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Autore: Hi Fis    13/12/2017    0 recensioni
Raccolta di pezzi aventi come filo conduttore la possibile convivenza tra l'umanità e razze aliene, con tutte le loro particolarità. La pubblico senza una meta precisa, anche solo per vedere come si evolverà nel tempo.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante il nostro Sistema Solare sia diventato porto sicuro e oasi nascosta per la Dorata Intesa, è ancora molto difficile trovare alieni sulla Terra. Le ragioni, e le loro cause, sono molte: una delle principali è che i cittadini della Dorata Intesa non vogliono che sia messa in dubbio la nostra supremazia sul pianeta azzurro. Di questo, i governi della Terra sono tacitamente grati: può diventare difficile far convivere gli ultimi arrivati sulla scena interstellare con specie che si conoscono tra loro da millenni, specie se si considera le varie egemonie che la Dorata Intesa possiede. La nostra stessa scienza e la nostra tecnologia faticano a comprendere i principi fisici che su altri pianeti si è imparato da tempo ad aggirare…
Anche per questo, l’atteggiamento della Dorata Intesa, questo suo considerare la Terra sacra all’uomo, risulta allo stesso tempo prudente e comprensivo: come anche per altre razze senzienti, anche noi dobbiamo avere l’illusione di avere in pugno il nostro destino per poter essere sereni. Ed ecco perché sulla Terra si possono contare in ogni momento non più di una manciata di alieni, i cui incarichi e ragioni di visita sono sempre annunciati con gran pompa: è stato perfino istituito un database di consultazione pubblica a questo scopo. Ed ecco anche perché, nonostante il nostro primo contatto con i Midion prima e con la Dorata Intesa poi, la vita quotidiana sulla Terra sia cambiata meno di quanto si potrebbe pensare.
Regole simili comunque, e un simile assoluto rispetto, sono in atto anche per Venere: per quanto la gemella della Terra sia stata terraformata dalla Dorata Intesa per ospitare la vita, essa è prima di tutto parte del Sistema Solare. Solo a noi quindi (questo almeno secondo gli accordi diplomatici bilaterali) è dato decidere come debba essere utilizzato: un pianeta abitabile però, è di certo un dono che sa rendere umili. La Terra guarda a Venere più come ad un gigantesco laboratorio scientifico a cielo aperto e al prossimo granaio capace di sfamare l’umanità, che come ad una nuova immeritata casa: per parte sua, la Dorata Intesa appare approvare questa visione.
E dunque, dove è meglio cercare nel Sistema Solare luoghi dove l’uomo convive con altre specie?
La Luna è una possibile risposta, ma né nella città sotterranea di Endimion, né al gigantesco radiotelescopio del cratere Dedalo riusciamo davvero a sentirci a nostro agio: la ragione non è però la minore gravità, perché questo problema è già stato risolto dalla nostra scienza con la comprensione dell’effetto Higgs (per quanto l’energia necessaria a simulare un campo gravitazionale locale di 1 G sia fornita ancora dalla Dorata Intesa). La vera ragione è che è proprio attorno alla Luna che i vascelli della Dorata Intesa, tutte navi da guerra orrendamente armate, fanno porto per rifornirsi ed essere riparate. Anche tralasciando chi o cosa quei vascelli portino a bordo, vedere ridotti in quel modo simili strumenti di distruzione è capace di spaventarci, se non di terrorizzarci. Cosa possiamo noi, contro qualcosa capace di devastare a tal punto i prodotti di una tecnologia così avanzata?
Gli equipaggi di quelle navi non hanno risposte da darci, se non tornare a combattere: è raro che scendano ad Endimion dalla stazione spaziale in orbita che hanno costruito come fonda, ma a quelli che lo fanno, doniamo sempre un pugno di sabbia basaltica e la promessa di ricordarli nelle nostre preghiere.
 
Dunque, è su Marte dove bisogna dirigersi per osservarci interagire quotidianamente con altre specie senzienti: il pianeta dove cerchiamo di applicare le lezioni apprese su Venere e cerchiamo di apprendere altre ancora. La strada da percorrere per rendere Marte abitabile però, è ancora lunga. Proprio per questo tuttavia, con un’atmosfera incapace di sostenere la vita e habitat costruiti per difendersi da essa, le specie della Dorata Intesa possono recarvisi in relativa sicurezza anche per noi: vivere su Marte infatti, comporta tra le altre cose molte delle misure necessarie ad evitare contaminazioni biologiche involontarie.
 
