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Autore: revin    14/12/2017    0 recensioni
Tornare alla vita di sempre non sarà facile per Gwen. Il ricordo di Michael continua a tornarle in mente, così come quello dei mesi trascorsi a Fox River. Senza contare i due galeotti che sembrano non riuscire proprio a starle alla larga e un segreto dietro l'angolo pronto a travolgere tutto e tutti.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Michael/Sara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così ero di nuovo in partenza.
E dire che mi ero ripromessa di smetterla di spostarmi da un posto all’altro come una nomade, invece ero fuori da Fox River da meno di 72 ore e avevo già attraversato mezza America. Ma infondo, perché mi sorprendevo tanto? Non ero mai stata brava a mantenere le promesse. Per esempio quella fatta a Keith quando gli avevo giurato che in California non avrei incontrato nessuno degli evasi, oppure quando gli avevo assicurato di aver chiuso definitivamente con Michael, Lincoln e tutto ciò che li riguardava. E poi c’era la promessa più importante, quella che avevo fatto a me stessa: non tornare mai più in prigione. Ma neanche quella sarei riuscita a mantenere, perché adesso Mahone sapeva del mio coinvolgimento con 3 degli 8 evasi più ricercati d’America.

Dopo aver salutato Lincoln, Michael e Sucre e aver augurato loro buona fortuna, venni accompagnata alla prima stazione di servizio e lì per fortuna, qualche ora dopo, riuscii a rimediare un passaggio fino in Texas.
Ognuno di noi quel giorno prendeva strade diverse per andare incontro al proprio destino.
Sucre decise di prendere l’aereo e raggiungere il Messico. Era l’unico degli evasi a riuscire a superare il confine. Con tutta la fatica che era costata a Michael quel passaggio, il minimo che poteva desiderare era che non andasse del tutto perduto. Una volta lasciatosi alle spalle gli Stati Uniti, Sucre contava di riconquistare la sua bella chica e vivere felice con lei e col bambino che presto sarebbe arrivato e io gli auguravo dal profondo del cuore di riuscirci.

Al contrario Lincoln e Michael avevano scelto di restare e si erano diretti a nord, alla ricerca di Sara Tancredi e della soluzione al complicato mistero che aveva distrutto le loro vite, mentre io avevo deciso di seguire il consiglio di Michael, avevo raggiunto l’aeroporto di Forth Worth, in Texas, e prenotato un volo di sola andata per il New Jersey per tornare come il figliol prodigo da Keith.

