Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    23/12/2017    0 recensioni
SPIN OFF "The dragon, son of ice".
Tutto ciò che ci rende ciò che siamo è la convinzione ... e quando tutti ci fanno credere che siamo in un modo e ci trattano da tali ... sta a noi riconoscerci, ritrovare la nostra identità e smentirli. Perché noi non siamo né folli draghi, né diffidenti lupi, né delicate rose ... noi siamo noi, siamo chi decidiamo di essere, cosa scegliamo di costruire e nient'altro importa. Non ascoltare le voci ... guarda solo i miei occhi e torna con me. Torniamo a casa."
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Margaery Tyrell, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Il Dominatore di materia
 
 
Oramai erano giorni o settimane che Jaime e Daenerys erano rinchiusi dentro quella stanza buia, con Brienne in fin di vita. Avevano perso la cognizione del tempo.
Jaime era in dormiveglia, seduto, con la testa abbandonata alla parete e con la mano appoggiata distrattamente alla guancia di sua moglie, la quale era rimasta tutto il tempo con la testa sopra le sue gambe.
Non si erano detti una parola dopo l’irruzione dei soldati e la proposta che questi avevano fatto a Jaime riguardo il divenire Primo Cavaliere del nuovo re. Non avevano avuto nulla da dirsi, troppo occupati a soffrire e a temere per le loro vite e per quelle dei loro cari, risucchiati dall’impotenza.
- Credi che stiano bene? – chiese improvvisamente l’uomo, con gli occhi ancora semichiusi e il volto rivolto verso la finestra tappata. A quella domanda, anche la madre dei draghi si risvegliò dal suo torpore e guardò Jaime con sguardo interrogativo. – Mia figlia ed Eveline, intendo. Credi che siano riuscite ad arrivare a Vaes Dothrak?
- Spero di sì. Mi fido dei dothraki. Sono la mia seconda famiglia. Forse loro sono le uniche ad essere davvero al sicuro – rispose Daenerys accennando un sorriso ai limiti del malinconico.
A ciò, Jaime si voltò a guardarla. – Mi dispiace tanto per Hayden e per Jon. Sto pregando gli dei ogni giorno che siano anche loro al sicuro.
- Non c’è bisogno di mentire dinnanzi a me, Jaime. Sono una donna che ha affrontato di tutto nel corso della sua vita e so bene che mio figlio e mio marito sono più a rischio di tutti noi trovandosi ad Approdo – disse amaramente la madre dei draghi, cercando inutilmente di ricacciare indietro le lacrime. – Avrei dovuto impedirgli di andare. Sapevo bene che sarebbe stato pericoloso. Ma Jon era così sicuro di riuscire a risolvere almeno un po’ la situazione ad Approdo. Lui ha sempre avuto questo innato istinto a spingerlo a salvare vite e a porre rimedio ad ogni situazione pericolosa, come se fosse imbattibile. Sapevo che non sarei mai riuscita a convincerlo a non andare. Tuttavia … - disse iniziando a piangere e a singhiozzare. – Avrei almeno dovuto impedirgli di portare Hayden con lui … se lo avessi fatto … forse ora anche mio figlio sarebbe in salvo insieme a Myranda e ad Eveline … per i sette inferi, perché non l’ho fatto?!? Sono rimasta talmente accecata dalla prospettiva di vedere Hayden così soddisfatto e impaziente di fare ciò che ha sempre voluto fare … essere un buon comandante … una guida coraggiosa degna del suo popolo … ho visto il suo sorriso e non ce l’ho fatta ! – esclamò continuando a piangere.
- Ehi … non è colpa tua – le disse l’uomo allungando la mano e appoggiandola sopra quella della madre dei draghi, per poi stringergliela. – Non potevamo sapere cosa sarebbe accaduto. Non darti colpe che non hai.
Trascorsero alcuni minuti in cui Daenerys ebbe modo di calmarsi un po’ grazie anche alla mano del suo compagno di prigionia stretta alla sua.
- Sai … quando Hayden era piccolo diceva di odiare i suoi capelli.
- Sì, lo ricordo – rispose Jaime accennando un sorriso nostalgico.
- Tutte le storie passate che aveva udito sulla casata Targaryen, tutte le crudeltà che avevano commesso coloro che possedevano i nostri capelli, erano penetrate nella sua mente e lo avevano influenzato. Inoltre, era l’unico insieme a me ad averli, e ciò costituiva un motivo di diversità, nonostante nessuno tra i suoi amici e i suoi cugini glielo avesse mai fatto pesare. Veniva sempre riconosciuto subito come Targaryen, non appena veniva visto anche solo da lontano. Ciò lo disturbava. Ricordo che provò innumerevoli volte a tagliarseli da solo, ma ricrescevano sempre, perciò capì che era inutile. Un giorno, quando era nel letto insieme a me e si trovava sul punto di lasciarsi andare al sonno, io glieli accarezzai come ero solita fare mentre lo guardavo addormentarsi ... in quel momento aprì i suoi occhioni neri e mi osservò con uno sguardo differente. “A te piacciono tanto” mi disse. Io gli risposi che li amavo, ma non perché ci identificavano come Targaryen. D’altronde, non era ciò che ci distingueva, poiché esistevano altri membri della stessa famiglia ad esserne privi, come Walter ed Eveline. Gli dissi che li amavo perché erano nostri e io non avrei mai cambiato niente di noi. Dopo quella risposta, il suo visino sembrò realizzare una verità assoluta e tanto agognata. Mi sorrise e richiuse gli occhi rimanendo accanto a me e continuando a lasciarsi accarezzare. Da quel giorno sembrò accettare di avere sangue e altre caratteristiche tipiche dei Targaryen. Accettò la sua stirpe e non ne ebbe più vergogna o repulsione – disse la donna sorridendo mentre le lacrime continuavano a bagnare le sue guance bianche.
