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Autore: Rebecca_lily    24/12/2017    5 recensioni
E se fosse Georgie, e non Scrooge, ad incontrare gli ormai celebri tre Spiriti partoriti dalla fantasia di Dickens? Accompagniamola assieme in questa avventura al confine di più mondi e alla scoperta di una verità. Con tanti cari auguri di Buone Feste...
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Lowell Gray, Mary Butman
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Cari lettori,
la fanfic di oggi è una sorta di crossover tra due testi molto lontani tra loro (fatto salvo il periodo storico e il luogo dove sono ambientati), ovvero il celebre racconto morale di Dickens e la storia che noi tutti amiamo. Si tratta di un ‘divertissement’ e con questo spirito desidererei che la leggeste. Io mi sono divertita molto a scriverla.
 
Un augurio di buone feste a tutti voi,
Rebecca
 
PS. Gli estratti del testo di Dickens (qui rielaborati con molte licenze poetiche) si possono trovare al link https://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/dickens/cantico_di_natale/html/testo.htm
 
 
Strofa Prima. Lo Spettro di Mary
Era tardi. Georgie camminava stancamente per le strade di Swan Hill. Tutto attorno a lei era umido e freddo. Una fitta nebbia era, infatti, scesa sul paese che sembrava come addormentato, solo poche persone camminavano svelte, desiderose di tornare in fretta a casa dai propri cari. Era la vigilia di Natale. E anche quella sera, come ogni sera da quando erano fuggiti da Londra, Georgie rincasava a tarda ora dopo aver lavorato instancabilmente per guadagnare da vivere per lei e per Lowell. Già, Lowell, il suo amore malato che la aspettava a casa, ignaro forse di stare aspettando anche la morte. Una folata di vento freddo la sferzò e Georgie si rannicchiò ancora di più nello scialle che la copriva, senza proteggerla, dal freddo pungente di quel paese malsano e dal freddo che le attanagliava l’anima. Giunta davanti al portone della casa in cui vivevano sospirò: doveva trovare dentro di sé la forza necessaria per sorridere, per riscaldare almeno il cuore del suo amato.
Entrò nell’androne del palazzo, le scale erano – come sempre – male illuminate. La ragazza sentì qualcuno mormorare il suo nome: “Georgie…”. Voltò il capo ma non vide niente. Fece come per salire le scale, ma un refolo di aria fredda la sfiorò, come a trattenerla. “Georgie…”, sentì di nuovo chiamare la ragazza. Intimorita, si girò e questa volta la vide. “Mamma Mary?” – sussurrò incredula la giovane. Davanti a lei, infatti, si parava una figura il cui corpo trasparente ricordava in tutto e per tutto quello della donna che l’aveva cresciuta. Il volto della donna recava molta pena e la guardava torcendosi le mani diafane. “Figlia – disse la donna – sono venuta da te per espiare le mie colpe. Non ti posso dire tutto quel che vorrei: poche altre parole, e basta”. Georgie continuò a guardare lo spettro senza parlare. Troppe erano le emozioni che si agitavano dentro di lei in quel momento, non ultima la convinzione di star sognando tutto. “Ascoltami – le comandò – questa notte tu riceverai la visita di tre Spiriti. Senza la visita loro, - la ammonì la donna - tu non eviterai il sentiero che io batto. Né riposo, né pace mi spetta, infatti, in questa vita se non la tortura assidua del rimorso”. La ragazza annuì con un cenno del capo, dando così il segno di aver ricevuto il messaggio dello spettro, il cui volto si addolcì: “La mia ora è vicina – continuò la figura facendosi sempre più pallida ed evanescente – non mi vedrai mai più, ma ricordati – per amor tuo e dei figli miei –, ricordati di quanto è accaduto tra noi!”. Ciò detto, lo spettro svanì. La giovane guardò l’ombra farsi oscurità davanti a lei, si sentiva stanca sia dalle fatiche del giorno, dall’ora tarda e dalla commozione appena sofferta per la triste apparizione, come anche per le sue parole. Lentamente, trascinò le sue gambe su per le scale.
Rientrata in casa, e ancora scossa, posò sul camino il rametto di pungitopo che aveva trovato e che intendeva usare quale scarno addobbo natalizio. Chiuse gli occhi per farsi forza e si avvicinò a Lowell, che giaceva nel letto dandole le spalle. Con fare amorevole, gli sussurrò: “Stai dormendo Lowell? Ti ho comprato alcune mele, sono belle fresche”. Il ragazzo si girò di scatto colpendole la mano e facendo rotolare a terra uno dei frutti. “Lowell…” – disse la ragazza stupita. Con sguardo arrabbiato, le chiese: “Sei tornata tardi come ogni sera. Con chi trascorri le tue giornate?”. La ragazza, che si stava accarezzando la mano che lui aveva appena colpito, una mano resa ruvida dall’incessante lavoro, cercò di trattenere le lacrime. Lowell si rese allora conto di ciò che aveva appena fatto e le chiese scusa. Sempre con fare amorevole, la ragazza lo riaccompagnò sotto le coperte: “Ti prego, Lowell, fai il bravo. Non essere un bambino capriccioso”. Lui la assecondò senza voglia. La ragazza continuò: “Se resterai al caldo nel letto, ti sentirai meglio. Abbi pazienza”. Dopodiché gli chiese se volesse mangiare una mela oppure se desiderasse una zuppa. Il ragazzo, dandole le spalle, rifiutò ogni sua proposta. “D’accordo – concluse paziente Georgie – ti preparerò un buon pasto domani mattina. Buonanotte Lowell”. Una volta allontanatasi, il suo volto tornò triste. “Lowell, non voglio che tu muoia. Io voglio salvarti” – pensò, mentre anch’ella si recava a dormire, esausta.
 
