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Autore: melloficent    17/12/2017    3 recensioni
Un sorso di whiskey, un morso di cioccolata.
Perché diamine la sua testa, quando non aveva nulla con cui poterla occupare, tornava sempre a Matt?
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[ kinda Mello/Matt | missing moment? ]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Head in the clouds but my gravity's centered
 
 
Ultimamente le uniche compagne di Mello erano diventate la cioccolata e il whiskey, bevute con l’eleganza di un signore nel buio del suo studio nella base a Los Angeles.
Era recidivo nonostante ne uscisse ubriaco ogni volta, in barba alla tipica resistenza all’alcool dei tedeschi.
Quando l’aveva confessato a Matt lui gli aveva risposto che, nella sua opinione, faceva di tutto per rompere gli stereotipi. Gli era piaciuto pensare che fosse così.
A poche stanze di distanza Sayu Yagami singhiozzava come la ragazzina che era, a tratti ancora invocava pietà con quella vocetta stridula da giapponese che si ritrovava. Gli sembrava quasi di tornare a quando Matt si ostinava a giocare a qualche stupido videogioco deficiente senza avere il minimo rispetto e la decenza di abbassare il volume, perché diceva che non si concentrava abbastanza.
Un sorso di whiskey, un morso di cioccolata.
Perché diamine la sua testa, quando non aveva nulla con cui poterla occupare, tornava sempre a Matt?
Forse era perché aveva nostalgia. Di cosa, poi?
Non gli mancava essere l’eterno secondo, non gli mancavano i test incalzanti e la valutazione costante in ogni gesto.
Gli mancava però la camera che condivideva con Matt, impregnata dell’odore delle Lucky Strike che l’altro si ostinava a fumare senza aprire la finestra. Gli mancava incazzarsi per il disordine che lasciava l’altro, perché lui non era la sua cameriera. Gli mancava la neve che fioccava, perché il caldo di Los Angeles faceva schifo. Gli mancava scappare con Matt a Londra e fingere di essere due persone normali, ogni tanto.
Probabilmente gli mancava solo Matt.
Un altro sorso, un altro morso. Buttò tutto giù con un po’ di difficoltà.
Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, però. Era troppo orgoglioso per farlo, Matt glielo diceva sempre.
Quel ragazzo troppo bambino e allo stesso tempo troppo adulto, con i capelli rossi mai pettinati e gli occhi verdi sgranati sul mondo, era una presenza fissa nella sua vita, anche se andava via e tornava a suo piacimento.
Non se la sarebbe sentita di obbligarlo a restare, sapeva che Matt non era fatto per la vita che faceva lui.
Non sapeva nemmeno dove fosse, in quel momento. Probabilmente in qualche monolocale a fumare anche l’anima e a giocare a qualche videogioco scadente.
La bottiglia era quasi finita, la guardò come se fosse lei la causa di tutti i suoi mali -la cioccolata, invece, era ancora a metà, però quella era la terza barretta.
Probabilmente il whiskey era la causa della sua melanconia, quello sì. Probabilmente era anche ubriaco, ma finché non si alzava dalla sedia non c’era nessun problema.
Evitò di pensare al fatto che non aveva messo nulla nello stomaco che non fosse cioccolata da un bel po’, e che l’ultimo pasto decente che avesse fatto fosse del cibo cinese d’asporto, un’idea mirabolante dei suoi tirapiedi per far mangiare la ragazzina rinchiusa nel covo.
Gli venne quasi da ridere, ma finché erano stupidi non si facevano domande e non lo intralciavano.
Uno dei suddetti trogloditi si affacciò alla porta della stanza, e Mello fu sinceramente tentato di lanciargli dietro la bottiglia quasi del tutto vuota. L’unica cosa che lo fece desistere fu il dito di whiskey abbandonato sul fondo, che non si meritava di essere sprecato in quel modo.
Puntò gli occhi ghiacciati su di lui, e a giudicare da come l’altro trasalì doveva sembrare molto infastidito.
Cosa che era.
-Cosa vuoi, di grazia?- sibilò seccato, trascinando un po’ troppo le sillabe. Non ci diede peso e bevve l’ultimo sorso direttamente dalla bottiglia, in barba all’eleganza.
L’energumeno davanti a lui esitò un attimo, prima di rispondere. Mello si sentì quasi in dovere di fargli notare che, nello stato in cui era, avrebbe anche potuto tentare di sparargli e non l’avrebbe sicuramente preso.
-C’è qualcuno che vuole vederti.- esordì alla fine. Il biondo guardò di sfuggita l’orologio, che segnava le due passate del mattino.
-E chi sarebbe?- lo incalzò dando un morso rabbioso alla cioccolata, che pure non gli aveva fatto nulla di male.
L’altro esitò ancora, probabilmente dubbioso del fatto che, nel rispondere, sarebbe stato eliminato dalla faccia della terra.
