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Autore: RoryJackson    13/12/2017    8 recensioni
"Chi sei?" Chiese una voce dietro di lei. Era una voce maschile, calda e profonda, stranamente umana. Rory si fermò impietrita. Possibile che fosse lui...? Girò il viso verso la voce la quale proveniva effettivamente dalla creatura, completamente sveglia e all'impiedi.
Questa volta, Rory, poté ben vedere gli occhi della creatura: dalla forma leggermente triangolare, confinavano con il muso beige. Le iridi rosse come il fuoco. - CAP 1
"Tu non sei in grado di spezzare un giuramento" constatò la giovane, placando in un momento l'animo di Shadow, [...] "Io mi fido di te" - CAP 10
Shadow: un essere tanto temibile eppure tanto umano. Un riccio dal cuore indurito per l'ingiustizia subita da parte degli uomini e che, per questo, odia con tutto se stesso. Riuscirà mai a cambiare idea?
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Un battito di ali e la donna pipistrello si issò oltre le nubi, ammirando quell’affascinante cielo notturno, simile ad un mantello costellato da una moltitudine di brillanti abbaglianti e quella luna opalescente, così romantica da sembrarle la più elegante delle perle in circolazione. Un panorama al quale troppo sporadicamente volgeva attenzione, oltremodo indaffarata nello scavare tra le infinite bellezze di quelle terre nelle quali sorgevano i palazzi antichi più ambiti, gremiti delle ricchezze che tanto le facevano gola. In fondo, l’Italia era piena di tesori storici, alcuni di essi particolarmente pregiati, il cui valore non andava al di sotto dei sei zeri. Insomma: l’ideale per qualsiasi ladro singolarmente abile. Ma in quel momento, quella vasta distesa di edifici, comparata a quella notte, non aveva che la lucentezza di un grigio cristallo opaco.
E sempre di rado, ma con inusuale affetto, pensava al pianeta dal quale proveniva: Mobius. Non che la Terra non le piacesse, tuttavia il passato trasmetteva un senso di malinconia a chiunque. E lei non faceva eccezione. Si era arruolata nella Guardian Units of the Nations per due ragioni: aveva bisogno di un impiego, possibilmente ben remunerato - perché non aveva considerato neanche lontanamente l’idea di fare la cameriera per due soldi - e poi nessuno come lei era bravo ad infiltrarsi e passare inosservato, nonostante le grosse differenze che c’erano tra lei e la razza umana. Per cui non aveva avuto alcun problema a passare le selezioni per l’inserimento di nuove leve. Le sue conoscenze e la sua scaltrezza la rendevano un’arma a doppio taglio: una più che valida alleata ma, contemporaneamente, anche qualcuno sulla quale non ci si poteva affidare. E la sua scappatella con Shadow non fu ben vista dal comandante Abraham Tower il quale, sempre più spesso, la faceva scortare da quell’impiastro di Freez durante le sue missioni. Era abbastanza intelligente da averlo capito da sola.
Per di più la preoccupavano le voci che circolavano sul conto di Shadow, le quali se dapprincipio si limitavano a mormorii di corridoio, allo stato attuale delle cose il riccio nero veniva sempre più visto come una creatura da abbattere ad ogni costo. Il comandante, il quale per chissà quale motivo pareva provare un odio viscerale nei suoi confronti, stava solo attendendo con ostentata impazienza di coglierlo in flagrante. D’altro canto, era impensabile in quel momento, chiedere al sorvegliato di non incappare in azioni che avrebbero potuto ammazzare ancora di più la sua già di per sé malfamata reputazione.
Lei ricordava benissimo il primo incontro con il riccio nero e quanto lo avesse trovato dannatamente attraente, alla vecchia base segreta di Eggman e tutte le volte in cui lui le aveva salvato la vita durante le loro escursioni per conto dello scienziato…

