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Autore: IntoxicaVampire    17/12/2017    0 recensioni
«Ma... come fai?» gli chiesi, annebbiata da quel tepore. «Non fa male». Fissai il fuoco, che era basso e di un colore rosso intenso.
«Non ti farei mai del male, Rosalie».
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Alla Sky High, scuola per giovani aspiranti supereroi, Rosalie Frozehart, "Freeze Girl" con il potere del ghiaccio, è da sempre innamorata di Warren Peace, il ragazzo con il potere del fuoco. Ma Ghiaccio e Fuoco sono due Elementi opposti per natura, possono essi convivere senza distruggersi l'un l'altro? Il loro amore così contrastato potrà realizzarsi? Entrambi soffrono eppure è così difficile resistere a un amore reciproco così intenso...
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Warren Peace
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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30. Nuvole di vapore

Lunedì all'ora di Scienza Pazza mi sedetti fra Warren e Scarlett, scelta che si rivelò a breve essere una pessima idea. Tra Ska in preda alla catalessi per tutta l'ora, Warren che creava una scultura futuristica impilando cubi di carta fatti con gli origami e io che, finiti i fogli bianchi, avevo iniziato a disegnare sul mio braccio, nessuno stava prendendo appunti né seguendo la lezione. Mi fece morire dal ridere Scarlett che a un certo punto si risvegliò improvvisamente e alzò la testa dal banco, guardò il suo libro, guardò il mio e ci rimproverò sottovoce: «Potevate dirmelo che avevamo cambiato pagina!». Scrisse un appunto. «Bene, torno alla catalessi», e tornò a fissare il vuoto, reggendosi la testa con la mano.

Io cercai di dirle, divertita: «Guarda che non so nemmeno io di cosa stia parlando!» ma ormai era troppo tardi, era già persa nel vuoto cosmico.

Ritornai a concentrarmi sull'opera d'arte sul mio braccio. Mi rimaneva spazio sulla mano, quindi pensai a cosa potevo fare. Presi il pennarello nero fino dal mio astuccio strapieno di robe che, come diceva Scarlett, «Non serve neanche che gli altri si portino gli astucci perché il tuo basta per tutta la classe!» e iniziai a disegnarmi le ossa sulla mano, così senza motivo.

Ska girò la testa, vide la mia mano e si allontanò inorridita. Era sconvolta. «Ma Rosalie! Ma cosa combini!!»

«Non ti piace?» le chiesi io, già ridendo. «Perché?»

Scarlett aveva la faccia disperata. «Perché non ha senso!!!»

Ahaha. Giusto. Per lei se una cosa non aveva senso non era degna d'attenzione.

Sentimmo il prof che stava parlando di decomposizione.

«La decomposizione» ripeté Ska, indicando la mia mano.

E il prof: «La suddivisione».

Ska rise. «Ti sei suddivisa».

Io mi divertii e continuai a tracciare i segni col pennarello, passando sopra al polso, perché sapevo che Scarlett mi stava osservando. Attendevo la sua reazione, che arrivò ancora prima che finissi la linea.

Infatti fece: «Bbbbhhhh...!» schifatissima. «Che schifo! Mi fa impressione! Sul polso, bleah!»

Io risi. «Oh, scusa se sono un essere umano»

Scarlett allungò il braccio dietro di me e chiamò Warren, afferrandolo per la manica e scuotendolo. «Warreeen!»

«Cosa?!» chiese lui sorpreso. Fino a un secondo fa stava fissando con sguardo assente una fiammella che aveva accesso sul suo dito indice, probabilmente per passare il tempo, dato che a lui piaceva guardare il fuoco. Ora però per la sorpresa abbassò la mano e sbadatamente la poggiò sopra il libro, che prese fuoco.

Lanciai un grido e subito ci misi sopra la mia mano ghiacciata, che spense le fiamme in una nuvola di vapore. Io e Warren ci guardammo increduli, ancora sorpresi. Il suo libro ora era tutto umido.

Il prof però sentì il mio grido e chiese: «Cosa succede là in fondo?»

Tutti e tre rispondemmo all'unisono: «NIENTE!»

Il prof scosse la testa e tornò a scrivere alla lavagna.

Warren sussurrò a Scarlett: «Santoddio cosa c'è? Guarda che casino hai combinato!»

La mia migliore amica rifece la faccia disperata di prima. «Guarda cosa combina Rosalie!!!». Prese il mio braccio e glielo mise sotto gli occhi.