Strofa Seconda. Il primo dei tre Spiriti
Georgie si destò d’improvviso nel bel mezzo della notte. Balzando a sedere sullo scomodo giaciglio sul quale da molte notti ormai dormiva, si trovò faccia a faccia con lo Spirito soprannaturale annunciato da mamma Mary: era una strana figura, un che tra il bambino ed il vecchio. Aveva canuti i capelli, fluenti sul collo e giù per le spalle; ma non una ruga sul viso anzi il rigoglio più fresco. Lunghe le braccia e muscolose; e così pure le mani, come se dotate di una forza non comune. Di forme delicatissime le gambe e i piedi, nudi a pari delle braccia. Portava una tunica candidissima stretta alla vita da una cintura lucente. In mano teneva un ramoscello di verde agrifoglio; e, per uno strano contrasto a cotesto emblema invernale, aveva la tunica tutta adorna di fiori d’estate. Ma la cosa più singolare era questa, che dal capo gli sprizzava un getto di luce viva pel quale tutte quelle cose si vedevano; ed era per questo senz’altro ch’egli si doveva servire, nei suoi momenti cattivi, di un cappellone a foggia di spegnitoio che ora si teneva sotto il braccio.
“Siete voi lo Spirito la cui visita mi è stata annunciata?” - domandò la ragazza. “Sì, lo sono. Sono lo Spirito del Natale passato” – rispose l’essere con una voce soave, ma così piana che pareva venir da lontano. Così dicendo, stese la mano e la prese per un braccio: “Seguimi!”. Georgie lo guardò stupita, vestita come era della sola veste da camera. “Non preoccuparti” – le disse lo Spirito guidandola dolcemente. La ragazza si lasciò condurre. Passarono assieme attraverso il muro e si trovarono magicamente nella fattoria dei Buttman in Australia. “Qui sono cresciuta e qui ho trascorso la mia infanzia” – mormorò la fanciulla. La nebbia attorno a loro si dileguò e Georgie assistette commossa ad una scena di amore familiare: mamma Mary stava cucinando e il papà, il suo caro papà Eric, stava finendo di preparare dei giocattoli di legno che lui stesso aveva costruito. Georgie ricordava bene quei giochi. D’un tratto, nella stanza irruppero felici e chiassosi dei bambini: erano lei ed i suoi fratelli, Abel ed Arthur. Erano ancora molto piccoli. Dopo aver scartato i regali, Georgie si era rannicchiata nelle forti e amorevoli braccia di suo padre. La ragazza fece un movimento come per avvicinarsi a quella figura così amata, ma lo Spirito la fermò: “Queste sono ombre di cose che furono. Non hanno coscienza di noi”. Sorrise compassionevole nel vedere l’emozione dipinta sul volto della ragazza, poi aggiunse: “Vediamo un altro Natale”.
Si trovarono nuovamente avvolti nella nebbia, ma questa volta viaggiarono solo nel tempo, quando la nebbia si dissipò, infatti, si trovarono di nuovo nella stessa stanza nella fattoria dei Buttman, ma molti anni erano passati. Georgie vide nuovamente sua madre, la sua madre adottiva, sempre ai fornelli, ma triste e preoccupata, molto triste e molto preoccupata. E lei stessa, come spenta. La porta di casa si aprì ed entrò suo fratello. Si era fatto grande, un uomo quasi e recava con sé un pacco. Georgie ricordava bene anche quel momento: Abel era lontano per mare e aveva inviato loro una scatola con dei doni, una lettera per la mamma ed Arthur ed una soltanto per lei, dove le faceva i suoi auguri e le raccontava alcuni episodi occorsi con gli animali che si era trovato ad accudire sulle navi. Sapeva quanto lei amasse gli animali. Georgie vide dipinto sul suo volto il sorriso che quella lettera le aveva recato. Vide anche la reazione stizzita di sua madre, come anche il gesto con cui Arthur la distrasse. Il caro Arthur che, da sempre, in maniera vigile, costante e preziosa, cercava di proteggerla. “Come ero ingenua allora”, pensò Georgie e pensò anche che sarebbe voluta tanto tornare a quei momenti, prima che tutto precipitasse… prima che il mondo intero le crollasse addosso… Lo Spirito lesse i pensieri della ragazza dal suo volto e le disse: “C’è altro che devo mostrarti”.
Questa volta la nebbia si dissipò su una scena ben più crudele. Suo fratello Arthur era chino al capezzale di sua madre Mary. Lo zio Kevin, nella stanza con loro, gli stava raccontando che la madre aveva appena avuto un attacco cardiaco. “Devi stare tranquilla e al riposo, mamma” – diceva il ragazzo nel vano tentativo di calmarla. La donna piangeva disperata: “Kevin mi ha raccontato tutto figliolo… E’ colpa mia… Georgie è fuggita lontano … in Inghilterra… E’ tutta colpa mia”, poi si accasciò. “Mamma … mamma…” – urlò il giovane, chino sul corpo della donna. “Mamma… – urlò anche Georgie affranta, facendo eco al fratello. “Queste son le ombre di quel che fu” – disse greve lo Spirito alla fanciulla. “Ti prego, Spirito, riportami a casa. Non resisto più” – lo implorò la ragazza. Lo Spirito la accontentò, trasportandola nel tempo e nello spazio. Ella si sentiva emotivamente fiaccata e una sonnolenza irresistibile la vinceva; sentiva anche di trovarsi nuovamente a Swan Hill. Ebbe appena il tempo di raggomitolarsi sul divano prima di cadere nuovamente in un sonno profondo.
 
