Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: whitemushroom    24/12/2017    1 recensioni
[...] Grazie per aver creduto in me [...]
Storia partecipante al contest "Tredici storie per tredici fratelli" per festeggiare l'ottavo compleanno del mitico thexiiiorderforum
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kouen Ren, Kouha Ren, Koumei Ren
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fino alla fine, ed un poco più in là


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Personaggi: Kouen Ren (a sinistra), Koumei Ren (al centro), Kouha Ren (a destra)
Fandom: Magi: The Labyrinth of Magic
Rating: giallo
Avvertenze: nessuna. A parte che Kouen e Koumei sono due fighi da paura.


Koumei Ren è sempre riuscito ad entrare ovunque desiderasse. La magia spaziale di Dantalion gli ha permesso di arrivare dappertutto, ma vi sono alcuni luoghi che si possono varcare solo col silenzio o col denaro. I segreti sono porte di vetro, ma ha sempre preferito cercarne le chiavi piuttosto che aprirle con la forza.
Per anni ha avuto occhi ed orecchie in ogni angolo del pianeta, eppure vi è un mondo che gli è ancora precluso.
“Smettila di trattarmi come un invalido. Fatti sotto”.
Kouen e Kouha parlano soltanto la lingua della spada. O meglio, con un po’ di buona volontà possono interagire col resto del genere umano anche in maniera civile, ma nel loro piccolo mondo le parole sono scandite dal clangore delle lame.
Kouha risponde alla provocazione, puntando al braccio sinistro. “Mi stavo solo riscaldando!”
In realtà è stato vietato loro l’uso di qualsiasi arma, ma è evidente che quei sempliciotti dei marinai di Sindria non abbiano ben chiara la capacità dei suoi fratelli di costruirsi delle spade di legno con dei semplici materiali di scarto. Sono strumenti per allenarsi, ma non vanno in pezzi nemmeno quando l’arma di Kouha fallisce il bersaglio ed impatta contro un albero.
Koumei si siede nel punto dove il pergolato improvvisato fornisce un po’ d’ombra, osservandoli.
I primi giorni erano stati i peggiori. Kouen si era rinchiuso nella propria stanza, sbattendogli la porta in faccia come non faceva da anni; lo aveva sentito andare su e giù per due notti intere, esercitandosi a camminare con la gamba artificiale quando pensava di non essere udito. Aveva provato a parlargli per ore ed aveva ricevuto solo un silenzio straziante.
Eppure, quando Kouha gli aveva bussato chiedendogli di allenarsi con lui, la porta si era aperta.
“Dai, Mei, vieni anche tu!” grida suo fratello minore prima di mettersi sulla difensiva. “Ho fatto una spada anche per te!”
“Per ridurmi ad una massa di lividi? No, grazie”.
È un mondo da cui ha deciso di staccarsi quando, sin da piccoli, era stato chiaro che il fantoccio da addestramento nella sala delle armi fosse più reattivo di lui. Si limita ad osservare gli affondi lenti e sbilanciati di Kouen, a come il suo corpo menomato cerchi di tornare ad essere tutt’uno con la spada e di come i muscoli si contraggano nello sforzo di recuperare dei movimenti che, fino a pochi giorni prima, erano stati elementari. La gamba artificiale gli sprofonda nella sabbia, bloccandogli l’attacco a metà.
Qualsiasi persona in grado di impugnare una spada scommetterebbe la propria paga di un anno sull’esito di quel duello improvvisato, il giovane e focoso principe contro il fratello zoppo. Ma, per sua fortuna, Koumei non rientra in quella categoria.
Kouha si scaglia contro Kouen, approfittando del varco aperto nella sua difesa. Punta alla gamba di legno, proprio dove loro fratello poggia il peso. Spinge la spada in avanti, incontrando quella avversaria in procinto di recuperare l’attacco andato a vuoto, stavolta lanciandovisi con tutta la forza. “Credevi sul serio che mi sarei fatto battere solo per farti un favore, En?”
“Credo solo che parli troppo”.
Il sorriso di vittoria sulle labbra del loro fratellino si spenge nel momento esatto in cui Kouen abbandona la spada di colpo, facendolo cadere in avanti senza più nulla a contrastarlo. Kouha prova a rialzarsi, sputando sabbia, ma la gamba di legno gli atterra sulla spada, fracassandola. “Uffa, En, qualche volta potresti anche farmi vincere!”
È solo un attimo, ma Koumei sa riconoscere una smorfia divertita sul viso stanco di suo fratello. “Solo quando imparerai a perdere”.
È un mondo in cui non riesce ad entrare eppure, contro ogni logica, non gli dispiace rimanerne un silenzioso osservatore.