- È sempre stato un bambino sveglio ed intelligente – commentò Jaime sorridendo a sua volta. – La mia bambina ha sempre avuto un enorme cotta per lui. Non riesco neanche a ricordare in che periodo le è venuta. Credo sia stato dalla prima volta che lo ha visto, quando era ancora in fasce.
Risero entrambi. – Sì, me ne sono accorta! Credo se ne siano accorti tutti a Grande Inverno. Oh, la dolce Myranda! Ha sempre posseduto una sensibilità che le ho invidiato fin dal primo momento. Quando la tenevo tra le mie braccia, così bella e paffuta, mi ricordo che sorrideva sempre con quella sua purezza ed ingenuità che la rendevano luminosa e rara. Parlava continuamente, raccontandomi di tutto con la massima accuratezza e meraviglia. Come se qualsiasi cosa per lei avesse un valore e possedesse un lato buono. Aveva fiducia nel mondo e credo che sempre la avrà, qualsiasi cosa accada.
- Forse anche troppa – commentò Jaime mentre il suo sorriso assumeva un velo di preoccupazione.
- Cosa intendi?
- Ho sempre cercato di proteggerla da tutto e da tutti, forse eccessivamente. Per questo ora mi resta difficile pensare che è da sola e si sta reggendo con le sue gambe, senza la nostra protezione. Sta diventando una donna, ma non sono mai riuscito a vederla come tale. Per me rimarrà sempre la mia bambina. Ha sempre saputo che possedesse qualcosa del carattere di Myrcella, l’altra mia figlia. Una dolcezza e una purezza pericolose per chiunque non le possieda. Nella mia casata, coloro che hanno mostrato un carattere di questo tipo sono morti molto giovani. Tommen e Myrcella erano solo dei bambini.
- Loro vivevano in un ambiente diverso a quel tempo. Per Myranda non sarà lo stesso.
- Lo so, ora è diverso. Tuttavia, credo che Myranda sia addirittura più a rischio di quanto lo fossero i suoi fratellastri.
- Cosa intendi?
- La sensibilità di Myranda è diversa da quella di Tommen o di Myrcella. Non è semplice ingenuità fanciullesca, plasmabile e instabile, facile da trasformare in qualcos’altro. La sua è un’impostazione mentale, uno stile di vita estraneo alla mia casata, ma più comune a quella della mia amata. Anche se non sembra, negli anni hai potuto constatare anche tu che Brienne è dotata di una dolcezza fuori dal comune, anche se nascosta dietro una corazza di guerriera impossibile da scalfire. Il potere e la condanna di mia figlia stanno in ciò. Per questo ho sempre temuto per lei e ho cercato in tutti i modi di tenerla al sicuro, anche privandole di vivere appieno.
- Questo non è vero, Jaime. Hai fatto ciò che qualsiasi padre che ama la figlia più della sua stessa vita avrebbe fatto. Non incolparti implicitamente per non essere stato un degno padre per gli altri tuoi tre defunti figli, temendo di non poterlo essere neanche questa volta per Myranda. Hai fatto un ottimo lavoro con lei.
A quelle parole, l’uomo sorrise lievemente consolato, per poi voltare di nuovo lo sguardo verso la finestra. – Chi lo avrebbe mai detto?
- Cosa? – gli chiese la donna.
- Che la figlia dell’uomo che ho ucciso e tradito, sarebbe stata la mia spalla su cui piangere in un momento tragico come questo – disse ironicamente Jaime.
- Già … - rispose Daenerys cogliendo l’ironia. – Oramai la fama di Sterminatore di re ti ha reso molto più ambito che deriso.
- Non accetterò mai la proposta che mi hanno fatto – rispose lui risoluto.
- Lo so, Jaime. Ne sono certa. Ad ogni modo, non ho mai avuto l’occasione di dirtelo, ma … non ce l’ho mai avuta con te per quello che hai fatto a mio padre. Insomma, quando ero solo una bambina ho pensato diverse volte, con rabbia e desiderio di vendetta, a ciò che avevi fatto. Ma una volta cresciuta e dopo aver realizzato che tipo di uomo era diventato mio padre … ho smesso di considerarti un assassino infame e vile. Ho iniziato addirittura a nutrire della riconoscenza nei tuoi confronti; perciò grazie, Jaime. Grazie per ciò che hai fatto. Non saremmo qui e non avremmo mai potuto costruirci la vita che desideravamo e una famiglia, se non fosse stato per te e per il tuo coraggio che ti ha spinto a porre fine al regno sanguinario del mostro che era mio padre.
- Non ci saremmo riusciti neanche se Walter non avesse fatto ciò che ha fatto – specificò l’uomo.
- Già. Il mio amato nipote ci ha salvati tutti quindici anni fa, anche se non immaginava di certo che ci saremmo trovati in questa situazione ora.
- È assurdo immaginare che da un uomo tanto crudele, siano stati generati dei figli e dei nipoti tanto diversi da lui.
In quel momento, Daenerys sembrò quasi avere una visione ad occhi aperti. Il suo volto semi sorridente si incupì di colpo e assunse una colorazione quasi cerea. – Vogliono farlo diventare come lui … - sussurrò la donna realizzando con orrore.
- Daenerys? Daenerys, che ti succede? – le chiese l’uomo allarmato.
- Mio figlio. Vogliono renderlo come suo nonno. Vogliono renderlo come mio padre. Vogliono che divenga il nuovo re folle – balbettò lei sconvolta voltandosi verso Jaime e cominciando a tremare. – Lo hanno preso per questo! Non capisci??? Per questo motivo lo volevano!! Vogliono renderlo una sua copia!!! Vogliono trasformare il mio bambino in un mostro sanguinario!!! – urlò cominciando a piangere e a contorcersi su sé stessa. – No no no, non può succedere … non può accadere … è ciò che di peggiore possa avvenire …
- Daenerys, calmati! – esclamò Jaime avvicinandosi a lei e prendendola per la spalle, cercando di farla ragionare. – Hayden è un ragazzo forte. Vedrai che non cederà al loro volere!
