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Autore: Layla    24/12/2017    0 recensioni
Natale si avvicina e Tiana soffre ricordando la sua amicizia con Jimmy e la sua cotta per lui.
Rimpianto e occasioni sprecate si mischiano nel suo cuore.
L'unica cosa che potrebbe aiutarla sarebbe rivederlo anche solo per un attimo e forse qualcuno esaudirà il suo desiderio.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Jimmy è stato qui.

Il periodo di Natale è arrivato anche quest’anno.
Vorrei poter dire che è bianco, con un manto di neve che ricopre ogni cosa e un vento freddo che porta l’allegria e i profumi di pan di zenzero e cannella, ma siamo in California, ad Huntington Beach e la neve si vede solo con il binocolo.
Fa freddo, ma è qualcosa di autunnale e mediato dal clima caldo, una volta nella mia vita mi piacerebbe assistere a un bianco Natale come quelli che si vedono nei film.
Magari potrei andare a new York quando sarò ricca, cioè probabilmente mai.
Sospiro, mi chiamo Tiana, ho trentaquattro anni e faccio la barista da una vita, difficilmente sarò una milionaria. Non sono una brutta ragazza –sono nera, con i capelli neri raccolti in tanti dreads che curo meticolosamente e un piercing al septum – ma non sono nemmeno bellissima, tanto da attirare un riccone.
O forse ho sprecato la mia possibilità, anche se suona così cinico dirlo, e non posso farci nulla.
Lui diceva che ero la miglior barista che avesse mai incontrato, ma forse mentiva, ha visitato i bar di mezzo mondo e  di sicuro c’è qualcuno migliore di me.
Forse lo diceva perché era gentile, la gentilezza era una delle sue qualità migliori nonostante l‘aspetto da cattivo ragazzo. Era una di quelle persone che sorridevano sempre, aveva sempre qualche parola da scambiare, storia divertente da raccontare e una gioia di vivere incontenibile.
Mi dispiace pensare che il whisky o la birra che servo siano state una delle cause della sua morte, mi spezza il cuore perché anche a causa loro non rivedrò mai più il suo sorriso.
Lui si chiamava Jimmy Sullivan ed era il batterista degli Avenged Sevenfold, un idolo per molti, ma per me era il compagno di classe casinista, uno di quelli che alleviano la noia delle lezioni.
Era un amico, un cliente, un confessore e un consigliere, era tanta cose, ma era soprattutto il ragazzo che amavo. Non sono mai riuscita a dirglielo e ora questo rimpianto è come un fuoco che mi consuma, che mi rende triste. Ogni tanto lo vedo ancora sul suo sgabello preferito, nel mio cuore il suo spirito è ancora qui.
È morto tre giorni dopo Natale e questo rende sempre dolceamaro i preparativi per questa festa, dopo la gioia segue sempre il dolore.
Ogni tanto vengono qui Matt, Brian, Zacky e Johnny, beviamo qualcosa tutti insieme e lo ricordiamo. Ho perso il conto delle volte in cui le lacrime si sono mischiate alle risate, gli episodi divertenti avvolti nel velo della nostalgia fanno male.
Un male cane.
È come essere dietro a uno specchio e non potere fare nulla, vorrei entrare nei miei stessi ricordi, attaccarmi al braccio di Jimmy e dirgli di non bere eccessivamente, di smetterla con gli antidolorifici e di correre da un cardiologo.
La cardiomegalia è curabile, a volte non è nemmeno necessario il trapianto.
So che non avrebbe sopportato una vita non così attiva, ma l’avrebbe accettato perché Jimmy amava la vita e io farei di tutto per rivedere il suo sorriso e sentire di nuovo la sua risata franca.
Ma la morte purtroppo trancia ogni possibilità, una mannaia che taglia un tessuto, e ti lascia solo con dei fili al vento smarriti e senza vita.
Ed è per questo che mi sento dietro a un vetro quando penso a lui, uno di quelli anti sfondamento, fatto di lacrime calcificate dal dolore, dal rimpianto e dalla rabbia, dai dubbi esistenziali.
Perché Dio ha tolto lui ma ha lasciato vivere un marito che ha ammazzato la moglie e i figli?
Che poi Dio esiste?
Sospiro di nuovo e cerco di pensare al mio lavoro, sebbene il bar non sia molto pieno, sono le due del pomeriggio di mercoledì: è normale che non ci sia tanta gente se non i quattro giocatori incalliti dei videopoker e un vecchio che legge borbottando il giornale.
“Tiana, mi porti una birra?”
Mi chiede il vecchio.
“Subito, signore.”
Preparo la solita birra alla spina media e la porto al suo tavolo.
“Grazie, Tiana.
È quel periodo, eh?”
Lo sanno tutti al bar che a dicembre divento malinconica.
“Sì, signore.”
“Ti manca molto, vero?”
“Sì.”
Lui beve un sorso di birra.
“Beh, manca a me. Era un bravo irlandese che raccontava delle storie divertenti e offriva da bere senza tante storie. Proprio un peccato che sia morto così presto.
Era un bravo ragazzo e mi piaceva e piaceva anche a te.”
“Ormai è tardi.”
Mormoro io.
Me ne torno dietro al bancone, prigioniera di questa cappa di tristezza proprio nel periodo che dovrebbe essere il più allegro dell’anno.