-Dice di chiamarsi Matt. Solo Matt.- rispose alla fine. Mello si pentì di aver trangugiato in quel modo l’ultimo, prezioso sorso di whiskey, perché in quel momento ne aveva un bisogno disperato.
-Fallo entrare. E vai via.- borbottò, premendo le dita sulle tempie con forza, mentre lo scagnozzo andava via. Sceglieva sempre i momenti meno opportuni per presentarsi, quell’idiota.
Mentre piegava la testa sulla bottiglia ormai vuota, lasciando che i capelli chiari gli coprissero il viso, tentò di pensare a quante volte si fosse presentato mentre lui era ubriaco, o quasi.
Quando si rese conto che superavano le dita di una mano, si disse che avrebbe dovuto smettere di bere, prima di farsi venire la pancia da alcolista.
Nel frattempo nel corridoio spoglio e illuminato da una lampadina appesa precariamente al soffitto, con i cavi in bella vista, si sentiva un vago rumore di passi. Probabilmente ancora usava quei pesanti anfibi fino al polpaccio, che lui considerava particolarmente pacchiani perché avevano gli strappi. Era quasi sicuramente troppo pigro anche per allacciarsi le scarpe.
Mentre avanzava si cominciava a sentire la puzza di Lucky Strike nell’aria; la cosa lo infastidì perché Mello odiava l’odore del fumo, in particolare quello delle Lucky Strike, tanto da aver proibito a chiunque fosse alle sue strette dipendenze di fumarle.
Non alzò la testa nemmeno quando sentì i passi con più chiarezza e capì che c’era una figura di fronte a lui, probabilmente seduto sul suo lato della scrivania.
-Ti dovrebbero mandare agli alcolisti anonimi di questo passo, Mel.- esordì Matt con il tono divertito di sempre. Aveva la voce roca, anche se il timbro era quello inconfondibile a cui era abituato.
-Non accetto consigli su queste cose da te, avrai più alcool che sangue in corpo.- ribatté Mello piccato, alzando appena lo sguardo verso la figura seduta sulla sua scrivania.
Matt era quello di sempre, con i capelli rossi mai pettinati e dei ridicoli goggles che facevano capolino sulla testa. Anche gli occhi erano uguali, sempre troppo verdi per essere veri, e le lentiggini erano al solito posto. Si sorprese di ricordare ancora il preciso piazzamento di ognuna di quelle, anche sotto la maglietta a righe.
Tra le dita pallide e callose aveva una sigaretta quasi finita, e il biondo fece una smorfia quando la vide.
-Non accetti consigli da nessuno, tesoro.- incalzò il rosso, senza mai perdere la piega divertita delle sue labbra. Gliele avrebbe volute staccare a morsi, Mello.
-Da te in particolare.- concluse l’altro, tentando di alzare ancora un po’ la testa, che ora gli girava vorticosamente.
-Spegni quella sigaretta del cazzo. E non chiamarmi mai più tesoro, coglione.- aggiunse, trascinando le parole. Sperava di sembrare un po’ autoritario, e non patetico.
Non lo era, a giudicare da come Matt aveva fatto un tiro e gli aveva buttato il fumo in faccia.
Fece una smorfia infastidita, ma non si allontanò.
-Che cazzo ci fai qui?- chiese imbronciato. Solitamente le visite del rosso non erano mai solamente di cortesia. Quando si presentava da lui era mangiato dalla solitudine o aveva qualcuno a cui doveva dei soldi alle costole e necessitava di un posto in cui nascondersi. Molto spesso erano entrambe.
-Ho sentito che ti sei messo contro Kira, eh Mel?- rispose facendo un ultimo tiro dalla sigaretta, per poi buttare il mozzicone a terra e pestarlo con gli anfibi.
-Non sono affari tuoi. E la prossima volta che butti quello schifo a terra ti faccio pulire con la lingua.- ribatté Mello piccato.
-Te l’ha detto Near?- chiese subito dopo, finendo la cioccolata semisciolta dal calore delle sue dita.
 Matt annuì e lo guardò con uno sguardo indecifrabile, che forse era un po’ di pietà e un po’ di preoccupazione.
-Credo che voglia che ti dissuada dal farlo. Probabilmente ancora spera che possiate collaborare un giorno e non vuole che l’ora della tua dolce morte arrivi così presto.- spiegò cauto, sapendo bene quanto Mello potesse alterarsi sentendo quelle cose. Specialmente se ubriaco.
L’alcool però doveva averlo reso un docile agnellino, perché il biondo si limitò a ringhiare e a sbuffare.
-Vuole solo impedirmi di superarlo, quel nano bastardo. Tanto non riuscirà a fare comunque nulla chiuso in quel bunker.- rispose sempre più infastidito. Odiava parlare di Near, specialmente se era in quello stato.
-Sapevo che l’avresti detto.- disse Matt con un sospiro, tamburellando sulla scrivania di legno.
Mello lo guardò con gli occhi chiari, resi liquidi dall’ubriachezza.