Strofa Terza. Il secondo dei tre Spiriti
Una strana voce chiamò la ragazza per nome e le disse si avvicinarsi. Georgie si alzò dal sofà e si accorse che la spoglia stanza era stata trasformata mirabilmente. Pendevano dal soffitto e dalle pareti tante frasche verdeggianti, da formare un vero boschetto, di mezzo al quale le bacche lucenti mandavano raggi di fuoco vivo. Le fronde grinzose delle querce, dell’edera, dell’agrifoglio rimandavano la luce, come specchietti tremolanti; e una vampa così poderosa rumoreggiava su per la gola del camino, che quel gelido focolare non aveva mai visto. Ammontati per terra, quasi a formare una specie di trono, c’erano mele rubiconde, arance succose, pere melate, ciambelle e tazze di tè bollente annebbiavano la camera col loro delizioso vapore. Adagiato su un giaciglio un Gigante, magnifico all’aspetto, brandiva con la destra una torcia fiammante, quasi a foggia di un corno di Abbondanza. “Avvicinati pure” – disse lo Spirito. La ragazza obbedì. “Io sono lo Spirito di questo Natale” - continuò la maestosa presenza.
“Spirito – disse la ragazza timorosa – C’è qualcosa che dovete mostrarmi?”. “Tocca la mia veste” – disse il Gigante, che in un baleno trasportò la ragazza per le vie di Londra fino a giungere dinanzi ad un palazzo magnifico e minaccioso al tempo stesso. Lo Spirito li condusse all’interno dove, in un ricco e sontuoso salotto, Georgie riconobbe Cain Dangering, il ragazzo gentile che aveva incontrato durante l’infausto ballo in onore della Regina Vittoria e che tanto le ricordava suo fratello Arthur. Il ragazzo aveva lo sguardo perso nel vuoto e sembrava stare male. Accanto a lui, dolce ed affettuosa, Maria, la figlia del Duca Dangering. Lo Spirito li portò poi in una stanza attigua, dove sentì il Duca pronunciare frasi che le rivelarono una realtà agghiacciante: quel ragazzo non era davvero il figlio adottivo di Dangering e la sua vita era in grave pericolo. “Non vorrai mica levarci il nostro divertimento, padre?” – disse quello che Georgie riconobbe come Irwin, il figlio del Duca. “Maria ama profondamente Cain, e anche io gli sono profondamente affezionato. E poi è quasi Natale…” – continuò il giovane uomo con un tono di voce che Georgie non seppe decifrare, ma che le fece accapponare la pelle.
Lo Spirito non diede a Georgie il tempo di riflettere ulteriormente. Tirò la ragazza a sé e la condusse nuovamente in volo sulle vie di Londra fino a trovarsi nei pressi del porto, in un bell’edificio: uno studio di progettazione navale di un certo ingegner Allen. In una stanza di quel grande palazzo, una figura maschile era china a lavorare su dei progetti. Un uomo imponente entrò nella stanza: “Figliolo, sei sicuro di non voler venire con me a casa di mio fratello per festeggiare il Natale?”. “La ringrazio, ma preferisco restare qui” – rispose cortesemente il giovane e quella voce fece sobbalzare Georgie. Era la voce di suo fratello Abel. “Che cosa ci fa Abel in quello studio?” – si chiese la fanciulla. “Io partirò domani mattina e starò via alcuni giorni. Mi raccomando non lavorare troppo in mia assenza…” – disse in tono bonario l’ingegnere. All’espressione sorpresa della ragazza, lo Spirito rispose: “Sì, Georgie, tuo fratello è un apprendista ingegnere navale”. “Un ingegnere navale…” – ripeté con voce lieve e con una punta di orgoglio la ragazza. I suoi pensieri furono però distratti da un lieve bussare alla porta.
Una ragazzina dal volto simpatico si affacciò sorridente. “Fratellone, ti ho portato dei biscotti. Li ha fatti mia madre per te” – disse la ragazzina ad Abel. “Fratellone? - si chiese Georgie – Chi è costei?” – poi vide suo fratello che, visibilmente commosso, si alzava per prendere il dono appena fattogli e per ringraziarla. “Sei proprio certo di non voler trascorrere il Natale con noi? Ci sarà anche mio padre di ritorno dal suo lungo viaggio in mare…” – chiese la ragazza con tono gioviale. “Ti ringrazio, ma è bene che la tua famiglia si goda questi preziosi momenti da sola.” – rispose Abel con una sfumatura di malinconia nella voce. “Sarai da solo domani?” – indagò allora la fanciulla con tono titubante. “No – le rispose Abel per cercare di sollevarla – sarò con mio fratello”. Il volto della ragazzina si illuminò: “Sei riuscito a trovare tuo fratello, Abel?”. “In un certo senso…” – rispose evasivo il giovane che tagliò la conversazione posando il pacchetto con i biscotti sulla sua scrivania e incamminandosi verso un’altra stanza. “Aspettami qui” – le disse.
