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Autore: ManuKaikan    24/12/2017    5 recensioni
Clarke Griffin amava il Natale ma soprattutto amava passarlo in mezzo a luci, festoni e regali.
Lexa Woods odiava il Natale ma soprattutto odiava il pensiero di dover interagire con le persone per le feste, quando l'unica cosa che voleva era rintanarsi nella propria stanza e ascoltare canzoni deprimenti.
Che cosa succederebbe se entrambe si ritrovassero a passare il Natale in una sola casa, trasformata in una sorta di scatenata dozzina dove bisticci, scherzi e fiumi di zabaione fossero all'ordine del giorno?
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Anya, Clarke Griffin, Lexa, Raven Reyes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Shot per il #ChristmasConcept

N.B: Siccome io sono in Australia e sono dieci ora avanti,
da me è già Natale,
 quindi beccatevi sta shot come regalo:
Buon ClexaPresent! 




Cheaper by the Dozen

Capitolo 1
Nightmare Before Christmas



23 dicembre 2017



Clarke Griffin amava il Natale.

Per lei era una festività fatta di luci, cibo e amore. Anche dopo la morte di suo padre, le tradizioni della famiglia Griffin erano rimaste queste finché sua madre non si era risposata, aggiungendone di nuove e arricchendo di più colori la loro grande casa.

Marcus Kane era un uomo meraviglioso e sua madre era davvero innamorata. Nonostante inizialmente Clarke non fosse stata particolarmente felice di quell'unione – soprattutto visto il rapporto meraviglioso che aveva sempre avuto con suo padre – infine si era ritrovata ad apprezzarlo giorno per giorno, così come i suoi figli: Octavia e Bellamy.

I due erano inseparabili e inizialmente Clarke si era sentita fuori posto. Essere cresciuta come figlia unica non le aveva mai dato quel tipo di attaccamento che invece i due fratelli sfoggiavano con orgoglio. Nonostante i due fossero gemelli eterozigoti, si poteva intravedere la somiglianza ma le persone ne avevano la conferma quando li vedeva interagire anche senza bisogno di parole. Erano più grandi di Clarke di un paio d'anni e entrambi alla fine del loro percorso di studi.

Quindi, anche se la perdita di suo padre aveva fatto temere a Clarke di non poter più festeggiare i bellissimi Natali che aveva avuto sin da quando era piccola, si era dovuta ricredere, sopratutto dopo che Octavia aveva incontrato l'anno precedente il suo fidanzato al college: Lincoln Woods. Apparentemente il ragazzo aveva una famiglia numerosa che teneva particolarmente a festeggiare il Natale tutti insieme aprendo la loro casa l'anno precedente e anche quell'anno.

Qualche settimana fa era arrivato l'invito nella cassetta della posta ma Octavia aveva chiamato per assicurarsi che comprasse i biglietti prima che si esaurissero, a quanto sembrava la loro presenza era indispensabile perché lei e Lincoln avevano un grande annuncio da fare. Ecco perché Clarke stava controllando di aver messo tutto il necessario in valigia, non volendo farsi trovare impreparata visto che avrebbero passato almeno una settimana e mezza in compagnia dei Woods.

«Ehi, Griff.» disse Bellamy entrando in camera dopo aver bussato leggermente.

«Oh, ehi Bell!» lo salutò con un cenno del capo.

«Ancora impegnata con le valige?» domandò lasciandosi cadere sul letto con un tonfo.

«Sono una donna, ci metto una settimana per essere sicura di avere tutto.» rispose ridacchiando.

Bellamy sorrise portandosi le braccia dietro la testa e osservando il soffitto, non preoccupandosi di essersi steso su un paio di maglioni che probabilmente sarebbero serviti a Clarke.

«Alza le chiappe, Blake.» esclamò spingendolo. «Come mai sei così scontroso? Non sei eccitato di passare il Natele coi Woods?»

«Lo sai che mi sono divertito l'anno scorso.» rispose. «Ma questa cosa che Octavia ha un grande annuncio da fare mi sta facendo tremare le gambe ad essere sincero, ho un brutto presentimento.»
«Credevo ti piacesse Lincoln.» le fece notare.

«Ed è così ma Octavia è mia sorella e l'idea che possa sposarsi o peggio, non è proprio quello che avevo sognato per lei.»

Clarke infilò gli ultimi vestiti nella valigia, prima di dirigersi alla grande cassettiera per radunare gli altri effetti personali, infilandoli nella borsetta da bagno che aveva comprato quando si era trasferita per il college.

«Non fasciarti la testa prima di essertela rotta, Bell.» lo rassicurò. «Sono sicura che non è quello che pensi.»

Prima che potesse rispondere, il rumore della porta di entrata che si apriva e la voce dei loro genitori al piano di sotto, le ricordò che doveva sbrigarsi perché avevano un aereo da prendere. Infilò la borsetta nella valigia chiudendola e Bellamy l'aiutò a sollevarla dal letto, appoggiandola vicino alla porta.

«Ragazzi siete pronti?» gridò Abby. «Andiamo via in quindici minuti!»

Bellamy si passò una mano fra i capelli e Clarke scrollò le spalle con un sorriso. Lei era eccitata per la loro partenza, i Woods erano persone interessanti ed anche se la casa era spesso ricolma di persone e molto rumorosa, era proprio l'atmosfera natalizia che adorava.