***
 
Pensiero filosofico del lunedì mattina di Raul Breda: a 65 milioni di chilometri dalla Terra, il caffè istantaneo è comunque cattivo. Una sciocchezza che gli si è insediata nella mente durante la colazione, mentre aspetta di svegliarsi davvero… o quanto meno, di capire se quel momento arriverà mai.
Mentre il vapore gli appanna il bulbo oculare, la mente di Raul macina considerazioni come quella, in attesa che arrivi il momento di cominciare davvero la giornata: nel privato della sua mente, Breda considera questi momenti come le simulazioni del suo io cosciente. Decisamente non è persona che alla mattina carburi in fretta...
O ancora, qual è il metodo più corretto per un essere umano di contare i giorni quando si è su altri pianeti rispetto alla Terra? Su Marte è ancora relativamente facile: il giorno marziano dura all’incirca quanto quello terrestre di 24 ore. Venere invece ruota sul suo asse in poco meno di 244 giorni terrestri, cioè più del suo tempo di rivoluzione attorno al Sole. Se su Marte quindi i ritmi circadiani si mantengono più o meno invariati rispetto alla Terra (meno il primo jet lag dovuto al trasferimento), su Venere il “giorno” deve essere suddiviso in intervalli. Contare i giorni di Venere insomma, per un Terrestre non ha affatto senso: nessun umano può stare sveglio per 122 giorni, nemmeno se potesse riposarne altri 122 dopo. Si devono imporre necessariamente calendari artificiali, che non rispettano affatto i ritmi del pianeta o quello che il Sole nel cielo sembrerebbe suggerire. La simulazione dell’io cosciente di Breda (Bredamulazione) annuisce convinta di fronte alla conclusione raggiunta. Alzando però il coefficiente di difficoltà e uscendo dal Sistema Solare, come sarebbe la vita su un pianeta che gira attorno al suo asse in 16 ore, o in 64 (perché entrambi multipli di 4 e di 16 si chiede la Bredamulazione)? Su un pianeta da 16 ore, si potrebbero ancora rispettare i ritmi circadiani, ma il calendario sarebbe altrettanto dissonante rispetto a quello della Terra. Una confusione che però rischierebbe solo di aumentare se su un simile pianeta si imponesse anche il giorno Terrestre, perché ci si troverebbe con “giorni” e “notti” che non solo non corrisponderebbero affatto a quelli del pianeta, ma si troverebbero anche a scambiarsi di posto a causa delle relative durate, ovvero 1 giorno e mezzo sul pianeta di 16 ore contro 1 giorno terrestre. Mezzogiorno terrestre in breve, corrisponderebbe alla mezzanotte ogni due giorni di 16 ore, e lo stesso farebbe la mezzanotte. Un vero pasticcio, che peggiora proporzionalmente quanto più ci si allontana da numeri diversi da 24 ore o con divisori comuni: ad esempio, pianeti con una durata del giorno di 33 ore rappresentano potenzialmente un incubo logistico. Per non parlare degli effetti devastanti che una simile dissociazione tra io cosciente, ritmi circadiani e ritmi biologici ha sulla psiche umana.
No, si convince la Bredamulazione, la soluzione più efficiente probabilmente è quella di separare il calendario di una specie, che è meglio resti unificato, dall’ora locale su un qualunque pianeta. E forse usare un riferimento astratto per i giorni che abbia durate diverse da numeri divisibili per 8, 4 o 3…
Il suo caffè ora è più freddo, ma rimane sempre cattivo.
Adesso però c’è qualcuno che attende di avere la sua attenzione: è alla sua sinistra, in piedi e in paziente silenzio. La Bredamulazione non si spaventa per quella che per lui è una comparsa improvvisa: le simulazioni dell’io cosciente non possono avere paura. In compenso però, ora sa perché stava ragionando in multipli di 4 e di 16.
Quando è certo di avere la sua attenzione, il Midion si inchina lievemente, dando a Raul l’occasione di prenderne le misure: è davvero piccolo, pensa. Ed è la pura verità: escludendo i loro funicoli, nessun Midion ha mai superato i 170 cm (non naturalmente almeno), e il suo interlocutore sembra essere nel segmento medio basso della sua specie. Potrebbe comunque polverizzargli tutte le ossa con una sola pacca:
“…Buongiorno.” è la prima parola che gli affiora su labbra ancora umide di caffè.
Le specie della Dorata Intesa comprendono senza troppi problemi le principali lingue umane. L’inverso però, non sempre è vero: i Midion ad esempio, si esprimono usando anche alcune frequenze che l’orecchio umano non è in grado di percepire. Un ostacolo che però è stato aggirato in fretta, poiché l’hanno già incontrato con altre specie: ecco perché portano installati nei guanti delle loro corazze ambientali (o più propriamente nei mitteni delle loro corazze, considerata la cultura Midion), degli accelerometri in grado di “leggere” la posizione relativa di dita e mani. Con queste informazioni è piuttosto facile poi associare un significato preciso ad ogni cenno e questo l’alfabeto gestuale, o lingua dei segni, può essere poi letto e “pronunciato” da un sintetizzatore vocale in lunghezze d’onda che l’orecchio umano sia in grado di percepire. In modo da risultarci il più possibile comprensibili inoltre, quando dialogano con noi i Midion si sforzano sempre di usare come base della loro lingua dei segni la nostra.
“Sur’fââb Tm.” frinisce l’apparato che l’alieno porta ancorato sul petto: dalla nota dolcemente metallica del sintetizzatore vocale, Breda capisce che il suo interlocutore è, in effetti, un’interlocutrice. Tra i Midion, il dimorfismo tra i due sessi diventa evidente solo quando sono nudi: le loro corazze ambientali non aiutano affatto in questo senso.
“…Mi scusi?”
“Sur’fââb… Tâbrun!” esclama la Midion, lanciandosi in una veloce sequela di suoni che Breda non riesce completamente ad afferrare.
Ciò che la Midion fa poi non è qualcosa a cui Raul possa dire di essere preparato: prima che possa fermarla infatti, la minuta aliena si afferra con forza il bicipite e, con una torsione e uno strappo, si cava l’intero braccio dalla spalla. Solo osservandolo pendere dalla sua stretta, Raul si convince che si tratta di una protesi.
Per fortuna però, di braccia i Midion ne hanno quattro e con due pollici per ogni mano. Gliene bastano solo due per dialogare con noi umani:
“…Non ho ancora molta… pratica…  con questo aggeggio.”
“...Temo che lo stesso valga per me.” e per quanto banale come risposta, sarebbe potuta andare molto peggio. Per esempio, Breda avrebbe potuto chiederle se le serviva una mano per il suo… braccio.
“Mi chiamo Po’Ran.” si presenta, lisciandosi la sciarpa che porta sopra la sua corazza ambientale.
Su di essa, Raul riesce a leggere pochi tra i molti glifi che vi sono stati ricamati, tra cui quello della casta militare e quelli che designano Po’Ran come membro del 28° skete della flotta del Vento.
“…Lei è il dottor Bread?”
“…Breda, veramente. Bread, pane, è un cibo. Un nostro cibo, voglio dire.”
“Sì… ha ragione… temo che nella fretta di cercarla, non abbia fatto tempo ad impostare un segno da associare al suo nome.”
“E quindi ha usato il segno che più si avvicinava al suono.” conclude Raul: “…In che senso mi stava cercando?”
“Ecco, ho una domanda di cui mi hanno detto lei potrebbe avere la risposta.” dicendolo, Po’Ran appoggia il suo braccio di metallo sul tavolo, in modo da avere una mano libera per frugare gli scomparti della cintura che porta alla vita.
La Midion trova in fretta quello che cerca e riesce di nuovo a stupirlo, perché quella che impugna ora è una matita grassa, di quelle da carpentiere, con cui traccia rapidamente sul tavolo una forma stilizzata:

