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Autore: Mahlerlucia    26/12/2017    13 recensioni
Per Jito è arrivato il momento di affrontare gli esami di terza media.
La fine di questo ciclo scolastico non significa solo fare un passo in avanti verso lo "strano" mondo degli adulti.
C'è un inevitabile distacco da affrontare e un tesoro prezioso che può essere affidato solo a Sano e a nessun altro.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiroshi Jito/Clifford Yuma, Mitsuru Sano/Sandy Winter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Growing up beside you'
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I will come to you




 

When you have no light to guide you
and no one to walk beside you...


 

Mi chiamo Mitsuru Sano, ho quattordici anni e vivo a Hirado, nella prefettura di Nagasaki.
Ho appena terminato la seconda media e fra un anno dovrò affrontare gli esami per accedere alla scuola superiore. Sia chiaro, non mi fanno paura! Mi è sempre piaciuto studiare. No, non sono un secchione, ma non ho nessuna insufficienza. Dicono che sono un tipo curioso e che sia proprio questa mia grande curiosità a portarmi a fare molta meno fatica degli altri quando si tratta di memorizzare teoremi, capitali e date storicamente importanti.
Nel tempo libero gioco a calcio. Ma per me è molto più di un hobby! Sono uno dei giocatori di punta della squadra della mia scuola e quest'anno siamo riusciti ad arrivare fino ai quarti di finale, cosa che non era mai successa prima.

Stasera ho deciso di prendere carta e penna per raccontarvi una storia: la mia. Ci sarà anche il mio migliore amico, Hiroshi. Lui è stato la cosa più bella che gli dei mi potessero donare, insieme al talento per il gioco del calcio, ovviamente.
Circa un anno e mezzo fa, durante un pomeriggio di un giorno feriale come tanti altri, stavo tornando da scuola. Come mi capitava di fare spesso quando percorrevo in solitaria il tragitto verso casa, passai sulla sponda del canale per poter arrivare al ponte del porto e tagliare così un po' di strada. Ma giunto neanche a metà del percorso, mi accorsi che qualcuno mi stava seguendo: si trattava di quel prepotente di Yamada e dei suoi tre scagnozzi senza cervello. Quei quattro, da parecchie settimane oramai, non riuscivano a trovare un passatempo migliore del rompermi le scatole. Mi prendevano in giro per qualsiasi cosa: la bassa statura, la voce, i capelli lunghi, la mia passione per il calcio. Ma cosa pretendevano? Cosa posso farci se sono nato prematuro di due mesi e sono alto un metro e sessanta con tutte le scarpe? E i capelli? Quelli me li tengo lunghi quanto mi pare. Inutile che vadano in giro a dire che “Sano ha i capelli più lunghi delle gambe”, a me non interessa. Mi fanno incazzare molto di più quando tirano fuori l'argomento “calcio”. Loro lo sanno quanto io ci tenga e quanto allenatore e compagni mi stimino. Sono semplicemente verdi marci d'invidia!
Sta di fatto che quel giorno mi presero particolarmente di mira. Mi bloccarono ponendosi ognuno ad un'angolazione diversa. Presero la mia cartella e cominciarono a lanciarla per aria. Come uno stupido, presi a rincorrerli per riaverla: lì dentro c'erano i miei libri, i miei compiti, gli appunti che mi aveva lasciato il mister sui nostri prossimi avversari e il mio portafoglio. Pensai subito che volessero prendersi i miei soldi. Non erano nemmeno tanti: un paio di migliaia di Yen, centesimo più, centesimo meno. Che ci avrebbero mai comprato?
Ad un tratto avvertii un calcio in pieno sedere e caddi in avanti sulle ginocchia: era stato proprio quello stronzo di Yamada a tirarmelo con forza. Cercai di rialzarmi e di reagire ma mi resi subito conto di non potermi muovere liberamente. Yamada aveva immobilizzato il mio piede sinistro con il suo. Schiacciava con sempre maggiore veemenza e mi faceva un male cane. E come se non bastasse, i suoi seguaci si erano muniti di lunghi e pesanti bastoni di legno. Cominciai ad avere seriamente paura, temevo il peggio.

Poi la sua voce. Possente, virile, intimidatoria. Era esattamente l'opposto della mia. Si avvicinò e nel giro ci pochi minuti li sistemò per le feste. Quelli fecero per darsela a gambe ma lui non ci stette. Bloccò con la forza di un solo braccio proprio quello scemo di Yamada e lo costrinse a restituirmi la cartella e tutto il suo contenuto. Scoprì in fretta che si era già intascato i miei soldi. Infine lo lanciò a terra e lo costrinse alla fuga definitiva.