Sarebbe stato un meraviglioso Natale, ne era sicura.

//

Lexa Woods odiava il Natale.

Per lei era una stupida festività che portava gente a comprare stupidi regali. Non sopportava le luci, le tradizioni e come diventava rumorosa la casa ogni volta che si avvicinava il giorno. E quell'anno sarebbe stato anche peggiore. Octavia, la ragazza di suo fratello, aveva invitato tutta la sua famiglia perché apparentemente avevano un annuncio ufficiale da fare e Lexa aveva quasi contemplato l'idea di rimanere in dormitorio ad affogare i dispiaceri in biscotti al cioccolato e serie tv.

Non era stato possibile perché quella pettegola di sua sorella, Anya, aveva rivelato il vero motivo della sua depressione ai suoi genitori: lei e Costia, la ragazza con cui aveva passato gli ultimi 2 anni della sua vita, si erano lasciate dopo mesi di litigate e malintesi. L'anno precedente lei e Costia avevano passato il Natale insieme, sfuggendo così alla casa piena di persone ma la bocca larga di sua sorella aveva distrutto la bugia che aveva escogitato. Aveva ricevuto una chiamata da sua madre che le comandava di tornare a casa per le feste, altrimenti la sua furia sarebbe riversata su di lei in piena forza, facendo tremare tutti i muri della Yale University.

Questo chiaramente non la costringeva a interagire con le persone e appena arrivata si era chiusa in camera ascoltando musica e mangiando biscotti, proprio come aveva deciso di fare sin dall'inizio. La sua famiglia aveva accettato la sua solitudine per tre giorni interi e quando qualcuno bussò alla porta non ne fu sorpresa, anzi, si era aspettata che sua madre la buttasse giù trascinandola in doccia contro la sua volontà.

«Ehi, Mercoledì Addams, la mamma ha detto che è il momento di uscire dalla cripta!» la voce di Anya arrivò ovattata dalla porta chiusa. «Gli ospiti stanno per arrivare e gradirebbe che tu ti facessi una doccia!» continuò. «Non vuole che pensino che ti abbiamo uccisa e che stiamo tenendo il tuo corpo per ricordo.»

Lexa sospirò forte nascondendo la testa nel cuscino, mentre la voce di Ed Sheeran continuava ad accarezzarle le orecchie, cantando di amori bellissimi e storie destinate a durare per sempre.

«Sei un bugiardo, Ed.» sussurrò.

«Ehi!! Mercoledì!» il pugno di Anya che impattava sul legno la fece sobbalzare. «Sei morta davvero? Devo chiamare qualcuno per occuparsi del corpo? Vuoi essere cremata? Hai lasciato il testamento? Stronza, è meglio che tu mi abbia lasciato qualcos-»

La porta si aprì con uno scatto e Lexa incrociò le braccia al petto con espressione contrariata. Anya sollevò un sopracciglio e la fissò attentamente, prima di fare un passo avanti e portarsi una mano al naso, mentre l'altra teneva le lenzuola.

«Sono felice che tu sia viva.» disse. «Per l'amore del cielo, fatti una doccia per favore, puzzi davvero come un cadavere.»

Lexa roteò gli occhi e cercò di chiudere la porta, non riuscendoci per via del piede che Anya prontamente mise per impedirglielo.

«Gli ospiti saranno qui in mezz'ora.» le comunicò. «La mamma ti vuole di sotto in venti.»

«Okay!» ringhiò Lexa. «Se ti togli dai piedi posso andare a fare la doccia.»

Anya le spinse le lenzuola sul petto, prima di fare un passo indietro. «E cambia le lenzuola, stiamo ancora lavorando sull'assegnazione dei posti in camera, quindi sarebbe il caso che fossero pulite.» le disse dirigendosi alle scale.

«Assegnazione della came-» bofonchiò prima di spalancare gli occhi. «Ehi! Non voglio nessuno in camera mia!» gridò.

L'unica risposta che ricevette fu una risatina e i passi di Anya che si allontanavano sulle scale.

//

Clarke aveva quasi dimenticato quanto fosse grande quella casa – il che era sorprendente visto che anche la sua non era da meno – ma se avesse dovuto essere sincera con sé stessa la cosa che la la colpì quell'anno precedente furono le luci. Circondavano tutta la proprietà e si potevano chiaramente vedere dalla strada, cosa che le aveva strappato immediatamente un sorriso di gioia che si era allargato non appena i suoi occhi avevano incrociato quelli di Octavia. La ragazza li stava aspettando sul portico e appena il taxi si fermò, sia lei che Bellamy saltarono fuori dall'auto per stringerla in un abbraccio soffocante.

Da quando Clarke aveva iniziato l'università a New York si erano visti poco, tutti e tre troppo impegnati nei loro studi per tornare spesso a casa. Quando però erano riuniti, era come se il tempo non fosse mai passato e Clarke strinse Octavia con forza, sorridendo quando la sentì sospirare di felicità fra le sue braccia.

«Mi sei mancata da morire, Griffindor.» le sussurrò.

«Mi sei mancata anche tu.»

«Ehi, ehi!» si lamentò Bellamy sentendosi escluso dal quadretto.

Clarke e Octavia aprirono le braccia per farlo sistemare in mezzo, ridendo di gusto quando Bellamy cominciò a baciare la faccia di entrambe. Poco distante Kane e Abby, che avevano finito di scaricare le valige con l'aiuto del taxista, si schiarirono la gola per richiamare la loro attenzione.

