamente a quel nome, come se una lieve ed inaspettata scossa lo avesse destato da un leggero dormiveglia.
« Che c’è? »
Gli parve riluttante Flug, come se per l’umano si stesse rivelando incredibilmente difficile andare oltre l’appellativo con cui aveva richiamato la sua attenzione.
« I-io… » Vide lo scienziato strizzare forte le palpebre prima di proseguire. « G-grazie, Jefecito. »
Il demone fissò con pupilla inamovibile quello che poteva vedere dell’espressione grata del mortale.
« Non scambiare quanto ho fatto oggi per gentilezza, Flug. »
« Non lo f-farei mai, signore. » Lo ‘rassicurò’ Flug, il leggero scricchiolare della carta gli indicò che il dottore doveva aver piegato le labbra in un sorriso. « Ma, da dipendente a datore di lavoro, vi ringrazio comunque per il v-vostro impegno. Darò fondo a tutte le mie conoscenze per i prossimi incarichi. »
Black Hat gli rivolse un sorriso piatto, ma pur di un sorriso il suo si trattava.
« Dimostrami che ho utilizzato bene il mio tempo, dottore. »
Flug annuì con una lieve concitazione.
« Sarà fatto, Jefecito. »








Sameko's side
Secondo capitolo in arrivo finalmente! Non pensavo mi sarebbe occorso così tanto tempo per pubblicarlo, ma non avendo nessuna scadenza da rispettare me la sono proprio presa comoda. v.v
Per questo aggiornamento ho un paio di headcanon e note di cui parlare:
- la specie di Lil’ Jack non è stata ancora resa nota e mi sono quindi data da fare per tappare questo buco. Dopo qualche ricerca, la mia scelta è ricaduta dunque sul pitone reticolato ( non ho potuto resistere all’immagine mentale di Black Hat comodamente sistemato tra le spire di un bestione del genere ).
- Demencia ( da brava fangirl ) sa molto più di quanto lascia intendere e nessuno può convincermi del contrario. v.v
- Tacle, come avrete ben inteso, è il nome della mia OC a cui avevo accennato nel primo capitolo ed è una Eldritch esattamente come Black Hat.
E credo di aver detto tutto! ^^
Alla prossima con il terzo ed ultimo capitolo!
Baci!
 
 
Sameko
 
   
 
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