All’uomo prese quasi un colpo quando mi vide presentarmi sulla soglia di casa sua, in pieno pomeriggio inoltrato, senza essere stato nemmeno avvisato.
Indossava la tuta di casa quando venne ad aprirmi la porta e nel vedermi, immediatamente sulla sua fronte apparve un solco profondo. 
  • Dimmi che non ti sei cacciata di nuovo nei guai.
  • No, lo giuro.
Sarei finita all’inferno a furia di raccontare menzogne così ostinate?
Non era da escludere. 
  • Credevo volessi restartene un po’ per conto tuo.
  • Già, ma come vedi sentivo la tua mancanza.  -  dissi spiccia, accomodandomi dentro.
  • E’ successo qualcosa?
Era chiaro che Keith non si aspettasse affatto quell’improvvisa irruzione. Sembrava impreparato, con le braccia conserte e lo sguardo perplesso.
  • Perché, deve per forza succedere qualcosa quando ho voglia di venire a trovarti?
  • Beh, in generale… si.
Durante il volo che mi riportava a casa, avevo pensato seriamente di raccontare al mio patrigno tutta la verità, ma poi una volta atterrata a Newark avevo deciso di non farlo. Michael mi aveva fatto capire che se avessi fatto quella scelta avrei rischiato di mettere in pericolo Keith e Meredith e io non volevo dar loro altri problemi, né tantomeno metterli in pericolo.
  • Sai, ci ho riflettuto a lungo e alla fine ho capito che avevi ragione.  -  continuai imperterrita.
  • A che proposito?
Era il momento di appioppare a Keith la balla apocalittica che mi ero studiata a tavolino durante il viaggio.
  • Non sono pronta. Il college, la competizione, gli esami e poi tutte quelle… palme. Non ricordavo mica che a Los Angeles ci fossero tante palme.
  • E’ comprensibile, sei appena uscita di prigione, hai bisogno di riambientarti a poco a poco. Sono felice che tu abbia deciso di tornare. E’ bello riaverti a casa. Devo solo…  -  Il viso di Keith si rabbuiò per un istante.  -  … beh, poco male.
  • Cosa?
  • Niente di grave, è che qualche settimana fa ho accettato di seguire un caso a Pittsburg e sarei dovuto partire giovedì, ma non fa niente. Chiederò a Perry di occuparsene. Non voglio lasciarti da sola.
  • Non se ne parla nemmeno, tu devi andare!  -  Non potevo credere alla mia fortuna.
  • Ma tu hai bisogno di me.
  • Non morirò mica se resto da sola qualche giorno, ti pare? Non preoccuparti. Và e risolvi il caso, io mi rilasserò un po’ in casa, mangiando schifezze davanti alla tv in attesa del tuo ritorno.
L’uomo sembrava in difficoltà.  -  Sei sicura? Può essere che io stia via anche due, tre giorni.
  • Starò benissimo, fidati. Mi riposerò, organizzerò festini e darò fondo al nostro minibar.
Mi lanciò una smorfia.  -  Ma noi non ce l’abbiamo un minibar.
  • Ah no? Allora dovremmo deciderci a comprarlo.
Ero felice di essere riuscita a tranquillizzare Keith e convincerlo a partire. Se non altro, quando i federali sarebbero venuti a prelevarmi per riportarmi in carcere, lui non sarebbe stato lì ad assistere.
Da tempo ormai ero certa che non sarei mai riuscita a farmi perdonare per tutte le bugie che gli avevo raccontato. Prima o poi, Keith si sarebbe reso conto di aver fatto uno sbaglio a prendersi in casa una piantagrane come me. Era solo questione di tempo.
 
Ero a cena con Keith e avevo appena finito di apparecchiare la tavola e posare il cestino del pane quando il tg della sera diede la sconcertante notizia riguardante gli evasi. Le due facce di Michael e Lincoln, le stesse che da ormai due settimane tappezzavano le prime pagine dei giornali, gli angoli delle strade e le entrate di ogni negozio, riempirono lo schermo della nostra cucina.

“ I due principali evasi, Michael Scofield e Lincoln Burrows sono riusciti nuovamente ad eludere la sorveglianza e sfuggire alla polizia incaricata di trasferire i due pericolosi criminali dal carcere di Las Cruces, dove i due fratelli erano stati consegnati la notte prima grazie all’intervento della polizia di frontiera e dell’agente federale Alexander Mahone…”
 
Facendo quasi volare il cestino del pane, avevo afferrato il telecomando per alzare il volume. La cronista aveva continuato a leggere la notizia, mentre sullo schermo le foto di Lincoln e Michael venivano sostituite dalle riprese video del momento in cui i due fratelli lasciavano il carcere di Las Cruces a bordo di un furgone della polizia.
 