«Scusa sai se ho una mano» le dissi.

«Che schifo hai un polso» disse schifata ma anche divertita, lanciando via il mio braccio «Come ti permetti ad avere un polso. Dovresti vergognarti, vai a nasconderti».

Io mi misi a ridere, soprattutto quando la mia compagna di classe seduta di fronte a noi si girò per chiedermi qualcosa. «Rosalie?»

Stavo ancora ridendo. «Ahahah scusa ma ho un polso». Mi guardò confusa e io risi ancora di più.

Warren si alzò per andare ad appoggiare il suo libro sopra il termosifone, così che si asciugasse. Io e Scarlett stavamo ancora ridacchiando.

Medulla a metà lezione ci diede un compito: costruire una pistola a raggio congelante. Bene, era arrivato il momento di qualcosa di interessante!

Passò tra i banchi a distribuire le schede con le istruzioni. Quando arrivò a noi mi disse: «Signorina Frozehart, lei non avrebbe bisogno di costruirla dato il Potere che possiede, ma un po' di pratica non fa mai male. E poi potrebbe dare una mano alla signorina Nightingale, che sembra proprio averne bisogno».

Ska lo guardò intontita, con gli occhi assonnati, mentre lui se ne andava. Risi.

Solo in quel momento notai Stronghold seduto nel primo banco vicino a Gwen, che era l'assistente personale di Medulla. Mi salì il nervoso. Ma bene, ora gli fanno frequentare anche le lezioni del corso avanzato, naturalmente solo perché si chiama STRONGHOLD. Questa cosa mi indispettì parecchio: a nessun altro era mai stato riservato un privilegio tale, non era giusto che lui lo avesse solo grazie al suo cognome e non per meriti personali, come avrebbe dovuto essere. Mi concentrai sul compito per evitare di innervosirmi ulteriormente.

Ska stava seguendo la costruzione di Warren con attenzione, addirittura tenendo la matita in bocca. Poi però vide che faceva tutto lui quindi lo lasciò fare. Seguì il mio sguardo e vide che stavo osservando Gwen.

Mi disse: «Comunque Rose è vero che ti stai allontanando da loro», indicandola con la matita.

Sospirai. «Dagli anni scorsi sono cambiate tante cose. L'amicizia con Chris, la relazione con Warren, Alex a scuola con noi...» Guardai Ska. «Gli amici cambiano. I fratelli restano». Mi riferivo a lei, a Joe e ad Ashley. Le sorrisi e poi aggiunsi: «In ogni caso, secondo me più che altro sono Gwen e Penny che si stanno allontanando. Unirsi alla cricca di Amber è stata una mossa pessima». Scossi la testa. «E stare con Stronghold, poi! Ancora peggio!»

Ska concordò. «Comunque hai notato che in questi giorni Gwen, Penny, Lash e Speed sono sempre là a confabulare fra loro?»

Mi accorsi che era vero. «Adesso che ci penso hai ragione. Chissà cosa hanno in mente. Tu non lo sai?»

Scosse la testa. «Non sono riuscita a capirlo. Sai, sembra quasi che non me lo vogliano far capire. Mah... sarà Amber che contagia tutti con i suoi influssi malefici».

Risi.

Warren mi punse il fianco sinistro con una matita, per attirare la mia attenzione. Un po' troppo forte però.

«Ahi!» mi lamentai, massaggiandomi. «Non hai modi un po' migliori di richiamarmi?»

Mi ignorò ma vidi che ridacchiava. «Ho finito» ci annunciò, mostrandoci tutto fiero la sua creazione.

«Porca zozza» disse Ska, ammirando la pistola appena costruita. «È perfetta!»

Stavamo già sogghignando pensando che Warren avrebbe potuto costruire anche le nostre, così da risparmiarci la fatica visto che lui era tanto bravo, ma ci bloccammo quando sentimmo Medulla rimproverare un nostro compagno pochi banchi più in là. «Male!» stava dicendo a quel poveretto. «Ha confuso i raggi con i fasci! Due! Meno... Le darei zero, ma poi sarei costretto a vederla anche ai corsi di recupero!»

Oddio. Scarlett ed io ci rivolgemmo uno sguardo d'assenso, preoccupate, pensando che era meglio costruirsela da sole la pistola, prima che Medulla ci desse uno zero in pagella.

