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Autore: Juu_Nana    25/06/2009    3 recensioni
Non voglio vedere un’altra volta la sua schiena allontanarsi su un campo di battaglia.
Non voglio sentire di nuovo la sua voce dirmi in un sussurro che andrà tutto bene.
Non voglio più vederla ferita tra le mie braccia.
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lenalee Lee, Rabi/Lavi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una shot senza troppe pretese scritta cercando di tornare alle corte, incisive frasi che usavo una volta, spinta da un'uggiosa giornata di pioggia e dal mio amore per un Lavi cotto di Lenalee.
A voi giudicare.
Buona lettura.


Tutta una vita

- Hai sentito? A quanto pare useranno Hebraska come esca -
Le pupille si restringono.
La bocca si socchiude.
Trema.
- Ti ho chiesto se hai sentito l’annuncio, Lenalee Lee! -
È furioso, Leverrier, la vede come una sciocca mocciosa spaventata da una stanza buia.
Non capisce che anche lei è un essere umano.
Non ci arriva che possa avere anche lei paura della morte, paura degli akuma.
Si avvicina, la afferra per le spalle, quelle spalle così esili e fragili, e riprende a urlare i suoi ordini che alla mente atterrita di lei paiono senza senso.
- Ti sto dicendo che un akuma, ciò che gli esorcisti combattono, si trova qui! -
Non ci vedo più.
È un attimo, mi ritrovo ad afferrare la sua mano, a costringerlo ad allontanarsi da Lenalee, che crolla in ginocchio, soccorsa dall’infermiera.
- Cos’è quello sguardo, BookMan junior? -
Il suo, è il tono indignato di chi vede un verme azzardarsi ad alzare la testa.
- Lenalee da qui non si muove -
Il mio invece, è così freddo che a confronto una lastra di ghiaccio sembrerebbe tiepida.
Scopre i denti, più irritato che mai, cercando di trapassarmi con un’occhiata di fuoco.
Non muovo un muscolo, il mio viso continua a rivolgergli un’espressione cupa e carica d’astio.
Cambia tattica.
Tenta palesemente di ignorarmi.
- Vieni Lenalee - dice con tono più calmo rispetto a prima, ma con un che di borioso comando che mi fa ribollire il sangue.
Scopro i denti a mia volta, trasudando odio.
- Ho detto... -
Stringo la presa sulle sue dita, con voce bassa, minacciosa e fortemente controllata
- ... che Lenalee da qui Non si muove -
Non le permetterò di uscire da questa stanza.
Non la lascerò andare a misurarsi per l’ennesima volta in un faccia a faccia con la morte, senza poterla aiutare.
Meno che meno in una situazione come questa, sconvolta com’è al pensiero del suo mondo che sta crollando in pezzi, del pericolo in cui si trova suo fratello, della sua casa profanata da un mostro.
- Ragazzino, tu forse non te ne rendi conto, ma Lenalee è la nostra ultima speranza per fermare quel mostro là fuori - sibila stizzito dalla mia apparente idiozia, mentre cerca di liberare la mano intrappolata dalla mia, ma senza riuscire a ottenere risultato.
- Non può costringerla. E mi sembra più che evidente che non è in condizione di combattere -
“Sta calmo Lavi” mi dico in silenzio, resistendo all’idea di spezzare quelle dita che tengo in pugno.
Glielo si legge in faccia che Lenalee potrebbe anche essere moribonda, per quanto lo riguarda.
I suoi occhi riflettono chiaramente la considerazione che ha nei nostri confronti: per lui non siamo altro che insetti.
Insetti che dovrebbero scattare a ogni suo ordine, che dovrebbero essere pronti a morire senza esitazione per proteggere lui.
Non lo permetterò.
Non gli permetterò di gettare Lenalee in pasto a un pericolo troppo grande.
- Lenalee Lee! -
Non riuscendo a smuovere me, prova di nuovo a rivolgersi a lei.
- Se non vai subito e non attivi la tua Innocence moriranno tutti, lo capisci o no?! -
Il volto bianco della ragazza tradisce ora il più puro terrore.
Capendo di aver trovato il tasto giusto su cui pigiare, il bastardo insiste.
- Per colpa della tua esitazione morirebbe Allen Walker... -
Colgo con la coda dell’occhio le spalle di Lenalee avere un lieve sobbalzo.
- ... morirebbe questo moccioso... -
Mi rivolge uno sguardo sprezzante, quasi sputando fuori l’epiteto con cui si rivolge a me.
Non riesco a capire la reazione di lei a quelle parole, sono troppo impegnato a infondere nel mio occhio smeraldino tutto il rancore che riesco a raccogliere per quell’attimo in cui posa quei suoi velenosi occhi di ghiaccio su di me.
Poi mi accorgo di dove voglia andare a parare.
Un brivido di incertezza mi attraversa per un istante.
- Basta, stia zitto! - urlo, tentando di fermarlo.
So già che qualunque cosa provassi a dirle perderebbe ogni significato davanti alla pronuncia di quel dannato nome per cui la ragazza si getterebbe pure nel fuoco.
Ma questo lo sa anche lui.
- ... morirebbe anche tuo fratello Komui -
Lenalee ha uno spasmo violento nel sentir nominare il supervisore.
Non ce la faccio più a sentirla agonizzare così!
- La smetta! Anzi... se ne vada! Lenalee non combatterà, non lascerà nemmeno questa stanza, vada via! -
“Perché tu non andrai, vero?” chiedo mentalmente sbirciando dietro la mia spalla nel tentativo di incrociare il suo sguardo.