-E allora che cazzo ci fai qui?- sibilò senza distogliere lo sguardo. Non era ancora del tutto sicuro che non fosse un prodotto della sua immaginazione, reso particolarmente vivido dal coma etilico.
Matt gli scostò la frangia dagli occhi, e Mello non si ritrasse. In fondo gli era mancato il contatto con l’altro.
-Voglio aiutarti. Che razza di amico sarei, se ti lasciassi fare qualcosa di totalmente irresponsabile, incosciente e pericoloso da solo?- chiese con un sorriso. I sorrisi di Matt erano strani, non sembravano mai del tutto sinceri.
Mello grugnì e chiuse gli occhi, evitando di dirgli che quello che facevano ogni volta che lui si presentava lì andava ben oltre la sfera dell’amicizia. Quel giorno però si sentiva particolarmente magnanimo e stette zitto, anche perché non voleva iniziare a definire ciò che realmente lui e Matt erano l’uno per l’altro.
-Sarebbe bello avere qualcuno con un minimo di cervello qui.- disse alla fine. La mano del rosso gli accarezzò la guancia pallida, con la stessa attenzione che si ha con un gatto particolarmente schivo.
Era quasi sicuro che Mello sarebbe finito a fargli le fusa.
-È stata tua l’idea della ragazzina giapponese?- chiese, alludendo a Sayu, che ormai doveva essersi addormentata. Non la biasimava particolarmente, in fondo era stata sottratta alla sua famiglia solo il giorno prima.
-Sì, è la sorella di Light Yagami. Sono sicuro che sia lui Kira, anche se si spaccia per L al momento.- spiegò, anche se non era del tutto sicuro di quello che stava dicendo, a quel punto.
Matt fece una risata roca e sospirò. Puzzava di fumo ovunque, detestava quella cosa.
-Certo che vuoi proprio farti ammazzare.- disse con un sorriso amaro. Lo sapevano entrambi che probabilmente non sarebbero arrivati ai trent’anni, ormai non era una sorpresa.
-Probabile.- borbottò Mello poggiando la testa bionda sulle cosce di Matt, fasciate dai jeans stretti.
Si sarebbe addormentato di lì a breve di quel passo, non sapeva nemmeno quanto la cosa potesse giovargli in quel momento.
-E vuoi portare anche me all’inferno?- chiese Matt con la voce un po’ più morbida. Faceva quasi tenerezza, l’altro, in quello stato.
Il rosario che Mello aveva perennemente al collo tintinnò contro la scrivania. Probabilmente aveva cercato di prenderlo.
Matt si sorprendeva ogni volta pensando che una persona che faceva tutto quello che l’altro era costretto a fare fosse poi così ostinatamente credente. Non c’era da stupirsi se poi lo vedeva così tanto ubriaco, bisognava pur annegare i sensi di colpa in qualche modo.
-L’inferno è riservato a chi ci crede, Mail.- mormorò il biondo, ormai sfinito dall’ubriachezza.
Gli piaceva quando diceva il suo nome, un po’ perché era uno dei pochi a pronunciarlo nel modo giusto, un po’ perché il modo in cui Mello lo diceva era tutto particolare, per la mescolanza dell’accento tedesco che aveva dalla nascita e di quello inglese che aveva acquisito negli anni alla Wammy’s House.
-Sai una cosa, Mel? È bello essere tornato.- disse piano, passandogli una mano fra i capelli biondi.
Mello mugugnò qualcosa e si sistemò meglio sulle gambe dell’altro, ormai diventate a pieno titolo un comodissimo guanciale.
-È bello riaverti qui…- mormorò piano, tanto che Matt quasi non lo sentì.
Il rosso stava quasi per dire qualcosa, prima di accorgersi che Mello si era ormai addormentato.
Sospirò appena e si accese un’altra sigaretta, ormai che l’altro era sfinito. Era davvero bello essere tornato.
 
 
 
 
melloficent says
come si suol dire, a volte ritornano (nel mio caso dopo mesi di silenzio stampa).
ma ormai si sa che Mello e Matt sono un po’ il mio tallone d’Achille e che per loro nutro uno sconfinato amore, motivo per cui devo rovinarne le dinamiche con le mie storielle da quattro soldi.
tra l’altro sono mesi che non scrivo qualcosa di decente, sebbene abbia iniziato decine di cose. dopo le prime dieci parole mi fermo, non c’è verso.
quindi abbiate pietà, il mio stile è abbastanza arrugginito. nel caso, comunque, i pomodori sono alla vostra destra.
mi chiedo perché nelle mie storie Mello è sempre ubriaco; sarà l’aria da tedesco cazzuto che mi ispira.
quindi nulla, io non ho nient’altro da dire. dovrei fare greco.
ah, il titolo è di una canzone dei The Neighbourghood, Sweater Weather. non ha nessun collegamento in particolare con la storia, ma ce l’avevo in testa e ci sta bene.
bacini baciotti,
-Akemi
  
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