Stavamo cominciando ad assemblarla quando il prof arrivò lì da noi. «Come procede qui?»

Io e Ska rispondemmo quasi all'unisono, tutte agitate. «Ehm! Stiamo facendo!» «Warren ci ha insegnato come dobbiamo fare e ora le stiamo costruendo!»

Medulla prese la pistola già finita e la provò, congelando in un baleno il ragazzo di prima. «Magnifico, signor Peace. Davvero magnifico. D'altronde lei in meccanica non ha mai avuto problemi. Dato che la signorina Frozehart lo ha aiutato nella teoria, ora potrebbe ricambiare visto che non sembra cavarsela molto bene». Mi rivolse uno sguardo eloquente e camminò via.

Per fortuna che c'era lì Warren con noi, che almeno ci capiva qualcosa di tutte quelle viti e cavi vari. «Grazie amore» sussurrai a Warren nell'orecchio. Mi circondò la vita col braccio e aiutò me e la mia amica nel compito.

 

Già da quel pomeriggio Layla cominciò a farsi vedere da Will con Warren. Lui mi aveva spiegato di essere stato incastrato dal piano di quella lì, che non era stata una sua idea (ci mancava altro) e che comunque era tutta una messinscena, non sarebbe veramente andato al ballo con lei. Era solo uno stratagemma per far ingelosire Will Stronghold, anche se dubitavo della riuscita del piano, dato che lui sembrava avere occhi solo per Gwen.

La prima volta che Layla andò da Warren mi diede veramente tanto fastidio. Warren era seduto in mensa e lei era di fianco a lui, mentre io ero in fila per il cibo e avevo appena preso il mio vassoio. Guardandola quasi ringhiai. «Spero proprio che quella lì si tenga a distanza di sicurezza, altrimenti domani vengo a scuola con un badile».

Scarlett e Ashley scoppiarono a ridere, poi ci procurammo il pranzo e andammo da Warren. Layla ci vide e se ne andò prima che scatenassi un inferno. Dico io, era evidente che io e Warren stavamo assieme, eravamo la coppia più pettegolata della scuola. Se lei non lo sapeva, era veramente idiota. E lo stesso per Will.

Con il passare della settimana però ci feci più o meno l'abitudine. Era divertente vedere come Layla faceva la finta ragazza di Warren proprio quando arrivava Will, poi quando lui se ne andava arrivavo io e la rossa toglieva le tende. Lo faceva perché Will andava quasi sempre in giro per mano con Gwen. Devo essere sincera? Erano ridicoli. Dico sul serio, non si poteva proprio vedere.

Un episodio particolarmente divertente fu quello di mercoledì, dopo la mensa.

Warren era come sempre seduto sul suo muretto a leggere, da solo perché io stavo ancora in cima alle scale.

Will e Gwen stavano passando poco distante, Layla li vide e subito si fiondò da Warren.

Si sedette di fianco a lui e gli prese una mano, togliendogliela dal libro e chiudendola nelle sue. Vidi lo sguardo sorpreso di Warren. Sembrava pensare: "Ma che strano... questa non è Rosalie, la sua mano è più fredda..."

Guardò Layla, mentre questa blaterava a gran voce, facendosi sentire da Will dietro di loro: «Ciaaaaao tesoro! Stavo proprio pensando a te. Non vedo l'ora di andare al ballo, sono così emozionata! E voglio...-» Si fermò perché Will e Gwen erano ormai distanti, continuando però a osservarli in lontananza. Warren guardava Layla senza dire una parola, ma di sicuro non era contento.

A un certo punto dalle loro mani cominciò a salire del fumo, poi quelle di Layla vennero scottate da una vampata e gemette. «Ahu!!»

Warren indispettito le disse: «Non chiamarmi "tesoro"». Poi prese le sue cose, si alzò e ne andò. Layla tornò a fissare Will, massaggiandosi la mano.

Mi veniva troppo da ridere. Raggiunsi di corsa Warren in fondo alle scale. Lui come mi vide mi prese il braccio e mi trascinò via. «Dai, andiamo, prima che ritorni quella lì e mi si accalappi come ha appena fatto».

Io con un sorrisetto insolente gli chiesi: «Neanche io vuoi che ti chiami tesoro?»

«Solo perché sei tu.»

Alzai le spalle. «Ok, se non vuoi...»

«No, detto da te mi piace.» Mi attirò a sé, prendendomi per la vita, e mi baciò. Sì, anche a me piaceva. Eccome.

