Anime & Manga > Yuri on Ice
Ricorda la storia  |      
Autore: CHAOSevangeline    25/12/2017    6 recensioni
{ Viktuuri | Birthday fic }
Solo allora Viktor lo realizzo: c’era qualcosa di invadente nella stanza. Qualcosa che lo spingeva a svegliarsi.
Profumo di fiori.
Fiori freschi.
Viktor mise i piedi fuori dal letto e raggiunse la scrivania. Un piccolo sorriso fece capolino sulle sue labbra quando si accorse che allo stelo di ogni fiore, e ce n’erano otto, era legato un piccolo cartellino. La carta era grezza, da lettere, probabilmente ritagliata secondo le esigenze di Yuri.
Perché non poteva sbagliarsi: era la calligrafia di Yuri, quella.
Un nome, un significato, un ricordo.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hanamichi

 
 

Cominciare la mattina del proprio compleanno realizzando che il proprio fidanzato è uscito presto per correre, abitudine di cui si è responsabili e per il cui mantenimento si è lottato con le unghie e con i denti, fa capire quanto anche le migliori intenzioni possano divenire un’arma a doppio taglio.
Viktor ricordava ancora la sensazione di essere stretto al corpo di Yuri, i suoi baci fra i capelli e il piccolo “buon compleanno” con cui aveva illuminato il suo sonnolento inizio di giornata.
Voleva essere il primo a fargli gli auguri e c’era riuscito già allo scoccare della mezzanotte, ma realizzato quel proposito lo aveva abbandonato nella sua camera di Hasetsu, privandolo delle dovute attenzioni. Attenzioni che Viktor voleva.
Quando si era tirato a sedere per colpa di un raggio di sole di troppo a baciare il proprio viso, solo Makkachin era giunto a sbaciucchiarlo in modo invadente.
Viktor non sapeva che ore fossero, non gli interessava nemmeno: qualsiasi ora sarebbe stata ideale per allenare un finto broncio da sfoggiare di fronte Yuri una volta tornato, per averlo lasciato in attesa proprio nel giorno del suo compleanno.
Solo allora Viktor lo realizzo: c’era qualcosa di invadente nella stanza. Qualcosa che lo spingeva a svegliarsi.
Qualcosa di invadente oltre il suo cane dal manto riccioluto che sembrava deciso a calpestare in lungo e in largo ogni punto del letto occupato da lui.
Profumo di fiori.
Fiori freschi.
Più aromi si stavano sommando, ma Viktor non lo trovava fastidioso.
Si voltò nella penombra della stanza, illuminata solo dalla piccola luce che lui e Yuri tenevano sempre accesa durante la notte. Non era quella la ragione per cui avevano deciso di usarla, a Viktor piaceva illudersi piuttosto che la abat-jour fosse accesa ogni notte per permettere a chiunque si fosse svegliato per primo di osservare il volto ancora addormentato del proprio amato.
Per un istante Viktor pensò che il profumo provenisse da fuori, ma capì in fretta che non era così: i fiori incriminati erano disposti ordinatamente sulla scrivania sgombra. Non la ricordava tanto in ordine, quando la sera prima erano andati a dormire.
Forse però a mezzanotte si era concesso qualche brindisi di troppo alla propria persona e non poteva dire di essere così lucido da non avere dubbi sulle condizioni della scrivania. Non era mai troppo affidabile quando era ubriaco.
Aveva fatto molte cose di cui vergognarsi e di cui non andare fiero, in quelle condizioni.
Viktor mise i piedi fuori dal letto e raggiunse la scrivania. Un piccolo sorriso fece capolino sulle sue labbra quando si accorse che allo stelo di ogni fiore, e ce n’erano otto, era legato un piccolo cartellino. La carta era grezza, da lettere, probabilmente ritagliata secondo le esigenze di Yuri.
Perché non poteva sbagliarsi: era la calligrafia di Yuri, quella.
Un nome, un significato, un ricordo.
Ecco cosa c’era su ogni cartellino.
Il suo fidanzato, quello che era uscito a correre abbandonandolo i primi minuti del giorno del suo compleanno, aveva organizzato un viaggio nei loro ultimi mesi di conoscenza.
Un viaggio romantico fatto di parole e di ricordi, senza che dovesse mettere piede fuori dalla loro stanza alle terme di Hasetsu.
 

Narciso. “Dono per una persona dalla bellezza irresistibile”