- Jaime, tu non capisci!! Lo tortureranno! Hai visto cosa sono stati capaci di fare a Drogon?? Lo hai visto??? E Drogon è un drago imbattibile mentre Hayden è solo un ragazzo!! Utilizzeranno metodi inumani con lui!! Dalla loro parte hanno qualcuno dalla mente e dall’animo ancora più mostruoso di Qyburn! – urlò lei ribellandosi alla presa salda di Jaime e continuando a piangere e a tremare vistosamente.
- Daenerys, non puoi reagire così ora! Devi essere forte! Devi farlo per Hayden e Jon!! Ora dobbiamo sostenerci a vicenda e non cedere, intesi?? Non lasciarmi da solo in questo!!
Improvvisamente, i due furono interrotti da un potente tonfo che fece tremare le pareti del luogo. Entrambi ammutolirono in attesa di sentire altro, per poi udire in lontananza le voci allarmate e gli urli dei soldati che li tenevano prigionieri. Sembravano in difficoltà.
- Che sta succedendo?!?
- Sono arrivati fin qui, comandante!! Coloro che chiamano i “Fantasmi della notte”!! Stanno spargendo terrore in tutto il Nord e ora sono arrivati qui!!
- Dobbiamo fare qualcosa!!
- Uscite all’esterno!! Uscite! Richiamate gli altri all’ordine!
- Ma comandante, se ci aggiungiamo anche noi agli altri cavalieri all’esterno, i prigionieri rimarranno senza protezione!
- Rimarrà la squadra di Ser Lewis a controllarli!! Ora spostiamoci fuori! Non possiamo lasciare che penetrino qui dentro!! Dobbiamo catturar … - ma l’uomo non riuscì a terminare la frase, che ci fu un altro potente tonfo. A ciò, si udirono i passi di parecchi soldati spostarsi all’esterno.
Jaime si buttò più volte sulla porta per sfondarla.
- Jaime, che stai facendo??
- Forse è la nostra occasione per scappare!! Dobbiamo uscire e controllare quanti soldati siano rimasti qui dentro! – esclamò l’uomo gettandosi per la quarta volta, con tutto il suo peso, sulla porta, e riuscendo finalmente a buttarla giù. A quel punto, Jaime si affacciò per valutare la situazione e trovò il corridoio semi vuoto. – Prendo Brienne, dobbiamo provare ad andarcene – disse l’uomo dirigendosi verso sua moglie stesa a terra.
- Jaime, no! – contestò Daenerys affacciandosi a sua volta e facendogli segno che non fosse possibile. – Non sono così ingenui! Ho visto quattro soldati armati fino ai denti a guardia delle porte! L’unica possibilità che ci sta donando questa confusione, è quella di arrivare almeno fino alla stanza in cui tengono Margaery e Olenna! Il corridoio che ci permetterà di raggiungerle è libero. Se arriviamo fino a loro, possiamo controllare in che condizioni sia Margaery, se sia peggiorata o stia meglio! Poi potremmo solo sperare che questi “Fantasmi della notte” creino ancora più trambusto da permetterci di scappare. Se così non fosse, torneremmo qui dentro prima che loro se ne accorgano!
- D’accordo! – le rispose l’uomo caricando sua moglie sulle sue spalle e addentrandosi a gran velocità nel corridoio libero insieme a Daenerys.
Non appena raggiunsero la porta della stanza in cui erano tenute le altre due donne, si accorsero che non era stata chiusa a chiave, dato che né Margaery né Olenna avrebbero potuto provare a scappare. La aprirono e finalmente le rividero.
- Oh, i miei poveri e stanchi occhi cosa vedono! Sicuramente mi stanno ingannando! – esclamò Olenna mentre un sorriso le si dipinse sul volto. – Miei cari! Siete davvero voi! Almeno voi state bene!
- Sì, stiamo bene Olenna! – la rassicurò Daenerys correndo verso di lei e abbracciandola calorosamente.
Intanto Jaime appoggiò Brienne nello spazioso letto, accanto a Margaery, la quale, non appena si accorse dei rumori intorno a lei, riaprì gli occhi lentamente e si sforzò di sorridere loro. – Sto sognando? – sussurrò quasi impercettibilmente. Jaime e Daenerys si accorsero che era peggiorata molto: la sua pelle era quasi completamente violacea e appariva infinitamente debole e stanca. Il Lannister le prese la mano gracile e fredda cercando di riportarla alla realtà. – Margaery, sono Jaime! Ti prego, Margaery, resisti! Fallo per Eveline!
- Eveline! – esclamò la Tyrell come se si fosse improvvisamente risvegliata dopo giorni. – Dov’è la mia bambina?? Dov’è?? Jaime! Jaime, dimmi che sta bene!! – lo supplicò con la voce roca, facendo una fatica immane solo nel cercare di farsi capire.
- Eveline sta bene, Margaery! È riuscita a scappare insieme a Myranda! È salva! Non temere per lei! Presto tornerà da te! Ma tu devi rimanere sveglia per lei! Devi resistere prima del suo ritorno! Lei ha bisogno di te! Sei sua madre! Vedrai che riuscirà a trovare una cura per guarirti! Ma tu devi aspettarla viva, intesi?? Finché lei non tornerà da te!
A quella parole dell’uomo, Margaery sorrise mentre una lacrima le scendeva assumendo la colorazione bizzarra della pelle che solcava. – La mia bambina. La mia bellissima bambina è salva … lei sta tornando da me …
- Sì, Margaery – aggiunse Daenerys sforzandosi di sorriderle anche lei.