 

Riuscii a passare la settimana almeno per metà incolume.

Amber trovava qualsiasi pretesto per venirci a rompere le scatole, ma ogni volta subiva il trattamento extra-lusso chiamato IGNORARE. Avevo altro di più fastidioso di cui occuparmi.

Layla si faceva vedere con Warren ogni singola volta che Stronghold le passava di fianco, per poi perdersi a guardarlo quando questi si allontanava con Gwen.

Warren non ne poteva più del comportamento di Layla. Infatti giovedì, dopo che lei aveva scorto Will e perciò si era presa Warren, lui la strattonò bruscamente appena dopo il passaggio di Will, e se ne andò via irato raggiungendo me e Ska, sedute su una panchina.

Guardai Warren, che stava ancora fissando la rossa in lontananza che si stava appostando dietro un albero per spiare Stronghold, e disse: «Sono stufo marcio di questo teatrino. Vorrei sapere cosa pensa di fare, cosa diavolo le passa per la mente!»

Scarlett scattò sull'attenti. «Edward Cullen al tuo servizio!»

Warren la guardò confuso. «Eh?»

Sospirai, ridacchiando. Scarlett amava farsi paragonare ad Edward Cullen, data l'uguaglianza di poteri della lettura del pensiero. «Lascia perdere. Piuttosto...» Mi avvicinai a lui. «Io credo che lei sia triste. Immagino che fra poco parlerà con Will, o insomma almeno lo spero. Te lo prometto amore, non ci romperà più le scatole, altrimenti provvederò personalmente a risolvere questa situazione». Quindi lo baciai sulla guancia, ignorando i ripetuti colpi di tosse di Ska per farci notare che anche lei era presente, poi ridemmo.

Un episodio che non mi piacque, però, fu quello di venerdì in mensa.

Gwen e Penny erano sedute di nuovo al tavolo con le Tre A-ustralopiteche e Stronghold, proprio di fronte a dove eravamo noi quindi sentivo tutto quello che dicevano. Poco dopo arrivarono lì anche gli amici di lui (Layla, il nerd, il fosforescente e la finta punk) ma Penny fu più svelta e creò immediatamente delle copie di sé stessa, riempendo gli altri sei posti a sedere liberi.

«Mi dispiace, è tutto occupato» disse maliziosa una di queste a Layla.

La rossa rispose, dispiaciuta: «Non importa, prima ho visto un tavolo vuoto lì... andiamo. Ciao Will» e se ne andarono.

Penny spiegò a Will: «Scusa Will, ma noi non frequentiamo un corso di socialità estrema». Le sue copie si misero a ridere e si diedero il cinque.

Ok, qui aveva esagerato. Quel comportamento non lo approvavo nemmeno io. Ma non dissi niente perché tanto non mi interessava.

Quel weekend rimasi a casa con i miei genitori, dato che li vedevo davvero poco, e sabato sera uscii con Warren dopo che finì di lavorare, giusto per stare un po' assieme e bere qualcosa.

La settimana seguente per fortuna era corta, dato che giovedì era festa, ma per me fu estenuante: non riuscivo mai a trovare un momento tranquillo con Warren, c'era sempre la rossa fra i piedi, e non ne potevo davvero più. Fu una fortuna avere verifica di Inglese mercoledì, così passai ogni momento che potevo a studiare e non pensavo al nervoso che mi faceva venire quell'altra. E finalmente quel sabato ci sarebbe stato il ballo, così sarebbe tutto finito.

 

Giovedì 25 Novembre era il Ringraziamento. Non vedevo l’ora che arrivasse questo giorno, ne avevo proprio bisogno, per fare una pausa dal casino di quei giorni e distogliere la mente da quella brutta routine. Lo so che, essendo italiana, la mia famiglia non avrebbe neanche dovuto festeggiare il Ringraziamento, ma vivendo in America da tanti anni era ormai diventata un’usanza ed era un peccato non organizzare qualcosa; era pur sempre un giorno di festa. Quest’anno i suoi di Joe avevano deciso di fare le cose in grande e di invitare le nostre famiglie, dato che i nostri genitori erano diventati tutti amici fra di loro. Ci ritrovammo tutti alla sua villa per l’ora di pranzo. C’eravamo io e i miei, Ska e i suoi, Ashley con suo padre e la compagna di lui (i suoi erano separati). Warren invece era venuto da solo, dato che sua madre era in missione, purtroppo, anche in un giorno di festa come quello. Mi dispiaceva molto per lui, che era dovuto venire lì da solo, ma lui non sembrava farci caso. Era abituato. Probabilmente notò la mia espressione mortificata, perché mi mise un braccio attorno ai fianchi e mi sorrise, per farmi capire che andava tutto bene.