La prima volta che Yuri aveva visto Viktor era rimasto ammaliato. Gli era successo sia quando lo aveva guardato esibirsi in televisione, i lunghi capelli argentati ancora a volteggiare intorno a lui mentre eseguiva delle piroette, sia quando lo aveva visto durante una delle proprie prime competizioni senior.
Per un istante, nel vederlo, Yuri si era addirittura scordato di tutto il terrore che provava per la propria incombente esibizione.
Quel mostro, così come il pubblico, non facevano più paura. Il viso di Viktor e poi tutto si era spento: ogni ansia, ogni timore.
La mente di Yuri si era svuotata e i suoi occhi si erano incantati sulle iridi di ghiaccio, sulla mascella scolpita, sulle labbra cesellate del russo.
Era dotato di una bellezza rara, Viktor, una bellezza di cui persino lui doveva essere consapevole.
Yuri non si era mai chiesto che tipo di persona fosse Viktor, per quanto sua sorella tenesse a sottolineare ogni volta che lo vedeva vaneggiare su di lui dopo aver ricevuto un pacco contenente l’ennesimo poster o l’ennesimo gadget, che non lo conosceva. Secondo Mari, il suo piccolo fratellino si era preso una bella cotta per un idolo di cui non sapeva nulla e che aveva idealizzato a proprio uso e consumo.
Ma Yuri sapeva che quella non era la verità.
C’era un aspetto del pattinaggio artistico che dubitava i suoi parenti avrebbero mai capito, non praticandolo: ciò che veniva trasmesso.
Le emozioni, i sentimenti.
Viktor era impeccabile: ogni trottola, ogni salto era limato alla perfezione dal primo slancio all’atterraggio finale. Ma essere accademici può nauseare, può rendere rigidi e freddi.
Ciò che distingue è l’emozione. Non l’emozione che tutti credevano di vedere, che i dilettanti pensavano di individuare nell’espressività amalgamata alle note più tristi o più allegre, bensì l’emozione vera.
Yuri si era accorto che i sorrisi di Viktor sul podio erano finti. Quanto di vero c’era in lui era lì, sul ghiaccio, ogni volta che danzava.
Per questo credeva di conoscerlo.
Per questo sapeva che Viktor era conscio della propria bellezza, perché la usava e ne faceva sfoggio.
Lo faceva in un modo così raffinato e rimaneva così letalmente bello che nessuno avrebbe mai potuto osare rimproverargli un simile atteggiamento.
Con tutti quei pensieri, reconditi e mai rivelati a nessuno, Yuri era rimasto a fissare Viktor, le labbra schiuse in un’espressione inebetita.
Lo vide sorridere.
Sì, proprio a lui.
Era mozzafiato.
Lo avrebbe preso per un idiota, per come lo aveva fissato. Lo avrebbe reputato inquietante e lo avrebbe evitato.
Yuri se lo disse in quel momento, di essere un disastro.
Invece i passi si fermarono e Viktor non lo superò.
« Tu devi essere Yuri Katsuki, vero? » domandò.
Yuri rimase in silenzio.
Era un sogno? Voleva pizzicarsi per accertarsene, ma non poteva: avrebbe distrutto la propria immagine ancor di più, in tal modo.
« Oh… io… s-sì », bofonchiò infine.
Per fortuna che Celestino non era nei dintorni o gli avrebbe dato una manata capace di sfondargli la schiena, per spronarlo e dirgli che doveva essere meno timido. Soprattutto con la sua massima musa ispiratrice di fronte.
C’erano molte cose che Yuri avrebbe voluto dire, ma non voleva prendere un’eccessiva confidenza.
« È la tua prima gara nei senior. Sarai nervoso, no? »
Yuri annuì.
Era nervoso anche perché sapeva che avrebbe avuto Viktor tanto vicino, perché avrebbero gareggiato nella stessa competizione.
Yuri non si aspettava di vincere, non lo pretendeva nemmeno e da un lato voleva che Viktor vincesse l’oro al posto suo. Lo avrebbe spazzato via a prescindere dai suoi desideri, ma a Yuri non importava: voleva solo vederlo pattinare, per la prima volta dal vivo.
C’era una sorta di aura malinconica che fuoriusciva dal corpo di Viktor, nonostante lo sguardo vispo per la sincera curiosità e il sorriso sulle labbra.
« Beh, fai del tuo meglio, allora! » gli disse Viktor per incoraggiarlo.
Un altro sorriso e il ragazzo lo sorpassò, raggiungendo il proprio coach, che a qualche metro di distanza, con l’espressione torva, pareva intimargli di non fraternizzare con il nemico in nessun modo.
Viktor non lo aveva preso per un perfetto idiota. Sapeva chi era, si era fermato per incoraggiarlo.
Aveva provato a rivolgersi alla figura grigia che era Yuri.
Yuri si voltò, sperando di scoprire Viktor ancora intento a guardarlo.
Non fu così, ma per la prima volta dopo mesi, Yuri si sentì colmo di una carica che mai avrebbe potuto sperare di ottenere.
Il tutto grazie all’incoraggiamento della persona giusta.
 

Anemone. “Timidezza, ritrosia.”

