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Autore: Connie Burton    24/12/2017    2 recensioni
In hoc signo vinces. Con questo segno vincerai.
Queste parole, si dice, siano apparse nel cielo accanto alla croce per condurre Costantino e l'Impero alla vittoria. Sono anche le parole che Valentine Morgenstern scelse come motto per il Circolo alla sua fondazione durante il suo ultimo anno all'Accademia degli Shadowhunters. Ma com'è nato il Circolo? Chi sono i suoi fondatori? Qual è la loro storia?
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Il Circolo, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Disclaimer: Questi personaggi (a parte Xelenia Francesca Malatesta e la sua famiglia) non mi appartengono così come le fan art pubblicate. Sono di proprietà di Cassandra Clare e dei rispettivi autori. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




 
Prologo

It all goes back and back. To our mothers and fathers and theirs before them. We are puppets dancing on the strings of those who came before us, and one day our own children will take up our strings and dance on in our steads.
Tyrion Lannister, A Storm of Swords.
 

 
Curioso come un singolo rettangolo di carta plastificata potesse avere il potere di turbare la coscienza di un uomo al punto tale da sommergerlo, da annegarlo nel mare tempestoso del ricordo, da ricoprilo di cenere come se il castello del proprio raziocinio fosse stato sgretolato sin dentro le sue fondamenta.
Hodge Starkweather rimirò la foto del Circolo tra le mani della ragazzina dai capelli rossi che aveva spalancato il vaso di Pandora, gettandoli nel caos più nero e profondo. Non era che una bambina eppure il Nephilim era certo che nelle sue stelle fosse stato scritto un destino da eroina e da guerriera, qualcuno che avrebbe fatto risplendere di rinnovata grazia il popolo degli Shadowhunters.
Più di quindici anni erano trascorsi da quando era stata scattata e Hodge sapeva che era l'ultimo rimasuglio del Circolo, l'ultima immagine che li vedeva insieme, giovani e gloriosi, nel fiore degli anni e nel pieno delle forze, la fede salda e gli occhi pieni di speranza. Tutto il resto era stato bruciato dal Conclave alla fine della Rivolta, come per cancellare quella macchia disgustosa. Eppure era rimasto l'alone, chiunque poteva riconoscerlo. Il Conclave non aveva mai dimenticato né l'avevano fatto i rivoltosi. E, come una fenice, Valentine stava risorgendo dalle sue ceneri, pronto ad assoggettare qualunque Shadowhunter sulla sua strada.
Quella foto li ritraeva in una mattina assolata di inizio Estate, poco dopo la fine delle lezioni all'ultimo anno dell'Accademia, sulle scale di marmo che conducevano al suo interno. La statua di Raziel s'intravedeva appena sullo sfondo, tagliata a mostrare soltanto il piedi e le rune sui polpacci. I protagonisti indiscussi erano loro, che come fiamme erano arsi di fulgore e morti nel loro trionfo.
Valentine e il suo carisma, la posa disinvolta e studiata al tempo stesso, le labbra sottili arricciate in un ghigno da conquistatore. Vestiva di scuro, come tutti loro del resto, ma su di lui il contrasto era tanto netto da far risaltare il biondo chiarissimo dei suoi capelli e quegli occhi di ardesia che sembravano sbarre di ferro, letali e implacabili come quelle di una divinità. Tutti gravitavano come pianeti attorno a quel Sole alto e caloroso che li aveva accolti sotto la sua ala, proteggendoli e guidandoli come un Mosè contemporaneo.
Jocelyn era al suo fianco, il satellite tanto importante da essere diventato un secondo astro per lui, l'amore della sua vita, il viso di porcellana che nascondeva un animo di ferro, gli occhi verdi come la giada che brillavano di determinazione, la posa scattante di un gatto pronto a balzare per ghermire la preda.
Hodge era dietro di lui, le spalle esili di chi stava ancora crescendo e di chi era abituato a curare le antiche lettere più che l'arte della guerra, i palmi lisci e le dita coperte di cicatrici sottili per il contatto con la carta, gli occhi grigi nascosti dietro occhiali dalle lenti grandi e spesse che celavano la loro luce.
Robert e Maryse erano poco distanti, lei che lo superava di una mezza testa, gli occhi azzurri come ghiaccio temprato e l'espressione rapace di una civetta. Robert era più sfuggente, gli occhi di un blu molto scuro che fuggivano l'obiettivo, puntati com'erano verso il suo parabatai accanto a lui, la mascella forte messa in evidenza dal mezzo sorriso che gli stava rivolgendo.
Era stata scattata prima che Robert e Michael si allontanassero, ricordò Hodge, prima che il loro sacro legame fosse reciso, quando ancora Michael sorrideva come il ragazzo ingenuo e curioso che era stato, gli occhi verdi che brillavano di innocenza infantile.