Joe aveva invitato anche Chris, dato che erano molto amici. Anche Chris aveva una situazione familiare difficile, anche se non ne conoscevo i dettagli, ma Joe mi aveva confidato che se non l’avesse invitato lui quel giorno, si sarebbe trovato a casa da solo. Ah, c’era anche la sorella maggiore di Joe, che aveva 24 anni, col suo fidanzato. Ci presentammo tutti, era la prima volta che la vedevo dal vivo, poi ci sedemmo tutti a tavola e iniziammo a banchettare. I miei avevano portato una bottiglia di Prosecco in dono e la stappammo, versandone un po’ a ciascuno e facemmo un brindisi. Anch’io ne bevvi un sorso, giusto per assaggiare, e devo ammettere che mi non mi dispiacque, anche se non ero amante del vino. Dopotutto ad un brindisi in compagnia non si può non prendere parte.

Inutile dire che i cuochi di Joe avevano preparato delle prelibatezze divine; il problema era che avevamo mangiato talmente tanto cibo (era tutto così buono! Come dire di no?!) che ci sarebbe bastano un mese e ci alzammo da tavola rotolando. Gli adulti rimasero lì a chiacchierare e degustare liquori (col doppio fine di digestivi) mentre noi ragazzi ce ne andammo in salotto a divertirci.

Siccome la nostra capacità motoria allo stato attuale era pari a quella delle foche sulla terraferma, non potevamo fare granché ma Joe era stato lungimirante ed aveva già preparato il Monopoly. Così avevamo la scusa di stare seduti mentre digerivamo.

Non tutti giocarono e soprattutto non tutti si divertirono. Chris fece il telecronista per tutta la partita, tirando fuori un’energia misteriosa che nessuno capiva come faceva ad avere dopo quel pasto pantagruelico; Ashley rimase a pregare per noi, più che altro che non finissimo col tirare fuori i coltelli e i mitra, cosa che rischiava di accadere ad ogni partita di Monopoly che si rispetti: Warren era finito almeno sei volte in prigione e non trovava mai lui i lasciapassare quindi ci doveva rimanere per forza, se non voleva pagare la cauzione; Joe per una volta nella sua vita era quello più povero, sorte che era andato a cercarsi dato che da subito aveva iniziato ad acquistare qualsiasi proprietà su cui capitasse, totalmente a caso. Aveva finito i soldi quasi subito e si stava disperando da un’ora per questo motivo, mentre quelle ricche eravamo io e Scarlett che giocavamo in squadra ed eravamo così piene di soldi che ci lanciavamo addosso le banconote con assoluta superiorità e disprezzo per i povery come Joe, per farlo disperare ancora di più. Insomma la partita era durata tre ore (non sto scherzando) e non so se eravamo più vivi o più morti di prima, ma diciamo che era andata abbastanza bene dato che nessuno aveva picchiato nessun altro e tutto sommato ci eravamo fatti delle belle risate. Era davvero un peccato che Alex non fosse lì con lui: quel gioco gli piaceva tanto quanto me anche se finiva le partite sempre prosciugato a terra senza più energia, contemplando il tabellone e la sua vita in generale. Era proprio questo il bello del Monopoly, no?

Mi alzai dal pavimento ed andai a sedermi sul divano, tutto ciò con una fatica che non vi potete immaginare. Proprio in quel momento Chris tornò dalla sala da pranzo con in mano una bottiglia di liquore e dei bicchierini da shots.

«E quella come l'hai rubata?» gli chiese Ashley, incredula. Di sicuro non gliel'avevano lasciata prendere gli adulti, figuriamoci se ci lasciavano bere alcol così forte.

«Me l'ha passata il fidanzato della sorella di Joe. Quel tipo è un grande, sta dalla nostra parte!»

Joe rise. «Sapevo io. E bravo Joseph che ruba gli alcolici per noi!»

Versò un po' di liquore nei bicchierini e ognuno ne prese uno. Li alzammo e facemmo un brindisi «A Joseph!» e li piombammo. Sì, un digestivo ci voleva proprio. Speravo solo di non ritrovarmi ubriaca...