Dinnanzi a tale scena, anche l’intrepida Olenna cedette alle lacrime dopo tanto tempo. Notando ciò, la madre dei draghi ritornò accanto a lei e le accarezzò premurosamente una guancia. – Cerca di resistere anche tu, Olenna, intesi?
- Io sono una roccia, ragazza. Nessuno può uccidermi; neanche questi buzzurri. Ma non è per me che sono preoccupata … - disse lasciando intendere ciò che voleva dire.
Tuttavia, i quattro furono interrotti dai soldati che piombarono nella stanza, cacciando via Jaime, Daenerys e Brienne.
- Volevate approfittare per scappare, eh, razza di illusi!? Purtroppo avete fatto male i conti! Siamo ancora qui. Non saranno di certo quei farabutti incappucciati a sconfiggerci! – esclamò uno dei soldati spingendoli fuori a calci. – Dato che avete sfondato la porta della vostra vecchia stanza, siamo costretti a spostarvi in un’altra camera – disse spingendo ancora Jaime e facendo pressione con la mano sulla schiena di Brienne, la quale a sua volta giaceva sulla schiena di suo marito.
A ciò, Jaime si spazientì di nuovo. – Non toccarla! – urlò mentre li urtavano ancora per condurli nella nuova “prigione”.
Non appena furono nuovamente soli e al buio, Daenerys parlò. – Chi credi che siano questi “Fantasmi della notte”??
- Non lo so, ma oggi ci hanno quasi salvato la vita. Potrebbero averli mandati Oberyn, Davos e Varys appositamente per salvarci? – ipotizzò Jaime.
- Non lo so, ma non credo che siano riusciti a mettersi in contatto con una setta del genere. Tuttavia, con Varys ci si può aspettare di tutto.
- Dove credi che siano ora?
- Conoscendo Oberyn, potrebbero essersi temporaneamente rifugiati a Dorne, nonostante non sia molto sicura, così come il resto dei sette regni ora come ora.
- E Arya? Deve avere un piano. Ne sono certo. Arya Stark non è una donna che lascia correre un torto provocato alla sua famiglia in questo modo; in particolar modo se si tratta di suo marito e di suo figlio – disse Jaime con convinzione.
- Già. Spero con tutta me stessa che Ruben stia bene …
 
 
Veherek le aveva detto che avrebbe trovato una tenda rossa in mezzo al deserto, unica e isolata. Non appena l’avrebbe scorta, sarebbe dovuta entrare, poi avrebbe capito da sola cosa fare.
La giovane rosa, reduce da quattro ore di cavalcata in groppa alla sua fidata Abigail, entrò nella tenda, la quale, vista dall’esterno, sembrava molto più piccola. Ben presto si accorse che, per uno strano effetto ottico sicuramente provocato dalla potente magia, quel luogo, in realtà, fosse enorme, uno dei più immensi, strani e suggestivi che avesse mai visto. Attraversò un corridoio illuminato semplicemente da una luce soffusa che variava continuamente di colore e di intensità. La struttura di quella assurda dimora era articolata e complessa, tendente allo sfarzoso e al grottesco, ma non abusandone.
Non appena arrivò alla fine del lungo corridoio, si trovò dinnanzi ad una specie di labirinto.
- Qualcuno non vuole farsi trovare … - sussurrò tra sé e sé osservando le sei direzioni che erano davanti a lei. Compì una scelta casuale e si addentrò nella seconda alla sua destra, ritrovandosi in un corridoio ancora più lungo e dall’aria persino più mistica del precedente. Continuò in tal modo per più ore, ritrovandosi per dieci volte ad un bivio con sempre più direzioni tra cui scegliere. All’undicesimo infinito corridoio che percorreva, la sua pazienza stava cominciando a venire meno, ma non la sua volontà e determinazione di ferro. Era decisa a continuare, anche se avesse dovuto camminare e scegliere delle strade da intraprendere per l’intera giornata.
Ad un tratto, verso la metà del corridoio, la luce soffusa divenne sempre più lieve, fino a lasciarla quasi completamente al buio. La ragazza si fermò non potendo più scorgere il cammino di fronte a sé. Nello stesso istante, udì una voce che sembrava quella di una bambina molto piccola.
- Qual è il tuo nome? – le chiese la voce proveniente da qualche metro di distanza da lei.
- Eveline.
- Ho chiesto qual è il tuo nome, straniera.
- Cos’è che vuoi sapere esattamente?
- "Eveline" non può essere il tuo nome. Non è un nome da strega.
- Il tuo padrone riceve solo le streghe? Non mi è stato detto.
- Qual è il tuo nome?
- Non sono una strega.
- Qual è il tuo nome?
Eveline continuò a non capire, ma oramai si era addentrata troppo per esitare o avere dei ripensamenti, perciò resse il gioco alla bambina che sembrava aver capito benissimo che lei non fosse una strega, ma appariva intenta a metterla alla prova come quell’intero luogo le suggeriva. La giovane rosa si concentrò, cercando di far generare alla sua mente qualche nome adatto alla situazione. Dopo alcuni minuti le rispose. – Aradia. È un nome abbastanza da strega?
La bambina non rispose e si avvicinò a lei; la giovane Targaryen poté percepirlo dal rumore dei suoi passi.
Quando questa accese una fiaccola mostrando finalmente il suo aspetto, Eveline si accorse che non si trattava di una bambina, bensì di una piccolissima nana avente circa il triplo dei suoi anni.
- Il mio nome è Oen. Benvenuta, Aradia. Seguimi, ti condurrò da lui – le disse terminando di percorrere il corridoio, seguita dalla giovane rosa.