 

“Guai a voi se vi fate vedere ancora da queste parti. La prossima volta chiamo direttamente la polizia! Quattro contro uno! Siete una massa di vigliacchi, vergognatevi!”

 

Furono le parole che urlò contro quel codardo che oramai si era già dileguato oltre il ponte.

 

“Stai bene?”

 

“Eh? Sì, grazie.”

 

Lo guardai bene, era alto il doppio di me, aveva la pelle olivastra, il viso squadrato e un fisico molto allenato. Era grosso ma non grasso. Immaginai che potesse essere un ragazzo delle scuole superiori.
Mi sorrise e allungò una mano verso di me. Era enorme. Decisi di stringergliela.

 

“Io mi chiamo Hiroshi, Hiroshi Jito. Frequento il secondo anno della scuola media qui vicino. Piacere di conoscerti.”

 

“Io mi chiamo Mitsuru Sano. Frequento la tua stessa scuola, sono al primo anno e faccio parte della squadra di calcio.”

 

Jito mi guardò con aria sorpresa. Di primo acchito immaginai che non credeva al fatto che frequentassi già la scuola media, viste le mie sembianze da bambino di massimo dieci anni.
Invece mi stupì. E quella fu solo la prima volta. Ne seguirono numerose altre.

 

“Ho capito chi sei! Sono venuto a seguire qualche volta gli allenamenti e mi ricordo perfettamente di te. Sei un vero talento. Vorrei avere la tua agilità, maledizione! E invece mi devo accontentare del Sumo. Col mio fisico non è che possa fare molto altro.”

 

Lo guardai sbarrando gli occhi quasi al punto da farmi uscire i bulbi dalle orbite. Nessuno mi aveva mai fatto i complimenti per la mia agilità sul campo da gioco.
E mi aveva anche salvato da un pestaggio sicuro ad armi impari.
Da quel momento cominciai a fidarmi ciecamente di lui.


 

You won't have to reach out for me
I will come to you
Oh, I will come to you

 

 

***


 

Hirado, aprile 2007

 

“Che diamine! Non mi ricorderò mai tutte le date importanti della seconda guerra mondiale. Ma perché diavolo il Giappone ha deciso di allearsi con la Germania e l'Italia? Bella figura hanno fatto poi tutte e tre!”

 

Jito parlava da solo. O meglio, parlava con i suoi libri sgualciti, pieni di post-it e frenetiche sottolineature multicolore. Quando veniva sopraffatto dall'ansia e dal pessimismo cronico aveva sempre bisogno di sfogarsi a voce alta, indipendentemente dal fatto che ci fosse davvero qualcuno vicino a lui pronto ad ascoltarlo.

 

“Dunque, nel millenovecentoquarant... Eh?”

 

Un rumore sordo e improvviso lo bloccò, facendolo quasi sussultare sulla sedia girevole della sua camera. Poco dopo, lo stesso rumore, qualcosa contro il vetro della finestra.

 

“Ma grandina?”

 

Parlava di nuovo da solo. Si alzò, si affacciò alla finestra e vide che in cielo non c'era neanche una nube e che il manto stellare era talmente nitido da permettere quasi di riconoscere tutte le costellazioni. Riconobbe al volo l'Orsa Minore. Sano gliel'aveva mostrata tante di quelle volte, che ormai avrebbe potuto descriverla ad un novellino utilizzando minuziosi dettagli. Mitsuru... beato lui che non aveva l'esame da preparare. Mitsuru?!

 

“Ehi, Hiro! Mi vedi? Vuoi aprire quella finestra?”

 

Il difensore non se lo fece ripetere due volte, spalancò la finestra e si rivolse al suo giovane amico.

 

“Che ci fai qui? Vai a divertirti... Tu che puoi!”

 

“Vieni anche tu!”

 

“Non posso, devo finire di studiare storia!”

 

“Dai, stacca un po'. Non puoi dire di no ad una pedalata insieme e ad un doppio cheeserburger con patatine!”

 

Jito ci pensò un attimo. Il suo esame non sarebbe dipeso troppo da un paio di ore di svago con il suo migliore amico. In fondo era chino sui libri dalle otto di quella mattina. Sospirò e si decise.

 

“Il tempo di cambiarmi. Ti lancio le chiavi del garage, così intanto mi tiri fuori la mountain bike.”

 

“Ok! Ti aspetto al cancello.”

 

Pochi minuti più tardi si ritrovarono insieme per strada, pedalando ognuno sulla propria bicicletta. Quella di Sano era stata proprio un regalo di Jito per il suo quattordicesimo compleanno.

