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Autore: Alone_D    15/12/2017    0 recensioni
-Lei non doveva incontrarti! - sbottò una voce in lontananza - È stata lei a venire da me!- ringhiò un’altra. Non capivo dove mi trovavo, così iniziai a correre, era tutto buio. Svariati alberi mi circondavano e bloccavano ogni via d’uscita. Continuai a correre fino ad un laghetto. Per poi fermarmi di botta quando vidi i due ragazzi che avevo appena sentito discutere. Si girarono di scatto verso di me e li riconobbi.
Tratto da un dialogo: -Sono un angelo nero in fin dei conti-
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Image and video hosting by TinyPic ‘‘Perchè vuoi rovinare la mia vita?” queste furono le ultime parole che dissi invano a mia madre prima di partire; ed ora eccomi qui, a scrivere della mia stupida vita ad uno stupido diario.
“Cambiare aria ti farà bene” disse mia madre quando le chiesi il motivo di questo nostro trasferimento. Cambiare aria? No, non faceva per me. Lei non può capire, dice sempre le solite cose: “La devi smettere di piangere, devi ricominciare ad uscire, devi ricominciare a mangiare…”. “Devi” mai un “perché”. Eppure non si è mai preoccupata di fermarsi 5 minuti a parlare con me. Non si è mai preoccupata di chiedermi “perché piangi?” Non si è mai preoccupata di chiedermi “perché non sorridi più?” Beh come biasimarla, la sua vita gira attorno a lei. 
E pensare che domani dovrò iniziare il nuovo anno scolastico, nuova scuola e nuove persone; beh forse mia madre ha ragione, forse mi farà bene cambiare aria.
Bussarono alla porta interrompendo i miei pensieri. Entrò mia madre. Colei lei che crede di conoscermi ma che in realtà non sa niente. Lei che sembrava tanto uguale a me, ma solo di aspetto. Con quegli occhi cangianti, proprio come i miei, azzurri con striature verde acqua col sole e grigi con striature azzurre con la pioggia. Occhi stanchi, occhi che piangevano nel silenzio della notte. Tuttavia era qui che sorrideva, con il suo sorriso perfetto e con i suoi capelli che le adornavano il viso in un elegante caschetto color cioccolato.
- Allora hai disfatto le valigie?- mi salirono i nervi a quelle parole - No, tra poco lo faccio – annunciai secca
- Dai ti aiuto io – disse senza entusiasmo -  No, esci dalla mia stanza. pronunciai cercando di essere più rigida possibile.
- Ellie sono seriamente preoccupata per te, non sei più la stessa da un po’ di tempo. Perché non esci un po’? un po’ d’aria ti farà bene. – mi disse con voce apprensiva
- Si, ok. Adesso però esci dalla mia stanza.
Detto questo, la liquidai con un gesto della mano. Erano circa le 9:00 del mattino, il sole era alto in cielo, gli uccellini cinguettavano bramosi di cibo aspettando di essere nutriti dalla loro mamma. Presi la borsa ed uscì. Socchiusi leggermente gli occhi alla vista del sole, mi abituai ed iniziai a guardarmi attorno. La casa si trovava su una piccola collina, svariati alberi la circondavano, alberi senza vita, alberi che un tempo dovevano essere stati maestosi e rigogliosi di foglie, alberi che urlavano in silenzio e a cui nessuno dava importanza perché tutti troppo sordi. Un velo di tristezza mi avvolse. Continuai a camminare tra gli alberi e scorsi una vecchia altalena appesa ad uno di essi, una piccola altalena di legno. Sarà stata li inutilizzata da molto tempo, perché era piena di ragnatele. La raggiunsi, cercai di pulirla al meglio, mi ci sedetti sopra e cominciai a dondolarmi. Iniziai ad contemplare la natura circostante, crogiolandomi del vento che scompigliava leggermente i miei lunghi capelli e del sole che mi accarezzava il viso. Al di là della mia casa si intravedevano numerose villette a schiera, tutte uguali, tutte di un giallo opaco, così spente da far venire inquietudine. Dietro quelle case si poteva vedere un piccolo bosco, questo però era pieno di vita con verdeggianti foglie che lo adornavano. Pensandoci bene questo luogo non era poi tanto male, se tralasciamo tutta la tristezza che emetteva.