La nana la condusse in una sala immensa, la più grande che avesse mai visto, colma di bellissime donne e di uomini dall’aspetto bizzarro, quasi surreale. I fumi rendevano l’atmosfera soffusa e colmavano lo spazio arredato con oggetti strani e che la fanciulla non aveva mai visto. Oppure anche quello era solamente un effetto ottico. Oramai la ragazza non era più certa di nulla. Quel luogo era capace di frantumare le certezze come fossero sottili gusci di uova.
Quando Eveline si ritrovò dinnanzi al famoso Silenziatore di cui aveva sentito parlare, rimase a dir poco sorpresa. Si trattava di un uomo di massimo trent’anni all’apparenza; la sua carnagione era mulatta, ma non scura come quella dei dothraki; la sua statura molto alta; il suo aspetto uno dei più inusuali che avesse mai visto, forse proprio ciò che lo rendeva tanto accattivante; il corpo asciutto e aitante, fasciato da vestiti stravaganti, per lo più scuri e composti da pelli di serpenti e altri rettili; i capelli scuri, e, a renderlo ancora più agghiacciante, erano i suoi occhi dalle iridi di uno scarlatto vivido e più intenso del sangue.
- Sei lo stregone più temuto e famoso di queste terre … mi aspettavo che fossi molto più vecchio – commentò la ragazza senza alcun timore o riverenza verso la famosa figura che gli era davanti.
- E io mi aspettavo fossi più giovane, fiore del Nord – disse lui accovacciandosi dinnanzi alla nana. – Grazie, Oen – le disse dandole un bacio sulle piccole labbra, per poi rialzarsi in piedi e ritornare a concentrarsi sulla sua ospite.
- Sapevi che stavo arrivando?
- “Le fiamme del fiore del Nord, la donna-bambina dal cuore d’acciaio, giungeranno nella tua dimora per chiedere il tuo aiuto” – disse lui dirigendosi verso un altro dei bizzarri presenti. – Ma il tuo corpo non sembra affatto quello di una donna bambina, quanto più di una donna pienamente formata – continuò prendendo una delicata ampolla di vetro dalle mani di costui. – Io vedo tutto ciò che desidero vedere, Aradia.
- “Aris” non è prettamente un nome che sceglierei se fossi uno stregone – lo contestò prontamente lei, notando come l’aveva chiamata.
- Non ti piace? Aris è il mio vero nome – le rispose lui rivolgendole uno sguardo finto offeso.
- Faccio fatica a crederlo. Dunque è per questo che ti fai chiamare con paroloni come “Dominatore di materia”, “Mutaforma” o “Silenziatore”. Forse ora sono solo propensa a credere che tu sia niente più che un ragazzo che si diverte a sfruttare un potere più grande di lui per giocare con le vite e divertirsi in maniera malsana.
- Le apparenze ingannano, fiore del Nord. Io vivo fin dai tempi in cui Aegon il Conquistatore divenne il primo re dei Sette Regni e ho assistito alla costruzione della Barriera di ghiaccio da parte di Bran il Costruttore.
- Fatico a credere anche a questo.
A ciò, l’uomo sorrise e distolse lo sguardo da ciò che stava facendo con quell’ampolla, per riportarlo sulla ragazza. – Tu non credi a troppe cose per riuscire a trovarti davvero qui, Aradia.
- Dunque mi aiuterai? So che scegli tu chi aiutare.
- Sei riuscita a superare la prova per entrare qui quindi meriti almeno di essere ascoltata da me – le rispose continuando ciò che stava facendo.
- E in che modo la prova del “labirinto” senza fine valuterebbe l’idoneità di poter essere ascoltati da te di tutti i tuoi ospiti?
- La “prova del labirinto” ha un funzionamento preciso, fiore del Nord: non c’è una direzione distinta e concreta che conduce nel cuore della mia dimora, poiché tutto questo è solo un’illusione, come hai potuto notare.
- Dunque è solo un gioco snervante?
- I corridoi funzionano come misuratori di sicurezza e di timore. Più la paura e l’incertezza invade l’animo dei miei ospiti mentre percorrono i corridoi immensi e scelgono una delle tante vie che potrebbe essere quella sbagliata … più il mio interesse diminuisce e così le loro possibilità di incontrarmi. Solo in pochi riescono a rimanere saldi e a non venire invasi dall’insicurezza durante il lungo e surreale tragitto. Quando ciò accade, questi si ritrovano improvvisamente catapultati nuovamente all’esterno della “tenda”, in mezzo al deserto. Ho creato questo metodo per garantirmi già un’iniziale scrematura.
- Quindi io sono qui perché ho superato la prova?
- Non hai avuto timore, né ti sei fatta invadere dall’incertezza. Il tuo obiettivo è rimasto ben ancorato alla tua immensa decisione e determinazione. Per questo sei qui. Inoltre, la tua mente è ancora focalizzata nella realtà. Non l’hai mai persa di vista nonostante le visioni che i tuoi occhi ti mostravano. Questo luogo è stato costruito appositamente per frantumare il contatto di ogni individuo con la realtà concreta ed esterna – disse mentre una nebbia fitta invase la giovane rosa.
- Come fai a saper parlare così bene la mia lingua? – gli chiese la ragazza studiandolo e osservandolo diffidente.
A ciò, lui si voltò finalmente verso di lei. – Fai molte domande. Mi sento come fossi io quello ad essere valutato per venire scelto e non viceversa. Non ti fidi delle mie capacità, non è così?
- Per saper soddisfare la richiesta che sto per farti devi avere il potere che dicono tu abbia. Voglio accertarmene. Finora non ho avuto grandi dimostrazioni del tuo immenso potere da stregone, eccetto delle manie di grandezza, gusti sfarzosi e qualche trucchetto che annebbia la mente, i quali non considero validi. Non vuoi mostrarmi cosa sai fare perché prima devi scegliermi e non mi ritieni all’altezza? È così, non è vero?