 

*+*

 

I due compagni di squadra optarono per passare il dopocena al porto, vicino al quartiere di Sakigatacho. Era un posto tranquillo in cui si recavano spesso quando avevano voglia di chiacchierare un po'. L'ultima volta che ci erano stati Jito aveva raccontato al fedele amico di una ragazza che gli aveva chiesto di uscire, salvo poi scoprire che stava solo facendo delle frivole scommesse con un paio di sue amiche oche.

 

“Sei di poche parole stasera... o sbaglio?”

 

Sano non rispose. Rimase seduto appoggiato alle braccia distese dietro la schiena, gli occhi chiusi e i lunghi capelli chiari, lasciati liberi di essere spettinati dal vento. La brezza marina gli aveva sempre trasmesso una piacevole sensazione di relax.

 

“Nemmeno mi rispondi...”

 

Il piccolo attaccante cambiò improvvisamente posizione. Incrociò le gambe e piegò sia la schiena che la testa in avanti, accucciandosi su se stesso. A Jito parve quasi un gesto di chiusura nei suoi confronti. Attese che fosse lui a dire qualcosa, qualsiasi cosa.

 

“L'anno prossimo sarà dura...”

 

“A cosa ti riferisci?”

 

“Tu andrai al liceo, al Kunimi... non è proprio in zona.”

 

“Beh, non è neanche in Hokkaido. Resto nella stessa prefettura, eh!”

 

“Sì, ma non sarà la stessa cosa.”

 

“Ci continueremo a vedere, non sarà un problema.”

 

“Mancherai in squadra! Sei il nostro capitano, il nostro punto di riferimento.”

 

Jito immaginava che presto o tardi quel momento sarebbe arrivato. Per fortuna se n'era ricordato anche mentre si preparava per uscire e riuscì a portare con sé quello che doveva consegnargli di diritto.
Mise una mano in una delle tasche dei pantaloni estivi e ne tirò fuori un pezzo di stoffa.
Sano era ancora girato con gli occhi rivolti verso un traghetto che passava in lontananza diretto probabilmente verso l'isola di Takushima. Non si era ancora accorto di nulla.

 

“Ehi Mitsuru, guarda un po' qui...”

 

Il piccolo attaccante si girò lentamente verso il compagno. Quell'espressione malinconica che gli si era incastrata tra gli occhi da quando erano arrivati al porto fece posto ad una nuova mimica legata allo stupore.

 

“Hiro, ma quella è... la tua fascia di capitano!”

 

“Sì, è stata mia fino a poco fa. Da ora in avanti diventa ufficialmente tua!”

 

“No, io... non... Ci sono anche altre persone che...”

 

“Io sono il capitano uscente e io decido chi sarà il mio successore. Ne ho già parlato con il mister e con i compagni. Sono tutti d'accordo, quindi puoi stare tranquillo!”

 

“Ma io... non so...”

 

“Cosa ti preoccupa?”

 

“Forse non sono all'altezza. Ma anche fisicamente!”

 

Il difensore scoppiò a ridere. Fu una risata lunga e indispensabile per rompere la tensione che si era creata a causa dei silenzi e delle insicurezze del giovane amico.

 

“Scusami eh, ma Maradona quanto è alto? E Messi?… Di cosa stiamo parlando?”

 

“Cavolo, hai ragione! Non ci avevo mai pensato.”

 

Sano s'infilò la punta del dito indice in bocca. Lo faceva spesso quando tentava di smorzare l'imbarazzo dovuto ad eventuali prese di posizioni positive nei suoi confronti. Non ne riceveva molte, ma quando accadeva non sapeva mai come reagire nella maniera più adeguata. Si limitava a ringraziare.

 

“Quindi, vuoi tu Mitsuru Sano prendere questa fascia da capitano come simbolo della tua leadership della squadra di Hirado per amarla ed onorarla finché esami di terza media non vi separino?”

 

Sano sorrise e scosse la testa. Jito aggrottò le sopracciglia, non avendo ben compreso quella risposta in realtà muta.

 

“No?!”

 

“No, scusami. Ho fatto no con la testa per il modo in cui l'hai detto. Sei assurdo certe volte. Solo tu puoi paragonare quella fascia ad una fede nuziale!”

 

“Va beh, lo sai che sono un po' pirla! Mi piace scherzare, soprattutto con te che mi capisci al volo! Ma quindi? Accetti questa fascia? Guarda che se non lo fai m'incazzo e non ti parlo più!”

 

Di fronte a quella pseudo-minaccia Sano rimase per qualche secondo interdetto. Hiro, stai continuando a scherzare vero?
Allungò finalmente la sua minuta mano e afferrò quel pezzo di stoffa elastica. L'osservò sotto la luce del faro che in quel momento era girata proprio nella loro direzione. I suoi occhi si fissarono sulla scritta scura cucita al suo interno: Captain.
L'effetto che gli faceva era qualcosa di troppo grande, che non riusciva a dominare e nemmeno a spiegarsi.