Stephen aveva circondato la vita di Amatis con le sue braccia forti e abbronzate, i bicipiti in evidenza, il mento posato sulla spalla destra delle compagna che sorrideva con una gioia che le abbracciava gli occhi azzurri e profondi. Sembravano un'unica entità indivisibile, un androgino che neanche il Cronide aveva potuto scindere.
Xelenia si scorgeva appena, intenta com’era ad appoggiarsi a Lucian, spalla contro spalla, colta nell’attimo in cui la risata era più alta e divertita. Si intravedeva uno spicchio dorato nel mare abbronzato della sua pelle, tra i riccioli d'ebano scossi dal vento, la destra che sfiorava distratta l’avambraccio di Valentine, come se non potesse fare a meno di stargli vicino.
Hodge sentì una fitta al cuore nel ripensare a tutti loro, ai momenti che avevano vissuto insieme, ai sogni che avevano condiviso, alle lotte che avevano intrapreso per quello che avevano creduto essere il progetto di un mondo nuovo, migliore, puro. Tutto si era rivelato una menzogna, una tela che Valentine, abile ragno dall'anima nera, aveva tramato per ottenere ciò che più desiderava, incurante dei valori che professava e delle loro rimostranze.
« Lei chi è?» domandò Clarissa, strappandolo da quei ricordi crudeli e melanconici. La ragazzina dai capelli rossi, così tanto simile a Jocelyn da sembrare quasi inquietante, stava indicando l'unica figura che rideva apertamente, il mento sollevato e gli occhi socchiusi, le poche rughe d'espressione che indicavano l'alternarsi caotico delle espressioni sul bel volto ancora infantile. Gli Shadowhunters non erano soliti mostrare le proprie emozioni, erano persone parche e controllate, sempre padrone di se stesse, ma non era da Xelenia mentire o dissimulare. Da ragazza il suo cuore era stato onesto come limpidi erano i suoi occhi.
« Xelenia Malatesta. La parabatai di Valentine,» soggiunse a mezza voce, senza una particolare inflessione apparente. In realtà quella fotografia stava riportando alla luce ricordi che avrebbe preferito dimenticare per sempre, tradimenti di cui tutti loro s'erano macchiati, parole urlate che rimbombavano ancora e lacrime mai asciugate.
« Parabatai? Come Alec e Jace?» domandò la figlia di Jocelyn con quegli occhi smeraldini resi enormi dalla sorpresa. Di certo non si aspettava che qualcuno come Valentine, che pensava fosse soltanto tenebre e violenza, potesse condividere con qualcuno un legame così puro e angelico, qualcosa di incorrotto e bianco, come la neve appena posata.
Hodge annuì senza guardare oltre i volti di quelle persone che un tempo aveva chiamato fratelli e sorelle. Gli occhi grigi cercarono Hugin tra le volte del soffitto e le cime delle librerie e individuarono il corvo poco distante da loro, le zampe rapaci affondate nelle piume di marmo di un Angelo, gli occhi piccoli e neri che lo fissavano quasi con malizia, come per sbeffeggiarlo.
« È morta?» mormorò Clary turbata, mentre allungava la mancina per sfiorare il polsino del suo completo di tweed. All'ultimo sembrò ripensarci e la sua mano candida, macchiata di tempere com'era stata quella di sua madre tanti anni prima, rimase in bilico, incerta e timorosa.
« Temo sia più complicato,» replicò Hodge con più gentilezza, scoccandole un'occhiata rassicurante e un mezzo sorriso tranquillo e pacato, « Volta la foto,» esclamò divertito, ma era una gioia falsa, effimera, un'amarezza celata come le memorie di qualcosa che si credeva familiare ma che, invece, era soltanto estraneo e neanche troppo gradito. Il viso di Clary si aggrottò in un'espressione dubbiosa e incuriosita, ma fece ciò che le aveva detto, scoprendo la scritta piena di svolazzi sul retro.
« Cosa vuol dire?»
In un vezzo di vanità e d'orgoglio per le sue origini, aveva vergato quelle parole ormai vuote in greco antico, le lettere dipinte con la cura di un'artista per mostrare l'amore che provava per tutti loro, la sua famiglia, la sua casa.
« È una citazione di Aristotele,» le spiegò Hodge, carezzando le parole con lo sguardo, « Vuol dire Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se avesse tutti gli altri beni. Xelenia ci credeva sul serio. Lo facevamo tutti.»






Note dell'autrice
Salve a tutti e benvenuti nei mitici anni '80. Ho sempre voluto sapere di più sul Circolo e sui suoi fondatori, su Michael e Robert, su Valentine, ma la mitica Cassandra non sembra volerci accontentare nell'immediato futuro quindi ho deciso di dare la mia versione dei fatti e spero possa interessarvi. Grazie a chiunque abbia letto. Se voleste essere aggiornati con avvisi, materiale extra, foto varie o anche voleste fare due chiacchiere, questa è la mia pagina fb.
A presto e buon Natale.
_Fernweh_ 
   
 
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