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Autore: taisa    14/12/2017    3 recensioni
Quando la vita si spezza in un unico istante resta una sola cosa da fare... vendetta!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17, 18, Dr. Gelo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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COLD EYES

Senza di te

Lazuli era allo stremo delle forze, ma non poteva fermarsi. Smettere di correre equivaleva ad arrendersi, consentendo agli inseguitori di raggiungerla. Non poteva permettere che ciò accadesse, cercando dentro di sé la forza che le serviva per andare sempre avanti.
Tra le braccia stringeva una confezione di pane e alcune scatole di cui non conosceva il contenuto. Le aveva rubate a caso, prese dal bancone di un supermercato nella speranza di non essere scoperti dalle autorità.
Era andata male, questa volta, qualcuno li aveva notati, lei e Lapis, mentre sgraffiniavano qualcosa da mangiare tentando di sgattaiolare all’esterno senza essere visti. C’erano state delle urla e dei tafferugli, i due bambini si erano guardati negli occhi e avevano capito che questa era una di quelle volte in cui dovevano correre.
Lapis era sempre stato il più veloce e con un rapido scatto aveva attraversato la porta del negozio e si era fiondato all’esterno. Lazuli aveva fatto altrettanto, ma non era stata altrettanto fortunata. Qualcuno aveva visto il bambino fiondarsi verso l’uscita e con prontezza di riflessi aveva compreso che le urla dei commercianti e le richieste di fermare i ladri erano rivolte anche a lei.
Lazuli si era sentita afferrare per una spalla con una presa salda. La mano era presumibilmente quella di un uomo, la ragazzina non si era certo fermata a verificare.
Sapeva di aver urlato, una disperata richiesta d'aiuto rivolta al fratello che era ormai lontano. Lapis non poteva lasciarla, fermatosi sul bordo del marciapiede esitò per una frazione di secondo, voltandosi ad osservare la gemella divincolarsi con foga tra le mani del suo assalitore.
Disperazione e paura furono la forza alla quale si aggrappò. L’istinto le suggerì di mordere la mano stretta sulla sua spalla e l’uomo, colto alla sprovvista, allentò la presa quel tanto da permetterle di divincolarsi verso la libertà. Un sonoro strappo le suggerì che non tutto era rimasto integro. Ben presto si accorse che la manica della sua giacca si era strappata, pendendo sul suo braccio quasi interamente separata dal resto dell’indumento.
Non c’era stato il tempo per fermarsi, per riflettere, dovevano correre e dovevano essere veloci.
Conoscevano bene questa città, tutte le strade, i vicoli e le scorciatoie che nessun adulto aveva mai percorso.
Si seguivano a vicenda, dietro un istinto comune che li guidava come se avessero un unico cervello, come se fossero una persona sola.
La loro fuga durava da diversi minuti, ma i gemelli erano ancora troppo spaventati per potersi fermare a prendere fiato, terrorizzati non si erano mai guardati alle spalle per verificare la presenza di probabili inseguitori.
Fu Lazuli a frenare il passo per prima, fermandosi quando l’istinto le suggerì che poteva rilassarsi, che erano riusciti nel loro intento e forse stasera avrebbero mangiato qualcosa di buono e sostanzioso. Non amavano rubare, ma erano solo due ragazzini orfani senza un soldo la quale sopravvivenza era basata sul semplice istinto e sulla loro complicità.
Quando il fiato sembrò tornarle, Lazuli alzò lo sguardo, scoprendosi ad osservare una grossa cancellata che circondava un enorme edificio. Impiegò alcuni secondi per capire cosa fosse e dove la loro corsa li avesse portanti. A farle comprendere che stava guardando una scuola ci pensarono i suoi coetanei nel giardino circondato dalle inferiate.
Doveva essere una pausa, intuì, notando i diversi gruppi di bambini giocare e rilassarsi insieme agli amici con la quale condividevano banchi scolastici.
Lazuli si domandò con una punta di rammarico che sensazione si provasse a passare tutti i giorni seduti sulla stessa sedia, circondati da compagni della stessa età con la quale poteva condividere un pranzo.
Al suo fianco sentì un movimento. Non si voltò, sapeva che Lapis si era affiancato a lei e con altrettanta certezza seppe che nella mente del gemello stavano affiorando gli stessi pensieri.
Senza dire nulla Lapis le afferrò una mano e la strinse per confortarla. Lazuli fece altrettanto, trattenendo le dita del fratello per restituire in altrettanta misura l’incoraggiamento che da lui stava ricevendo.
Restarono così in silenzio per alcuni minuti, osservando bambini che non conoscevano fare cose che loro non erano in grado di fare. Le parole, tra loro, non erano necessarie.
In comune accordo si voltarono, cercando lo sguardo reciproco. Gli occhi identici dei due gemelli si cercarono per un unico breve istante. Ed ancora in silenzio si allontanarono insieme. Non avevano bisogno di compagni di gioco, di scuole e nemmeno di cibo. Tutto quello di cui avevano bisogno era l'uno dell’altra.

