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Autore: mary romanziere    04/01/2018    6 recensioni
Yuri si prepara, raggiunge il centro della pista osservando il ghiaccio, alza gli occhi su Otabek dietro le protezioni perimetrali nel suo bel completo elegante, trovandolo bellissimo, mentre è certo al mille per mille che Viktor lo stia osservando dagli spalti. Ma non gli darà la soddisfazione di incontrare il suo sguardo. Almeno non prima di avergli soffiato via il record mondiale.
"Plisetski si esibirà sulle note di "Quel posto che non c'è"".
La voce torna a propagarsi, mentre la musica parte.
Le note del piano lente danno il via all'esibizione, mentre Yuri percepisce i suoi pensieri volare altrove.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Quel posto che non c'è


Anche per quell'anno, la finale del Grand Prix è giunta, con la sua miriade di spettatori, i fans, i sei pattinatori finalisti, le telecamere, luci, suoni e tutto ciò che comporta un evento di portata mondiale come quello.
Dalla sua postazione dietro le quinte, Yuri Plisetski osserva le esibizioni dei suoi avversari. Le studia come una tigre che osserva la sua preda, pronto ad attaccare. La telecamera improvvisamente si sofferma su una figura a lui fin troppo familiare, una persona che vorrebbe fare a meno di vedere.
Viktor è in piedi dietro le protezioni perimetrali a bordo pista. I capelli argentei non sono cambiati affatto nel corso degli anni, come il suo viso d'altronde. Ma ormai è grande, Viktor, alla soglia dei suoi 35 anni, è divenuto un allenatore professionista. Non gareggia più da anni eppure è rimasto l'uomo bello e affascinante di allora.
Yuri lo fissa con odio mal celato, mentre Otabek accanto a lui poggia una mano sulla sua spalla.
"Sta calmo Yura. Così non concludi nulla." E ha ragione! Maledettamente ragione.
"Respira Yura. Respira e concentrati. Devi vincere un altro oro!"
E Yuri lo fa. Ascolta i consigli di Otabek perché, nonostante sia ancora troppo giovane, si è ritirato perché la vita è dura, fa schifo. L'infortunio avuto tre anni prima non lo ha risparmiato. Ma lui ha talento e pazienza e lo ha dimostrato subito in veste di suo nuovo coach.
"Riscaldati." Gli dice con quel tono quasi apatico, ma al contempo gentile, un tono che negli anni ha imparato a conoscere e distinguere.

Otabek per un istante si volta verso la sagoma di Viktor, che sorridente torna dietro le quinte; ma lui lo ignora, come ha imparato a fare già da anni. Non vuole immischiarsi, non lo riguarda, ma soprattutto non vuole istigare il suo Yuri contro di lui.

"Scede in pista Yuri Plisetski, 23 anni, vincitore di ben cinque medaglie d'oro in altrettante finali del Grand Prix."
La voce dell'annunciatore si irradia per tutto il palaghiaccio, comunicando l'entrata in scena di Yuri.

Adesso è un uomo, nel suo metro e ottantacinque di altezza ha spiazzato tutti. Alla faccia di Jean-Jacque Leroy che per anni lo ha preso in giro per la sua statura. Adesso lo guarda dall'alto in basso, con il suo fisico prestante e le sue cinque medaglie d'oro che dopo oggi diventeranno sicuramente sei.
Yuri si prepara, raggiunge il centro della pista osservando il ghiaccio, alza gli occhi su Otabek dietro le protezioni perimetrali nel suo bel completo elegante, trovandolo bellissimo, mentre è certo al mille per mille che Viktor lo stia osservando dagli spalti. Ma non gli darà la soddisfazione di incontrare il suo sguardo. Almeno non prima di avergli soffiato via il record mondiale.

"Plisetski si esibirà sulle note di "Quel posto che non c'è"".
La voce torna a propagarsi, mentre la musica parte.