Viktor non credeva troppo ai luoghi comuni, ma prima di raggiungere Yuri in Giappone, invadendo la sua quotidianità e la sua casa, aveva sentito parlare di quanto i giapponesi fossero una popolazione timida.
Se avesse ceduto ad una simile visione della realtà allora avrebbe dovuto anche prendere atto che lui per contro sarebbe dovuto essere uno spaventoso russo di un metro e ottanta capace di incutere timore nel cuore di tutti.
Poi ci aveva riflettuto: stando al modo in cui Yuri aveva rifiutato di scattarsi una foto con lui all’ultimo Grand Prix a cui entrambi avevano partecipato, scappando senza dire una parola quasi il suo sguardo avesse lanciato un pericoloso monito, Viktor poteva anche credere di incutere un po’ di timore.
Viktor si era convinto che il problema, no, che il motivo per cui la sua vicinanza metteva a disagio Yuri fosse Yuri stesso: lui si avvicinava e Yuri si allontanava; lui tendeva una mano e Yuri ritirava il braccio. Punzecchiava Yuri per farlo parlare? Questi apriva bocca e protestava quasi avesse un fiume in piena di parole da liberare, ma poi si tratteneva.
Viktor voleva vedere quella fiamma, voleva vedere il vero Yuri con tutto se stesso.
Lo Yuri che forse solo Yuri Katsuki conosceva, tenendolo nascosto al mondo. Chissà che tesoro doveva essere.
I giapponesi erano forse una popolazione timida, Yuri invece lo era di sicuro; la persona più timida che Viktor avesse mai conosciuto.
Erano seduti di fronte alla scrivania del giapponese, il computer come unica fonte di luce; illuminava con fare sinistro l’ambiente, quasi si stessero occupando di qualche compito oscuro e da mantenere celato.
Stavano solo riguardando l’esibizione di Yuri di quella mattina. La sedia del giapponese a debita distanza dalla sedia di Viktor.
« Qui hai sbagliato. »
« Lo so », disse Yuri.
« Se lo sai allora perché hai sbagliato? »
Yuri parve farsi più piccolo sulla sedia, costernato.
« Scusami. »
Viktor si sentì in colpa, come tutte le volte che era troppo severo. Non lo esternava, ma Yuri lo faceva sentire un mostro.
« Non è con me che ti devi scusare. »
Yuri sembrava infreddolito per la tensione; aveva sbagliato diversi salti quella mattina, al palaghiaccio, quasi fosse distratto.
Viktor, avvolto nella coperta che Yuri non aveva voluto assolutamente condividere, ricordò a quel punto un dettaglio.
Allungò la mano verso il braccio destro di Yuri, il più vicino a lui. L’arto del giapponese si irrigidì al suo tocco.
« Aspetta…! »
Ancora quel fiume in piena divenuto poi una secca.
Viktor sollevò la manica.
C’era un livido. Un livido causato dall’ennesima caduta di Yuri, più dolorosa e frustrante delle altre anche per il marchio che per giorni sarebbe rimasto sulla sua pelle come memento dei suoi fallimenti.
Viktor sollevò un lembo della coperta e lo avvolse intorno alle spalle di Yuri, approfittando delle ruote della sedia per avvicinarsi a lui. Non aveva accettato scuse con quel secondo tentativo.
Yuri non si mosse, anche se interdetto.
« Non devi sbagliare per evitare i lividi », gli fece presente Viktor. « Odio vederteli addosso. »
Avrebbe aggiunto che era fiero di lui, ma forse sarebbe stato troppo.
Le labbra di Yuri si schiusero, le gote si arrossarono.
« D’accordo. »
Yuri si sentì importante per Viktor come mai prima di quel momento e forse Viktor, in quel modo, si sarebbe potuto concedere di essere un coach più tranquillo.
L’esibizione ripartì, Yuri e Vikor ancora avvolti nel plaid caldo.
 

Azalea. “Gioia, speranza e fortuna.”

Yuri amava le esibizioni, ma le odiava in egual misura.
Le amava perché poteva finalmente mostrare al mondo il frutto del proprio duro lavoro, degli sforzi e dei sacrifici che non erano più solo suoi, ma anche di Viktor. Pattinava per sé, per la serenità che questo gli dava – nella maggior parte dei casi, almeno –, ma pattinava anche nella speranza di lasciare un segno nel cuore delle persone, proprio come i suoi pattini facevano sul ghiaccio.
Da qualche mese a quella parte la connotazione vana di quella speranza era sparita, perché Yuri era riuscito a colpire la persona che più voleva, ma meno pensava di poter stregare: Viktor Nikiforov.
Il suo coach.
Il bellissimo uomo che gli stava andando incontro in quel momento e l’unico di cui volesse gli occhi puntati addosso, mentre danzava sul ghiaccio.
Yuri odiava le esibizioni perché, pur potendo dimostrare il frutto del proprio duro lavoro, la sua occasione era una. Un’occasione unica ed irripetibile che poteva essere intaccata dalla sua tensione e che, proprio per questo, faceva aumentare le sue insicurezze.
Un circolo vizioso capace di logorare.
Sarebbe potuto impazzire sulla moquette del corridoio, mentre camminava avanti e indietro nervosamente con le cuffie nelle orecchie.
Poco importava che le platee fossero quelle del palaghiaccio di Hasetsu.
Poco importava che nessuno lo avrebbe rimproverato in modo paragonabile a quanto lui stesso avrebbe fatto.
Viktor avrebbe assistito al suo fallimento, se non si fosse calmato, e non poteva permetterlo.
Doveva mostrarsi tranquillo, fingersi tale, mentre lui si avvicinava. Doveva nascondere lo Yuri che non voleva vedesse. Lo avrebbe lasciato se lo avesse visto.
Yuri mise a fuoco la figura di Viktor, il mazzo di fiori che leggeva nella mano. I petali carnosi e delicati sfumavano dal rosso al bianco, seguendo le nervature esili dei petali.
Un mazzo di azalee.
Yuri schiuse le labbra, il volto dello stesso colore di quei fiori.
Quando Viktor gli fu di fronte sorrise.
« Buona fortuna, Yuri. »

 
Cristanemo rosso. “Io amo.”