Non ero mai stata una ragazza a cui piaceva visitare posti nuovi, però quel posto stuzzicava la mia curiosità. Mi incamminai nel paese, oltrepassai tutte quelle tristi case e mi introdussi nel bosco. Qui era come se il tempo si fosse fermato, bloccato da chissà quale forza sovrastante. Era tutto così silenzioso e affascinante. I rami venivano attraversati da tenui raggi di sole che mi riscaldavano il volto. Mi inoltrai sempre di più, fino ad arrivare dinanzi un piccolo lago, così quieto che si potevano intravedere numerosi pesci sguazzare in esso, inconsapevoli di poter diventare presto solo delle prede. Così piatto da rispecchiare ciò che lo circondava. Così generoso da ospitare svariate creature. Non aveva recinzioni o altri ostacoli che lo accerchiavano, quindi potevo benissimo avvicinarmi a sfiorare l’acqua. Stavo ammirando quel delicato spettacolo che mi offriva la natura, quando all’improvviso notai che disteso ai piedi di una vecchia quercia c’era un ragazzo, immobile nel silenzio della natura. Mi affrettai a vedere come stava, gli misi una mano sul petto per vedere se respirava e spalancò di colpo gli occhi. Caddi atterra per lo spavento emettendo uno stupido strillo. Mi ripresi dal panico e mi soffermai a guardarlo. Era un bel ragazzo, così bello da togliere il fiato. Aveva gli occhi più belli che avessi mai visto, così dorati da non sembrare veri, ma pieni di dolore come se avessero sopportato troppo e adesso ne avevano abbastanza. Aveva i capelli neri come l’ebano e leggermente alzati. La sua pelle era lievemente ambrata. Era strano, mi squadrava come se mi stesse analizzando, come un gatto che studia il topo prima di attaccare, come se potesse sentire l’odore della paura che stava invadendo il mio corpo, come se potesse leggere nella mia mente.
- C-chi sei? – chiesi un po’ impacciata - Chi sei tu. – rispose esaminando ogni mia minima mossa. – Scusa, mi avevi fatto paura, eri atterra, immobile. Stavo controllando se eri vivo.
Rimase un po’ in silenzio, come se stesse registrando nella sua mente le mie parole.
Che ci fai tu qui? – chiese in tono rigido e distaccato.
- Stavo visitando il bosco. Mi sono appena trasferita e volevo girare un po’. risposi con aria titubante
- Non è un posto adatto a te. – sentenziò
“Non è un posto adatto a te?” Non mi aveva mai vista e sapeva quali erano i posti adatti a me? Che cosa voleva dire? Mille pensieri si fecero spazio nella mia testa. Non capivo.
-Non ci senti per caso? - continuò guardandomi dritta negli occhi. Ci sentivo e come, però era come se non riuscissi a parlare, quel suo sguardo gelido mi aveva impietrita.
- S-si, ma non ne capisco il motivo…- pronunciai, cercando di non far trapelare il timore che provavo.
- Non devi capire! Ascoltami e basta. -  disse alzando di qualche tono la voce. Come si permetteva questo sconosciuto a darmi ordini senza nemmeno conoscermi. Girai i tacchi e me ne andai senza degnarlo di una risposta.
 
Pensavo e ripensavo a quegli occhi, una calamita per i miei, ma non riuscivo a capire dove era finita tutta la mia audacia. Con un paio di frasi era riuscito a rendermi docile come un agnellino.
- Guarda la strada!- interruppe i mie pensieri un automobilista mentre frenava bruscamente. Bene. Andava di bene in meglio. Prima lo psicopatico che se ne stava sdraiato tra gli alberi e adesso avevo rischiato di essere investita.
Ripresi in fretta la marcia, quando un fischio mi fece sobbalzare. Mi girai e vidi un ragazzo riccioluto a una decina di metri da me sbracciarsi nella mia direzione. Lo guardai stranita e lo vidi incamminarsi verso me. Aveva dei bellissimi occhi verde smeraldo e un sorriso perfetto. Mi imprecai mentalmente per quei pensieri.
- Dovresti guardare la strada prima di attraversare, sai? -  Disse lo sconosciuto sorridendo - Ti sembro per caso un cane? - Finalmente la mia solita acidità sembrava essere tornata.Non lo sai che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda? - Replicò - E tu non sai che non si fischia alle sconosciute per strada? – Sbottai più acida che mai.
- Non siamo sconosciuti -  ribattè – Si, giusto, siamo amici di infanzia -  dissi con una nota di sarcasmo
- Quasi, sono il tuo angelo custode – replicò improvvisamente con molta leggerezza. Scrutai per qualche attimo il ragazzo per poi scoppiare in una fragorosa risata – Ti giuro, nessuno aveva mai cercato di abbordarmi così – dissi voltandomi e andando via prima che potesse replicare.
Psicopatici incontrati: 2
“Poteva andare peggio di così?” molto probabilmente si.
   
 
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