Le note del piano lente danno il via all'esibizione, mentre Yuri percepisce i suoi pensieri volare altrove.
Occhi dentro occhi e prova a dirmi se-
un po' mi riconosci o in fondo un altro c'è sulla faccia mia-
che non pensi possa assomigliarmi un po'-

mani dentro mani e prova a stringere-
tutto quello che non trovi-
negli altri ma in me-
quasi per magia-
sembra riaffiorare tra le dita mie-


*****
Cinque anni prima.

Anche quel giorno Yuri si è presentato agli allenamenti sotto gli ordini di Yakov che, malgrado l'avanzare dell'età, resta pur sempre il migliore. Non importa quanto invecchi quell'uomo, il suo metodo è il migliore sulla piazza. Persino migliore di quello di Viktor e del suo Cotoletto, che negli ultimi tre anni è riuscito a soffiargli ben tre medaglie d'oro alla finale del Grand Prix.
Yuri si rode il fegato al pensiero che quel porcello anche quell'anno possa rubargli il primo posto al Grand Prix. Ma qualcosa attira la sua attenzione.
"Dov'è quel cotoletto? Oggi non c'è?" Si volta, osserva la pista in lungo e in largo, ma del giapponese nemmeno l'ombra.
Sono giorni che quel porcellotto giapponese si comporta in modo strano, strano più del solito. Si presenta in ritardo, sta per conto suo, sbaglia tutto, dai salti più semplici ai passi della coreografia. E Viktor... Nulla. Sembra non curarsene più di tanto.

Con lo sguardo setaccia la pista alla ricerca di quel borioso russo dai capelli argentei. Lo trova in un angolo mentre parla. Anzi no! Discute con Yakov. Di cosa stiano parlando non lo sa e nemmeno gli interessa.
"Che se la sbrighino loro!" Sbotta frustrato. Ma una piccola lampadina si è accesa nella sua mente.
Yuri lascia gli allenamenti un'ora prima sotto le imprecazioni del suo vecchio coach. Ma non gli interessa, qualcosa gli dice che quel cotoletto sta nascondendo qualcosa.

Corre dritto verso quella casa, parandosi di fronte a quel portone che lo divide dall'appartamento in cui Yuuri vive insieme a Viktor da tre anni. Suona il campanello con foga, premendo l'indice con violenza, anche più del necessario. Intanto quella piccola lampadina si tramuta in una sirena che annuncia la catastrofe.
"Dannato cotoletto! APRI, DANNAZIONE!" Urla, ma non risponde nessuno.
"Quell'idiota mi sta sottovalutando!" Ringhia furioso, sa benissimo che è in casa.
Tossisce appena, tanto quanto basta per poi schiarirsi la voce. Preme ancora il tasto del campanello e attende.
"Chi è?"
"Sono Viktor, signora! Ho scordato le chiavi dietro la porta del mio appartamento. Potrebbe aprirmi cortesemente?" E Yuri attende, pregando che la sua imitazione di quel deficiente risulti credibile alle orecchie della signora che abita proprio sotto l'appartamento del suddetto idiota.
Ed ecco... Il portone si apre e il ragazzo di 18 anni sale le rampe a tre a tre pur di raggiungere quella sottospecie di katsudon ambulante.
Con il fiatone si para di fronte alla porta, battendo i pugni come un forsennato.
"APRI, MALEDIZIONE! LO SO CHE SEI IN CASA!" Urla. Ma nulla, nessuna risposta.
"APRI! DANNATO COTOLETTO GIAPPONESE!" Torna a urlare con più convinzione e poi un rumore, come un fruscio. Yuri torna a inveire in maniera colorita contro la porta, battendo i pugni, sentendo poi lo scatto della serratura.