Yuri e Viktor erano spesso legati a doppio filo anche nei loro pensieri, inconsciamente.
Pensavano entrambi alle stesse cose da dire, a delle frasi che avrebbero voluto essere in grado di formulare, ma che ciascuno teneva per sé per timore che all’altro potessero non fare piacere.
Il semplice fatto che un desiderio appartenesse ad uno sarebbe dovuto essere un inequivocabile segno che fosse proprio anche dell’altro.
Certo, forse non era una regola ferrea ed applicabile ad ogni situazione, ma era alquanto accurata e rappresentativa, per loro.
C’era una cosa che in quel momento Yuri e Viktor desideravano di sentire entrambi, in piedi su un piccolo ponticello di legno che sormontava un laghetto, unendo le due sponde altrimenti troppo distanti.
Erano forse loro, quelle sponde: lontani, ma sempre uniti.
Un’altra caratteristica di Viktor e Yuri erano le loro dita quasi sempre intrecciate.
Dall’arrivo di uno nel paese dell’altro le loro dite erano così: strette, avviluppate per scaldarsi a vicenda.
Che si lasciassero, che si allontanassero significava provare un momentaneo quanto lancinante senso di vuoto, fino a lasciare che si ricercassero capricciosamente poco dopo.
Non potevano resistere: Viktor non tollerava la lontananza della mano di Yuri e Yuri non tollerava non poter stringere quella di Viktor.
I loro corpi ragionava all’unisono e il movimento del braccio di uno si rifletteva su quello dell’altro come se i nervi fossero collegati e gli impulsi giungessero ad entrambi.
Era una simbiosi romantica. Li completava.
Il dorso della mano di Yuri era sistemato sul parapetto del ponte e la mano di Viktor sovrastava la sua.
Fissavano l’acqua incresparsi e talvolta – senza che uno si accorgesse dello sguardo dell’altro – i loro anelli scintillanti; sembravano brillare di luce propria, quegli anelli, come se nel loro bagliore non c’entrasse affatto la luce del sole o la luminosità dell’ambiente.
Era più il loro amore a renderli tanto splendenti.
La temperatura tiepida del Giappone era un toccasana, quel giorno.
« A cosa pensi? » domandò infine Viktor.
Yuri si riscosse solo un istante.
« Strano, di solito me lo chiedi quando sei tu a pensare a qualcosa. »
Silenzio.
Viktor era stato colto in flagrante.
Cosa avrebbe dovuto rispondere?
Anche se era palese che pure Yuri stesse riflettendo su qualcosa di sconosciuto a Viktor, che lo incuriosiva e sentiva l’impellente necessità di scoprire, poteva dare la precedenza a sé.
Poteva lasciarsi andare.
« Pensavo che amo questo laghetto », mormorò. « Ma non più di quanto amo te. »
Yuri aveva sperato. Sperato sin dall’inizio che quelle parole fossero per lui.
Dopo una lieve delusione eccole lì.
Se solo Yuri non avesse lottato sempre con le unghie e con i denti per non essere costretto a lasciar andare la mano di Viktor probabilmente sarebbe crollato. Lì, oltre il parapetto del laghetto, la cui acqua lo avrebbe rinfrescato al punto tale da fargli capire che no, quella non era finzione.
Anche Viktor era agitato. Agitato perché non poteva sapere che quello era lo stesso identico pensiero che aveva attraversato la mente di Yuri.
Aveva appena esaudito il suo desiderio di sentirsi amato a parole.
Non poteva ancora immaginare quanto fossero collegati.
« Pensavo la stessa cosa », mormorò Yuri, emozionato.
Il suo sorriso radioso fece scordare a Viktor ogni cosa. I suoi occhi erano luminosi, rilucevano lucidi.
Non c’era da porsi problemi, da chiedersi come reagire: era tutto naturale.
Agognavano di sentirselo dire l’un l’altro e dirselo fu solo la prova per entrambi di quanto si fossero già dimostrati fino a quel momento di amarsi.
Non era una novità, avevano solo suggellato quel sentimento.
« Ti amo anche io, Viktor. »
Il primo di un’infinita serie.
Potevano ripeterselo dieci, mille volte, ma i loro “ti amo” erano tanto veri e sinceri da non stancarli mai.
 

Garofano rosso. “Amore passionale e sensualità intensa.”

Quando Viktor guardava Yuri sul ghiaccio non poteva far altro che pensare a quanto la sua timidezza, lì, non esistesse.
Era quasi come se la pista divenisse il luogo in cui Yuri poteva sentirsi libero, il ghiaccio che quasi pareva sciogliersi sotto i suoi movimenti bollenti.
Viktor avrebbe dovuto riflettere davvero, davvero a lungo sulla possibilità di essere un peccatore, o forse un pazzo ad aver creato quel programma per Yuri. Riguardo all’amore: Eros.
Più semplicemente forse era un visionario; era stato capace di notare all’interno del ragazzo del potenziale che nemmeno lui credeva di possedere.
Era un pioniere.
Un pioniere che nella loro suite di Tokyo, a tour giornaliero finito e con qualche bicchiere di spumante di troppo in corpo, stava avendo dei cinque minuti davvero difficili, mentre Yuri continuava a baciare le sue labbra.
Poi il profilo della sua mascella…
I ciuffi corti fuggiti alla presa del gel con cui Yuri aveva pettinato i capelli solleticarono la sua pelle. I baci raggiunsero il collo.
Un morso, poi il tocco umido della sua lingua.
Doveva esserci un marchio, ora, sulla pelle di Viktor.
Yuri aveva già indossato la vestaglia da camera, gli abiti ordinatamente sistemati sull’appendiabiti. Era Viktor che non si era voluto mettere comodo.
« Io andrò a fare una doccia, Viktor », sussurrò Yuri lascivo.
Si allontanò, spingendo delicatamente il suo petto con un dito mentre si dirigeva verso il bagno. Un movimento, poi uno fruscio.
La vestaglia di seta scivolò lungo le spalle di Yuri e cadde a terra, lasciandolo completamente nudo.
Viktor non sapeva se trovava più eccitante che lo fosse stato fino a quel momento a sua insaputa, o se fosse tutto merito di quella visione.
« Vieni con me? » chiese.
Viktor si ritrovò a seguirlo, ammaliato, le dita di Yuri che solleticavano il suo mento.
Decisamente aveva fatto bene a costringerlo ad usare quella vestaglia.
Decisamente Yuri era l’Eros.
 