 

“Tanto lo so che non parli seriamente. Comunque ho deciso!”

 

“Oh, finalmente! Posso sapere... cosa?”

 

“L'anno prossimo porterò la nostra squadra alla vittoria. Cari Tsubasa e compagnia bella, non vi temo!”

 

“Oh, bravo! Così si parla!”

 

Sano fissò ancora una volta quella fascia, poi alzò gli occhi verso il cielo. Immediatamente riconobbe i punti principali che formavano la costellazione dell'Orsa Minore.

 

“Ci scambiamo una promessa?”

 

Jito esitò un attimo. A cosa si stava riferendo?

 

“Spara!”

 

“Io accetto definitivamente di diventare il capitano della Hirado se tu passerai l'esame con almeno settantacinque su cento!”

 

Jito capì al volo che il patto ideato da Sano serviva principalmente per spronarlo a prendere un bel voto. Non gli avrebbe mai chiesto di puntare al massimo. Non perché non credesse in lui, ma semplicemente perché a loro il “massimo” non interessava. L'importante era sempre stato capire. E loro avevano capito molto bene quanto fosse importante la loro amicizia.

 

“Ok, ci sto. Qua la mano!”

 

I due si strinsero le mani per siglare il patto e si abbracciarono.
Il sorriso di Sano era tornato a splendere come nei giorni migliori. Jito sapeva di aver fatto la scelta più saggia affidandogli non solo la fascia di capitano, ma l'intera squadra. Nessuno poteva sostituirlo meglio di lui.

 

 

'Cause even if we can't be together
We'll be friends now and forever
And I swear that I'll be there come what may
When the night is dark and stormy
You won't have to reach out for me
I will come to you
Oh, I will come to you

 

 


 

 



Angolo dell'autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia ff.
Alcune piccole precisazioni:

  • Questa piccola one-shot parte sempre dal mio desiderio di voler raccontare personaggi che nell'opera originale vengono considerati quasi come carta da parati, o al massimo come supporters dei soliti personaggi di spicco.
    E voleva essere anche un piccolo regalo di Natale e S. Stefano per tutti voi! :)

  • Il titolo della storia proviene da una delle più famose canzoni degli Hanson. Li ascoltavo quando ero in prima media, la bellezza di vent'anni fa. Nonostante siano passati tutti questi anni trovo sempre piacevole riascoltare questa canzone il cui testo è dedicato al tema dell'amicizia e del reciproco aiuto nei momenti di sconforto. Ho riportato alcune delle frasi più significative all'inizio, al centro e alla fine della storia.

  • La prima parte della storia è scritta in prima persona a partire dal punto di vista di Sano. Dovete immaginarlo proprio mentre scrive una sorta di diario personale in cui racconta di sé e del suo incontro con Jito.
    La seconda parte invece, è scritta in terza persona. Narra del periodo in cui Jito sta affrontando gli esami di terza media dopo i quali dovrà per forza di cose iniziare il liceo. Questo lo porterà a lasciare la squadra di Hirado delle scuole medie. Per chi non lo sapesse, Sano è un anno più giovane di Jito.

  • Jito passerà poi alla squadra liceale dei Kunimi Gakuin FC (sempre nella prefettura di Nagasaki), la stessa in cui poi militerà anche Sano. I due andranno poi a giocare a livello professionistico nell'Avispa Fukuoka.

  • Il sistema scolastico giapponese prevede 6 anni di scuole elementari (dai 6 a 12 anni d'età), 3 anni di scuole medie (dai 12 ai 15 anni). Il percorso superiore dipende dal tipo di scuola scelta. I licei durano solo 3 anni perché sono propedeutici all'ingresso in Università. Gli istituti tecnici e professionali durano dai 5 ai 7 anni, a seconda del tipo di preparazione a cui mirano.
    I voti vengono segnati in centesimi, dove la sufficienza parte da 60. Quindi 75/100, il voto “richiesto” a Jito da Sano, è un voto mediamente buono, ma non eccessivo.

  • 2.000 Yen corrispondono a circa 15 euro. Poca roba, come dice lo stesso Sano.

  • Hiro è l'abbreviazione di Hiroshi, il nome di Jito. Essendo amici, tra di loro si chiamano per nome usando anche abbreviazioni. Ho evitato, almeno a questo giro, i vari -san, - kun e -chan.

A presto,

Mahlerlucia

 

P.S.: No! Assolutamente no! Non ho mollato You found me. Non mollo i miei Mamokoto al loro destino, ora che si trovano pure in due continenti diversi! Prima di Capodanno arriverà il prossimo capitolo e via via continuerò a pubblicare con frequenza settimanale! ;)

   
 
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