«Perché non spostiamo questi bellissimi saluti dentro, dove fa meno freddo?» propose Abby.

«Sì, andiamo vi stanno aspettando tutti.» disse correndo verso suo padre per dargli un dolce bacio sulla guancia.

Bellamy e Clarke presero le proprie valige dirigendosi verso l'entrata seguiti a ruota dai genitori, mentre Octavia apriva la porta per lasciarli entrare. Passare dalla porta fu come attraversare l'albero di Nightmare Before Christimas: fu come venire catapultati nel paese di Natale e Clarke rimase completamente senza fiato.

«Ben arrivati!»

La voce di Gustus arrivò profonda e avvolgente, Clarke si ritrovò stretta fra le sue grandi braccia e rise quando l'uomo la sollevò facendola volteggiare. Gustus Woods le ricordava tremendamente suo padre, soprattutto per il suo modo di fare da papà orso e per il modo in cui si comportava con tutti i suoi figli e anche con quegli degli altri.

«Abby! Marcus! Sono così felice che siate qui.» continuò dopo aver dato una spallata giocosa a Bellamy facendolo quasi andare a sbattere contro il muro. «Lincoln, vieni ad aiutare gli ospiti con le valige!» tuonò.

«Oh no, non c'è bisog-»

«Non dire sciocchezze, Abby, siete ospiti.» la tranquillizzò. «Indra e Anya sono andate a comprare le ultime cose che servivano. Lincoln!»

«Sono qui, sono qui!» esclamò il ragazzo emergendo dalla cucina. «Ben arrivati.» disse con un sorriso.

Clarke lo strinse forte, sentendosi come accadeva ogni volta protetta nel suo abbraccio. Lincoln era un giovane tremendamente in gamba e anche se la sua stazza– identica a quella di suo padre – spesso intimoriva le persone, in fondo era paragonabile ad un cucciolo di panda. Erano una coppia ben assordita: Lincoln dolce, premuroso e riflessivo, Octavia dominante, testarda e impulsiva. Era proprio per quello che funzionavano alla grande: entrambi compensavano l'altro.

Dopo i vari saluti ed essersi scambiati alcune chiacchiere di cortesia, Lincoln afferrò le valige di Kane ed Abby, facendo segno ai ragazzi di precederlo su per le scale. Clarke si fermò in mezzo al corridoio osservando le moltitudini di foto che tempestavano il muro e sorrise nel vedere i fratelli Woods nei vari stadi della loro vita.

«Okay Clarke, la tua stanza è quella lì.» disse Lincoln.

Clarke che si era persa a guardare le fotografie, non vide esattamente dove il ragazzo le stesse indicando ma considerando che era stata lì anche l'anno precedente, raggiunse la stanza di sua sorella mentre Lincoln accompagnava Bellamy nella sua. Clarke attraversò la porta ridacchiando nel vedere quanto la stanza non forse cambiata di un millimetro e sistemò la valigia sulla sedia che era sistemata vicino alla scrivania.

Nonostante conoscesse quelle mura come il palmo della sua mano, si prese un momento per guardarsi intorno. Osservò i libri nella libreria, le foto appese ai muri e i poster che dipingevano chiaramente un'adolescenza fatta di anarchia. Clarke avrebbe dato qualsiasi cosa per essere testimone di quel periodo della vita di Anya perché era sicura che fosse stato spassoso e si ripromise di chiedere ad Indra qualche dettaglio.

Rise nel vedere la scritta che era stata appiccicata alla porta comunicante: “Devi lavarti se non vuoi puzzare.” e quello le ricordò che aveva davvero bisogno di usare il bagno. Era stato un lungo viaggio, le sarebbe piaciuto darsi una rinfrescata prima di incontrare il resto della famiglia, così si diresse verso la propria valigia per afferrare la borsa.

Quando aprì la porta del bagno non si aspettava di certo di essere accolta con qualcuno che gridava: “Anya chiudi quella diavolo di porta ti ho detto che sarà di sotto in dieci minuti”, come di certo non si era aspettata di trovarsi davanti una delle ragazze più belle che avesse mai visto e sopratutto che questa fosse avvolta solamente in un asciugamano, con lo spazzolino da denti che gli pendeva dalle labbra. Non riuscì a fermare la propria mandibola dall'aprirsi leggermente a quella vista mentre cercava di ritrovare le sue facoltà mentali, non riuscendo a fermare i suoi occhi dallo scorrere sul quel corpo sino a fermarsi sul suo volto.

«Beh, se proprio devi fissarmi così spudoratamente, almeno abbi la decenza di dirmi chi sei e che cosa ci fai nel mio bagno.»

Quella parole fecero cliccare qualcosa nella sua mente e in quel momento la sua mente le ricordò chi aveva davanti: Lexa Woods, la sorella/cugina di Anya e Lincoln. La ragazza che l'anno precedente non aveva avuto il piacere di conoscere perché aveva passato le vacanze Natalizie con i suoi amici.

«Ah devi essere una degli invitati.» disse cercando di mettere insieme i puntini.

«Sono Griffin- cioè Clarke. Mi chiamo Clarke...?»

Lexa aggrottò le sopracciglia spostando lo spazzolino dalle labbra per appoggiarlo sul lavandino. «E lo chiedi a me?»