Non ti scordar di me. “Un arrivederci con una promessa d’amore eterno.”

« Yuri… Avanti… »
Gli aereoporti sapevano cambiare faccia in base alla situazione: potevano significare solo gioia e desiderio di partire, oppure una lieve malinconia al pensiero di trovare all’arrivo qualcuno di fantastico, dovendo però lasciare delle persone altrettanto importanti.
In quel momento, Yuri percepiva solo il dolore.
Il dolore di dover forzare le proprie gambe a raggiungere il banco del check-in e a trascinarsi sulla navetta che l’avrebbe condotto all’aereo che l’avrebbe riportato ad Hasetsu.
A casa.
Era egoista, Yuri lo sapeva, ma senza Viktor quella casa non gli sarebbe più parsa altrettanto accogliente.
La sua casa era dove c’era Viktor.
Yuri era egoista, si sentiva così perché non riusciva davvero ad essere forte, il volto nascosto contro il petto del fidanzato.
Gli occhi castani di Yuri erano lucidi dietro le lenti degli occhiali, premuti scompostamente sul naso. Anche gli occhi azzurri di Viktor erano lucidi.
« Un mese », sussurrò infine Viktor, chinandosi appena e alzando il volto di Yuri. « Un mese e sarai di nuovo qui, Yuri. Saremo insieme. »
Persino Makkachin, seduto sul sedile dietro di loro, pareva capire la gravità della situazione e l’umore di quelli che ormai erano i suoi due padroni. Era quieto, non metteva loro fretta.
Yuri annuì.
Viktor baciò la sua fronte, poi le sue labbra più e più volte.
« Ti amo », mormorò Yuri.
« Oh, me lo potrai durante ogni telefonata che ti farò », gli fece presente Viktor cercando di suonare forte e di sdrammatizzare. « E per la cronaca: ci sentiremo almeno una volta al giorno. »
Yuri si sforzò di sorridere, poi alzò gli occhi verso di lui.
Perché doveva sempre essere così doloroso salutarsi?
Si separavano per ritrovarsi meglio, più uniti, ma avrebbero continuato a stare bene anche senza quei dolorosi arrivederci.
Le iridi castane del giapponese stavano chiedendo a Viktor una cosa sola in quel momento, ancora seduti sui sedili dell’auto di Viktor: un ti amo e un altro bacio.
Viktor sospirò.
« Ti amo. Ti amo tantissimo, moya lyubov’. »
Il volto di Yuri tra le mani, un bacio passionale sulle labbra.
Ciò che faceva più male era la consapevolezza che, e lo sapevano entrambi, non appena sarebbero stati soli avrebbero pianto. Ma con gli occhi ancora incatenati gli uni agli altri dovevano essere forti per sostenersi a vicenda.
Da soli tutti pareva sgretolarsi e solo il pensiero dell’altro li rinvigoriva.
Scesero dall’auto, Viktor che accompagnava Yuri all’interno dell’aereoporto.
Le loro mani si lasciarono, le dita scivolarono le une dalle altre.
La schiena di Yuri iniziò ad allontanarsi.
Ma dopo un mese, Yuri era di nuovo in quell’aereoporto. Stava camminando verso Viktor.
Erano insieme di nuovo.
 

Agrifoglio. “Difesa e precauzione, ma anche eternità.”

Avrebbero ricordato entrambi la notte successiva al loro primo grande litigio, quella antecedente all’ultima esibizione del Grand Prix.
Da quel momento, ecco, ogni singolo litigio era parso loro molto più piccolo: con quel primo banco di prova avevano fatto chiarezza sulla loro relazione ed era tutto stabile.
Ma erano una coppia con due caratteri forti, a discapito delle apparenze per quanto riguardava Yuri.
Condividere l’appartamento di Viktor, in Russia, non era sempre un toccasana per loro.
“Viktor, puoi per favore ricordarti di fare questo?” “Yuri, mi rifiuto di cenare e di ingerire così tante calorie.”
Erano inezie, discussioni buffe che spesso a posteriori facevano ridere anche loro. Ma dopo una giornata di intensi allenamenti, trascorsa da Viktor a sentirsi rimproverare da Yakov e da Yuri dal fidanzato stesso, essere sgridati anche in vesti casalinghe, dalla persona che avrebbe dovuto dare supporto e coccolare a fine giornata, era solo la goccia che faceva traboccare il vaso. Ma non uno qualunque: quello di Pandora.
Certo litigavano solo quando gli allineamenti cosmici erano particolarmente dispettosi, ma bastava e avanzava.
Avevano una prassi dopo i litigi, loro: ognuno in una stanza diversa, rannicchiato e in attesa.
Attesa di cosa? Che l’altro lo andasse a cercare, ovvio.
Yuri si era arrabbiato perché Viktor lo aveva preso in giro dicendo che era troppo rigido, Viktor si era arrabbiato perché Yuri non glielo aveva lasciato fare.
Due bambini.
C’era anche una seconda clausola che regolava i loro litigi: si aspettavano a vicenda, fin quando non si rendevano conto entrambi, nel fortino di coperte che si costruivano uno sul divano e l’altro sul letto, con Makkachin che faceva avanti e indietro per tentare di capire cosa stesse succedendo, che erano due sciocchi.
A quel punto si alzavano.
Viktor saltò fuori dalla lenzuola. Yuri zompò giù dal divano.
Con ampie falcate, quasi in una corsa disperata, si diressero uno verso la camera da letto, l’altro verso il salotto.
Si incontrarono a metà strada.
Silenzio.
Un mezzo sorriso.
« Mi dispiace », mormorò Yuri.
« Anche a me. »
Un abbraccio in mezzo al corridoio in penombra.
Avrebbero potuto bisticciare anche ogni giorno, ma ogni chiarimento e ogni scusa, ogni volta che Yuri si faceva forza per affrontare il confronto e Viktor metteva da parte l’orgoglio era solo l’ennesima prova di quanto si amassero.
Di quanto la loro relazione fosse perfetta per le loro imperfezioni.
 