Scarlett intanto aveva acceso la Wii e lei, Ashley e Chris si stavano organizzando per giocare a Super Mario. Oh beh, dovevo aggregarmi assolutamente!

Li raggiunsi di corsa sul divano. «Posso giocare anch'io a Super Mario??»

Scarlett rise e mi corresse, prendendomi in giro: «Tu non giochi a Super Mario, tu muori a Super Mario!!»

Io scoppiai a ridere perché aveva assolutamente ragione. La mia scarsità era leggendaria ma era direttamente proporzionale al divertimento che i miei epic fails provocavano. Giocare in quattro era già di per sé un disastro, figuriamoci con me che cadevo in ogni minuscolo burrone e mi facevo uccidere dai più insulsi Goomba; l'unica brava a giocare era Scarlett e alla fine facevamo avanzare sempre lei, noi ci rinchiudevamo nelle bolle e la raggiungevamo volando sopra tutti i nemici e ostacoli come dei veri niubbi. Ed eravamo solo nel primo Mondo! Tipo nell'ultimo livello, quello del boss, c'era Scarlett che avanzava spaccando i culi a tutti e noi o morti o nelle bolle che la incitavamo «Vai Ska!» ridendo come degli scemi, e lei che ci insultava in aramaico perché doveva fare tutto il lavoro da sola. Riuscì anche a sconfiggere il boss e noi ci complimentammo l'un l'altro per l'ottimo lavoro di squadra, quando in realtà non avevamo contribuito di una mazza, mentre Scarlett ci guardava con sguardo omicida minacciandoci che se nel Mondo 2 ci fossimo ancora chiusi nelle bolle, ci avrebbe uccisi lei afferrandoci e buttandoci giù per i precipizi. Io non la smettevo di ridere.

Inutile dire che a metà del livello avevo già perso tutte le vite, quindi mi ritirai dalla partita e lasciai giocare loro tre che almeno riuscivano a giocare sul serio. Andai a vedere cosa stavano facendo Warren e Joe: erano seduti sul pavimento attorno al tavolinetto di vetro lì vicino e avevano delle carte da gioco sparse sulla superficie. «A cosa state giocando?»

«A pseudo-poker» rispose Joe.

«Perché "pseudo"?»

«Perché nessuno dei due sa giocare veramente quindi ci stiamo inventando».

Ah beh questa non avrei potuto perdermela per nessuna ragione.

Li osservai pescare carte e buttarle sul tavolo a caso senza un'apparente logica, chiamando semi senza motivo e facendo finta di avere mano vincenti quando in nessuno gioco di carte esistenti sarebbe stata tale.

«Almeno avete smistato le carte che volevate usare?» chiesi a Joe, che sembrava così concentrato, come se davvero sapesse quello che stava facendo.

«Boh, credo di sì...»

Ma proprio in quel momento Warren esclamò indignato: «E questa cos'è?!» dopo aver pescato la carta con le regole e mostrandola a Joe.

Mi misi a ridere come una stupida. «Vedo io che avete scelto le carte!!!»

Joe si batté una mano in fronte palesemente divertito e lanciò le proprie carte sul tavolo. «Ammetto che non è stata una buona idea e non so proprio cosa sto facendo!»

Warren scoppiò a ridere. «Sapevo dall'inizio che stavi improvvisando e volevo vedere fin dove riuscivi ad arrivare con le scemenze!»

Si alzarono entrambi, dopo aver risistemato il mazzo. «Cosa stanno facendo quelli lì?» mi chiese Joe, indicando gli altri seduti sul divano.

«Stanno giocando a Super Mario. Se vuoi aggregati pure, tanto fa tutto Scarlett!» Mi girai a guardare la mia amica per vedere se aveva sentito la mia frase, le feci l'occhiolino e lei mi guardò di sottecchi.

Joe andò a giocare con loro, quindi rimanemmo lì io e Warren. Stavo già sorridendo... Lo guardai. Sapevo io cos'avrei voluto fare adesso che eravamo rimasti noi due da soli...

Lui si avvicinò a me, mi prese la mano e la baciò. «Ehi baby. Siamo stati esclusi a quanto pare.»

Il mio sorriso si allargò di più. «Vieni con me. Ti porto in un posto magico».

Lo presi per mano e lo trascinai lontano da lì, nel corridoio in fondo al salotto dove saremmo stati lontani da occhi e orecchie indiscreti.