«No! No, il mio nome è Clarke.» disse schiarendosi la gola e sporgendo la mano attraverso la soglia della porta ma senza entrare completamente nel bagno. «Piacere.»

«Lexa.» rispose l'altra. «Ora se vuoi scusarmi...»

Clarke fece appena in tempo a fare un passo indietro prima che la porta le si chiudesse direttamente sul naso, facendola sobbalzare di spavento. Scosse la testa impressionata e mezza divertita, non potendo credere a quanto diversa da Lincoln potesse essere quella ragazza.

«Sexy.» disse a sé stessa. «Ma scorbutica.» continuò infine scrollando le spalle e andandosi a sedere sul letto.

Era il caso che aspettasse che la principessa finisse di usare il bagno ma la tranquillità durò poco, perché a quanto sembrava la presenza di Lexa aveva cambiato i piani per quanto riguardava l'assegnazione dei letti e Anya che era appena tornata dalle sue commissioni con Indra l'aveva raggiunta, facendola sistemare nella stanza singola senza il bagno comunicante.

Quando finalmente Lexa si diresse al piano di sotto, Clarke riuscì a darsi una rinfrescata prima di cena, decidendo di cambiarsi prima di incontrare il resto degli invitati. Stava scavando nella propria valigia quando la porta si aprì di scatto facendola sobbalzare e istintivamente si portò le mani al petto per coprirsi, roteando gli occhi quando vide Anya sulla soglia con un sorriso malizioso sulle labbra.

«Nessuno ti ha insegnato a bussare?» ringhiò. «Che hai da guardare? Ho sbagliato anche questa stanza? Mi ritroverò a dormire nel seminterrato?»

«No, ero solo venuta a tirarti fuori da questa gabbia di matti per un po'.» le rispose. «Forza vestiti che vieni con me.»

«Dove?» domandò.

«All'aeroporto. Devo andare a prendere l'altra parte dei famigliari e non voglio andare da sola.» le disse semplicemente avanzando nella stanza senza preoccuparsi di chiudere la porta. «Stai andando in palestra, Griffin?» chiese divertita.

«Oh chiudi il becco!» replicò Clarke tirandole in faccia la propria maglietta.

Anya rise facendola girare su un dito mentre fissava i vestiti della ragazza nella valigia. «Però dobbiamo lavorare sulla tua biancheria intima.» disse afferrando un paio di mutandine. «Che cos'è questo? Ti stai trasformando in Nonna papera?»

«Non ti degnerò nemmeno di una risposta.» mormorò strappandole l'indumento dalla mani. «La mia biancheria è perfetta così.»

Con quello pose fine alla discussione, infilandosi velocemente una maglietta e chiudendo la valigia con un tonfo, mentre Anya l'aspettava vicino alla porta con un piccolo sorriso.

«Forse dovremmo passare a comprare un po' di biancheria sexy.» disse Anya pensierosa. «Magari sei fortunata, sai per capodanno: così ti dai da fare tutto l'ann-»

Clarke le diede una spinta fuori dalla porta. «Le mie mutande vanno benissimo!» ribadì.

Fu in quel momento che i suoi occhi incrociarono quelli di Lexa che era appena apparsa dalle scale. Clarke non riuscì a impedirsi di arrossire mentre Anya ridacchiava divertita e le passava un braccio attorno alle spalle.

Avrebbe trovato il modo di soffocarla prima della fine delle vacanze.

//

Dopo essere riuscite ad uscire finalmente di casa ed infilarsi in macchina, Anya e Clarke si godettero la musica nell'abitacolo e il reciproco silenzio. Infine le chiacchiere avevano avuto la meglio, soprattutto visto che era passato un anno da quando si erano viste l'ultima volta e tante cose erano cambiate. L'anno precedente Anya si era portata dietro una bellissima fidanzata ma le cose non avevano funzionato ed ora era single e sembrava essere contenta della cosa. Clarke sfortunatamente non aveva avuto nulla di interessante da raccontargli, le sue giornate passavano sempre fra università, studio e talvolta qualche party.

Non era una santa, aveva avuto molte avventure di una notte e un mezzo flirt con Finn Collins che era durato meno di un mese ma a parte quello, non aveva mai avuto il desiderio di focalizzarsi in una relazione o semplicemente non aveva trovato la persona giusta. Le cose funzionavano per entrambe e Clarke grazie ai suoi migliori amici, Raven e Murphy non era mai davvero da sola.

«Scusa non ho sentito bene, come hai detto che sta Raven?» chiese Anya.

«In realtà non l'ho detto.» ridacchiò Clarke.

Non era un mistero a nessuno la chimica che si era instaurata fra le due non appena si erano viste. Clarke conosceva Raven da tutta la vita, si erano incontrate alla scuola materna e da quel momento la ragazza era diventata una presenza costante in casa Griffin, come se fosse la seconda figlia che non avevano mai avuto. Abby e Jake l'avevano accolta a braccia aperte e Raven aveva quasi ereditato una stanza tutta sua, tanto che quando aveva raggiunto i tredici anni la sua presenza era pressoché d'obbligo durante il Natale e lo era stata anche quando si erano recati dai Woods.

Dal primo momento in cui gli occhi di Anya e Raven si erano incrociati, tutti avevano capito che era scattato qualcosa. Qualcosa che non era stato esplorato proprio per via della ragazza che Anya aveva portato con sé per le feste e Clarke era sicura che la sua amica avesse rifiutato l'invito proprio perché non aveva voglia di vedere le due amoreggiare sul divano senza ritegno.