Papavero bianco. “Sogni.”

« Pensi che quello si abbinerebbe al comò che abbiamo visto poco fa? »
Yuri stava indicando un armadio quattro stagioni in legno d’acero, lucido e con due specchi grandi quanto le ante stesse.
« Mhn… potrebbe essere adatto, sì. »
Viktor si era avvicinato per osservarlo, occhio critico ed espressione dubbiosa. Yuri aveva un sopracciglio alzato, invece.
« Dopo che hai scartato tutti gli arredamenti preconfezionati dando quasi degli incompetenti ai commessi per il loro modo di arredare le camere lo spero, che almeno i miei suggerimenti ti sembrino adatti. »
Viktor poteva anche essersi allontanato un poco da Yuri, ma le loro dita erano ancora intrecciate.
Essere il suo Yuri non lo avrebbe salvato da un giudizio caustico, ma allora non arrivò.
« È la nostra camera da letto, dovrà essere perfetta. »
« E con un enorme letto a baldacchino », ridacchiò Yuri per ricordare il desiderio di Viktor.
« Soprattutto con un enorme letto a baldacchino! Dobbiamo trattarci bene. »
E lo avrebbero fatto: si sarebbero sposati e il loft giapponese su cui tanto fantasticavano sarebbe diventato il loro nido d’amore.
Bastava attendere solo un altro po’.
 

