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Autore: Raptor Pardus    18/12/2017    0 recensioni
Dell'ultima guerra dell'uomo, dii come terminò il Secondo Medioevo e di come arrivarono l'inverno nucleare e il Grande isolamento.
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vessimer bestemmiò, preso dall’ira, e scagliò un pugno contro lo schermo appeso al muro.
Lo schermo non subì danni, al contrario della sua mano.
Gemette per il dolore, massaggiandosi il palmo dolorante.
Tutti i presenti all’interno della sala comando distolsero lo sguardo e finsero che non fosse successo nulla, ignorando il crescente senso di imbarazzo che aleggiava in tutta la sala.
<< Il mio shuttle è pronto? >> sbraitò Vessimer, lo sguardo fisso sulla mappa proiettata sullo schermo.
Erano circondati ormai.
Inutile era stato lanciare controffensive, tendere imboscate, fare terra bruciata: divisione dopo divisione, le sue truppe venivano battute e respinte, e solo perché non aveva abbastanza uomini da poter mandare all’assalto.
E più il fronte si allargava, più la situazione si faceva critica.
Le pianure tra Ecumenes e Evandrum erano diventate un cimitero di carri, dove per ogni corazzato dell’Autarchia distrutto vi erano tre MBT Federali fuori uso; la foresta che un tempo ricopriva i colli a est ora non esisteva più, divorata dalle fiamme dei caccia precipitati al suolo; la terra era ancora attraversata da fiumi di sangue, dove migliaia di uomini erano caduti.
Era la fine, e lui non poteva far altro che osservare impotente il nemico venirgli incontro.
E tutto perché quelli che credeva suoi alleati non avevano collaborato.
Ma avrebbe avuto vendetta.
<< Abbondare la base. >> ordinò. << Ordinare l’evacuazione della città. >>
<< Signore, i Federali hanno la supremazia aerea. Non c’è modo di riportare le truppe in orbita. >>
Vessimer si voltò e fissò l’addetto radio, un uomo attempato e dal volto ricoperto di tatuaggi, raccattato chissà in quale prigione.
<< Sintonizzati sulle frequenze Federali. >> ordinò all’uomo.
<< Mio console? >>
<< Fallo! Comunica le coordinate della nostra flotta. >>
<< Ma, signore… >> replicò l’addetto radio.
<< È un ordine, soldato! >> urlò Vessimer.
L’uomo si ammutolì ed eseguì l’ordine.
<< Signore, il suo shuttle attende. >> riferì un soldato entrando nella stanza.
<< Fate alzare in volo tutti i caccia rimasti. >> ordinò Vessimer. << Andiamo. >>
 
Maester era aggrappato al tettuccio di un IFV lanciato contro le linee nemiche.
Sentiva lo stomaco sottosopra.
Le truppe aeree stavano già sbarcando in città, poteva vederlo da lì.
I combattimenti erano già iniziati.
Il blindato aprì il fuoco con la sua mitragliera, stordendo gli uomini seduti sulla torretta.
La città era vicinissima.
I primi missili anticarro volarono contro di loro che ancora non avevano raggiunto la periferia, ma il fuoco di sbarramento durò poco.
Gli IFV schierarono i loro fanti.
Ormai erano in mezzo alle case.
Maester scese e affiancò la squadra a cui era stato assegnato, avanzando guardingo fino al loro prossimo obbiettivo.
La città sembrava deserta, probabilmente gli abitanti si erano tutti rifugiati nelle campagne a nord, dove il fronte era più distante.
Alcuni ribelli uscirono dall’edificio, le mani alte sopra la testa, le armi a tracolla.
Una squadra li prese in custodia, sottraendo loro le armi, poi il sergente al comando li giustiziò sommariamente, uno dopo l’altro, con un colpo di pistola in pieno volto.
Continuarono ad avanzare per ore, incontrando sempre una blanda resistenza.