«Ah beh, visto che ne stiamo parlando, come sta?»

«Sta bene.» rispose. «Molto impegnata con le lezioni, lo studio e il lavoro ma le cose le stanno andando alla grande ad essere sincera.» continuò. «Non mi meraviglio se dovesse diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti.»

Anya ridacchiò a quelle parole focalizzando l'attenzione nel trovare un posto per l'auto nell'aeroporto affollato. «Potrebbe diventarlo, è una ragazza in gamba.»

«Anya so che stai morendo dalla voglia di chiedermi qualcosa.» le fece notare.

«Sei una spina nel fianco te l'ha mai detto qualcuno, Griffin?» disse finendo di parcheggiare prima di tirare il freno a mano. «Sta con qualcuno?»

Clarke ridacchiò divertita scuotendo la testa. «Raven è uno spirito libero e probabilmente passerà un bel po' di tempo prima che qualcuno catturi il suo interesse in quel senso.»

Anya non commentò quella frase ma poté vedere chiaramente un luccichio nei suoi occhi proprio mentre usciva dall'auto. Seguì il suo esempio ed una a fianco all'altra si diressero verso l'entrata dell'aeroporto e Clarke fece quasi fatica a tenere il suo passo, chiedendosi perché andasse così di fretta.

«Devi prendere anche tu l'aereo?» chiese con il fiatone.

«No, ma siamo quasi in ritardo sulla tabella di marcia.» le rispose. «Lascia che ti dia una dritta: Echo e Ontari sono delle vere vipere e come tali se mi presento anche solo con un minuto di ritardo probabilmente mi romperanno le palle da ora sino all'anno nuovo.» le spiegò. «E sinceramente voglio passare un Natale tranquillo.»

«Se sono così insopportabili perché le invitate?» chiese confusa Clarke.

I suoi genitori avevano sempre evitando di estendere gli inviti a quei parenti che non erano mai riusciti a sopportare, consapevoli che il Natale fosse una festività da passare con le persone che si amavano.

«Sono le cugine di Lexa.» sospirò Anya. «Figlie della sorella di Livia, insomma l'unico legame che le è rimasto con sua madre.»

Clarke ricordava vagamente la storia di Lexa. Rammentava che i suoi genitori erano morti in un brutto incidente d'auto quando aveva sette anni e Indra e Gustus – fratello di Daniel Woods – erano diventati i suoi tutori legali. Da quel momento lei, Lincoln e Anya erano cresciuti come come fratelli.

«Oh capisco.» mormorò Clarke. «Spesso si incontrano parenti con cui non andiamo d'accordo.»

«Non sono male, okay? Semplicemente pensano di essere migliori di noi ed è tutta colpa della loro madre.» disse sbuffando. «Lexa apprezza che le invitiamo e se lei è felice, lo siamo anche noi.»

«Mi vuoi forse far credere che hai un lato dolce e amorevole, Anya?» la prese in giro per smorzare il tono della conversazione.

«Non farti troppe illusioni, Griffin, io non ho un cuore.» disse fermandosi davanti alla grandi porte da dove stavano uscendo le persone, controllando il proprio orologio e sorridendo soddisfatta. «Quindi mi hai detto che Raven passa le feste con la sua famiglia?» chiese.

Clarke ridacchiò scuotendo la testa, era completamente senza speranze. «In realtà non credo di averti detto nemmeno questo.»

«Non ti sfugge proprio niente, eh?» mormorò. «Quindi dove le passa?»

«Lei e il nostro amico Murphy hanno prenotato un viaggio in qualche posto esotico.» rispose scrollando le spalle. «Mi hanno chiesto di unirmi a loro ma ho preferito venire a rompere le palle a te.»

Anya fece per rispondere ma le grandi porte scorrevoli si aprirono rivelando un uomo grande quasi quanto Lincoln che la salutò con un cenno della mano e un sorriso, seguito a ruota da due ragazze bellissime. Clarke si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia chiedendosi come era possibile che in quella famiglia girassero tutti quei geni meravigliosi. Poteva chiaramente vedere un po' di Lexa in ognuno di loro e si stampò un sorriso sulle labbra vedendoli avanzare verso di loro.

«Parla poco e vedrai che andrà tutto bene.» le sussurrò Anya.

Clarke si domandò che razza di consiglio fosse, capì a cosa si riferisse non appena misero piede in macchina non meno di dieci minuti dopo.

//

Lexa sorseggiò la propria birra osservando le persone sedute al tavolo con lei, prima di riportare l'attenzione al proprio piatto. Non poteva credere che Indra l'avesse costretta ad uscire nonostante il suo desiderio di isolamento e anche se aveva provato a dibattere sua madre l'aveva praticamente buttata fuori dalla porta. Questo era il prezzo che bisognava pagare per avere un genitore nell'esercito e si ritrovò a sbuffare – come aveva fatto dallo stesso istante in cui era uscita dalla stanza – giocherellando con il proprio bicchiere.

Si sentiva in colpa di non essere riuscita a godersi quella che era stata effettivamente una bella serata, una tradizione che era andata avanti sin da quando erano adolescenti. Ricordava ancora la felicità quando a quattordici anni le era stato dato il permesso ufficiale di unirsi a quelle serate fuori, in quel momento avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì.