 
*


Quello di Viktor era stato un viaggio.
Un viaggio fra ricordi dolci e amari, fra i momenti passati della sua relazione con Yuri.
Gli era venuto spontaneo, man mano che leggeva i cartoncini su cui era accennata giusto qualche parola per ricordare le situazioni che Yuri voleva suggerire a Viktor, raccogliere i fiori e tenerli tra le mani, stringendoli al petto con la stessa delicatezza con cui toccava il proprio fidanzato.
Quel regalo era forse il dono più pensato che qualcuno gli avesse mai fatto. Era qualcosa che gli serviva, ma non materialmente: serviva al suo cuore.
Viktor si sentiva amato, lusingato e grato di avere Yuri.
Chissà quanto tempo doveva aver speso il suo fidanzato per selezionare i fiori giusti, per acquistarli e infine per disporli poi in quel modo.
Anche quando gli steli verdi sarebbero diventati flosci, anche quando i petali sarebbero diventati raggrinziti e tutto il mazzo appassito, Viktor avrebbe ancora avuto quei cartoncini: il ricordo tangibile di uno dei regali più preziosi che avesse mai ricevuto.
Abbassò il capo verso i fiori.
Le tonalità variavano dal bianco al rosso, ricordando di primo acchito la tuta che Viktor era solito indossare prima delle proprie esibizioni.
Non se n’era accorto prima, ma i suoi occhi si erano fatti lucidi; avevano costretto le sue palpebre ad incontrarsi, facendo cadere qualche lacrima sugli zigomi per non impedirgli di leggere.
Non avrebbe voluto che nessuno lo vedesse in quel momento, nessuno a parte…
« Viktor? Sei sveglio? »
Il viso di Yuri stava facendo capolino dalla porta della camera, che Viktor aveva lasciato socchiusa per permettere a Makkachin di scendere e di sfogare la propria iperattività altrove, finché lui era impegnato nella lettura dei biglietti.
Eccolo lì, Yuri, in tutto il suo splendore: gli occhiali blu calcati sul naso, le labbra incurvate in un sorriso e l’espressione che rivelava ogni cosa; non era stato a correre, aveva solo atteso il momento giusto per entrare, magari ultimando preparativi per quel regalo.
Chissà da quanto era fuori, in attesa.
« Buon compleanno. »
Viktor non disse nulla e gli andò in contro dopo aver adagiato con delicatezza i fiori sul tavolo.
Voleva stringerlo, abbracciarlo e non lasciarlo più andare, ma prima che potesse farlo, Yuri lo fermò.
« Aspetta, aspetta! » esclamò.
Viktor lo guardò interdetto e Yuri dal canto proprio si sentì in colpa: il russo si era asciugato le guance, ma era chiaro si fosse commosso.
Senza fargli pesare quella consapevolezza e nemmeno spiegarsi a parole, Yuri tirò fuori le mani da dietro la schiena: aveva altri quattro fiori con sé.
« Credo che tu abbia già letto il significato di tutti gli altri… » cominciò Yuri quasi borbottando, facendo appello a tutte le proprie energie per scandire bene le parole. « Ma questi ne hanno uno che preferisco dirti a voce. »
Viktor schiuse le labbra. Yuri era paonazzo, palese segno di quanto fosse difficile per lui mettere a nudo la propria anima e il proprio cuore come stava invece cercando di fare.
Si richiuse la porta alle spalle, entrando e guidando Viktor, dopo averlo preso per mano, verso la scrivania.
Erano uno di fronte all’altro, immobili.
In qualche modo quella scena ricordava una certa notte trascorsa a Barcellona, davanti alla Sagrada Familia; il freddo pungente e delle fedi d’oro che scivolavano sui loro anulari, imprimendo nel loro cuore le promesse reciproche.
Yuri stringeva nella mano gli steli di quattro fiori: una dalia, un garofano bianco, un gelsomino e un giglio.
Il giapponese si schiarì la voce.
Non poteva fallire ora, non dopo tutto ciò che aveva fatto: quella a voce era la parte più importante di tutte, quella che avrebbe dovuto far maggiormente colpo su Viktor.
Non poteva fallire dopo gli interminabili viaggi in fioreria, dove immaginava l’ingresso gli sarebbe stato vietato dal povero proprietario per un po’; l’uomo era letteralmente impazzito per tutte le sue richieste: la composizione finale sarebbe stata squilibrata, secondo lui, ma Yuri aveva un piano chiaro in testa e non aveva accettato compromessi.
Glielo aveva insegnato Viktor.
Yuri gli porse il garofano bianco.
« Il garofano significa… » Yuri parve quasi boccheggiare. « Fedeltà eterna e amore reciproco. Ne ho letto molto in giro e a quanto pare è anche il fiore che va regalato quando… si sente un forte senso di appartenenza. »
Sembrò recitare come una poesia quella spiegazione, ma sentendo all’altezza del petto ogni singola parola.
Viktor lo voleva abbracciare, dunque aveva apprezzato il regalo fino a quel punto, giusto? Non stava rincarando la dose di un dono che il russo per qualsiasi motivo legato strettamente alle sue capacità di confezionarlo, non aveva apprezzato, no?
Viktor strinse tra le dita lo stelo del fiore. Non aveva potuto fare a meno di sussultare a quella spiegazione; dopo tutto quello che Yuri aveva già fatto avrebbe apprezzato anche solo il semplice stringere quei fiori nella mano per annusarne il profumo. Li avrebbe poi adagiati sul tavolo e lo avrebbe abbracciato.
Yuri era adorabile, il volto sempre più rosso e gli occhi castani incatenati con forza a quelli di Viktor.
Non lo aveva mai visto tanto risoluto.
« Il gelsomino, invece, esprime non solo amore… non volevo essere troppo banale e quasi tutti i fiori che ho scelto riguardano questo significato, ma… » Yuri, che se ne era scordato, porse a Viktor il fiore quasi con affanno. « Il gelsomino indica anche la speranza che la persona amata sia felice. »
« Sono la persona più felice del mondo, in questo momento. »
Viktor si era ripromesso di non interromperlo, ma gli sembrava che Yuri avesse bisogno di un incoraggiamento. Il sorriso che gli rivolse in cambio fu una prova: Yuri era molto più sollevato, ora.
Aveva ottenuto la conferma che gli serviva per proseguire indisturbato.
Il terzo fiore, la dalia, raggiunse la mano di Viktor.
« La dalia è il mio grazie più sincero per tutto ciò che hai fatto per me, Viktor », mormorò. « Non per come mi hai cambiato, non lo hai fatto. Ti devo ringraziare per quello che sei riuscito a vedere… per aver visto uno Yuri che nemmeno io credevo esistesse e per averlo tirato fuori dal suo guscio. »
Yuri titubò, emozionato. Viktor stava apprezzando tutte le sue parole, ne stava facendo tesoro.
