Finiti
i libri e i film di
"Hunger Games" ho deciso di lasciar correre la fantasia
immaginando come possa essere avvenuta l'evoluzione di Effie dalla
donna (diciamocelo) odiosa e senza cuore del primo film, in una
persona che nel secondo film soffre all'idea di poter perdere sia
Katniss che Peeta. Dei riferimenti sono anche volti ad Haymitch, tra
loro c'è una complicità che emerge sempre di
più nel corso dei
film fino ad arrivare al bacio sfuggente nell'ultimo :-). Nel testo
sono inseriti missing moments non solo riguardo all'Effie conosciuta
negli Hunger Games, ma anche alla sua vita prima della
settantaquattresima edizione dei giochi.
La mia fanfiction è
basata sul film, mi perdonino coloro che hanno preferito il romanzo
^_^'.
Spero che queste poche righe bastino per farvi venir voglia
di andare avanti nella lettura e ringrazio in anticipo chiunque
leggerà la storia e anche chi la volesse recensire
(è sempre bello
sapere il parere degli altri, anche se negativi, purchè
siano pure
costruttivi ^^ ).
Effie
spinse con poca
forza la porta di casa per entrare al suo interno. Le luci si
accesero immediatamente appena lei fece il suo ingresso mostrando una
donna che sembrava essere il perfetto ritratto al contrario della
proprietaria. I vestiti e la parrucca ancora festosi stridevano con
lo sguardo di Effie che senza enfasi chiudeva con le chiavi la porta.
Si diresse con passi stanchi verso la camera e sedendosi sul bordo
del letto si guardò allo specchio posto sulla cassettiera
davanti.
Il volto per la prima non più rilassato in generosi sorrisi;
gli
occhi che ripensando a quella serata si fecero nuovamente sgomenti in
un primo momento per divenire poi tristi. Mai avrebbe immaginato che
sarebbe tornata in quello stato. Era stato molto difficile
controllarsi tutta la serata e fingere di essere allegra e
spensierata. Ora, da sola nella sua stanza, finalmente
lasciò libera
ad una piega di incresparle l'angolo destro della bocca
all'insù.
Per la prima volta non stava per accennare ad un sorriso e da
lì a
poco le lacrime che iniziarono ad inumidirle gli occhi avrebbero solo
confermato la smorfia di dolore sul suo volto. Lo sguardo perso a
catturare di nuovo le immagini della serata e, in un'associazione per
libero pensiero, a brandelli della sua vita prima. Quando
uscì
allegra da casa sua dopo due ore per mettere i vestiti e la parrucca
che aveva scelto già da tempo con tanta cura insieme alla
sua
stilista, pensava che sarebbe stata un'emozionante serata quella che
stava per attenderla. Era una delle tante feste che costellavano la
sua vita fin da quando era piccola ed era portata ai vari gala dai
suoi genitori. Sempre vestita elegantissima e con abiti di lusso come
una bambolina, impeccabilmente composta come una vera signorina di
buona famiglia. Tutti si complimentavano con i genitori e con lei ed
Effie era la stella di famiglia. Sua madre
era sicura che sarebbe
diventata qualcuno di importante nel sistema di Capitol City o negli
Hunger Games. Fin da piccola infatti la bimba mostrò vivace
interesse per gli Hunger Games, appoggiata dai genitori in quella sua
passione e spesso quando le chiedevano cosa avrebbe voluto fare da
grande alternava a tante idee anche quella di “estrattrice
dei
bigliettini” come definiva lei il ruolo degli accompagnatori
di
Capitol City nei vari distretti. Con il tempo la bimba
continuò a
crescere non solo d'età, ma anche in bellezza inducendo
molti
ragazzi o a complimentarsi per la sua eleganza e gusto nel vestirsi o
a girarsi per guardarla meglio. Ebbe molti spasimanti, pochi
fidanzati e solo due storie importanti. Al termine della sua ultima
relazione, durata due anni, a trent'anni, pensò di non
cercare più
l'amore negli uomini, ma di dedicarsi seriamente alla sua vera
passione: gli Hunger Games. Il momento fu propizio poiché
proprio in
quel periodo furono aperti dei bandi di concorso per la sostituzione
di sei posti nella categoria a cui lei, seppur a fasi altalenanti,
aveva sempre ambito fin da quando aveva sette anni. I posti in ballo
erano quelli del distretto uno, distretto quattro, distretto cinque,
distretto sette, distretto dieci e distretto dodici. Effie vinse il
concorso, tanta fortuna ebbe nel vincere il bando molta meno fortuna
ebbe nell'assegnazione del distretto: l'infelice dodici. Nessuno
avrebbe voluto andare in quel posto e lei ebbe conferma della propria
sfortuna solo quando vi arrivò per la prima volta: era il
più
povero dei distretti che contava la sua unica