{La porta si spalanca con foga, il campanellino protesta con uno strillo acuto.
Io alzo gli occhi e mi trovo davanti un Jimmy Sullivan persino più felice del solito, il che è tutto dire dato che è praticamente una palla di energia perenne.
“Tiana, la mia band è stata messa sotto contratto!
Ce l’abbiamo fatta, hai davanti a te una rockstar!”
So che suona da sempre la batteria e il pianoforte, ma lo stesso esco da dietro il bancone.
“Sono tanto felice per te, Jimmy!”
“Chiamami The Rev.
“Uh?”
“The Reverend Tholomew Plague. Nome d’arte.”

Dice con aria di importanza.
“Uff, potevi scegliertene uno meno complicato!”
Lui ride e mi abbraccia all’improvviso e io mi beo del contatto con il suo corpo, è alto e magro e io sono piuttosto bassa: mi sovrasta e mi circonda e mi piace così.
Ho sempre avuto una cotta per lui e non gliel’ho mai detto.
Mi lascia andare all’improvviso sempre sorridendo.
“Cosa ne dici di uno dei tuoi cocktail per festeggiare?”
“Va bene.”
Preparo il suo preferito, uno per me e uno per lui, poi gli porgo il bicchiere alto e sottile.
Facciamo scontrare il mio e il suo.
“Agli Avenged Sevenfold.”
“Agli Avenged Sevenfold.”

Faccio eco io.
Spero che lo portino lontano, ma non troppo.
Spero sia sempre alla mia portata.}

Invece se ne è andato dove né io né nessun altro può raggiungerlo, non ora almeno.
Totalmente fuori dalla mia portata e da quella del mondo.
Le cose non vanno come desideri, a volte vanno nel modo peggiore per tutti e la sofferenza è insopportabile.
Quest’anno sono otto anni che se ne è andato e mi manca come il primo giorno, anche se da fuori posso sembrare quasi guarita. So tenere bene i segreti, non sono una persona facile da leggere e forse questa è una fortuna: non mi andrebbe di essere compatita.
Resta il fatto che lui non è qui e mi manca e vorrei vederlo almeno un’ultima volta per salutarlo e dirgli addio, ma dall’aldilà non si torna.
E io torno a occuparmi del bancone in quest’ora morta della giornata, sperando che cada un po’ di neve a dare sollievo alle mie ferite.
Fuori splende il sole, pallido e freddo, ma continua a farlo.
Preghiere e occasioni sprecate.
Questa è la mia vita.