Appena fummo soli, Warren si avventò sulle mie labbra e mi diede un bacio focoso, carico di passione, caldo come il tacchino ripieno al forno che avevamo mangiato a pranzo... Ahaha. Scoppiai a ridere pensando al tacchino, staccandomi da lui.

«Cosa c'è piccola? Perché ridi?» Era un po' dispiaciuto, ma anche divertito nel vedermi ridere. Mi diceva sempre che amava la mia risata e vedermi felice.

«Scusa, lascia stare, è l'effetto dell'alcol. Forse era un pochino forte...» Risi di nuovo abbassandomi sempre di più, con la testa che mi girava. Warren mi afferrò prima che barcollassi e mi riportò ai sensi con un altro bacio. Dio com'era sexy. Gli circondai il collo con le mie braccia in un impeto di passione e risposi al suo bacio. Mi stava salendo una voglia assurda. Lui aprì gli occhi come se ci fossimo letti nel pensiero e mi guardò facendomi capire che non gli bastava. Aprì la prima porta che trovò alle sue spalle, che si rivelò essere un bagno, mi trascinò dentro e chiuse a chiave. Mi sollevò per i fianchi appoggiandomi al lavandino e mi baciò ancora, sempre più voglioso, esplorando il mio corpo sotto i vestiti, facendomi sentire il suo tocco infuocato sulla mia pelle. Gli morsi il labbro, lui scese sul mio collo e mi mordicchiò lì, facendomi sentire brividi di eccitamento lungo tutto il corpo e un calore nuovo in mezzo alle gambe. Non avevo mai provato una sensazione così intensa... Mi era estranea, eppure i miei movimenti sembravano venirmi talmente spontanei da non doverli nemmeno pensare. Scesi con la mano lungo il suo corpo fino ad arrivare ai jeans. La portai lentamente davanti, titubante. Non lo avevo mai toccato lì. Oddio. No, cos'era... Oh dio. Lo sentii per la prima volta. Non me lo stavo immaginando... Era duro. Per me. Tenni la mano ferma lì, incredula; era tutto nuovo per me, stava accadendo così velocemente, mi girava la testa. Warren si staccò e mi guardò, studiando la mia espressione. «L'hai sentito» disse. Annuii, incapace di proferire parola. Lui appoggiò la sua fronte alla mia, magnetizzando i nostri occhi e parlando con voce bassa e rassicurante. «È il mio amore per te. Non devi essere spaventata. Va tutto bene, amore?».

Non riuscii a rispondere subito. «S-sì. È che... è la prima volta che lo sento. E sapere che provi questo per me, così... intensamente, mi destabilizza, non mi è mai successo, capisci? Però è bellissimo.» Lo baciai di nuovo, tenendo la mia mano lì, percependo tutta la sua voglia di me e il suo calore.

Stavo per spingermi oltre e slacciare il bottone dei suoi jeans quando sentimmo delle voci provenire dalla sala dilà che dicevano che era l'ora del dolce. I ragazzi riposero «Arriviamo!» e poi non sentimmo più nulla. Io e Warren ci bloccammo subito e ci guardammo inquieti, colti alla sprovvista.

«E ora che facciamo?» chiesi io agitata. Non volevo fermarmi così: proprio sul più bello, ero talmente presa che non stavo neanche più controllando le mie azioni. Mi stavo facendo guidare dal desiderio.

Warren era visibilmente scocciato. «Dobbiamo per forza andare, non possiamo essere gli unici assenti, sarebbe troppo sospetto. Però cazzo io non posso uscire così...» Si guardò , dove era evidente che aveva un'erezione. Aveva ragione, non poteva uscire in quelle condizioni poverino. «Fai così, tu esci e io sto qui aspettando che mi passi... Digli che sono in bagno e che arrivo subito».

«E se mi chiedono dov'ero io?» Mi imbarazzava troppo l'idea che gli altri sapessero che eravamo andati ad imbucarci.