Dopo pochi minuti Abel tornò nella stanza con in mano un pacco voluminoso, che porse alla fanciulla. “Questo è per te, Joy”. La ragazzina divenne di mille colori: “Per me?”. Abel annuì. Joy aprì immediatamente il pacco che conteneva un paio di confortevoli stivaletti. Un urlo soffocato di gioia uscì dalle sue labbra, poi abbracciò il giovane di slancio. Abel la guardò sorridendo. “Me li metto subito!” – disse entusiasta. Dopo essersi cambiata gli stivaletti, Joy salutò Abel e sulla porta, allontanandosi, gli chiese: “Hai ritrovato anche Georgie?”. Abel, che si era rimesso a sedere a lavorare, sussultò e scosse il capo senza proferire parola. La ragazzina comprese e non chiese altro, poi si accomiatò. Georgie vide una maschera di tristezza calare sul volto del giovane, che si mise di nuovo a testa china a lavorare. Sentì poi lo sguardo acuto dello Spirito su di sé. “Che c’è?” - chiese lo Spirito. “Niente” - rispose la ragazza. “Eppure - insistette lo Spirito - qualche cosa c’è”. “No - disse la ragazza - Vorrei soltanto poter dire una o due parole a mio fratello. Ecco tutto”. Mentre pronunciava queste parole, si ritrovò con lo Spirito a camminare assieme ad Abel, nel suo tragitto verso casa quella stessa sera, molte ore più tardi.
Accompagnarono il giovane fin dentro casa, un percorso silenzioso accanto ad un Abel dal volto triste e contratto. Un Abel scrutato dalla ragazza per indagare senza successo ogni sua minima variazione di espressione, ogni suo minimo pensiero. Giunsero infine a destinazione: un piccolo appartamento spoglio e silenzioso. Entrato in casa, il giovane appoggiò sul tavolo della cucina i biscotti donatigli poche ore prima da Joy e, con un lieve sorriso, accompagnò quel gesto. Dopodiché si diresse verso la sua scrivania e si mise a sedere. Si tirò su la manica sinistra della camicia: “Dannazione – disse con una smorfia di dolore sul volto mentre massaggiava la fasciatura presente sul suo braccio – questo braccio mi fa ancora male…”. Georgie guardò con fare interrogativo lo Spirito, che prontamente le rispose: “Tuo fratello è stato aggredito tempo fa dai sicari di Dangering, che lo avevano scambiato per Cain” e le mostrò brevemente - come proiettate su di una nuvola - alcune immagini sfuocate di quell’accadimento. Georgie sgranò gli occhi dall’orrore, ma non fece in tempo a chiedere altre spiegazioni, che fu spronata a muoversi. “L’ora incalza – disse, infatti, lo Spirito ad una Georgie ancora sconvolta da ciò a cui aveva appena assistito - Presto!”. Abel era di nuovo in movimento: afferrata, infatti, la cartina di un palazzo, si era rimesso velocemente il mantello ed era uscito di casa. Di nuovo per la strada, ignaro di essere osservato, Abel camminava da solo nella notte con sguardo grave. Al termine del tragitto, che era stato assieme veloce come un baleno e lento, come per contenere le innumerevoli volte in cui esso si era consumato, si ritrovarono di fronte al palazzo dei Dangering.
“E’ pericoloso, perché Abel si trova qui, Spirito?!” – chiese agitata la ragazza. Lo Spirito non rispose, ma le fece cenno di ascoltare le parole che il giovane uomo stava pronunciando. “Fratello mio, ti tirerò fuori da lì ad ogni costo, te lo prometto”, disse Abel con voce rotta e con le lacrime agli occhi. “Che cosa succederà, Spirito? Lo salverà?” – chiese concitata la ragazza. “Se queste ombre rimarranno immutate nel futuro, tuo fratello morirà” - ripose con voce greve l’interpellato. Georgie scosse la testa affranta poi si guardò di nuovo attorno cercando lo Spirito, ma non lo vide più.
 