Aggrotta le sopracciglia, sbircia dalla fessura creatasi, non vedendo nessuno. Con la mano destra spinge la porta ed entra.
"Cotoletto, ci sei?" Il giovane avanza non più di tanto incerto sul da farsi, mentre quell'orribile sensazione torna. È successo qualcosa.
E poi eccolo: Yuuri, accucciato sul divano, avvolto nelle coperte, appallottolato su se stesso.
"Merda!" Impreca, avvicinandosi alla figura del moro.
"Ti senti male? Hai la febbre?" Prova, non sapendo realmente cosa fare.
Poi un singhiozzo seguito da un singulto scuote il corpo del moro. "Non ho la febbre..!" Biascica tra le lacrime.
"E allora cosa? Parla cotoletto, perché non ho tempo da perdere!"
"Vi-Viktor..." Intraprende tra un singhiozzo e l'altro. "Mi ha tradito!"
"Ma che diavolo dici!? Quel vecchiaccio ti ama, non lo farebbe mai!"
"L'ho visto!" Torna a balbettare l'altro, lasciando sbucare il viso dalla coltre di coperte.
Yuri fissa il suo omonimo con aria perplessa, indeciso se credergli o meno, ma quello sguardo a pezzi, quel fiume di lacrime lo fanno vacillare. E Yuri riflette. Pensa a come si è comportato Viktor negli ultimi mesi e non può negare un moto di stupore. Già da un po' ha iniziato a trascurare gli allenamenti del suo pupillo.
Si passa una mano sul viso, scostando la voluminosa ciocca di capelli biondi che sosta perennemente sul suo viso da anni. Dovrebbe tagliarli, ha 18 anni adesso, non è più un ragazzino.
Raggiunge il divano, incrociando gli occhi rossi e colmi di lacrime di Yuuri.
"Racconta." Dice soltanto.
E Yuuri crolla, si lascia andare a un pianto disperato, cominciando a raccontare di come il rapporto tra lui e il suo fidanzato si sia incrinato negli ultimi mesi e non ne capisce nemmeno il perché. Finché non ha visto il suo uomo trattenersi spesso con un ragazzo, uno nuovo, di cui non sa nemmeno il nome. Ha notato il modo in cui lo osservava, come lo aiutasse dedicandogli del tempo; per poi vederli quella mattina intenti a scambiarsi un bacio, che di casto aveva ben poco, a pochi metri di distanza dal palaghiaccio in cui si era allenato ogni santo giorno insieme a lui negli ultimi tre anni.
E piange Yuuri, come se le sue lacrime non avessero mai fine. Yuri lo osserva in silenzio, percependo gli occhi inumidirsi involontariamente. Perché sa cosa vuol dire amare, lo ha provato sulla propria pelle con Otabek. E dio! Immaginare di vedere l'uomo che ama tra le braccia di un altro... è devastante.
Tende le braccia verso il cotoletto giapponese, stringendolo al petto, e lui non si scosta, si accosta maggiormente, afferrando saldamente i lembi della sua giacca leopardata nuova. Stringe la stoffa spasmodicamente, mentre soffoca un urlo nel suo petto, tornando a piangere ininterrottamente.

Yuri stringe le labbra, trattenendo quel singhiozzo che gli si è fermato in gola, mentre gli occhi pizzicano, la vista si appanna. Abbraccia il corpo tremante di Yuuri, che non vuole saperne di calmarsi; continua a piangere e urlare, tanto forse da lasciarlo spiazzato. E trema, trema così forte che la paura che possa venirgli un infarto da un momento all'altro lo assilla.
Come vorrebbe strappargli via tutto quel dolore e vederlo sorridere, perché nonostante non gli sia mai stato simpatico con quel suo carattere debole e insicuro, non augurerebbe nulla del genere nemmeno al suo peggior nemico.

Quanto tempo è passato? Quanto sono rimasti stretti in quell'abbraccio? Non lo sa e nemmeno gliene frega. Vorrebbe solo affondare le mani nel collo ossuto di quel borioso Nikiforov e vederlo esalare l'ultimo respiro. Si è preso gioco della persona psicologicamente più fragile su tutto il pianeta e questa cosa non gli va giù.

"Vuoi dormire a casa mia stanotte?" Perché glielo sta chiedendo? Forse perché sa che lasciarlo lì in balia di quello stronzo lo devasterebbe solo maggiormente.
"D-davvero?"
"Se mi darebbe fastidio non te lo chiederei!" Ed eccolo il solito "Yurio", quello acido, con la risposta pronta.
"Grazie!" Yuuri sorride appena, un sorriso tirato, timido, ma riconoscente.
Lo aiuta ad alzarsi, a raccattare le sue cose, almeno le più importanti, perché in tre anni il Katsudon ha accumulato davvero troppa roba in quella casa. Infine vanno via insieme.