“ricchezza” nelle
miniere di carbone. Come se non bastasse ad affiancarla nei tour il
mentore in carica da decenni ormai: Haymitch Abernathy. Un
impenitente ubriacone che aveva un solo compito e non sapeva nemmeno
portare a termine quello. Lo dimostrava l'assenza di altri vincitori
dopo di lui. D'altronde lui non aveva mai creduto in uno solo dei
tributi del suo distretto. Più volte Effie gli aveva
ricordato che
Capitol gli aveva dato tutti gli onori degni di un vincitore
chiedendo in cambio una sola cosa: essere un buon mentore per i
successivi tributi. Lui per tutta risposta le si avvicinava sempre a
pochi passi dal viso e con il suo alito impregnato d'alcol
biascicava: -Cosa vuoi saperne, dolcezza, di cosa chiede davvero
Capitol ai vincitori dei suoi distretti? Io so riconoscere un
possibile vincitore e ti garantisco che questi due non hanno alcuna
possibilità di vincere.- Sorrideva e, se già non
l'aveva, si
dirigeva da qualche parte a prendere qualsiasi cosa puzzasse come il
suo alito.
Lui era il suo esatto opposto. Lui era rozzo e lei era
raffinata; lei amava le feste e lui era scontroso; lui si vestiva
bene solo quando sapeva di dover apparire in televisione mentre lei
era sempre impeccabile; lei era precisa e maniacale nel lavoro e lui
faceva il minimo ed indispensabile per adempiere al suo; lui era
sempre trascurato e lei era una maniaca della cura del proprio corpo;
lei era un'amante della pulizia personale e della casa, mentre lui si
faceva la doccia una volta alla settimana (se andava bene) e viveva
nel caos più totale. Lui era un abitante del povero
Distretto
dodici; lei era una capitolina. Questa era la differenza sostanziale:
lei era migliore per diritto di nascita, lui era nato come un
miserabile e nessuna vittoria o onore avrebbe cambiato la sua
condizione. Lo avrebbero solo reso un po' migliore. Gli Hunger Games
servivano proprio anche per questo, a ricordare per sempre che per
quanto un abitante dei distretti potesse raffinarsi dopo una
vittoria, non sarebbe mai stato un vero capitolino: era una legge di
natura messa per iscritto dal Presidente Snow. Nonostante
ciò ogni
anno cercava di convincere Haymitch a fare del suo meglio per aiutare
i suoi allievi a vincere, in fin dei conti più vittorie
avrebbe
ottenuto il dodici maggiori possibilità aveva lei di
andarsene e
scalare la gerarchia dei distretti e chissà, magari
diventare
accompagnatrice di uno dei primi 5 distretti. Quando per la prima
volta vide Haymitch credere in uno dei suoi allievi, Katniss e in
conseguenza porre fiducia anche nell'altro tributo, Peeta, vide una
possibilità di avanzare di livello pure lei. Quando poi, per
la
prima volta negli Hunger Games, furono proclamati due vincitori lei
fu presa da un'euforia mai provata prima. Aveva assistito ad un passo
epocale e tutto ciò era avvenuto anche grazie a lei che
aveva
istruito i due giovani tributi su come comportarsi e vestirsi a
Capitol, aveva sollecitato Haymitch abbastanza per fare bene per la
prima volta il suo lavoro e aveva scelto per loro i migliori
stilisti. In quel periodo, vedere finalmente Haymitch credere in
qualcuno ed essere meno scorbutico con i tributi perchè
finalmente
capace di credere nelle loro capacità, l'aveva anche
avvicinata a
lui. Odiava la sua dipendenza dall'alcol e il modo in cui la trattava
sempre senza portarle il rispetto che avrebbe meritato non solo per
il fatto di essere di Capitol, ma per la carica stessa che ricopriva,
però vide finalmente un aspetto nuovo del mentore con cui
lavorava
da tempo. Era più solare, i suoi non erano più
sorrisi sarcastici e
spesso durante gli Hunger Games, tra un bicchiere e l'altro, si era
ritirato a parlare con lei. Non era mai sobrio, ma spesso era lucido
perchè si rendeva conto che da ubriaco incapace di parlare e
di
stare in piedi non sarebbe riuscito a trovare nessuno sponsor per i
suoi tributi. Lo sforzo di Haymitch di controllarsi nel bere le
permise di vedere un lato piacevole di lui e questo non lo poteva
negare. Era trascorso un anno di festeggiamenti, gloria e fama per
Katniss e Peeta, i suoi vincitori, e lei era sempre stata al loro
fianco, organizzando il tutto al meglio. Era stato un anno molto
intenso, poiché lei li preparava non solo per le feste, ma
anche per
le apparizioni in tv e, visto come la storia d'amore tra i due aveva
appassionato gli abitanti di Capitol City, vi furono diverse
incursioni delle telecamere del programma di Cesar a casa loro.