Alcuni ribelli usarono dei civili come scudi umani, cercando di difendere la loro postazione, ma un soldato della fanteria corazzata sfondò col suo esoscheletro il tetto dell’abitazione in cui erano arroccati e fece un massacro.
La via per il quartier generale ribelle era praticamente libera, nulla in confronto alla fatica fatta per conquistare Ecumenes, di gran lunga più piccola.
Maester sentiva uno strano sapore in bocca, amaro, ma non riusciva ad ammettere a sé stesso cosa lo provocasse, benché lo sapesse benissimo.
L’entrata del quartier generale fu sfondata con una testata termobarica, l’assalto fu tremendamente sanguinoso.
Per la prima volta i ribelli diedero davvero prova di coraggio, resistendo fino all’ultimo.
A sera il QG nemico era caduto, ma in alcuni punti della città i combattimenti proseguivano ancora, dove i ribelli rifiutavano di arrendersi e preferivano darsi a improbabili fughe e azioni di guerriglia.
Dello stato maggiore avversario non fu trovata traccia.
 
Vessimer affondò le unghie nel sedile del pilota.
<< Non puoi accelerare? >>
<< Signore, siamo a velocità massima. >> replicò l’aviatore.
Volavano bassi per allontanarsi dalla città, coperti dai pochi caccia che ancora avevano a disposizione.
Già abbandonare l’aeroporto era stata un’impresa, figurarsi ora prendere quota.
<< A tutti i caccia, velivoli sulla nostra scia. >> comunicò il navigatore alla radio.
<< Ricevuto, intercettiamo. >>
Lo shuttle finalmente prese quota, mentre Vessimer tornava nel vano passeggeri e attraverso gli oblò vedeva gli intercettori abbandonare la formazione e rimanere indietro, sacrificandosi per lui.
<< Siamo sicuri di riuscire a raggiungere la flotta? >> chiese ad uno degli ufficiali seduti intorno a lui.
<< Sì, signore. I caccia terranno il nemico impegnato il tempo necessario. >> rispose l’ufficiale.
<< Ci siamo salvati appena in tempo, se avessimo aspettato un altro po’ la flotta nemica ci avrebbe precluso qualsiasi via di fuga. >> riferì un altro ufficiale.
In poco tempo furono fuori dall’atmosfera, circondati dalle stelle.
Davanti a loro vi era la luna dietro la quale la loro flotta era nascosta.
La flotta nemica era in movimento, pronta ad abbandonare l’orbita del pianeta.
Sembrava diretta verso il loro stesso punto, ma fortunatamente era molto più lenta.
Vessimer sorrise, maliziosamente soddisfatto.
Prima che quel verme di Seraphus pagasse per la sua inerzia lui sarebbe già stato lontano e al sicuro, e se invece l’ammiraglio avesse prevalso sul nemico non sarebbe stata che un’altra magnifica vittoria per l’Autarchia.
In ogni caso aveva da guadagnarci, o meglio, peggio di così non poteva andare.
Di una cosa era certo, però.
Una volta nel sistema di Rigel-D Arseius gli avrebbe spiegato in ogni dettaglio perché aveva fatto fallire la più importante campagna della guerra e cosa diamine aveva in mente per mandare in malora anni di lavoro in maniera così sconsiderata.
 
Seraphus guardò le navi distrutte precipitare nell’orbita del piccolo pianeta al confine del sistema.
<< Anche oggi abbiamo un bottino da raccogliere. Inviate le squadre di recupero. >>
Il ponte di comando della sua ammiraglia, dove ora si trovava, era in festa.
Un altro convoglio Federale distrutto significava dar maggiore respiro alle loro truppe a terra, magari riuscire a prolungare i combattimenti quel minimo necessario per l’arrivo dei tanto agognati rinforzi.
Eppure, per ogni convoglio Federale catturato altri cinque arrivavano sul pianeta carichi di truppe fresche, munizioni, carburante e cibo.
Non potevano fermare così tanti vascelli, non da soli, non mentre loro rimanevano sempre più a corto di qualsiasi cosa.