***** 

Danza Yuri, sulle note di quella canzone così dolce e romantica che poco ha a che fare con il suo stile grintoso. Eppure lo fa con grazia e precisione, catturando il pubblico, estasiandolo con la melodia del piano e i suoi movimenti tanto precisi quanto aggraziati. Si lascia sfuggire un sorriso, mentre il pubblico applaude estasiato dall'esecuzione dell'ennesimo salto perfettamente riuscito.
"Osservami Viktor! Guarda come infrango il tuo record mondiale! Quello di cui andavi tanto fiero!"
Si lascia sfuggire quel pensiero, mentre la musica avanza dolcemente, quasi malinconica.
potessi trattenere il fiato prima di parlare-
avessi le parole quelle giuste per poterti raccontare-
qualcosa che di me poi non somigli a te-

potessi trattenere il fiato prima di pensare-
avessi le parole quelle grandi-
per poterti circondare-
di quello che di me-
bellezza in fondo poi non è-


Per un istante Yuri volge lo sguardo verso le protezioni perimetrali, incontrando il viso di Otabek. I capelli neri, corti, lo sguardo serioso e apparentemente apatico che tanto lo fa fremere quando sono soli e in intimità. Lo trova maledettamente sexy in quel completo elegante, mentre lo fissa completamente coinvolto dalla sua esibizione.
Per la seconda volta il mondo del pattinaggio di figura ha perso un grandissimo talento troppo presto. Eppure gli ha sempre ripetuto fino allo svenimento quanto quella sua moto non gli è mai piaciuta.

Otabek intercetta lo sguardo del suo Yura, lo sa che necessita di incontrare i suoi occhi, perché tutto è cambiato. Non sono più due ragazzini, sono adulti. Hanno capito quali siano le vere priorità a questo mondo: vivere il loro rapporto al 100% senza incertezze e distruggere il record di Viktor Nikiforov.
Inoltre, dietro quel corpo atletico, quell'apparente baldanza e irriverenza, si nasconde una persona splendida. E il kazako lo sa bene.
Si lascia andare alle note di quella canzone, che tanto lo aveva colto alla sprovvista il giorno in cui Yuri aveva affermato con grande convinzione di volerla utilizzare per il suo programma libero. Tutto si sarebbe aspettato, tranne questo. Otabek viaggia tra i ricordi, rammentando quella finale del Grand Prix a Roma.



*****

Roma - Finale del Grand Prix, 6 anni prima.

Nonostante fosse Dicembre ormai inoltrato, nella capitale italiana il clima era sopportabile. Il freddo non era poi così rigido come in Russia e di ciò i quattro ragazzi, attualmente seduti ad un tavolo in una caffetteria, ne erano grati.
Plisetski fissava con irritazione il cotoletto stretto tra le braccia del compagno. Tanta perfezione lo nauseava.
"Cosa prendi?"
"Uh?" Si voltò verso Beka che, seduto proprio accanto a lui, utilizzando quel suo solito tono tanto calmo e serio, gli aveva chiesto se aveva intenzione di ordinare o continuare a fissare i due piccioncini.
"Caffè." Rispose soltanto il biondo, mentre il kazako si rivolgeva alla cameriera nel suo inglese perfetto, in grado di far invidia persino al giapponese che vantava cinque anni di soggiorno in America.
Quella caffetteria era davvero bella tutto sommato: un luogo luminoso, dai colori accesi e sgargianti. Per fortuna anche il caffè era ottimo.
"Vi va di fare un giro dopo gli allenamenti?" Viktor pose la domanda, con la sua solita espressione pensierosa mentre fissava per aria, con il dito indice posizionato sulle labbra.
"Volentieri! Non sono mai stato in Italia!" Yuuri non esitò a mostrarsi entusiasta all'idea.
"E perché dovrei uscire con voi?" Yurio, più acido del solito, tese una mano verso la tazza di caffè, mentre Beka con altrettanta eleganza afferrò la tazza, soffiandola da sotto il naso al compagno.
"Che cazzo fai?"
"Forse la cameriera ha sbagliato. Credo che abbia messo il sale al posto dello zucchero." Il modo serio in cui lo disse provocò una fragorosa risata negli altri due occupanti.
Uno Yurio rosso come non mai allargò gli occhi, fulminando il compagno, che giocosamente gli porse nuovamente la tazza di caffè esordendo con un... "Vorremmo uscire un po' per conto nostro".
Il biondo sbuffò sotto le risatine mal trattenute degli altri due, tornando alle rispettive colazioni.