Strofa Quarta. L’ultimo degli Spiriti.
Lento, grave, silenzioso, s’accostò l’ultimo fantasma. Georgie, nel vederselo davanti, si intimorì perché in verità questo degli Spiriti era circonfuso di ombra e di mistero. Un nero paludamento lo avvolgeva tutto, nascondendogli il capo, la faccia, ogni forma: solo una mano distesa sporgeva. Senza di ciò, sarebbe stato difficile discernere la cupa figura dalla notte, separarla dalle tenebre che la stringevano. Sentì Georgie che lo Spirito era alto e forte, sentì che la misteriosa presenza le incuteva un terrore solenne. Non sapeva altro, perché lo Spirito era muto e immobile. “Sei forse lo Spirito del Natale futuro?” - chiese la ragazza intimorita. Non rispose lo Spirito e solo accennò con la mano. “Tu mi mostrerai le ombre delle cose non accadute, ma che accadranno nel tempo che ci aspetta, - proseguì Georgie - dico bene, Spirito?”. La parte superiore del paludamento si aggruppò un momento nelle sue pieghe, come se lo Spirito avesse inclinato il capo. Fu questa l’unica sua risposta.
Si ritrovano tra gli alberi in un paesaggio scuro e nebbioso. Una figura maschile incappucciata camminava lenta, avvicinandosi ad una tomba su cui campeggiava la scritta: Cain Dangering. L’uomo poggiò i fiori che aveva portato con sé sulla terra scura di quel freddo giaciglio. Il suo volto sempre coperto dal mantello. Georgie si portò le mani al volto: “Oh, no: il mio povero fratello, Arthur…” e cominciò a piangere silenziosamente, ma fu soltanto quando l’uomo iniziò a parlare, che il cuore di Georgie si fermò. “Perché lo hai fatto fratello mio? Perché?”. A parlare, infatti, non era stata la calda e profonda voce di Abel, ma quella dolce e gentile di Arthur. Georgie sentì il proprio petto invaso di una disperazione mai provata prima, un dolore fisico che la lasciò senza fiato. Come un automa si girò a guardare l’agghiacciante figura che le stava al fianco. “Spirito, mostrami cosa è successo”, gli intimò sconvolta.
Il Fantasma si mosse lento e grave com’era venuto. Georgie lo seguì avvolta nell’ombra del paludamento e in quella si sentì portata via. Di colpo si ritrovarono all’interno di una lugubre stanza, che somigliava ad una prigione: una figura dai lunghi capelli turchesi si stava avvicinando ad un uomo disteso puntando una pistola alla sua tempia. Era Irwin, il figlio di Dangering. Tutto ad un tratto però sembrò avere un ripensamento e si chinò su di esso come a cercare le sue labbra: “ Cain…” – disse dolcemente. L’uomo, che si rivelò invece essere Abel, si ribellò ed ebbe inizio tra i due una violenta colluttazione. Sul rimbombante rumore di uno sparo, una fitta coltre di nebbia avvolse d’improvviso la scena e Georgie si trovò trasportata nel cortile della Torre di Londra, dove una folla era assiepata muta dietro ad un plotone pronto per un’esecuzione. A Georgie mancò un battito, era Abel, il suo Abel, il condannato. Legato e bendato in attesa della morte. Georgie lo chiamò disperata. La voce la ammonì grave da sotto il paludamento: “Nessuno può sentirci né vederci”. D’un tratto risuonò l’ordine del fuoco e gli spari echeggiarono. Georgie vide Abel accasciarsi sotto il fuoco dei proiettili. La camicia bianca rossa di sangue. Un urlo simile a quello di un animale ferito uscì dalle labbra della ragazza, che si accasciò al suolo svuotata.
Lo Spirito le si avvicinò e la ragazza gli afferrò, nell’angoscia che la straziava, la mano. Questi cercò divincolarsi dalla stretta, ma Georgie pregava e teneva forte. “Rispondi a una sola domanda, Spirito. Son queste le immagini delle cose future o soltanto delle cose possibili?”. Lo Spirito rispose, volgendo il capo verso il corpo senza vita del giovane: “Le azioni umane adombrano sempre un certo fine, che può diventare inevitabile, se in quelle ci si ostina. Ma se vengono a mutare, muterà anche il fine”. Poi si sciolse dalla stretta della mano della ragazza che lo teneva forte, in una estrema preghiera di veder mutato il futuro che le era stato mostrato, si strinse in sé, si rannicchiò e svanì.
Georgie si risvegliò scossa e sudata nel suo giaciglio a Swann Hill. Era ancora notte. Era stato tutto un incubo. Scalza, e senza fare rumore, si avvicinò a Lowell che, ignaro, dormiva nel suo letto. Con un dolore nel petto come se il cuore le fosse stato appena strappato via, la ragazza trovò la forza di fare quello che meditava da giorni. Si avvicinò all’armadio e dal suo cassetto tirò fuori un piccolo pacchetto che il dottore le aveva consegnato alcuni giorni prima, dopodiché cominciò a preparare delle ben scarne valigie.
 