***

Un susseguirsi di grosse piastre d’acciaio opaco - sulle quali vi era disegnata la faccia in stile cartoon di quell’egocentrico testa d’uovo di Eggman - unite tra loro da strisce di neon che emanavano una luce giallo canarino. Ecco come potevano essere definiti quegli immensi corridoi. Di tanto in tanto, qualche porta scorrevole fatta dello stesso materiale sostituiva qualche lastra. La pipistrella li percorse noncurante, cosciente del fatto che venisse monitorata costantemente dalle telecamere nascoste di quella piccola fortezza volante. Dopodiché arrivò alla fine del corridoio, che terminava con un’altra entrata a scorrimento, alla cui destra vi era un sistema tecnologico formato da un piccolo display di colore blu elettrico. Rouge posizionò la mano su di esso. Il sensore non aveva bisogno del contatto con la pelle, costringendola a togliere il lungo guanto che le copriva il braccio, fin sopra il gomito. Il calore dell’arto era abbastanza affinché il macchinario ne riconoscesse il proprietario.
La porta si issò fino a scomparire nella parete. Ad attenderla vi era un grosso e grasso uomo dal viso interessato, che sfoggiava il suo - se così lo si poteva definire - migliore sorriso a trentadue denti, le sopracciglia così chiare e rade da essere quasi trasparenti corrucciate in un’espressione puramente maligna. Questa volta indossava una giacca simile ad un frac, dello stesso colore della sua solita giubba, ed un paio di pantaloni neri non troppo attillati. Tuttavia, per quanto cercasse di nasconderlo, la propria pinguedine non riusciva a mascherarla. Semplicemente lui: Ivo Robotnik.
Rouge diede una fugace occhiata nei dintorni: non era mai stata in quella sala. L’ambiente aveva il medesimo carattere metallico dei corridoi, solo di dimensioni nettamente accentuate, illuminata a stento da una luce bianca soffusa che lasciava nella penombra gran parte del locale, ma si poteva ben distinguere al centro di esso una capsula di contenimento, completamente di vetro, collegata al soffitto e al pavimento da una placca metallizzata, ai cui bordi erano collegati cavi e tubi. Era vuota. Adiacente vi era computer altamente tecnologico in stand-by, probabilmente collegato al contenitore, ornato da scie azzurre fosforescenti che orlavano i pulsanti della tastiera, il monitor e le giunture dell’apparecchio.
“Rouge, mia cara”, esordì l’uomo con un sorriso mellifluo, lisciandosi un lungo baffo “hai portato ciò che ti ho chiesto?”
La pipistrella, per quanto quel viscidume la infastidisse, evitò di storcere la bocca in un’espressione di disgusto e sfoggiò uno dei suoi bellissimi sorrisi arguti. Una sensazione di gelo sentì pervadere fin dentro il manto bianco: Eggman non era solo.
“Ma certamente, dottore”, disse lei, avvicinandosi con la sua andatura oscillante e seducente allo scienziato. Una volta arrivata, gli porse l’oggetto: era uno smeraldo del caos, di colore rosso rubino. Il secondo della lista. “Non è stato difficile scovarlo”.
“Me ne compiaccio”, rispose lui, mentre lo afferrò bramoso, dopodiché lo adagiò insieme agli altri tre posti su di una piastra forata, collegata al generatore fornente energia al computer e la capsula.
Tutt’a un tratto, gli occhi di Rouge si soffermarono su una sagoma poco distante, resa indistinta a causa dell’oscurità di quella sala. Doveva avere la pelle scura per confondersi così nell’ombra, suppose la pipistrella. Ci fu un movimento e su quella sagoma apparvero due grandi occhi rosso fuoco, resi piuttosto sinistri ma incredibilmente affascinanti dal blu del computer poco lontano, che donavano al suo aspetto una singolare nota onirica.
“Vedo che ha ospiti, dottore”, commentò lei, posando sensuale una mano su di un fianco, mostrando tutta la sua sicurezza. Il riccio nero, ormai sentitosi chiamato in causa, fece qualche passo avanti, esibendo con austerità la sua noncuranza e, quasi, il suo fastidio nell’essere il centro delle attenzioni di una sconosciuta.
“Rouge, ti presento Shadow”, disse con un gesto plateale lo scienziato, indicando con una mano la creatura dal manto ebano, il quale rispose a questa buffonata con un silenziosa quanto severa occhiata verso il suo fautore.
La pipistrella, d’altro canto, pressoché con zelo si perse a delineare le forme e i dettagli dell’interessante riccio nero, senza proferire parola. Quegli occhi cremisi trasudanti durezza esprimevano tutta la gran voglia di non voler essere disturbato.
L’uomo mise le mani dietro la schiena, esponendo il suo pancione con aria di sufficienza ed arrogante indifferenza all’atteggiamento ostile del suo protetto.
“Ora puoi andare, Rouge” la congedò Robotnik con un cenno del capo, ma prima che la pipistrella potesse fare dietrofront ed uscire da quel dirigibile che emanava puzza di trappola, il dottore continuò: “Quasi dimenticavo: da adesso in poi, Shadow ti accompagnerà durante le tue scampagnate alla ricerca dei gioielli”.

***

Ripensando a quell’incontro e a ciò che avevano affrontato i due improvvisati partner, il dottore aveva imparato ad essere furbo, premunendosi nell’assegnarle un compagno affidabile come quel riccio tenebroso.
Inoltre, conoscendolo, Rouge era convinta che se gli avesse rivelato qualcosa sarebbe andato su tutte le furie e, conseguentemente, avrebbe commesso di sicuro qualche sciocchezza. Come potrebbe mai, il frutto di un esperimento - alla cui guida vi era uno scienziato, che successivamente fu imprigionato per motivi psichici dalla stessa organizzazione per la quale lavorava - provare anche solo un briciolo di un qualche umano sentimento?
Sciocchezze.  
D’altronde, cosa successe veramente cinquant’anni addietro, all’Arca della Colonia Spaziale, neanche lei lo sapeva. Le informazioni di cui disponeva le erano state riferite dal dottor Robotnik, per cui, per quanto fosse affine al riccio bicolore, i suoi ragguagli potevano dirsi tranquillamente aria fritta.
Scosse il capo. Non aveva voglia di pensarci.
“Agente Rouge, qui è il comandante. Raggiunga la base centrale, adesso. Passo e chiudo”.
Una conversazione semplice e veloce, ma abbastanza insolita da confonderla. Possibile che l’argomento sul quale si ergeva la discussione fosse così importante da non poter essere riferita al telefono? Sbuffò sonoramente, cercando di sorvolare quanto più veloce possibile quella vasta distesa simile ad uno dei suoi stivali e di arrivare verso la sede centrale della G.U.N.

E, questa volta, niente più mosse false.





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Angolo dell'autrice: Ciao ragazzuoli, come va? Finalmente sono riuscita a questo capitolo, ma purtroppo dovrò stare luntana da qui ancora a lungo a causa della sessione invernale. Ci vedremo con un altro capitolo sicuramente verso la fine di Febbraio 2018. Scusatemi. 
Per il resto, fatemi sapere cosa ne pensate come sempre (e, ovviamente, se trovate errori, segnalatemeli!!)
PS: questo è un disegno che ho fatto su Photoshop e che ho pubblicato su Deviantart (tratto da un capitolo che personalmente a me è piaciuto tanto , e spero che voi capiate a quale si riferisce). Spero possa piacervi: https://roryjackson.deviantart.com/art/Shadow-the-hedgehog-Rory-and-Jess-719265594
Un bacio,
Ro
   
 
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