La caffetteria era animata da un gran viavai di persone, mentre la musica in sottofondo creava un piacevole contrasto. Fu lì che Yuri notò il suo omonimo Yuuri con aria trasognante, perso in chissà quali pensieri smielati.
"Cosa ha attirato la tua attenzione?" Viktor, altrettanto vigile, non si lasciò sfuggire l'atteggiamento del compagno.
"Questa canzone... La senti?"
"Sì! Ti piace?"
"Sì!" Annuì vivamente il moro. "Non ne capisco molto il senso, ma la melodia... Mi piace!"
Viktor cominciò ad immaginare il suo Yuuri danzare su quelle note così dolci, trovando quella musica splendida. Contemporaneamente i fratelli Crispino fecero il loro ingresso nella caffetteria, rivolgendosi nella loro lingua al barista. Giusto in tempo.
Con agilità invidiabile, l'uomo dai capelli argentei si alzò di scatto, facendo stridere la sedia sul pavimento, nell'atto di raggiungere i due pattinatori. Yuuri si agitò, intuendo i piani del suo fidanzato, ma non riuscì ad impedire la catastrofe. Viktor stava già affiancando i fratelli Crispino.
"Michele, Sara, ciao!" Salutò entusiasta l'uomo ormai ventinovenne.
"Viktor, ciao!" La donna ricambiò con un bellissimo sorriso, mentre il fratello borbottò qualcosa che non arrivò chiaramente alle orecchie del russo.
"Potrei chiedervi un favore?" Esordì lui, mentre il compagno pregava tutte le divinità esistenti che non ponesse davvero quella domanda.
"Dimmi pure!" La ragazza sorrise lieta sotto lo sguardo seccato del fratello.
"Senti questa canzone?" Viktor fece intendere alla donna che si riferiva alla canzone in sottofondo nel locale, ricevendo un segno di assenso.
"Trovo sia davvero bella! Sapresti dirmi il titolo o il nome del cantante?"
Sara allargò le labbra in un sorriso, annuendo. Dopo la sua affermazione, aveva già intuito a cosa serviva quella canzone.

Pochi attimi e Viktor raggiunse il suo Yuuri ancora seduto a quel tavolo. Aveva le guance imporporate di rosso e appariva incredibilmente adorabile agli occhi del maggiore. Gli suggerì con voce mielata il titolo della canzone che tanto aveva catturato il suo interesse, seguito da un bellissimo sorriso che gli adornò il viso.
"Quel posto che non c'è"

***** 
bocca dentro bocca e non chiederti perché-
tutto poi ritorna-
in quel posto che non c'è dove per magia-
tu respiri dalla stessa pancia mia-

potresti raccontarmi un gusto nuovo per mangiare giorni-
avresti la certezza che di me in fondo poi ti vuoi fidare-
quel posto che non c'è-
ha ingoiato tutti tranne me-


Otabek torna ad osservare come il suo Yura graffi il ghiaccio, compiendo un perfetto quadruplo flip. Si concede appena un attimo per puntare lo sguardo su Viktor.
Vuole vedere la sua reazione, riuscire a carpire qualcosa. Perché rimanere impassibili è da vigliacchi.
Lo vede: gli occhi azzurri serissimi fissi sull'esibizione impeccabile di Yuri. Nulla trapela dalla sua espressione, ma lui riesce a vedere oltre quella maschera. Sa cosa si nasconde realmente dentro quell'uomo: rimorso.
Altin torna ad osservare Yuri, ormai ha ottenuto ciò che voleva. Sono riusciti, insieme, a suscitare nell'ex campione russo ciò che desideravano. Lo vede muoversi agilmente su quelle note, con grazia disarmante.
È riuscito a stupire tutto il mondo. Yuri Plisetski ha costruito la sua carriera intorno a un'immagine ben definita di sé, un atleta dal carattere forte, pieno di grinta e competitività. Mentre adesso, esibendosi sulle note di una canzone tanto romantica, quanto malinconica, ha piacevolmente colto di sorpresa gli spettatori.
È dal suo esordio nella categoria senior che non si esibiva su delle note tanto piene di sentimento.
Manca poco al termine del libero e Otabek ammira con orgoglio il frutto del loro lavoro. Gli applausi estasiati del pubblico invadono il palaghiaccio.