Avevano già due volte evitato l’ingaggio con la flotta nemica, lanciata alla loro ricerca.
Per fortuna, escluse alcune schermaglie tra caccia, i Federali non erano ancora riusciti a dar loro battaglia.
Ma per quanto poteva andare avanti una situazione del genere?
Per quanto ancora Arseius avrebbe negato loro i rinforzi necessari a far proseguire la campagna?
Un sistema così importante per la loro vittoria rischiava di essere perduto in una maniera così stupida.
Chissà se altrove altre campagne procedevano alla stessa maniera, oppure avevano avuto più fortuna; purtroppo Seraphus non poteva saperlo, considerando quanto lente viaggiassero le informazioni nello spazio aperto.
Erano dannatamente isolati, impossibilitati ad abbandonare il sistema e incapaci di sapere cosa succedesse all’esterno.
Attraverso gli schermi che ricoprivano le pareti della sala Seraphus vide gli shuttle delle squadre di recupero raggiungere i rottami spaziali, affiancarli e iniziare le procedure di attracco.
L’addetto alle comunicazioni abbandonò la sua postazione e gli si avvicinò in silenzio.
<< Signore, richiesta immediata di tornare alla base. >> gli sussurrò sommessamente all’orecchio.
<< Cosa succede? >> chiese Seraphus, voltandosi verso di lui.
<< La flotta nemica si avvicina alle nostre posizioni. >> rispose il soldato, mantenendo basso il tono della voce.
<< Ci hanno scoperto? >> farfugliò Seraphus sbigottito, raggiungendo immediatamente la sua poltrona a centro sala e iniziando a sbraitare ordini. << Tutti gli uomini ai posti di combattimento! Flotta in allerta! Prepararsi alla battaglia! Richiamare le squadre di recupero, timoniere, rotta verso la base, comunicate alle altre unità di mantenere le distanze, evitare l’ingaggio in ogni modo fino al nostro arrivo. >>
La nave ruotò sul posto e fece rotta verso i pianeti interni, i motori alla massima potenza.
Dovevano muoversi, o sarebbero stato tagliati fuori dal nemico.
<< Radio, comunicare punto di rendez-vous, tutte le unità convergano su Palladium VI immediatamente. >>
<< Subito, ammiraglio. >>
Palladium VI era abbastanza vicino, le navi sparse per il sistema non avrebbero impiegato molto a raggiungerlo.
<< Siamo sicuri che le navi nemiche puntino su di noi? >> chiese Seraphus all’addetto radio, intento a comunicare gli ordini al resto della flotta.
<< Sì, ammiraglio. Hanno aggiustato la rotta non appena le nostre unità hanno iniziato a spostarsi. >>
<< Eravamo perfettamente occultati, come è possibile? >>
<< Signore, mi comunicano che il console Vessimer è a bordo della “Scilla” e ha destituito il capitano Juto. >>
<< Con che autorità? Mettetemi subito in comunicazione con lui. >>
<< Subito, ammiraglio. >>
Seraphus iniziò a tamburellare con le dita sul bracciolo della poltrona.
Non riusciva a crederci.
Si erano fatti fregare come idioti.
<< Ammiraglio, il console Vessimer è sulla sua linea privata. >> comunicò l’addetto radio dopo diversi minuti.
Seraphus aprì un piccolo scomparto nascosto nel bracciolo ed estrasse un auricolare.
<< Vessimer, cosa diamine fa con la mia nave? >>
L’auricolare rimase in silenzio, lasciando il suo interlocutore in attesa.
Non avrebbe ricevuto risposta finché la “Scilla” non fosse stata in vista, ma valeva la pena aspettare.
Palladium VI era ormai davanti a loro, già sorvegliato dal grosso della loro flotta.
Altri vascelli, provenienti da tutte le direzioni, erano in rapido avvicinamento.
Oltre Palladium VI, a meno di mezza unità astronomica, vi era il pianeta dove i loro eserciti si erano scontrati per il controllo del sistema, circondato dalle astronavi della Federazione.