 
La sera questo posto è più animato, ma non all’orario di chiusura.
La gente se ne è già andata tutta e io sto per pulire il locale quando il campanello suona, mentre io sono voltata verso la porta del personale per prendere scopa e paletta.
“Il locale sta per chiudere.”
“Potresti fare un’eccezione per me?”
Mi dice una voce roca, io mi volto di scatto.
“Brian!”
“Proprio io, fai un’eccezione?”
“Sì.”
Chiudo la porta dal locale e torno dal chitarrista.
“Così nessuno ci disturberà, credo di sapere perché sei qui.”
“Jimmy.”
Io annuisco.
Conosco Brian Haner da prima che fosse sexy e famoso, come conoscevo Sullivan.
“Cosa vuoi?”
“Una bella birra di quella riserva speciale che avete.”
“Sta bene.”
Servo della birra per lui e della vodka al cocco per me.
“Ci vai giù pesante.”
“Ho lavorato tutto il giorno, sono stanca e sto male.
Soffro esattamente come se fosse il primo giorno, non riesco a spiegarlo. La parte razionale ha elaborato il lutto e sa che i ricordi che ho di lui dovrebbero essere fonte di gioia, ma il cuore dice altro.
A volte mi sembra di essere una di quella ragazzine che lo idealizzano senza conoscerlo, so che ha – aveva – dei difetti. Poteva essere uno stronzo apocalittico a volte, ma te lo dimenticavi perché la volta dopo era semplicemente lui: il ragazzo sempre allegro.
Con tutte le cazzate che ha fatto e le brutte cose che gli sono successe si è sempre rialzato sorridendo, deve essere questo che mi rode. Perché sono le brave persone a morire e non gli stronzi?”
Lo dico tutto d’un fiato, se non l’avessi fatto ora poi avrei perso il coraggio.
“Hai perfettamente ragione.
Mi ricordo la prima volta che è venuto a casa mia dopo mesi che dormiva in quella lavanderia del cazzo, sai cosa ha fatto?
Si è buttato in piscina vestito e dopo essersi fatto la doccia ha cominciato a saltare sul suo letto perché “era fottutamente morbido”, parole sue. Mio padre ha riso fino alle lacrime, probabilmente ha pensato che fossi pazzo a portarmi a casa un elemento del genere, ma poi gli si è affezionato.
Era impossibile non affezionarsi a lui, lo vedo in quello che i fan scrivono di lui dopo tutti questi anni.
Era una meteora…”
“Una di quelle cose che bruciano in fretta. Bellissime, ma che fanno male?
È questo che vuoi dire?”
Lui annuisce.
“Tiana, tu non hai mai avuto una storia seria che sia durata.”
“Allora?”
“Eri innamorata di lui? Lo sei ancora?”
Io finisco la vodka in un sorso solo.
“Questo non ha alcuna importanza.”
“Vorrei solo saperlo, siamo amici da tanto tempo.”
“Non cambierebbe nulla.”
“Tiana…”
“Sì, mi sono innamorata di lui al liceo e non mi è mai passata e la cosa peggiore è che io non gliel’ho mai detto. Avevo paura che mi rifiutasse o rompesse la nostra amicizia, ma sai una cosa?
Avrei dovuto dirglielo perché combattere ogni giorno contro il rimpianto non è facile, è la cosa peggiore che mi sia successa.
Non posso nemmeno dimostrarlo troppo in pubblico perché è Leana la sua ragazza, non la odio, ma non riesco nemmeno a trovarla simpatica.
Che situazione di merda.”
“Capisco.
Sinceramente ho sempre pensato che tu lo amassi e credo che anche Jimmy a qualche livello lo avesse capito, ma – come hai detto tu – c’era Leana.”
“Lo so, in questi giorni mi ammazzo di lavoro per non pensare.”
“Io faccio lo stesso, Jimmy voleva che la band andasse avanti, ma niente di quello che scrivo o compongo ha senso. Mi sembra di dibattermi in una rete e di non poter fare diversamente, poi passato questo periodo torno alla mia normalità.”
“Sono cicatrici che non guariscono in un giorno, a volte non guariscono in una vita intera.”
“Sì, ma dobbiamo andare avanti e questo vale anche per te.
Nessuno sarà mai come lui, ma forse dovresti permettere a qualcuno di avvicinarsi.”
“Non lo so.”
Mi verso dell’altra vodka.
“Questo è l’ultimo, devi guidare per andare a casa. L’esperienza di Jimmy mi ha insegnato qualcosa.”
Io annuisco.
La sua morte ha insegnato qualcosa a tutti, anche solo a non dare per scontata la vita perché in un attimo ti può essere tolta, di vivere fino in fondo, ma senza esagerare.
“Eri una cometa e ti ho perso.”
Dico a bassa voce.
“Come va la tua nuova vita da padre?”
“Bene, occuparmi di Nicolangelo mi aiuta a non pensare.”
“Gli hai dato uno dei soprannomi di Jimmy, è stato carino da parte tua.
Saint James.”
Lui sorride.