- Tu cosa ne pensi? Non posso mostrare ciò che all’essere umano è proibito ad ogni giovane, spavalda e pretenziosa ragazza si presenti al mio cospetto. Se davvero non ti fidi delle mie capacità e di ciò che dicono di me, allora puoi andartene e rivolgerti a qualcun altro. Questa terra è colma di streghe e stregoni, perciò avresti l’imbarazzo della scelta, fiore del Nord. Sono sicuro che Helia Ala d’argento gradirebbe molto una tua visita – le disse con il suo indifferente tono pacato.
- Ho scelto te perché mi è stato detto che sei il più potente. Se ciò corrisponde a verità, con te avrei la sicurezza di ottenere ciò che voglio, mentre gli altri potrebbero non riuscirci. Ma non mi fido.
A ciò, l’uomo accennò un altro sorriso e si avvicinò lentamente a lei. La ragazza non indietreggiò, né mostro timore, ma mantenne lo sguardo fisso nel suo non distogliendolo da quegli occhi del color del sangue.
- Ora ti metterò nuovamente alla prova, Aradia, per accertarmi che tu meriti il mio aiuto. Se non la supererai, non ci vedremo mai più e non dovrai continuare a cercarmi.
- In cosa consisterà?
- Ognuno di noi ha un mantra nascosto dentro di sé, un legame latente con uno dei quattro elementi. Ora io porterò alla luce il tuo. Non temere, non soffrirai – le disse dandole un bacio sulla fronte, il quale provocò delle forti vertigini alla ragazza, capaci di farle perdere l’equilibrio e cadere a terra. Quando l’uomo si allontanò di nuovo, lei si rialzò in piedi a fatica, percependo concretamente di avere qualcosa di diverso che, tuttavia, non riusciva ad identificare.
- Hai un corpo forte, quasi più della tua mente, Aradia. Solitamente ciò che ti ho fatto porta ad un temporaneo svenimento – commentò lui osservandola.
- Ed ora? Che succederà?
- Io so qual è l’elemento al quale sei più legata, fiore del Nord. L’ho percepito nel momento in cui ho liberato il tuo mantra. Ma tu no. Dovrai scoprirlo da sola ed imparare ad utilizzare questo legame, ora non più latente, a tuo vantaggio. Non è facile come sembra. Alcuni si fanno risucchiare da questo potere naturale portato alla luce. Molti altri non riescono a scoprirlo, non sono capaci di percepire il loro elemento scorrere nelle vene e di sfruttare i pregi e la potenza che deriva da ciò, rimanendo sospesi nel vuoto, nell’incertezza, poiché la forza e l’entità del legame con il nostro elemento varia da individuo ad individuo. Sta a te dimostrare che sei capace di scoprirlo e di controllarlo. Se non riuscirai in ciò, capirai già autonomamente di non essere pronta e idonea ad addentrarti nell’angusto mondo della stregoneria, Aradia – le disse infine facendole un cenno della mano come saluto e svanendo nel nulla, così come tutto ciò che lo circondava, riportando la giovane rosa in mezzo al deserto, fuori dalla tenda.
 
Myranda aprì gli occhi e si guardò intorno insonnolita, non riconoscendo quel luogo. Poi realizzò di trovarsi nella sua nuova temporanea dimora. La tenda che Khal Miroqo aveva donato loro era comoda, fresca e confortevole, in pieno stile dothraki. La ragazza si mise in piedi, ma si accorse immediatamente di essere nuda, perciò si fiondò nuovamente sotto le leggere coperte del letto, presa da un’involontaria paura che qualcuno potesse averla vista. Poi si accorse che fosse sola in quella tenda, perciò si rilassò. Già, sola. Eveline non era più nel letto accanto al suo. Doveva essersi svegliata all’alba per andare da quel Silenziatore di cui le avevano parlato. La sua intrepida amica era abituata a dirigersi senza il minimo scrupolo verso individui bizzarri e ambigui in vista dei suoi scopi. Non le era mai accaduto nulla grazie alla sua capacità di sapersi difendere e al suo atteggiamento sicuro e incorruttibilmente quieto. La sua tenacia e la sua sicurezza erano sempre state la sua forza, tuttavia, quello era un luogo differente rispetto a Grande Inverno. Le minacce che si trovavano nel continente orientale erano sconosciute a due ragazze del Nord occidentale. Ma Myranda sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per persuadere la sua più stretta amica a non andare, dato che, quando si trattava delle persone a lei care e, in particolar modo di sua madre, nulla avrebbe potuto fermarla. La giovane Lannister scese cautamente dal letto coprendosi con il leggero telo e mettendosi alla ricerca di qualcosa da indossare.
In quel momento, una delle due ancelle che avevano assistito lei ed Eveline la sera prima, entrò nella tenda. Quando la vide in piedi, si diresse verso di lei sorridendo. – Per te – le disse porgendole un lungo vestito composto di pelli squamose e solo fasciato in alcuni punti con cintole di pelliccia.
- Per me? – le chiese la ragazza osservandolo sorpresa.
- Regalo di Veherek. Lui promesso. Promesso te abito pelle coccodrillo e capra – rispose la fanciulla sorridendole.
- Grazie. Dopo lo ringrazierò – disse Myranda accennando un sorriso e infilandoselo. – Sai per caso quando è partita la mia amica, Eve?
- Lei andata presto da … - ma l’ancella si fermò prima di pronunciare il nome dello stregone, facendo ricordare a Myranda che non fosse buon auspicio dirlo ad alta voce. – Lei tornare presto. Andare presto per tornare presto – disse semplicemente Wanha.