«Tanto Joe e Scarlett lo sapranno già. E poi che male c'è?» Notò il mio sguardo supplichevole nell'aiutarmi a trovare una scusa plausibile e mi suggerì: «E va bene, digli che tu mi avevi accompagnato e ci eravamo persi mentre cercavamo il bagno. Mi sembra abbastanza sensata come cosa, no?» Annuii ed uscii dal bagno, lasciandolo lì da solo a "calmarsi". Sorrisi, non potevo nascondere di essere leggermente divertita della cosa ma soprattutto lusingata: provocare quell'effetto a Warren era... gratificante. Sì, perché mi faceva capire quanto gli piacessi. Il problema era che ora non riuscivo a smettere di sorridere e forse avrei dovuto stare in bagno anch'io a calmarmi, ma se ci fossi entrata con lui lì avremmo fatto ben altro rispetto a calmarsi... Mi misi le mani sulle guance cercando di riportare la mia mente a pensieri meno zozzi (l'alcol non aiutava) e corsi in sala da pranzo, prima di far passare troppo tempo dalla mia assenza. Sul tavolo c'era ogni ben di dio di dolci, dalle torte ai pasticcini ai biscotti. Magicamente come li vidi il mio stomaco liberò un posto per potermi godere quelle leccornie (il famoso "stomaco da dessert"). Comunque ormai stavo digerendo il pranzo, anche grazie al liquore, quindi potei assaggiare un po' di tutto. Warren arrivò dopo circa una decina di minuti e si sedette al tavolo nella sedia che gli avevo tenuto apposta, senza proferire parola. Gli passarono un piatto e delle posate e lui si servì.

«Ci hai messo così tanto??» gli chiesi sottovoce, non facendomi sentire dagli altri, mentre gli passavo un biscotto a forma di foglia d'acero con la glassa arancione.

«È più complicato di quello che pensi» sussurrò, e con uno sguardo sofferente mi fece capire che non era piacevole. Si avvicinò al mio orecchio per dirmi: «È difficile farsi passare la voglia dopo una cosa del genere, anzi ne ho ancora un po', per oggi stiamo tranquilli che non vorrei fare azioni avventate». Mi guardò per vedere se avevo capito cosa intendeva, e annuii in risposta. Ci prendemmo altri dolci e ce li gustammo senza parlare oltre, ascoltando le chiacchiere festive degli altri commensali.

Finita la festa verso sera, dopo un altro giro di liquori a cui stavolta fecero partecipare anche noi ragazzi ma io saggiamente mi astenni, andammo tutti a casa, salutando Joe e la sua famiglia e ringraziandoli immensamente per la bellissima festa. Facemmo i complimenti allo staff che aveva preparato tutte quelle prelibatezze, e ci salutammo tra noi invitati prima di andarcene. Non sapevo come salutare Warren: i miei erano lì di fianco e dire la verità a loro ancora non l'avevo presentato ufficialmente. Sì, era imbarazzante come cosa, diciamo che non avevo calcolato bene i tempi e avrei dovuto presentarglielo prima del Ringraziamento visto che ci sarebbe stato anche lui, ma d'altro canto lui era lì presente come amico di Joe e non come mio fidanzato, quindi non era così messa male la situazione. Decidemmo, scambiandoci sguardi d'intesa, che era meglio non baciarci, anche perché la voglia di entrambi non si era ancora assopita del tutto; ci tenemmo per mano per un po', guardandoci negli occhi senza dire nulla. Lui mi strinse le dita, un gesto d'affetto incondizionato, facendomi capire che mi aspettava. I miei finirono i saluti agli altri e io e Warren lasciammo le nostre mani. I miei lo salutarono con «Ciao Warren, è stato un piacere conoscerti, speriamo che una volta verrai a trovarci e faremo le presentazioni come si deve». «Certo signori Frozehart» rispose lui, educato. Mia madre gli sorrise, mio padre gli diede una pazza sulla spalla e io lo salutai con la mano, come in sospeso, come se sentissi che mancava qualcosa. Ed era proprio così, c'era qualcosa di non concluso, ma non potevamo fare in altro modo. «Ciao Warren... buonanotte» gli dissi. Mi sentivo un po' un'idiota.

Lui sorrise, rassicurante. «Ciao Rose, dormi bene.» Feci per scendere gli scalini seguendo i miei quando mi sentii afferrare la mano. Mi girai verso di lui e mimò con le labbra «Ti amo».

Sentii un brivido caldo lungo il corpo. «Anch'io ti amo» risposi sottovoce. Ci sorridemmo a vicenda in segno di saluto e mi voltai, lasciando la sua mano, raggiungendo i miei e allontanandomi da lui. Sapevo che quella notte l'avrei sognato, e che per parecchi giorni a seguire non sarei riuscita a pensare ad altro che non fosse lui e quello che era successo.

  
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