« Certo, non appena sarà in grado di capire gli racconterò tutto di quello zio che non ha mai potuto conoscere. In fondo lui non se n’è mai andato, c’è quando suoniamo o lo ricordiamo.”
“Già, ma non è la stessa cosa.”
“Tiana, è solo un periodo. Un momento duro che passerà, forse un giorno non farà nemmeno così male.”
“A questo non ci credi nemmeno tu, farà sempre un po’male.”
“Sì, ma si alza il vento e bisogna tentare di vivere o qualcosa del genere.”
Io rimango un attimo in silenzio.
“Ti ricordi come ero a scuola?
Non vedevo l’ora che il liceo finisse per fare il corso da barman e aprire un locale mio, ero la disperazione dei miei genitori che volevano a tutti i cosi che andassi all’università.
Avevano risparmiato duramente, i miei voti non erano brutti, ma io mi sono impuntata e sono andata avanti per la mia strada. Ho lavorato tantissimo per fare esperienza, accumulare i soldi necessari e farmi una clientela.”
Lui annuisce.
“Avrei dovuto essere felice quando due anni fa ho rilevato questo che era anche il nostro posto.
Te le ricordi le chiacchierate eterne davanti a una cherrycola perché eravamo troppo giovani per una birra?
Vuoi sapere la verità?
Non ero felice, avrei voluto che ci fosse stato anche lui, e in quel momento ho pensato che avrei dovuto dare retta ai miei. Andare al college, fare il medico, la giornalista, l’avvocato, qualsiasi cosa, perché questo posto, questo lavoro, mi ricorda lui e mi fa pensare a tutte le volte che si è ubriacato e, senza saperlo si accorciava la vita.”
Lui mi stringe una mano tra le sue, mentre con l’altra mi asciugo due lacrime furtive.
“Pensala così, hai realizzato il tuo sogno e l’hai fatto per lui.
Hai impedito che la parte di lui che vive ancora in questo posto se ne andasse per sempre.”
“Forse hai ragione tu.”
Chiacchieriamo ancora un po’ e poi se ne va.
Brian sarà un bravo padre, non ho nemmeno un dubbio su questo, sa come trattare con i bambini e non è eccessivamente oppressivo. Anche Jimmy sarebbe stato un bravo padre.
Sospiro per l’ennesima volta e spazzo il locale, pulisco i pavimenti e i tavoli, capovolgo le sedie, prendo l’incasso ed esco.
La notte è fredda per essere il sud della California, una piccola parte di me spera ancora nella neve.
Abbasso la saracinesca, la chiudo e inserisco l’allarme.
Con le mani sprofondate nel cappotto nero vado alla mia macchina, mi fumo una sigaretta e guardo il cielo sereno in cui le stelle brillano come diamanti.
Quante volte sono salita sul tetto dei Sullivan per guardare le stelle con Jimmy, non era portato per l’astronomia e inventava i nomi delle costellazioni di sana pianta: il cane, il gatto che soffia, la papera gigante, cose così.
Salgo in macchina dopo aver buttato il mozzicone e controllo il mazzo di rose nere sul sedile posteriore, sembra stare bene. Quelle rose le ho dipinte io una ad una a mano per soddisfare il suo desiderio di cose bizzarre, ma fighe.
Spero gli piaceranno.
Metto in moto e guido fino al cimitero della cittadina, parcheggio ed estraggo il mio mazzo, avvolto in un pizzo rosso scuro. Il posto è ovviamente chiuso, ma io ho trovato un buco nella spessa siepe che lo cinge che si apre su un’apertura, la sbarra che dovrebbe esserci è caduta anni fa.
Cammino tranquilla, convinta che non sono i morti a fare paura, ma i vivi.
Trovo il mio buco e lo attraverso, poi mi incammino tra le tombe sospinta dal vento, nel frattempo il cielo è diventato nuvoloso, cumoli scuri e grevi incombono su di me.
Trovo la tomba di Jimmy, ci sono molti lumini e parecchi mazzi con biglietti dei fans che conoscono l’ubicazione della tomba. Io sorrido, appoggio il mazzo per terra e pulisco con cura la tomba, poi sistemo anche il mio mazzo.
“Ciao, Jimbo.
Sono Tiana e sono venta a trovarti, dato che tu non ti fai più vedere al mio locale per ovvi motivi.
Hai fatto una carognata morendo, lo sai, vero?
Ti sei perso tante cose: matrimoni, le nascite dei piccoli Avenged Sevenfold, tour, album.
L’ultimo che è diventato papà è stato Brian, è un papà chioccia con il suo piccolino, quando è a casa trascorre tutto il tempo con lui. In tour gli manca e lo ha persino chiamato Saint James come secondo nome.
Ma questo lo sai già.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Anche tu saresti stato un bravoi padre secondo me.