- Ho capito. Grazie ancora – disse Myranda cercando di abituarsi al suo nuovo abito, per poi uscire finalmente alla luce del sole. I raggi potenti le colpirono gli occhi chiari, tanto che fu costretta a ripararseli con una mano. Si convinse che non si sarebbe mai abituata a quel sole a tal caldo.
Decise di aggirarsi per il villaggio presa dalla curiosità di conoscere quel nuovo luogo. Intravide donne e bambini che camminavano tranquillamente per le strade e che, esattamente come il giorno precedente, la fissavano non appena passava loro accanto. Alcuni bambini intenti a rincorrersi le andarono addosso, ma, fortunatamente, riuscì a rimanere in equilibrio. Uno di loro le esclamò un distratto “scusa” in dothraki continuando a correre. Myranda li osservò allontanarsi e giocare liberi e innocenti proprio come lo erano un tempo lei e il suo amato branco. In quel momento si chiese per l’ennesima volta come stessero i suoi cari amici d’infanzia, oramai come cugini per lei.
I suoi pensieri furono interrotti da una voce familiare. – Piace il villaggio? – le chiese Veherek avvicinandosi a lei. La ragazza alzò la testa per guardarlo in volto facendo un po’ di difficoltà a causa del sole alto in cielo e della statura del ragazzo che superava la sua di più di due teste. – Ciao, Veherek. Sì, mi piace.
- Hai imbarazzo con nuovo abito? – le chiese lui incerto.
- No, assolutamente! È molto bello, grazie per avermelo donato – le disse sorridendo timidamente.
- Già fatto colazione?
- No, in realtà no. Infatti sto morendo di fame.
A quelle parole, il ragazzo si allarmò. – Cosa ti uccide??
- No, non sto morendo davvero, Veherek. È un modo che si usa nel continente occidentale per far capire che si ha molta fame – disse lei rassicurandolo.
- Perdona me. Non conosco così bene lingua comune. Quando tu e Eve insegnerete noi imparerò meglio.
- La sai parlare già molto bene, in realtà. Dovreste essere voi ad insegnarci adeguatamente la vostra lingua. Il nostro dothraki è a dir poco ridicolo! – disse la fanciulla camminando accanto a lui e cercando di seguire il suo passo.
Il giovane la condusse in un luogo in cui si trovavano molti uomini e donne a mangiare animali cotti o crudi, come se si stessero gustando una morbida pagnotta. C’erano fiumi di sangue ovunque e mancò poco che la giovane Lannister non vomitò davanti a tutti.
- Preferisci capra o coniglio? Le donne per colazione mangiano spesso capra o coniglio – le disse il ragazzo.
- Io, in realtà, saprei cucinare … - propose lei ancora disgustata dalle immagini che si presentavano davanti ai suoi occhi. – So preparare dei dolci molto buoni. Tutti amano i miei dolci – disse la ragazza provando a dissuaderlo.
- Dolci? – chiese lui confuso.
- Sì. Mi serve della farina, dello zucchero, delle uova e del latte! Vedrete che vi piacerà! – disse lei sorridendo raggiante.
Quando la ragazza ebbe sfornato abbastanza dolci da sfamare metà villaggio, tutti mangiarono voraci ed estasiati, ringraziandola ripetutamente per aver ampliato le loro papille gustative. Myranda si sentì bene, quasi felice per la prima volta dopo più di un mese.
Ma quella sensazione di completezza non durò neanche un minuto, poiché un dothraki piombò nel luogo in groppa al suo cavallo, esclamando qualcosa verso Veherek. Il giovane ascoltò attentamente tutto ciò che aveva da dirgli, rimanendo in silenzio e incupendosi di parola in parola. Dopo qualche minuto in cui Myranda era rimasta in trepidante attesa, quasi in apnea, il ragazzo si rivolse a lei traducendole tutto ciò che aveva udito. – Sono arrivate notizie di tua famiglia.
A ciò, la fanciulla si alzò in piedi allarmata e impaziente gli si avvicinò. – Come stanno?? Dimmi tutto, Veherek.
- Ragazzo andato a Cittadella è salvo. - Myranda tirò un sospiro di sollievo almeno a quella buona notizia, ma sapeva di non potersi illudere. – Ragazzino Ruben scomparso. Nessuno sa se è vivo o morto.
- Come “scomparso”?? – chiese la giovane desiderando ricevere maggiori spiegazioni.
- Non sappiamo altro.
A tale risposta Myranda cercò di mantenere la calma e di pensare al lato positivo, ossia che potesse essere scappato e fosse in salvo. – Continua.
- Vipera Rossa, Cavaliere delle Cipolle e Ragno Tessitore sono scappati. Non sappiamo dove. – La giovane Lannister non poté fare a meno di esultare a tale notizia. – Arya Stark non è mai tornata. Non c’è traccia di lei. Margaery, madre di Eve, è ancora viva e anche sua nonna.
Tali notizie erano fin troppe belle rispetto a quelle che si aspettava di ricevere Myranda. Per tale motivo attese ancora di udire informazioni su coloro ai quali teneva maggiormente. – E mio padre? È tornato ed è prigioniero anche lui oppure ha ricevuto la notizia in tempo e non è con loro? E mia madre??
Prima di risponderle, Veherek si intristì. – Dispiace, Mia. Ma tuo padre è tornato ed è prigioniero con loro insieme a khaleesi madre dei draghi, a madre di Eve, a nonna di Eve e a tua madre. Lei è ferita.
Myranda dovette sedersi e metabolizzare prima di rispondergli. Trascorso qualche minuto, Veherek si avvicinò a lei preoccupato. – Mia? Stai bene?
- Quanto è grave la sua ferita? – chiese lei alzando lo sguardo su di lui ancora più impaziente.
- Non sappiamo.