“Secondo alcune indiscrezioni, sembra che la fuga sia avvenuta durante una sosta del furgone cellulare sul quale i due detenuti si trovavano per essere riportati nel carcere di massima sicurezza di Joilet, nell’Illinois, dal quale due settimane prima erano evasi. Approfittando del momento di distrazione della scorta incaricata di supervisionare il trasporto, i due uomini sono riusciti a dileguarsi nei pressi di Albuquerque, senza lasciare traccia. La polizia non riesce ancora a spiegarsi come sia potuto succedere.” 
  • Ce l’hanno fatta di nuovo. Incredibile!  -  esclamò Keith che si era avvicinato a me senza che me ne accorgessi.
Continuai a fissare il televisore, stringendo il telecomando in mano.
La giornalista aveva chiuso il servizio sugli evasi per aprire il successivo relativo a questioni di politica estera. Solo allora Keith sembrò accorgersi del mio turbamento.
  • Tesoro, va tutto bene?
  • Non sapevo neanche che fossero stati arrestati.  -  mormorai con un fil di voce.
  • E’ successo ieri notte. La polizia di frontiera li ha bloccati, probabilmente mentre cercavano di superare il confine. La notizia è stata trasmessa stamattina. Scusa, sembravi così stanca che non ho voluto svegliarti.
Avevo annuito senza ascoltare nemmeno una sillaba, nella mia testa avevano cominciato ad arrampicarsi tutta una serie di scenari possibili. Innanzitutto, come diavolo era potuto succedere? Era troppo pretendere di potersi concedere una dormita di 12 ore filate, senza che saltassero fuori il giorno dopo arresti ed evasioni a fiotti? Evidentemente era troppo. Ero scioccata. Avevo salutato Michael e Lincoln meno di 24 ore prima, com’erano riusciti a combinare così tanti guai in un lasso di tempo tanto breve?

Quella sera cenai velocemente insieme a Keith, riordinai la cucina e mi fiondai di sopra, nella mia stanza, sedendomi a gambe incrociate sul letto dove appoggiai anche il mio inseparabile portatile per dare inizio alla ricerca. Dovevo capire cosa fosse accaduto esattamente.
La lista dei risultati in rete, come al solito, fu ricchissima. Impiegai più di un’ora a leggere e rileggere come i due fratelli Scofield-Burrows fossero stati catturati, arrestati e soprattutto  come fossero riusciti a sfuggire, gabbando non soltanto le due guardie presenti con loro sul furgone che li trasportava, ma addirittura anche le altre 5 auto della scorta. Possibile che una dozzina di uomini addestrati e armati fino ai denti si fossero lasciati “fregare”  -  era proprio il caso di dirlo  -  da un ingegnere e un ladro, per giunta ammanettati? Ok, Michael era in gamba, era riuscito a progettare un’evasione fuori dal comune ma, diamine, non era certo Houdinì.

Continuai a leggere e confrontare insieme le varie informazioni, studiai con cura ogni descrizione. Sembrava che la maggior parte delle testate giornalistiche principali ammirassero l’indiscusso ingegno di Michael, soprattutto rapportato alle recenti evasioni che aveva portato a termine. Erano le stesse testate che denigravano e criticavano il lavoro fin ora svolto dalla polizia in merito alla cattura degli evasi.

In un’intervista realizzata dall’Herald Express di Chicago al nuovo direttore di Fox River, El Pavel, il sostituto direttore aveva dichiarato che, nonostante i recenti accadimenti, la politica del carcere avrebbe rispettato le decisioni giuridiche prese prima dell’evasione degli 8 detenuti. Senza ulteriori rinvii Lincoln Burrows avrebbe ricevuto la pena capitale entro 48 ore dal suo rientro a Fox River, mentre a Michael Scofield sarebbe stata imputata la pena massima dell’ergastolo a causa delle ultime accuse piovute su di lui, sommate alla precedente condanna imputatagli.

Per trattenermi dalla tentazione logorante di afferrare il telefono e chiamare Michael al numero che mi aveva lasciato, cercai di distrarmi leggendo gli aggiornamenti sugli altri evasi.
A dire il vero c’era poco e niente di interessante. Nessuno era stato preso o era morto, il che mi sembrava già piuttosto incoraggiante. L’unica notizia che riuscì a catturare la mia attenzione riguardava Brad Bellick, l’ex guardia carceraria di Fox River, licenziato dopo la fuga degli 8 evasi. A quanto potevo leggere, “occhi da lucertola” era tornato a Fox River, questa volta però in tenuta da prigioniero.
 
Questa si che è bella!
 
