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Autore: hidemi    18/12/2017    1 recensioni
Questa è una presa di coscienza. Caro lettore, il risentimento è inautentico.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi erano persi nel buio. Odore di muschio e terra ti sfiorava la pelle. Tentasti un movimento, ma c’era a malapena spazio per il tuo corpo. Il rumore sordo del legno ti fece salire il panico. “Aiuto! Che scherzo è mai questo?”. Iniziasti a sferrare pugni e a fare più rumore possibile, sperando che qualcuno fuori di lì ti sentisse. Ma il suono si perdeva nella terra così come in un mare di ovatta.  
 
Le tue forze presto scemarono. Non eri mai stata molto forte, vero? Ti stancavi dopo due rampe di scale. Per non parlare delle bottiglie di plastica: sentivi sempre la mano in frantumi. Ma alla fine non era mai stato un grande problema, le apriva sempre qualcun altro per te, dopo qualche presa in giro. Adesso il corpo faceva male. Chissà il volo che avevi fatto per finire così sotto terra. Chissà chi ti aveva fatto questo. 
 
Oh dio, oh dio, non ricordavi niente. La tua memoria falliva ancora, non era mai stata molto allenata. Le ore e ore di studio ai tempi della scuola erano state tempo perso e scene mute. E tu pensavi di essere un'incompresa, pensavi "l'intelligenza non consiste in un voto". Ma poi tutti te lo dicevano continuamente: “ma come, non te la ricordi quella serata a casa sua, con la bottiglia di vodka alla pesca?”, “dai! quella volta che a 6 anni ci siamo sbucciate le ginocchia in bici!”, “ma come fai a scordarti le chiavi di casa?”, “guarda che ci siamo visti pochi giorni fa”. Smemorina, rincoglionita. Non ricordi mai niente. E ora ti sforzavi vanamente di fare mente locale, ma il buio era totale. 
 
Ti copristi la faccia per piangere, e sentisti un lieve odore di sigaretta ancora sulle mani. Ne avresti voluta una.  Era da poco più di un anno che non contavi più le sigarette giornaliere, e invece la tua migliore amica aveva smesso di fumare. Ma a te non importava, per te le sigarette erano poetiche. Erano la chiave per godersi gli attimi. Di tristezza, di felicità, di rabbia. Erano il tuo amplificatore emotivo. E non ti importava che ormai la tua stanza puzzasse di fumo, tantomeno che desse fastidio alla tua amica. Lei non ti capiva più. Ti rimproverava di essere cambiata. Non se n’era fatta una ragione, che ora eravate entrambe diverse. E in fondo il cambiamento è naturale, ti dicevi. Le persone cambiano, si allontanano, ma se sono anime affini non c’è da preoccuparsi. E invece lei se n’era andata. Inutili gli sforzi, un foglio di alluminio accartocciato non può tornare come prima. Adesso però le lacrime uscivano e avevi una voglia irrefrenabile di abbracciarla e tornare bambine. La solita euforia riparatrice. Arrivava a ondate periodiche ogni settimana, ma passava sempre nel giro di qualche minuto quando Lui ti cullava tra le braccia. 
 
Adesso avresti solo voluto vederlo. Visualizzavi il suo volto nell’oscurità. Forse era stata lui la tua dolce rovina. Ma lui, dannazione, era più poetico delle sigarette. Voi due eravate una composizione pittorica, una fotografia in bianco e nero. Era la tua calma nelle vene, la tua droga, e ne temevi l’astinenza. Chissà se era preoccupato per la tua assenza. Quasi impazzisti al pensiero di non rivederlo mai più e di non uscire più di lì, e iniziasti a gridare aiuto a pieni polmoni. La disperazione e il panico ti davano la forza. La gola bruciava ma continuavi. Le braccia erano piene di lividi. Le unghie sanguinavano. Ma tu continuavi, ancora e ancora. “Come ci sono finita qui”, ti tormentavi tra le lacrime. 
 
Ormai la voce era diventata un rantolo, e d'un tratto, come una corda invisibile ti stringe la gola, il ricordo ti immobilizzò. Spalancasti gli occhi. 
Ti ricordasti finalmente delle lunghe giornate di sole che avevi passato su quel prato a scavare. 
   
 
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