La “Scilla” apparve davanti a loro, scivolando rapida nel cono d’ombra del sesto pianeta.
<< Nebriter, la battaglia è perduta, dobbiamo evacuare il sistema. >>
<< E le sue truppe, console? >>
<< Annientate. Ho salvato il salvabile. >> arrivò poco dopo all’auricolare.
<< Lei non va da nessuna parte con la mia nave, Vessimer. >>
<< La sua nave è requisita, navarca. L’esercito ne ha bisogno. >>
<< Non ce l’ha più un esercito! >>
<< Signore, i Federali ci sono addosso. >> comunicò l’addetto radar.
<< Linea di battaglia! Tutte le navi in linea di battaglia! Arretrare mantenendo la formazione! >>
Seraphus si sentiva prossimo a un esaurimento nervoso.
<< La mia presenza è richiesta nella capitale, buona fortuna con la sua battaglia, ammiraglio Seraphus. >>
<< Vessimer, non abbandoni il sistema! >>
La comunicazione era già stata chiusa.
La “Scilla” passò loro affianco, superandoli, diretta verso lo spazio profondo.
<< Cosa facciamo, ammiraglio? >> chiese il suo secondo in comando.
Seraphus avrebbe potuto aprire il fuoco sull’incrociatore in fuga, intimandogli di fermarsi.
Ma c’erano suoi uomini a bordo, e lui non era ancora diventato una bestia.
<< Ammiraglio! Cosa facciamo? >> ripeté il secondo.
Seraphus digrignò i denti, così forte che sentì il sapore del sangue in bocca.
<< Lasciateli andare, abbiamo una battaglia a cui pensare. >> ordinò infine, sconfitto.
Le navi Federali avevano ormai aperto il fuoco, lanciandosi sulle unità più lente della loro flotta: portastormo, navi ausiliarie, trasporti.
Incrociatori e ricognitori cedevano terreno, arretrando sempre più velocemente.
Alcune navi stavano ruotando sul posto, per offrire il ponte superiore, ricoperto di torri e cannoni, al nemico; altre ormai spacciate lanciavano i gusci di salvataggio; altre ancora, colpite gravemente, andavano alla deriva, i motori fuori uso.
<< A tutte le corazzate, convergere sulla mia posizione! >> ordinò Seraphus, sperando di poter distrarre abbastanza il nemico da permettere la fuga delle altre navi. << A tutte le altre unità, abbandonare il sistema. >>
Le corazzate lentamente formarono una punta di diamante intorno al suo vascello, facendo fuoco sulle navi nemiche in avvicinamento.
Nugoli di caccia erano lanciati contro le corvette in fuga, pronti a mettere fuori uso i loro motori iperluce, mentre altre navi, troppo lontane all’inizio della battaglia, continuavano a unirsi alla mischia, finendo per venire rapidamente circondate.
<< Signore, diverse navi rifiutano di ritirarsi. >> comunicò l’addetto radio.
<< Cosa? >>
<< Si uniscono a noi. >>
<< È… >> borbottò Seraphus, prima che un missile colpisse una delle loro torrette.
<< Danni lievi alla torre 3, ancora operativa. >>
<< Le navi nemiche si sono fermate. >>
Ormai era una questione di resistenza.
Non importava più la rapidità, il genio dei comandanti o la prontezza degli uomini al loro comando.
Vinceva chi riusciva a incassare più colpi.
Seraphus vide le sue corazzate e i suoi incrociatori mantenere coraggiosamente la posizione per oltre un’ora, nonostante il nemico, in soverchiante superiorità numerica, si stesse avvolgendo tutt’intorno a loro.
Solo quando furono circondati, sicuro che ormai chi era riuscito a sottrarsi alla battaglia fosse abbastanza lontano da poter avviare i motori iperluce, Seraphus ordinò di cessare il fuoco, stabilì una comunicazione con l’ammiraglia della flotta Federale e si arrese.

   
 
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