Si ritrovò a sbuffare di nuovo, giocherellando con il telefono, lanciando un'occhiata a tutti i presenti e il suo sguardo si posò sulla ragazza bionda che era entrata in bagno senza bussare. Per tutta la sera Clarke aveva cercato di parlarle, non arrendendosi nemmeno quando Lexa le aveva rivolto solo dei monosillabi e qualche cenno del capo e doveva ammettere di aver apprezzato particolarmente la sua intraprendenza. Aggrottò le sopracciglia quando vide lo schermo del suo cellulare illuminarsi e si sporse sentendo il cuore batterle all'impazzata nel vedere la notifica: “Costia Green ha pubblicato qualcosa dopo tanto tempo” e non poté fermare il proprio dito dall'aprirla.

La faccia di Costia le comparve davanti, sorridente e felice, una bellissima spiaggia le faceva da sfondo. Quello che la costrinse a mordersi forte il labbro inferiore, fu il braccio della sua amica di corso, Kelly, appoggiato alle sue spalle con una familiarità che le fece quasi sentire un chiodo rovente in mezzo al petto. Le cose fra di loro non avevano funzionato perché gli impegni di vita le aveva distrutte giorno per giorno, allontanandole sino a portarle a vedersi una volta alla settimana nonostante andassero nella stessa università. Quando Lexa le aveva chiesto di passare le vacanze di Natale con lei e la sua famiglia, proprio per rimediare a quella mancanza, Costia le aveva detto di aver prenotato una vacanza con Kelly e le altre. Quello le aveva fatto chiaramente intuire che era finita. Lexa aveva capito che non era saggio continuare a rincorrere l'ignoto e che le cose fra loro erano probabilmente finite molto tempo prima ma entrambe lo avevano negato a loro stesse.

Sbuffò per l'ennesima volta e con ancora il telefono stretto fra le mani alzò lo sguardo, scontrandosi con gli occhi blu di Clarke. Rimase spiazzata quando la ragazza le sorrise dolcemente, e involontariamente le sue labbra si mossero in quello che all'apparenza poteva sembrare un sorriso, non che Lexa lo facesse spesso in ogni caso.

Clarke dovette trattenere l'esclamazione di gioia nel vedere che, dopo tutta la sera passata a cercare di creare un legame con Lexa, questa le avesse indirizzato un sorriso... mezzo sorriso ma era stata comunque una conquista. Quando la ragazza ritornò a fissare il proprio telefono, Clarke fece lo stesso digitando l'ennesimo messaggio a Raven, aggrottando le sopracciglia preoccupata. Dopo la chiacchierata con Anya si era resa conto di non aver sentito Raven per tutto il giorno, così prima di uscire le aveva scritto non ricevendo però nessuna risposta.

«Okay, basta con questi telefoni!»

Lexa si sentì strappare dalla mani il cellulare e quando fece per protestare, la mano di Echo si alzò per farla tacere. Clarke si voltò a guardare Anya che scrollò le spalle continuando a bere il proprio drink.

«Echo cosa dia-»

«Non ci vediamo da quasi due anni e sei stata tutta la sera in silenzio, quando finalmente mi decido a venire e rivolgerti la parola sei incollata a quel coso, quindi ora taci.» disse infilandolo in uno dei cestini delle patatine che Lincoln aveva appena finito di mangiare per poi alzare la mano per attirare l'attenzione del cameriere. «Una bottiglia di vodka a questo tavolo e nove bicchieri per favore.»

Clarke si voltò a guardare Anya che alzò le mani in segno di resa, mentre Lincoln era troppo impegnato a baciare Octavia per degnare gli altri di attenzione. Il cameriere arrivò qualche minuto dopo appoggiando la bottiglia e i bicchieri sul tavolo, porgendo lo scontrino ad Echo che gli mise una banconota sul vassoio indicandogli di tenere il resto.

«Okay, è il momento di iniziare a conoscerci visto che passeremo le vacanze insieme, la prima regola è mettere i cellulari dentro questo cestino.» lo indicò facendolo poi scivolare lungo il tavolo. «La seconda regola è essere partecipi, sono stata chiara Lexa e Roan?» disse osservando i due che, contemporaneamente, rotearono gli occhi infastiditi.

«Andiamo Echo questo è ridicolo.» provò a protestare Anya ma prima che potesse continuare Ontari le prese il telefono e seguì gli ordini della sorella.

Con un sorriso sulle labbra Echo riempì i nove bicchieri passandoli a rotazione ad ognuno di loro. «La terza regola è la più divertente, qualcosa che farà tornare sicuramente qualcuno a casa ubriaco.» continuò. «Ogni volta che ognuno di noi, senza pensare, fa una cosa che lo caratterizza deve bere.»

«Cosa vorrebbe dire?» chiese Lincoln confuso.

«Per esempio se mio fratello Roan si gratta il retro della testa: beve.» le spiegò. «Se mia sorella Ontari si esamina le unghie: beve.» continuò.

«Oh, mi piace!» esclamò Octavia. «Che ne dite di se Lincoln mi tocca: beve.»

«Questo è scorretto come faccio a tenere le mani per me? Non hai visto quanto sei sexy?»

Il verso di disgusto di Bellamy attirò l'attenzione di tutti e Clarke ridacchiò, mentre il fratellastro si portava il bicchiere di vodka alle labbra e beveva tutto d'un sorso.

«Se belli capelli è disgustato: beve.» propose Echo.