“Sono felice di vedere che ti sia ripreso”.
Ripreso mi sembra un’esagerazione”.
Camminano insieme, come facevano un tempo. Kouen cerca di nascondere il fiato corto dopo il loro duello, trascinandosi lungo la spiaggia. Il testardo si è deciso ad appoggiarsi ad un bastone, ma fissa l’oggetto come se volesse incenerirlo con lo sguardo. Le sue impronte, informi e pesanti, svaniscono sotto il tocco delle onde. “Tu, invece, come stai?”
“Suppongo che, per essermi preso una lancia in pieno petto, non mi possa lamentare. Una scusa in più per non allenarmi con Kouha”.
“Sai che non parlavo di quello”.
Si ferma, un lampo di stizza negli occhi. Il suo viso, attraversato da solchi profondi, è invecchiato in un pugno di giorni. “È davvero finita, Mei?”
“Una bella domanda, fratello mio …”
Fino a dieci giorni prima erano sulla vetta del mondo. Non vi era nulla che potesse eclissare la grandezza del loro impero, avevano rimosso lentamente dal terreno ogni ostacolo, ogni nemico, avevano sacrificato fino all’ultimo dei loro ideali per creare un mondo privo di guerre e di stupidi popoli che si massacrassero solo perché uno aveva la pelle di un colore diverso dall’altro. Persino la guerra civile scatenata da loro cugino Hakuryuu non li aveva trovati impreparati.
Osserva il mare, rapito per un istante dai suoi riflessi. “… vorrei avere la risposta che desideri”.
Avrebbe dovuto prevedere ogni mossa dei loro avversari, eppure era stato cieco. Cieco e stupido. Forse era stato l’affetto provato per la loro cugina Hakuei a non fargli immaginare anche il suo tradimento, o il pensare che re Sindbad sarebbe rimasto a guardare l’impero Kou senza allungare le proprie grinfie. Aveva permesso a quell’uomo di manovrare la loro famiglia sotto il suo stesso naso, di fargli usare i propri poteri da viscido burattinaio sulla loro piccola sorella. Si accorge di star stringendo le nocche con una violenza che non gli è propria.
“Mei, sei mio fratello. Non piace perdere nemmeno a te”.
“Avevo il comando delle tue truppe. Avrei dovuto prevedere molte più cose. Non saremmo in esilio su questa isola dimenticata dalle mappe se fossi stato più attento. Tu non saresti …”
Ferma la frase a metà.
Ha sempre cercato di non fissare troppo a lungo il braccio sinistro e la gamba destra di suo fratello. Sono arti creati dalla magia di Zagan, ma oltre a delle fattezze accettabili non sono altro che pezzi di legno senza vita. Due forme indelebili che marchiano il corpo del primo principe di Kou con il segno della debolezza e della sconfitta. “ … non saresti così”.
“Smettila di lamentarti. Il comandante supremo ero io, ed ho messo la vostra vita in pericolo. E tutto sommato poteva andare molto peggio. Un braccio ed una gamba in cambio della vita dei miei fratelli ed un’esistenza in esilio? Sinceramente mi sembra un prezzo economico!”
“Ma …”
“Basta così!”.
È più roco e striscia tra i denti, ma il tono di comando del primo principe è ancora lì. In quel piccolo momento sono ancora lì, tra gli ori del loro palazzo, ad arginare i membri della Al-Tharmen e ad avere l’ultima parola con tutti i generali dell’esercito. “Sono felice che tu e Kouha siate qui. Quando Sindbad aveva lui in ostaggio e tu eri in punto di morte … ecco, lì ho pensato che fosse davvero finita. Ma siamo vivi. Siete vivi. Possiamo ancora fare qualsiasi cosa. Non sarà la migliore delle partenze, ma almeno siamo insieme” mormora. “Grazie per aver creduto in me”.
Koumei vorrebbe dirgli che non è una questione di credere o non credere. Quelle sono idiozie per riempire la bocca dei sacerdoti. Vorrebbe raccontargli ogni singolo istante di quella maledetta battaglia, i pensieri, le paure ed ancora prima, il quel mondo dove erano soltanto dei principi senza pretese sul trono e che ormai sembra scivolato lontano dove nemmeno tutti i ricordi riescono ad arrivare. Certo, i loro sogni di gloria sono ancora lì, impressi nelle loro menti, ma un nuovo sorriso, più caldo, affiora sul volto di suo fratello mentre osserva l’orizzonte e sembra che questi volino via, trasportati dalla brezza dell’oceano.
Forse torneranno. Forse no.
“Mei?”
“Mh?”
“Kouha fa davvero pena a mentire. Se proprio volevi farmi vincere quel duello potevi istruirlo un po’ meglio”.
Già. Tipico di Kouen.
Koumei si stringe nei vestiti, ricambiandogli il sorriso. “Cosa ti fa pensare che io c’entri qualcosa, fratello mio?”
“Non saprei” risponde, chinandosi lentamente verso terra “Pura intuizione”.
L’attimo successivo una manciata di sabbia bagnata gli atterra in piena faccia.

 

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