Strofa Quinta. La fine della storia
Aveva cominciato a nevicare in maniera fitta e i passi si facevano sempre più faticosi. Con il cuore in gola e ancora straziata dall’aver sentito la voce di Elise gridare di gioia poiché Lowell era tornato da lei, Georgie si aggirava per le strade di Londra alla ricerca dei paesaggi che lo Spirito le aveva mostrato. Una flebile traccia nell’incombente buio della notte. La ragazza stava per disperarsi quando, da lontano, vide un’insegna, “Allen Marine Engineer Office”, un sorriso di speranza le illuminò il volto. Cominciò a ripercorrere le stesse strade che aveva visto in sogno con passi sempre più veloci, fino ad arrivare a correre. Si fermò d’un tratto davanti ad un portone che riconobbe. Lo aprì e iniziò a salire velocemente le scale con il cuore in gola. Contando le porte che ricordava come in trance, si fermò davanti ad un uscio scuro e severo. Bussò. Il battito sempre più forte del suo cuore le rese silenziosi i passi che si avvicinavano. Bussò ancora. La porta si aprì e due occhi blu la fissarono increduli.
“Buon Natale, Abel”, disse la ragazza tra lacrime di gioia e con la consapevolezza che, assieme alla vita del ragazzo, in quel momento stesse salvando anche la propria. La piega commossa di un sorriso la accolse.
 
I got a fear,
Oh in my blood
[H]e was carried up
Into the clouds, high above
 
If you bled,
I bleed the same
If you’re scared,
I’m on my way.
 
[…] If she ran away,
come back home
Just come home.
 
Syml, Where’s My Love?
 
  
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