Quell'anno volò e lei si affezionò molto ai due
giovani e, senza
accorgersene, pure ad Haymitch che li doveva preparare
psicologicamente per piacere al pubblico e per risultare credibili
quanto più possibile nella loro recita. Tutto fu perfetto,
chiudendo
un occhio sulla prima tappa del Tour della Vittoria al distretto
undici, lei aveva trovato due ragazzi dal cuore d'oro, aveva scoperto
nuovi lati di Haymitch che dai 74esimi Hunger Games era cambiato
molto riseptto gli anni precedenti e restare ancora al Distretto
dodici non le pesava più come prima. Forse anche
perchè grazie alla
vittoria di Katniss e Peeta anche lei aveva avuto il suo momento di
gloria. Una gloria che durò fino a quello stesso pomeriggio.
In
quanto accompagnatrice dei tributi lei era in prima fila negli spalti
della piazza in cui il Presidente avrebbe dato l'annuncio delle nuove
regole che avrebbero onorato la terza edizione della memoria. Era
estremamente emozionata, lei aveva visto la seconda edizione della
memoria quando era una bambina ed erano stati gli Hunger Games
più
belli in assoluto, sia per le nuove regole stabilite che per il
finale inaspettato: nessuno avrebbe scommesso sul bel ragazzino del
distretto 12. Non vedeva l'ora di sapere cosa avevano pensato
Plutarch e il Presidente Snow per i 75esimi Hunger Games. Poi...
quelle parole... “I tributi, come sempre maschio e femmina,
verranno mietuti tra i vincitori ancora in vita di ogni
distretto”.
La mente e il cuore furono trafitti da una lama con un colpo solo.
Sperò vivamente di aver capito male e il suo sorriso per la
prima
volta svanì mentre tutti gli altri si alzavano per
applaudire al
Presidente e per accogliere i nuovi Hunger Games con urla di gioia.
Improvvisò un malessere momentaneo quando gli chiesero come
mai
rimase seduta con quella faccia invece di esultare per la splendida
notizia. Per il resto della sera finse, sorrise senza troppa enfasi,
parlò molto meno del solito ed iniziò a pensare
forse come mai
prima in vita sua. In un colpo solo avrebbe perso Katniss e Peeta o
Haymitch e tra Haymtich il trentasettenne ubriaco senza famiglia e
Peeta il diciasettenne sano e robusto con una famiglia alle spalle
tutta la vita da ricostruirsi davanti sarebbe stato meglio se fosse
andato Haymitch. Senza contare che Haymitch era più grande
di loro
quindi avrebbe avuto più chance di vincere contro persone
tutte più
grandi degli ultimi due vincitori. Singhiozzò Effie a questi
ricordi, la mente ancora confusa ed annebbiata, il cuore a pezzi. Si
era davvero affezionata a quei due ragazzi e non aveva mai pensato ad
un futuro diverso da quello di un grandioso avvenire per loro.