A quel soprannome tutta la tavolata scoppiò a ridere e Clarke fu felice di vedere che anche sulle labbra di Lexa si era dipinto un piccolo sorriso.

«E per quanto riguarda la biondina?» chiese Ontari scrutandola.

«Oh! Se Clarke si tocca le tette: beve.» disse ridendo Octavia.

«Allora sarà ubriaca in cinque minuti.» commentò Bellamy versandosi un altro bicchiere.

«Ehi!» sul volto di Clarke si era dipinta un'espressione a dir poco indignata. «Io non mi tocco!»

Si rese conto in ritardo di che cosa significasse quella frase e le sue guance si colorarono immediatamente di rosso, mentre Anya scoppiava a ridere di gusto e Bellamy scuoteva la testa con disgusto: e bevve di nuovo.

«Non mentire, Clarke.» ridacchiò Octavia. «Passi un sacco di tempo a toccarle, come se avessi paura di non trovarle più.»

«Ma taci!» ringhiò lanciandole uno dei cestini delle patatine, non si sorprese quando questa lo afferrò al volo.

«Beh, non hai nulla di cui vergognarti, Griffin, sono imponenti. Probabilmente lo farei anche io.» rise Anya.

«Si sono d'accordo, sono proprio un bel paio di-» Ontari si interruppe quando vide che tutti gli occhi erano puntati su di lei.

«Possiamo piantarla di parlare delle mie tette?»

«Sarebbe meglio toccarle che parlarne.» disse Anya facendole l'occhiolino.

«Se Anya fa una battuta maliziosa: beve.» sentenziò Echo. «Se quella piaga di mia cugina sbuffa: beve.» e guardò in direzione di Lexa con un sorriso divertito.

«Allora dovremmo prepararci a portare Clarke e Lexa in spalla perché sarà une bella competizione.» disse Lincoln. «Ti voglio bene, Lex.»

Lexa si trattenne a stento dalla sbuffare ma lo fece, soprattutto per non dare soddisfazione a Echo che la stava fissando attentamente proprio per quel motivo.

«Se Echo fa commenti acidi: beve.» propose Lexa con un sopracciglio alzato.

Echo la fissò per un lungo momento alzando il proprio bicchiere verso di lei come a voler sigillare l'accordo e si rivolse a Octavia con un sorriso. «E se la bella Blake -»

Octavia scosse la testa con un piccolo sorriso. «Per stasera passo, qualcuno deve rimanere sobrio per riportarvi a casa.» spiegò.

Ci fu un momento di silenzio ma Echo decise di non approfondire la cosa facendo un cenno del capo e cominciando il gioco. Ci volle meno di mezz'ora perché almeno tre persone si ritrovassero con il volto schiacciato contro il tavolo a ridere senza alcun motivo.

Quando avevano lasciato il locale e Octavia l'aveva aiutata a salire in macchina, Clarke aveva tirato un respiro di sollievo già immaginando di buttarsi a letto e probabilmente svenire sino al giorno seguente. Quando però si erano fermati ed era riuscita a uscire dall'auto senza cadere a faccia per terra, si era resa conto di non essere a casa e quando aveva provato a chiedere spiegazioni era stata semplicemente trascinata vero l'entrata dell'edificio.

Tutto l'alcool che aveva bevuto – che le aveva reso noto che sì, si toccava il seno più di quanto avrebbe voluto ammettere – non le permetteva vi camminare dritta. Octavia le passò una mano attorno la vita e la trascinò verso l'entrata dell'edificio. Quando vide che cosa aveva davanti, Clarke spalancò gli occhi. Nonostante la sua mente fosse un po' offuscata, riuscì comunque a ricordare perfettamente la tradizione di cui Anya le aveva parlato l'anno prima, qualcosa che avevano dovuto rimandare visto l'assenza di Lexa: pattinaggio sul ghiaccio.

«State scherzando.» fu Anya a dare voce ai suoi pensieri.

«Io non so pattinare.» si lamentò Clarke, speranzosa che quello la salvasse dal cadere a testa in giù nel ghiaccio.

«Perché pensi che noi siamo le figlie di Carolina Kostner?» la sbeffeggiò Echo che malgrado tutto quello che aveva bevuto, era in grado di tenersi in piedi molto meglio di lei.

Clarke si voltò a guardare Octavia in cerca di supporto, l'unica cosa che guadagnò fu la bottiglietta d'acqua che la sua amica le sventolò davanti al volto.

«Bevi questa, ti servirà.» disse divertita.

L'unica cosa che Clarke riuscì a fare fu grugnire.


Lexa non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui si era sentita così spensierata, nonostante il mal di testa che stava cominciando ad affliggerla e l'alito che sapeva di vodka poco costosa. Era lieta che nonostante il poco tempo, la distanza e la vita, le tradizioni della famiglia Woods non si erano perse. Mentre i piedi slittavano sul ghiaccio, sentì il proprio cuore pieno di gioia e lasciò vagare gli occhi su tutte le persone presenti.

Era molto tardi quindi in pista c'erano solo loro e Lexa si portò le mani dietro la schiena e chiuse gli occhi, muovendosi lentamente come una foglia spostata dal vento (mamma che poesia!), fu l'imprecazione di qualcuno ad attirare la sua attenzione. Sorrise divertita nel vedere Clarke che borbottando parole per niente femminili, si stava tirando su dopo essere caduta e stranamente Lexa decise di avvicinarsi.