- Mia madre è un’ottima combattente e ha la pelle molto dura. Sicuramente sarà solo un graffietto … - disse sforzandosi di sorridere e di auto convincersi. Poi ricordò che Veherek non le aveva ancora fatto ricevere informazioni su una persona molto importante per lei. – Hayden Stark? Il figlio della madre dei draghi e del Protettore del Nord? Avete notizie di lui e di suo padre?
- Non credo tu voglia sapere sue notizie … - disse il ragazzo lasciando presupporre il peggio.
- Parla, Veherek. Ti prego …
- Lui prigioniero ad Approdo.
- Sì, questo lo so …
- Gli stanno facendo qualcosa di molto brutto. Lui è nelle mani di Hoxana Aemchaar. Noi conosciamo lei. Lei è potente maga di Qarth, la più potente e folle. Chiunque è in sue mani diventa suo giocattolo. È capace di tutto.
Myranda si mise le mani davanti alla bocca e cercò di reprimere le lacrime che le stavano per uscire prepotentemente dagli occhi.
- Hayden è forte. Ce la farà. Lo so. Ne sono certa. Scusatemi un attimo … - disse allontanandosi dalla folla di dothraki.
Tuttavia, la giovane Lannister non riuscì a trovare la tranquillità che cercava per riprendersi da tali notizie, poiché accadde di nuovo. Ad un tratto non vide più nulla, la sua visuale si oscurò ed apparvero dinnanzi ai suoi occhi delle immagini così spaventosamente vivide da sembrare reali. Vide una donna che somigliava molto a suo padre, vestita di nero, con uno sguardo e un sorriso agghiaccianti, intenta a bere da un calice di vino, osservando un tempio andare a fuoco da una finestra. Subito dopo, l’ambientazione mutò e vide un nano con i capelli di un colore simile a quello dei suoi, proprio come la donna della visione precedente. Egli era intento a combattere in una violenta battaglia, ma, a causa della sua statura, non riusciva a tenere testa ai suoi avversari, così venne ferito al volto con la lama di una spada, la quale solcò un taglio netto che coprì il suo intero viso.
- Zia Cersei … zio Tyrion … - sussurrò in un breve momento di lucidità. Ma non era finita lì. D’improvviso, la visuale cambiò ancora e si ritrovò nel cuore del Nord, la sua amata casa. Vide un giovane uomo con i lineamenti simili a quelli di Eveline, vestito di nero e pugnalato fatalmente al torace. Di fronte a lui vi era una spaventosa creatura, pugnalata anch’essa dalla stessa lama ghiacciata e inglobata in un abbraccio con lui. La creatura svanì nel nulla sgretolandosi letteralmente e venendo portata via dal vento, mentre il giovane uomo cadde inginocchio dilaniato dal dolore.
- Walter … - sussurrò mentre i suoi occhi pian piano riprendevano visione della realtà circostante. Inizialmente fece fatica a metabolizzare quelle immagini e a distinguerle dalla concretezza in cui si trovava. Essendo caduta a terra durante le visioni, strinse le dita sul terreno arido sotto di sé per aggrapparsi a qualcosa di reale.
Cominciò a tremare, fin quando una voce salvifica fu capace di riportarla in quel mondo e di risvegliarla completamente. – Dada! Dada, sono tornata! Che ti succede?? – le chiese colei che era come una sorella per lei, porgendole la mano e aiutandola ad alzarsi in piedi.
- Eve, sei tornata! – esclamò la giovane Lannister abbracciandola forte. – Sei tutta intera, vero? – le chiese osservandola attentamente per verificare che non ci fosse qualcosa di strano in lei.
Eveline sorrise divertita da quella reazione. – Sto bene, non preoccuparti! Tu, invece? Che ci facevi a terra con quello sguardo perso?
- Ho avuto solo un calo di zuccheri! Sai, con il fatto che ho preparato dolci per tutti, alla fine io non ho toccato cibo!
- Allora sarà meglio andare a sfamarci! Anche io sto morendo di fame e ho proprio voglia di una delle tue deliziose torte! – le rispose la giovane rosa toccandosi tristemente la pancia, la quale stava emettendo dei brontolii.
In quel momento, le raggiunse Veherek. – Bentornata, Eve! Prima di venire a mangiare con noi, ecco anche a te un vestito simile a quelli che indossate voi – la salutò il ragazzo porgendo anche a lei un abito lungo composto di pelli squamose e alcune piccole fasciature di pelliccia.
Eveline lo osservò sorpresa e lievemente divertita. – Grazie, Veherek, è molto bello! Non somiglia esattamente a quelli che indossiamo noi, ma credo proprio che sia meglio questo! – gli disse guardando poi Myranda che ricambiò il suo sorriso divertito. Ma, ad un tratto, la giovane Targaryen avvertì qualcosa di strano sulle sue mani mentre stringevano le pelli con le quali era composto il vestito.
- Vieni, Eve? – le chiese Myranda cominciando a camminare insieme a Veherek e notando che la sua amica non stesse facendo lo stesso.
- Voi cominciate ad avviarvi! Io arrivo tra un attimo! – li rassicurò lei per poi allontanarsi ancora un po’ e osservare cosa stesse succedendo alle sue mani. Da queste sembrava scaturire potere, come se fossero state colpite da un fulmine e il suo sangue stesse ribollendo. Accadde in un attimo. Le sue dita sembrarono letteralmente polverizzare il vestito, il quale sparì nel nulla.
- … maledetto … che cosa mi hai fatto …? – sussurrò la ragazza tra sé e sé esterrefatta per ciò che era appena stata capace di fare.
- Vestito? – le chiese Veherek raggiungendola nuovamente e guardandola confuso nel notare che non avesse più l’abito tra le mani.
- Credo che avrò bisogno di un altro vestito …
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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