D'altronde era questo che Capitol aveva sempre promesso, no? Gloria,
fama, ricchezza e pace per i vincitori con un'unica richiesta in
cambio: fare da mentori fino al successivo vincitore del loro
distretto. Ora però le crollava il suo mondo. Prese
l'ennesimo
fazzoletto stavolta non per soffiarsi il naso, ma per pulirsi il
mascara rosso che le stava rigando il viso. Il perfetto mondo di
Capitol City, tutto ciò in cui aveva sempre creduto, i
vincitori dei
distretti di Panem, gli insegnamenti recepiti fin da piccola... ogni
cosa nella sua testa stava cadendo in mille frammenti. Quelli non
erano i valori che si volevano celebrare con gli Hunger Games, quelle
persone non erano come le avevano sempre detto, quello non era il
mondo nel quale credeva di vivere. Le avevano sempre spiegato fin da
bimba che gli Hunger Games erano necessari: era sempre meglio perdere
ventritre ragazzi all'anno dei vari distretti che perdere un numero
sproporzionato di vite a Capitol City ed annientare un intero
distretto. Le avevano sempre detto che era necessario avere un
Presidente che governava su tutto perché era il padrone, ma
anche
padre amorevole, non solo con i suoi concittadini di Capitol City, ma
anche con gli abitanti dei distretti. Lo dimostrava il fatto che in
cambio delle ricchezze di ogni distretto lui dava ai loro abitanti
cibo e protezione e ai vincitori dava la possibilità di
vivere come
i capitolini. Anche se, gliel'avevano sempre detto i suoi genitori,
loro non sarebbero mai stati veramente come i capitolini. Non
avrebbero mai avuto nelle vene il loro sangue e questo era un dato di
fatto, una legge naturale quanto naturali erano gli Hunger Games. In
fin dei conti era un contratto firmato tra il Presidente e i
rappresentanti dei distretti stessi. Ora per la prima volta
capì che
il mondo nel quale era stata cresciuta, lei e i suoi genitori prima
di lei, era tutta una bugia architettata dai poteri alti di Capitol
che aveva fatto un lavaggio del cervello ai suoi abitanti, facendogli
vedere giusto ciò che nulla aveva di giusto, nascondendo i
crimini
compiuti in nome della dittatura del Presidente Snow, omettendo quali
reali prezzi erano chiesti di pagare ai vincitori. Solo ora capiva le
parole che Haymitch gli diceva sempre: “Cosa vuoi saperne di
cosa
chiede davvero il Presidente ai vincitori di Panem?”. Solo
ora,
all'infrangersi di una promessa scritta e mantenuta da settantacinque
anni e alla possibilità di perdere due dei tre vincitori del
distretto 12, si rendeva conto che non c'era nulla di divertente
negli Hunger Games. Solo ora si rendeva conto che tutto il sistema di
Capitol, dei distretti e degli Hunger Games era qualcosa di assurdo,
di terribile. Effie tirò un pugno contro il materasso in un
impulso
di rabbia che non provò mai prima in vita sua. Due giovani
ragazzi
di diciasette anni ai quali aveva imparato ad affezionarsi costretti
a rivivere gli Hunger Games avendo meno possibilità di
salvarsi
ancora una volta. Ed Haymitch? Solo ora gli veniva in mente di una
volta recente in cui lei prima si complimentò con lui per il
lavoro
fatto e poi gli chiese come mai non si volle mai impegnare nel suo
ruolo prima di allora ricordandogli che Capitol non gli chiedeva
nulla in cambio di farlo vivere da nababbo. Lui le rispose come al
solito che lei non sapeva cosa Capitol chiedesse davvero ai vincitori
e lei, offesa, gli chiese di dirle dunque cosa chiedeva davvero ai
suoi vincitori. Haymitch rispose: -Prova a chiederlo alla mia
famiglia, dolcezza-. In quell'occasione si limitò a
sbuffare, ma ora
che ci rifletteva com'era possibile che un uomo di quarant'anni non
avesse più nessuno? Rabbrividì, temendo di
conoscere per la prima
volta la risposta, mentre l'immagine del volto del Presidente
prendeva forma nella sua mente. Quella edizione della memoria le
stava aprendo gli occhi su diverse realtà e al tempo stesso
stava
rischiando di portarle via persone alle quali si era affezionata
davvero e che per questo non voleva ne' perdere ne' vedere morire. Le
avevano sempre insegnato che gli abitanti dei distretti erano persone
“di serie B” e lei da diligente bambina aveva
sempre assorbito
questi insegnamenti fino a vedere logica questa teoria. Ora non ci