«Non ti ricordi più come si pattina?» le chiese con un sorriso.

Clarke fece dondolare la testa sconfitta. «Teoricamente sì.» borbottò, stringendo la ringhiera. «Ma con tutto l'alcool che ho bevuto...»

Se l'alcool aveva tolto l'equilibrio a Clarke diede a Lexa il coraggio di tendere la mano verso di lei amichevolmente. Non si sorprese di vedere la ragazza aggrottare le sopracciglia confusa e le sorrise leggermente come se quello fosse sufficiente a convincerla.

«Ti faccio io da guida.» le disse.

Vide Clarke fissare la mano incerta prima di mordersi il labbro inferiore facendo scivolare il palmo contro il suo. Lexa le strinse la mano facendole segno di muoversi e sorrise nel vedere Clarke muovere i piedi con attenzione.

«Pattinare è come andare in bicicletta, una volta imparato è difficile dimenticarlo del tutto.» le disse.

Lexa fece un passo indietro, sempre stringendole la mano nella sua accomodante e Clarke spalancò gli occhi quando la vide pattinare all'indietro visto che lei riusciva a malapena a tenersi in piedi.

«Come diavolo fai?»

Lexa rise muovendosi con grazia come se stesse semplicemente camminando. «Venivo spesso quando ero piccola, come ho detto è una cosa che non dimentichi tanto facilmente.»

Continuarono a pattinare in silenzio con Clarke che non staccò gli occhi dai suoi piedi nemmeno per un secondo, cercando di concentrarsi su quello che stava facendo. Così facendo non si rese conto del fatto che Lexa le aveva appena lasciato le mani e l'aveva affiancata, dandole così l'opportunità di continuare da sola. Quando però si scontrò con il dolce sorriso di Lexa al suo fianco, quasi inciampò nei suoi stessi piedi e si aggrappò disperatamente al suo braccio per non cadere.

A nulla valsero i tentativi di Lexa di mantenere l'equilibrio, soprattutto per il fatto che le lame slittavano sul ghiaccio rapidamente.

«Non farmi cadere!» la pregò Clarke.

«Ci sto provando, piantala di agitarti!» gridò Lexa.

«Non mi sto agitando!» strillò istericamente mulinando un braccio.

Lexa schivò all'ultimo momento il pugno che stava puntando dritto verso il suo naso e le afferrò entrambe le braccia per fermarla. Si fissarono per un lungo momento, Clarke sentì il proprio cuore battere all'impazzata nelle orecchie ma fortunatamente il pericolo sembrava scampato e proprio quando Lexa iniziò a dirigersi verso la ringhiera che accadde l'inevitabile.

Anya arrivò sfrecciando ad alta velocità proprio mentre si stavano muovendo e tirò una pacca così forte sul sedere di Clarke che il colpo risuonò in tutta la pista. La ragazza gridò di sorpresa e istintivamente il suo corpo si mosse in avanti.

«Hai poco equilibrio, Griffin?» chiese divertita Anya.

Il successivo rumore fu quello di due corpi che cadevano pesantemente sul ghiaccio ponendo fine così al grido indignato di Lexa. Entrambe rimasero ferme e ansimanti per qualche secondo, cercando di capire se i loro corpi fossero del tutto integri o no.

«Ho perso l'equilibrio.» bofonchiò come a volersi scusare.

«Non mi dire.» rispose ironica Lexa.

Clarke non riuscì a trattenersi. Cominciò a ridere forte, tanto che poté sentire addirittura le lacrime bagnarle gli occhi e istintivamente le sue mani si strinsero al maglione di Lexa per cercare qualcosa a cui tenersi. Non passò molto perché Lexa – probabilmente sempre per colpa dell'alcool che le circolava in corpo – la seguisse, scoppiando a ridere come mai le era successo in vita sua.

«La diagnosi per me è commozione celebrarle.» disse Echo osservandole.

Anya invece si fermò nel mezzo della pista ridacchiando, come se l'ilarità delle due ragazze fosse in qualche modo contagiosa e osservando felice una Lexa spensierata, soprattutto dopo averla vista così depressa e musona in tutti quei giorni.

«Ah!» le gridò Lincoln alle spalle.

Anya sobbalzò di spavento girandosi di scatto per spingerlo via, il fratello l'anticipò facendola finire a gambe all'aria.

«Ti uccido.» ringhiò.

Quello fu sufficiente a scatenare le risate di tutti i presenti mentre Lexa aiutava Clarke a sollevarsi e preparava nella sua mente la perfetta vendetta per sua sorella. Forse tornare a casa per le vacanze natalizie non era stata poi una cattiva idea.




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NoteAutrice:

Eccomi qui con il contest di Natale!

Queste serie di shot seguiranno il lasso temporale delle feste Natalizie, chiaramente mi sarebbe piaciuto poterle pubblicare ogni giorno per le feste ma non sono stata in grado di scriverle tutte per impegni lavorativi.

Il titolo della fanfiction si riferisce al film: Una scatenata dozzina e dopo aver letto questa shot non avete da chiedervi perché XD

Voglio solo dirvi che questo è un lavoro a due, ovvero io sono le mani ma la mante e mia e di Carma, quindi prendetevela anche con lei!!

Buon Natale da me che lo sto già festeggiando e a voi fra qualche ora.

Un bacione,

ManuKaikan



  
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