L’articolo spiegava che Bellick era stato arrestato qualche giorno prima a Tribune, in Colorado. L’uomo era stato accusato e arrestato per l’omicidio del suo amico ed ex collega Roy Geary con il quale stava collaborando per dare la caccia agli evasi.
 
Ma che diavolo sta succedendo? Va tutto il malora qui! pensai sconsolata, riponendo di lato il pc per stendermi sul letto e meditare.
Mi sentivo strana, turbata. Sentivo che c’era qualcosa di sbagliato in tutta quella storia, nel mio coinvolgimento, nel modo in cui stavo mentendo a Keith.
 
Michael.
 
In mezzo a quel caos riuscivo a pensare sempre e solo a lui. Michael.
Ero come un alcolizzato che continua a ripetersi di poterne uscire in qualunque momento e dentro di sé sa di aver imboccato un tunnel senza uscita. Più le ore passavano, più quel tunnel diventava stretto, soffocante.
 
Michael. Michael. Michael.
 
C’era da impazzire a forza di rimuginare. Dovevo trovare qualcosa da fare per occupare il tempo e credere che prima o poi Michael mi avrebbe chiamata per tranquillizzarmi. Lui stava bene, ne ero certa.
Quella notte, per tutta la notte, tutta la santa notte, cucinai i biscotti. Montagne di biscotti.
Ovviamente non fu una buona idea, non solo perché la cucina non era mai stato un territorio di mia stretta appartenenza, ma anche perché quel comportamento mi rendeva strana e preoccupata agli occhi di Keith e io non volevo che si allarmasse o peggio, che lo collegasse al mio disturbo mentale.

Dovetti impegnare tutto l’intero momento colazione per convincerlo che fosse ancora una buona idea partire per Pittsburg, poi nell’attesa di decidere come occupare il resto del lungo pomeriggio, mi preparai una tazza di caffè, riordinai il bucato e mi decisi finalmente a disfare la borsa che avevo portato con me in California.
Mentre tiravo fuori il cambio d’abiti d’emergenza per infilarlo in lavatrice, gli stessi indumenti che avevo indossato per lasciare Fox River, il notiziario di Canale 11 mandò in onda un nuovo servizio in direttissima.
Si trattava dei recentissimi aggiornamenti sugli evasi Michael Scofield e Lincoln Burrows, in particolare di alcuni spezzoni dei 26 minuti del video girato dai due fratelli e delle loro sconcertanti rivelazioni.
Ancora una volta, in meno di 24 ore, i visi di Michael e Lincoln invasero lo schermo della TV, lasciandomi sbigottita.

Subito dopo la diretta di Canale 11, corsi nella mia stanza ed entrai in rete per visionare più attentamente i 26 minuti completi del video. Al suo interno, in breve, i due fratelli raccontavano, alternandosi, della loro innocenza, di come Lincoln fosse stato incastrato per l’omicidio di un uomo che in verità era rimasto nascosto fino alla notte precedente; si accennava ad un complotto organizzato da un complesso governativo che si faceva chiamare “La Compagnia”, inoltre nel corso del video venne tirato in ballo anche il coinvolgimento in prima persona del presidente Reynolds e quello dell’agente federale Alexander Mahone, che secondo le parole di Michael era stato corrotto allo scopo di uccidere tutti e 8 i detenuti evasi perché convinto che fossero in possesso di prove compromettenti. Era da imputare a lui la colpa per le morti ingiustificate di John Abruzzi e David Apolskis, e sempre a lui si accusava di aver ucciso il latitante Oscar Shales di cui Mahone si era occupato nei mesi precedenti alla caccia agli 8 evasi, latitante che l’opinione pubblica credeva ancora un fuggiasco ma che non sarebbe mai più stato ritrovato.
Infine, 4 minuti e 52 secondi esatti erano stati dedicati alla completa discolpa della dottoressa Sara Tancredi per essere stata messa in una posizione difficile a causa dell’evasione. Nei quasi 5 minuti video dedicati a Sara, Michael le chiedeva di perdonarlo per i problemi che le aveva causato e si assumeva completamente la colpa di ciò che era accaduto.