Yuri, dal canto suo, doveva andare avanti senza commuoversi all’idea di aver dato voce a tutti quei pensieri, quei sentimenti capaci di renderlo così felice da brillare.
« Mi hai reso migliore, Viktor. Mi rendi migliore ogni giorno, ogni minuto e ogni secondo che trascorriamo insieme e io non credevo avrei mai potuto avere una fortuna preziosa come lo sei tu. »
Viktor sentì le proprie ginocchia farsi di burro. Sussurrò il nome del ragazzo, lo chiamò quasi come a supplicarlo di aiutarlo a reggersi in piedi, perché se fino a poco prima che Yuri entrasse nella stanza quello era stato solo il regalo più bello che avesse mai ricevuto, ora Viktor poteva giurare anche di aver sentito le parole più belle della propria intera esistenza.
Rimasero imbambolati a guardarsi, Yuri si mosse solo per sollevare l’ultimo fiore.
Il giglio.
« Il giglio, o lilium, indica anch’esso l’amore », sussurrò Yuri.
Sembrava avesse preparato un discorso da imparare a memoria, vero?
Aveva usato termini troppo forbiti?
Viktor era ancora felice che stesse parlando?
« Forse non lo sai, ma in giapponese il lilium si chiama come me. “Yuri”. » Una delle sue mani torturò il lembo inferiore della felpa, incapace di non mostrare i primi segni di tensione che aveva celato fin troppo a lungo. « Ho pensato che fosse un chiaro segno di quanto io… voglia appartenerti. »
Viktor era emozionato.
Yuri aveva fissato i suoi occhi tutto il tempo: aveva visto la sua sorpresa, aveva notato quanto le iridi fossero lucide. Ma c’era una cosa che Viktor faceva e questa cosa era scrutare, rimanendo immobile e mantenendo una maschera stoica fino alla fine.
Yuri l’aveva scalfita, aveva visto diverse emozioni trapelare e sapeva come leggerla, ma ora Viktor era serio e lo fissava.
Il russo ruotò il busto e adagiò i fiori sopra gli altri con dei gesti quasi meccanici.
Poi tornò a guardare Yuri.
« Io ti amo. »
Viktor lo proclamò con una fermezza tale da spiazzare Yuri. Lo disse con tale serietà da farla sembrare una sorta di minaccia. Yuri voleva rispondere, voleva dire che lo amava anche lui e porgli la tanto agognata domanda: “ti è piaciuto?”
Si sarebbe sciorinato in mille giustificazioni, spiegazioni che non si era appuntato.
Avrebbe rovinato – o forse personalizzato e resa meno costruita – l’atmosfera, ma Viktor lo zittì con un bacio.
Fu un bacio lungo, lento e dolce, colmo di tutte le emozioni che Viktor aveva sentito mentre ripercorreva il sentiero tracciato dalla calligrafia di Yuri e dai petali dei fiori che aveva disseminato per lui sulla scrivania.
Colmo di tutta la tensione e il timore di Yuri che per qualche motivo quel pensiero, che nulla più era se non una grande confessione del suo amore innegabile per Viktor, potesse fallire nell’intento di renderlo felice.
Le mani di Viktor sul volto di Yuri, quelle di Yuri fa i capelli di Viktor. Erano stretti in un abbraccio caldo, confortevole, che nessuno dei due voleva sciogliere a costo di rintanarsi nelle coperte per continuare a stringersi indisturbati anche tutta la giornata: non si sarebbero stancati e già lo sapevano.
« Anche io ti amo », sussurrò infine Yuri sulle sue labbra.
« È il regalo più bello che mi abbiano mai fatto », aggiunse Viktor.
Yuri sorrise e un piccolo grazie venne sussurrato dalle sue labbra gonfie per il bacio che si erano appena scambiati.
« Non so se l’hai notato… » cominciò Yuri, mentre Viktor adagiava la fronte sulla sua spalla e gli accarezzava la schiena. « Ma i fiori sono dodici. Come il numero di mesi da quando ci siamo messi insieme! »
Viktor alzò il volto per ascoltare quella confessione e ringraziò di averlo fatto, perché l’espressione di Yuri in quel momento era impagabile: felice e radiosa. Sorrideva, Yuri, sgravato di ogni ansia. Parlava con tutta la naturalezza e l’innocenza del mondo.
Faceva breccia nel suo cuore con ogni respiro e lo faceva senza nemmeno volerlo, senza nemmeno rendersene conto.
Cosa poteva dirgli, Viktor? Che era bellissimo? Ripetergli che lo amava, forse?
L’unica cosa sufficientemente perfetta per Yuri era il silenzio.
Silenzio che ruppe lui stesso, che poteva dire e fare ciò che voleva, che avrebbe potuto calpestare Viktor senza che lui obiettasse nemmeno.
« Ma siccome i fiori vanno regalati in numero dispari… »
Yuri allungò una mano sulla scrivania. Nascosto dietro un portapenne c’era un piccolo rametto dalle foglie verdi e le bacche rosse.
Del vischio.
Tese il braccio sopra le loro teste, alzandosi in punta di piedi mentre Viktor osservava stordito l’ultima sorpresa di Yuri.
Perché lo era, l’ultima, vero? Il suo cuore era scosso come se si trovasse su delle montagne russe.
« Tutto quello che ci serve ora è un bacio porta fortuna. »
Viktor lo guardò dritto negli occhi.
« Come se me ne bastasse uno », esalò Viktor. « Vuoi forse farmi impazzire oggi, Viktor? »
Il russo si fiondò sulle sue labbra.
Lentamente il braccio di Yuri ricadde intorno alle sue spalle, morbido ed tremante per l’emozione. Lentamente si sciolse nella presa calda del suo amato Viktor.
Quello era il più bel compleanno della sua vita.
Ed era appena all’inizio.



----


Buonasera a tutti, o forse dovrei dire buona notte vista l'ora tarda a cui sto pubblicando.
Avevo detto che avrei fatto ritorno con una fanfiction dedicata al compleanno di Viktor, ma per questa idea devo ringraziare riiko88, che mi ha suggerito il prompt del linguaggio dei fiori. Per il mese di dicembre avevo provato ad aprire delle richieste nella mia pagina FB e se devo dirla tutta questo prompt mi ha dato un ottimo spunto per far ricambiare in grande a Yuri il regalo che Viktor gli ha fatto nella shot che ho scritto per il 29 di novembre.
Piccolo appunto che credo possa servire ad apprezzare di più il titolo: "hanamichi" significa "strada di fiori". Stavo controllando la traduzione corretta del nome inglese, ma google traduttore era grazi al cielo impostato su italiano > giapponese e mi ha regalato questo termine a cui per ovvie ragioni altrimenti non avrei pensato.
Essendo oggi non solo il compleanno di questo bel russo, ma anche il giorno di Natale vi faccio tantissimi auguri!
Spero davvero che questa shot possa esservi piaciuta e che vi vada di dirmi cosa ne pensate.
Alla prossima storia! ~
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: CHAOSevangeline