Per un po’ è girata la voce che Leana fosse incinta, ti sarebbe piaciuto?
Un piccolo Jimmy scatenato pronto a farti ammattire con a sua energia inesauribile, ti avrei visto come padre brontolone, ma attaccatissimo al suo cucciolo.”
Il vento è diventato più forte.
“Sono anni che vengo qui e ancora non ti ho detto la cosa più importante, mi sfugge sempre di mente o forse la lascio fuggire perché ho paura.
La verità è che mi sono innamorata di te la prima volta che ti ho visto al liceo quando mi hai chiesto se il banco accanto al mio era libero e io ti ho detto di sì. Avevi gli occhiali e una maglia dei Metallica, dicevano che eri uno sfigato simpatico, ma sfigato, per me eri bellissimo.
Diventare tua amica è stata la cosa più bella che mi sia capitata, ma anche la più dolorosa, non potevo rivelarti i miei sentimenti perché avevo paura di perderti e allora sono stata zitta.
Ti ho supportato come amica al meglio, spero di aver fatto un buon lavoro.”
Mi tocco il piercing.
“Mi ricordo quando siamo andati dal piercer, io volevo un septum e tu un piercing sotto il labbro, avevamo entrami paura, ma ci siamo fatti coraggio a vicenda e i piercing sono ancora qui.
A un certo punto volevo dirti tutto, ma tu hai annunciato a tutti che ti eri messo con Leana e mi sono morsa la lingua. Tu eri felice, perché rovinare la tua felicità?
Non c’era motivo.
Ma poi tu sei morto e io…
Io mi sono pentita di non avertelo detto, non passa giorno che non lo rimpianga.
Forse avrei perso tutto, ma tu l’avresti saputo e ora io non avrei questo tarlo continuo, probabilmente sono un’egoista.
Il mio unico desiderio è rivederti un’ultima volta, abbracciarti e dirti tutto.
Sarebbe l’unico modo per ripartire con la mia vita, ma anche quello impossibile, dal regno dei morti non si ritorna.”
Una folata di vento gelida mi fa voltare e spalanco gli occhi: davanti a me pallido e vestito di nero c’è Jimmy.
“Jimmy? Jimmy, sei tu?”
“Sì.”
“Sei vero o sei un’allucinazione?”
Lui sorride debolmente.
“Sono vero.”
Io deglutisco.
“Posso abbracciarti?”
“Vieni, Tiana.”
Io non me lo faccio ripetere due volte e mi lancio nel suo abbraccio, è freddo e non né corporeo né incorporeo, ma non mi staccherei per nessuna ragione al mondo.
All’improvviso mi metto a piangere e a singhiozzare violentemente, tanto che lui è costretto a darmi delle pacche gentili sulla schiena.
“Mi sei mancato, stronzo.
Ti sei perso tantissime cose, non c’eri nemmeno quando ho rilevato e sistemato il nostro bar, perché cazzo sei morto?
Perché cazzo sei morto?”
Singhiozzo ancora un po’, sopraffatta dall’emozione.
“Non lo so perché sono morto, non penso che ci sia nemmeno un perché: era arrivata la mia ora.
Mi dispiace per non esserci stato e per avervi fatto soffrire, era l’ultima cosa che volessi.”
“Lo so, lo so, ma fa male.
Tanto male.”
“Mi dispiace.”
“Perché sei qui?”
“Permesso speciale dall’alto.”
Io ammutolisco, poi prendo un respiro profondo.
“Lo so che è tardi per tutto e quello che sto per dirti non cambierà nulla, ma te lo devo dire lo stesso, Jim.
Questa è davvero l’ultima occasione e non posso sprecarla.
Io ti amo, Jimmy.
Ti amo da quando eravamo al liceo, probabilmente ti amerò per tutta la vita anche se dovessi farmi una famiglia mia.”
Lui sorride.
“Lo so, lo sento. Lo sapevo anche prima in un certo senso, ma avevo paura di perderti e mi sono messo con Leana. L’amavo, ma non eri tu.
È troppo tardi ora per aggiustare le cose, ma quando anche tu arriverai dall’altra parte avremo tutto il tempo per recuperare. Io ti aspetto, tu però fammi una promessa.”
“Quale?”
“Promettimi che ti impegnerai a essere felice.”
Io sorrido.
“Sì, ci proverò.”
“Brava, piccola.
Io ora devo andare.”
“Aspetta.”
Senza pensarci troppo lo bacio.
“Addio, Jimmy. Ci si vede dall’altra parte.”
Lui mi sorride e svanisce come è apparso, io sorrido, il volto rivolto verso l’alto.
All’improvviso qualcosa di freddo e umido si appoggia sul mio naso e io spalanco gli occhi: è neve.
È l’ultimo regalo di Jimmy e il mio sorriso si allarga ancora di più e compio una giravolta su me stessa come se fossi una bambina.
Il mio cuore è leggero, so che lo rivedrò ancora dopo questa vita e con questa consapevolezza posso iniziare a vivere davvero.
Grazie, Jimmy.

Angolo di Layla.

Questa è Tiana.

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