vedeva più nulla di logico. L'affetto che provava per
Katniss e
Peeta era qualcosa che andava ben oltre a quello per delle mascotte e
questo semplicemente perchè vivendo spesso in contatto con
loro si
era accorta che non avevano nulla di diverso da lei se non il fatto
di vivere nel distretto più povero di tutta Panem. Che dire
poi
degli strani sentimenti contrastanti che ultimamente provava per
Haymitch? Trovava sempre ripugnante quell'odore di alcool che lo
accompagnava perennemente, come trovava disgustoso il fatto che di
tutti i sanitari la doccia era quella meno usata in casa dell'uomo;
però quando era lucido era simpatico, spesso la prendeva in
giro
senza mai mancarle di rispetto, anche i discorsi che faceva avevano
una logica e quando si curava per apparire in tv era anche un uomo
piacente, pur non sfoggiando gli abiti e le acconciature stravaganti
di Capitol. Effie, immaginandosi un Haymitch sobrio e ben curato,
più
volte si domandò come sarebbe stato baciarlo, salvo poi per
ricordarsi che lei abitava a Capitol e lui no e quindi, sebbene non
ci fossero divieti scritti a tal proposito, sarebbe stato scandalosa
una simile opportunità. Ora, con il senno di poi, pur non
essendo
innamorata di lui, capiva che forse avrebbe potuto durante quel
periodo approfittare delle numerose occasioni in cui si
ritrovò sola
con lui. Nessuno aveva mai potuto negare che fosse una bella donna e
sebbene Haymitch non aveva fatto mistero che per lui era troppo
stravagante nelle acconciature e nei vestiti, era lampante che pure
l'uomo la trovava una bella donna. E lui? Elegante e docciato
diventava un uomo molto piacente. Non avrebbe mai immaginato che un
giorno si sarebbe sentita attratta da un uomo di un distretto e ora
che realizzava ciò, pur continuando a non capire la vera
natura dei
suoi sentimenti per Haymitch... Le possibilità che uscisse
il suo
nome erano altissime e questa possibilità la terrorizzava e
al tempo
stesso la sollevava perché perdere Peeta, così
giovane con tutta la
vita davanti, le sarebbe stato ancora più insopportabile. Le
mancò
il respiro quando, facendo mente locale, realizzò che ad
estrarre i
due tributi del dodici sarebbe stata, ancora una volta, lei. Avrebbe
voluto sparire, ribellarsi per la prima volta alla crudeltà
di
Capitol, accusarli di non dare ai vincitori quello che prometteva,
ma... non poteva. Da tempo si respirava una pesante aria dovuta ad
una rivolta che si stava dilagando nei distretti e chiunque si fosse
opposto al volere di Capitol City veniva ucciso a vista. Non ci
teneva a morire, anche perchè lei avrebbe dovuto aiutare il
mentore
non sorteggiato a tenere in vita gli altri due tributi e Dio solo
sapeva quanto supporto psicologico avrebbe dovuto offrire e quali
strategie migliori consigliare a Peeta nel caso non fosse uscito il
suo nome. Effie si soffiò nuovamente il naso. Lei, accanita
fan
degli Hunger Games, da sempre aspirante a prenderne parte
effettivamente, si trovava persa ora che il suo mondo si era
frantumato. Che senso aveva uccidersi a vicenda così
giovani? Come
era riuscito il Presidente Snow e tutti coloro che lavoravano per lui
a lavare il cervello a tutti quanti al punto da fargli credere che
gli Hunger Games erano giusti e che un abitante di dei distretti era
diverso da un capitolino? Lei non era una persona cattiva e nemmeno i
suoi genitori lo erano, ma da sempre era stata plagiata dalla
propaganda pubblicitaria e dagli insegnamenti ricevuti dagli adulti a
vedere i giochi come la più grande attrazione dell'anno. In
quel
momento però si stava rendendo conto che era tutto sbagliato
nel
modo più crudele.
Si lasciò andare sul
letto a braccia aperte, gli occhi sbarrati e rossi dal pianto a
guardare un punto imprecisato del soffitto fucsia, mentre pensava che
estrarre prima Katniss e poi uno dei due ragazzi fingendo che fosse
tutto fantastico era la punizione per aver sempre amato un gioco
così
cruento fin dall'età più tenera. Andò
avanti con queste congetture
per ore finchè, sopraffatta dalla stanchezza decise di
cambiarsi e
prepararsi per andare a dormire.
Dopo un'ora e mezza, per la prima volta in trentuno anni di vita, gli Hunger Games iniziarono a turbare i suoi sogni.