***

Gli ombrelli cominciarono ad aprirsi appena le prime gocce di pioggia toccarono il terreno. Alla rinfusa la gente cominciò a cercare un luogo per potersi riparare dal rovescio incombente. La piazza si svuotò con rapidità, lasciando solo chi, uscendo di casa, aveva alzato lo sguardo per osservare i nuvoloni neri che si erano materializzati all’orizzonte e aveva preso un ombrello. In un modo o nell’altro tutti cercarono un metodo per restare all’asciutto. Tutti, ma non Lazuli.
Lei rimase sul marciapiede accanto alla piazzola davanti alla quale sostava. Sottili ciocche di capelli biondi si appiccicarono al viso sottile, accanto al bordo dei suoi occhi che non avevano smesso un secondo di osservare la strada con una certa scrupolosità. Non le importava di essere fradicia, di non avere un riparo dalla pioggia.
Lapis era scomparso da più di due settimane. Di lui non aveva notizie e l’idea che potesse essergli successo qualcosa la stava logorando. In tutta la loro vita non erano mai stati lontani per così tanto tempo. Erano nati insieme, avevano vissuto insieme ed erano sopravvissuti insieme. Senza di lui la sua vita era vuota.
“Lapis, dove sei?” si domandò con disperazione, sperando di vederlo comparire da dietro un angolo da un minuto all’altro senza spiegazione.

***

All’interno di una baracca che avevano costruito con gli scarti della discarica che la circondava, Lazuli era seduta a gambe incrociate. Sul pavimento, se così lo si voleva definire, aveva impilato con cura una serie di monetine.
Le contò con desolazione, constatando che non erano un gran numero. Il cibo che avevano rubato pochi giorni prima era quasi finito, di questo passo sarebbero stati costretti a sgraffignarne ancora da qualche altro supermercato.
“Lazuli, ho una sorpresa per te” esordì la voce del fratello, mentre questi si affacciò all’interno del loro nascondiglio dopo essersi arrampicato sopra un mucchio di cianfrusaglie abbandonate. La ragazzina lo guardò entrare e trovare spazio nell’angusto rifugio, le mani nascoste dietro la schiena e sulle labbra un sorriso sornione che suggerì qualche marachella. Lazuli inarcò un sopracciglio sottile “Che cos’hai combinato?” gli domandò diretta e lui sembrò quasi offendersi all’insinuazione. “Non so di cosa stai parlando” recitò, senza smettere di esibire un sogghigno soddisfatto. Lei attese.
Dopo alcuni istanti Lapis le mostrò quello che stava nascondendo. Tra le sue mani reggeva una giacca jeans sulla quale era attaccata ancora l’etichetta di un qualche negozio. “Ti piace? L’ho preso per te” le disse porgendole l’indumento.
Lazuli esitò per un istante, “Dove l’hai presa? Sai bene che non possiamo permetterci queste cose!” lo rimproverò, preoccupata più che altro. I suoi occhi azzurri si scostarno sulle monetine ancora impilate sul pavimento e quelli identici del gemello fecero altrettanto.
“Non essere stupida” le rispose, avendo compreso in quel breve lasso di tempo le preoccupazioni della sorella, “Non l’ho mica comprato” la rassicurò poggiando il capo d’abbigliamento sulle ginocchia della ragazzina. “L’ho rubato per te” spiegò additando la giacca di Lazuli e la manica che ancora pendeva attaccata ad essa grazie ad un mero pezzo di stoffa.
“Davvero?” gli domandò lei, senza riuscire a nascondere una certa gratitudine all’indirizzo del fratello che annuì in responso. “Coraggio, provala” le disse Lapis, in trepidante attesa. Lazuli perse un altro secondo a riflettere, ed infine si decise. Tuttavia prima ripose il gruzzolo di monete in una piccolo marsupio che nascose sotto la propria maglietta. Infine si sfilò la giacca rovinata ed infilò quella nuova.
Lapis osservò tutta l’operazione in silenzio. “Ho scelto bene?” le chiese alla fine. Lazuli ci pensò, era calda e la sensazione di un capo nuovo sembrò elettrizzarla. Cercò di sopprimere una leggera punta di vanità, prestando attenzione solo al senso di gratitudine che provò nei confronti del gemello. “Sì” gli rispose alla fine.

***

C’era un uomo dalla parte opposta della piazza. Nemmeno lui si era mosso, nonostante le intemperie.
Lazuli lo studiò con attenzione. Un signore anziano il cui viso era nascosto da grossi baffi bianchi. A ben pensarci Lapis aveva parlato di un vecchio di recente.
Lo fissò negli occhi, limpide pupille azzurre chiare quasi glaciali, che le ricordarono quelli del fratello. Quel pensiero, per quanto irrazionale, sembrò suggerirle che lui sapeva qualcosa.
L’uomo la stava a sua volta fissando. Si scrutarono dai lati opposti della strada, in mezzo tra loro gente coperta da ombrelli scorreva senza sosta. Quando lui assottigliò lo sguardo sembrò volerle sussurrare un messaggio.
“Seguimi” le stava dicendo, prima di voltarsi ed incamminarsi lungo il viale. Lazuli seguì il suo istinto. Doveva ritrovare Lapis ad ogni costo. Così, senza esitare, attese alcuni istanti prima di seguire l’uomo misterioso.
Si fermarono in un parco lontano dalla vita cittadina, deserto a causa della pioggia che non aveva ancora smesso di cadere. Lui si voltò, dandole l’opportunità di guardarlo di nuovo negli occhi glaciali. “Tu devi essere la sorella” sussurrò con voce roca. Lazuli lo studiò con attenzione per un breve momento, “Dimmi dov’è” ordinò.

CONTINUA…



  
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