Nell’arco di pochi minuti il video fece il giro del mondo, ma il governo riuscì a sminuirne la notiziabilità, dichiarandolo privo di fondamento.
La messa in onda di quel video arrivava in un momento molto delicato della caccia agli evasi, fattasi ormai spietata e pericolosa. L’idea di creare quel video per raccontare la verità e mettere a nudo le malefatte del governo era una buona idea, inoltre le dichiarazioni su Mahone, vere o fittizie che fossero, in un modo o nell’altro avrebbero minato la credibilità del poliziotto e questo sarebbe andato senza ombra di dubbio a vantaggio di tutti noi.

Quello che non riuscivo a capire era: perché produrre quel video adesso? Lincoln aveva fatto riferimento a Steadman e al fatto che fosse rimasto nascosto fino a quel giorno, ma cos’aveva voluto dire? Possibile che Terrence Steadman fosse finalmente saltato fuori, e perché Michael continuava a tenermi allo scuro di ciò che stava accadendo? Aspettava che le mie coronarie esplodessero per decidersi a chiamarmi?
Incapace di trovare una spiegazione e la calma necessaria per sedare le mie coronarie, presi il telefono e composi a memoria il numero di Michael.
 
Ho aspettato abbastanza. Adesso basta.
 
C’era la possibilità che dopo l’arresto avvenuto in New Mexico il cellulare gli fosse stato sequestrato e che qualcuno, trovando il mio numero sul display di un fuorilegge, potesse rintracciare la proprietaria del numero e la provenienza della chiamata, ma non m’importava. Dovevo rischiare. All’altro capo, una voce registrata m’informò che il numero da me selezionato risultava spento.
 
Perfetto!
 
Provai una decina di volte, ma il risultato fu sempre lo stesso. Tornai al mio portatile per rivedere il filmato in cerca di messaggi nascosti o possibili significati sfuggiti alla prima occhiata, del tipo: “ stiamo tutti bene” o “ti amo, quindi non farti venire un accidente”, ma non ne ricavai un ragno dal buco. Solo un gran mal di testa.
Verso le dieci di sera, dopo aver riprovato a chiamare lo stesso numero altre 15 volte o giù di lì, mi gettai sul divano e rimasi ad aspettare e pregare che quel dannato telefono squillasse. Ero troppo preoccupata per dormire, troppo preoccupata per trascorrere un’altra notte a preparare biscotti. E poi all’improvviso il cellulare squillò davvero. Ruotò sopra il tavolo liscio a causa del moto vibratorio. Sul display lessi “M” e il sollievo si diffuse in tutto il mio corpo prima ancora che potessi rispondere. 
  • Michael!!! Finalmente.
  • Scusami, avrei dovuto chiamarti prima, lo so.
Meglio tardi che mai, pensai tra me e me.
  • State bene?
Pur non vedendolo, percepii il suo sorriso all’altro capo.  -  Staremmo molto meglio domani. Ci siamo Gwyneth, presto metteremmo fine a questa storia.
  • Avete trovato Sara?
  • Si e stiamo andando a Chicago, ma ho bisogno di parlarti. Pensi di poterci raggiungere domani?
Impallidii.  -  A Chicago?
 
Ma come, non si era detto di rimanere nascosti al sicuro per un po’?
  • Si, è importante. Alle undici, tra la 47esima e S. Clemente.
Per fortuna Keith era già partito, così perlomeno mi sarei potuta risparmiare l’ennesima balla apocalittica da rifilargli. La borsa era già pronta, non avevo neanche fatto in tempo a disfarla.
E dire che mi ero ripromessa di non tornare mai più nell’Illinois. Ecco un’altra promessa che non avrei potuto mantenere.
  • D’accordo, ci sarò. A domani.
   
 
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