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Come chimico e archeobiologo però, Raul sa leggere quei segni:
“1-3-7 Trimetilxantina. Alcaloide naturale. Irritante. Più comunemente nota come caffeina o teina.”
“…Mi è stato detto che gli esseri umani la bevono diluita in acqua.”
“Sì, è così. Ne ho giusto questa tazza…”
Ma Po’Ran è già balzata indietro di quattro metri: non l’ha vista muoversi. Semplicemente, non è più dove stava guardando. È persino riuscita a riprendersi il suo braccio:
“…Tutto bene?”
“Mi scusi.” risponde la Midion, senza accennare però a volersi avvicinare di nuovo: “…Mi sto rendendo una sciocca naturalmente. Il fatto è… che per la biologia della mia specie, quello è uno fra i più potenti narcotici che esistano.” come per i ragni, fa tempo a pensare Raul.
Anche questa volta però, per fortuna le sue labbra optano per qualcosa di più banale:
“…Suppongo quindi sarebbe improprio offrigliene una tazza.”
“Piuttosto.” dicendolo, Po’Ran sembra quasi ridere: “…Mi avevano detto che la terra dei sognatori contiene tesori che non dipendono affatto dalla sua posizione. Avevano ragione.”
“La… terra dei sognatori?”
“Sì: il sistema di pianeti attorno a questa stella, naturalmente. Grazie per il suo tempo, dottor Bread. E la sua gentilezza.” e prima che possa risponderle, la Midion è già lontana.
È proprio vero quello che si dice, riflette Raul: i Midion sanno fermarsi davvero solo quando dormono.
Il suo caffè è ancora cattivo, ma non gli importa più così tanto.
  
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