Il sangue freddo che ho saputo mantenere fino a questo punto vacilla pericolosamente scorgendo il suo volto chiaro, spaventosamente pallido.
Con le guance ceree, le labbra contratte che tremano violentemente, esangui, e le sue mani giunte quasi fosse in preghiera scosse dai tremiti.
E soprattutto quei suoi occhi, quegli occhi che tante, troppe volte ho visto così anormalmente lucidi, la loro luce ridotta al lumicino tremulo di una candela consumata.
- Lenalee? - chiedo piano.
Ho già capito.
Ho già capito cosa vuol fare.
Anzi, cosa si sente in dovere di fare.
Lascio ci scatto la mano che ho davanti, praticamente mi getto a terra, incurante dei cocci che cospargono il pavimento, per afferrare quelle sue spalle così sottili ma costrette nolenti a portare quel peso troppo grande che è l’essere un’ esorcista.
Da tutta la vita.
Non voglio vedere un’altra volta la sua schiena allontanarsi su un campo di battaglia.
Non voglio sentire di nuovo la sua voce dirmi in un sussurro che andrà tutto bene.
Non voglio più vederla ferita tra le mie braccia.
- Ascoltami! - non me ne rendo quasi conto, ma sto praticamente urlando.
- Là fuori ci sono i generali, c’è Allen! Tu non ti sei ancora ripresa, non ha senso che metta di nuovo in pericolo te stessa. Aspetta qui, insieme a me e agli altri, come ti ha detto tuo fratello -
Per favore, Lenalee.
Per favore!
Lei rimane in silenzio. Ma non mi sfugge uno solo dei ragionamenti che le stanno attraversando il cervello, traspirano attraverso i suoi occhi viola.
- Ti prego -
Quasi senza accorgermene stringo la presa.
- Resta qui -
Mi sembra che la sua mano si muova a rallentatore, mentre si posa sul mio braccio e lo scosta delicatamente, mentre un sorriso dolce le fa capolino in viso.
- Scusami Lavi -
La sua voce pare che arrivi da molto lontano.
E quella parola è come un colpo allo stomaco.
- Questa è la mia casa. Ho il dovere e il diritto di provare a proteggerla. Voglio tentare -
La vedo alzarsi in piedi, aprire a uno a uno i bottoni degli stivaletti, restituirli alla proprietaria, sconvolta forse più di me.
Poi mi si avvicina, tenta di infondere un po’ di calore a quel sorriso tirato che ha sulle labbra, mentre ogni suo movimento sembra durare un’infinità.
Il tempo ricomincia a scorrere normalmente, quando la vedo superarmi e avviarsi verso l’uscita, quel mare di luce nel corridoio.
Dopo aver abbassato gli occhi.
Mi risveglio dal mio inebetito stupore, mi volto di scatto.
Giusto in tempo per scorgere il sorriso di tronfia soddisfazione rivoltomi da Leverrier, prima che questi si affretti a seguire Lenalee, già inghiottita dal bagliore bianco.
Mi ritrovo in piedi, senza il ricordo di averlo ordinato alle mie gambe.
Non penso ai miei doveri di BookMan, silente e passivo registratore di storia, non mi curo dell’assenza dell’Innocence che fa di me un esorcista.
Non mi interessa più di niente che non sia la sua nuca che si allontana, il suo sorriso spento imbevuto di incertezza e paura.  
La fragilità che sembra traspirare da ogni dettaglio di lei, come se dovesse infrangersi solo a venire sfiorata.
È ignorando le urla dell’infermiera che corro all’esterno, incolume allo sbalzo di luminosità che in situazioni normali mi avrebbe abbagliato, è senza pensare che afferro l’asta di una bandiera abbandonata contro un muro ed è solo con disperato desiderio di proteggerla che mi tuffo in quella specie di ascensore in cui si sono infilati Lenalee e Leverrier, un attimo prima che le porte si chiudano.
La discesa dura pochi secondi.
Ho creduto di stare per morire almeno un paio di volte, prima che la corsa finisca.
L’uomo scende, impettito.
- Bene, stiamo agendo più veloci del previsto. Da qui in poi prenderemo le scale - dice spolverandosi i pantaloni.
- Ad ogni modo... - si interrompe, si gira verso di me con uno sguardo che avrebbe incenerito un iceberg - ... che ci fai tu qui, BookMan junior? -
Scosto lo sguardo, mugugnando qualcosa con fare noncurante.
Sbuffa con sufficienza.
- Per le tue registrazioni, eh? I BookMan sono davvero come iene sul campo di battaglia... -
Il disgusto nelle sue parole è parecchio evidente...
- Beh, se è per le tue registrazioni, fa come vuoi -
Concede alla fine, chiaramente infastidito dalla mia intromissione.
- Grazie - rispondo io, con voce quasi strafottente.
- Lavi... -
È un mormorio, sorpreso e leggermente preoccupato, di Lenalee.
Chiudo gli occhi con fare rassegnato e un leggero sorriso.
- Non sono venuto per fermarti -
Mi giunge alle orecchie un verso stupito.
- Se tu hai deciso di andare fino in fondo, non ho nulla da obbiettare -
Non è una bugia.
Provo ancora l’immenso desiderio di prenderla in braccio e trascinarla di peso nel quartier generale asiatico certo, ma alla fine questo la farebbe solo stare peggio, lo so.
Il suo mondo è composto dalle persone che le sono care, anche solo provare a vietarle di difenderle sarebbe un abominio.
Lei è libera di fare ciò che ritiene giusto.
Mi accontenterò di poterla sorreggere, se minacciasse di non riuscire più ad andare avanti.
- Però... lasciami venire con te -
Io posso solo aiutarla.
Io voglio solo aiutarla.
Per tutta la vita.
  
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