Yuri ascolta quegli applausi, li sente infondergli forza e coraggio, mentre ricorda quanto impegno gli ci è voluto per imparare quella coreografia, per interpretarla al meglio.
Malgrado il Porcellotto giapponese fosse sempre stato inferiore a lui nei salti, nella danza gli era nettamente superiore. Eguagliare tanta eleganza nelle coreografie, non gli era mai costato tanta fatica in 23 anni.
Riuscire a emozionare la folla di spettatori, infondere in loro le emozioni giuste derivanti da quelle note, gli era costato un grandissimo sforzo. Perché glielo doveva.
Yuuri Katsuki era tante cose: un piagnucolone, debole, insicuro, ma anche un grande atleta, dall'immenso talento e una grazia innata, capace di suscitare interesse nel grande Viktor Nikiforv. Ma soprattutto era un suo grandissimo rivale.
Eppure quella scintilla non era bastata. E sulle note di quella canzone Yuri estasia il pubblico regalando valanghe di emozioni, mentre con la mente rammenta cosa lo ha spinto a legarsi a quella musica.


***** 

Yuri osserva la figura di Yuuri seduto sul divano di casa sua. Sono arrivati qualche ora prima, lo ha condotto in casa facendolo accomodare sul divano, mentre preparava due cioccolate calde per entrambi.
Adesso lo osserva, ha lo sguardo triste, perso in chissà quali pensieri angosciosi, gli occhi arrossati; per non parlare del suo aspetto, paragonabile solo ad un sopravvissuto della guerra del Vietnam.
"Dove ho sbagliato?"
"Che?" Yuri aggrotta pericolosamente le sopracciglia di fronte a quella domanda, mentre la rabbia gli invade le viscere.
"Non hai sbagliato un accidenti Katsudon!" Ringhia.
"Allora perché?" Può vedere le lacrime tornare a solcargli le guance.
"È tutta colpa di Viktor, non tua!" Aggiunge con un tono troppo duro.
Vede Yuuri tremare, mentre stinge le labbra tentando di trattenersi. Deve sentirsi davvero inutile e patetico, e questa volta Yuri sa che non è colpa sua. Anche lui reagirebbe allo stesso modo se Beka lo tradisse.
Poggia la tazza sul mobile accanto a lui, allungando le braccia verso il moro. Adesso è il russo ad essere più alto. Ironia della sorte! A quindici anni lo aveva fissato dal basso verso l'alto urlandogli contro di ritirarsi, mentre adesso lo sta consolando sperando di alleviare il dolore che colui che diceva di amarlo gli ha inflitto.

Yuuri con titubanza si ribella a quell'abbraccio, ma Plisetski non lo molla, stringe la presa, sa che ne ha bisogno. E di fatti scoppia, come una bomba ad orologeria. Senza forze si abbandona a quel calore che lo accoglie in silenzio. Perché Yuri vorrebbe dire tante cose, ma non è il momento giusto. Non appena si sarà addormentato chiamerà Viktor, che non si è ancora accorto dell'assenza di Yuuri malgrado siano già le 23:00. Sfogherà tutta la sua rabbia e poi lo manderà a quel paese nel modo più sgarbato che conosce.

In silenzio rimane ad ascoltarlo, mentre piange a dirotto e racconta di come l'uomo che ama avesse iniziato a comportarsi in modo strano, ma troppo accecato dall'amore non aveva voluto vedere, finché la verità lo ha letteralmente preso a sberle.
Yuri non è mai stato un gran ascoltatore. Ha sempre imposto il suo atteggiamento ribelle a tutti, fregandosene delle conseguenze. Ma ora capisce.
L'egoismo porta ad una cosa sola: la sofferenza di chi ci circonda.
Sente quel magone tornare a farsi strada, mentre ascolta colui che dovrebbe essere il suo rivale sulla pista di pattinaggio singhiozzare spaventosamente. Lo sente bagnargli la felpa con quelle lacrime che inesorabili sgorgano senza freno, parlare a ruota libera come non ha mai fatto in tanti anni, esternando tutte le sue angosce e paure.
Stringe gli occhi, non vuole piangere, lo ha già fatto qualche ora prima a casa sua e non vuole lasciarsi travolgere di nuovo.
"Sono un idiota...!" Singhiozza. " Avrei dovuto accorgermi di come non riuscissi più a suscitare nessun interesse in lui...!" Un altro singhiozzo.
Yuri stringe la presa e poggia una mano sugli occhi di Yuuri, spingendo maggiormente il viso contro il suo petto. Continuerà ad ascoltarlo in silenzio, ma non vuole mostrargli quanto il suo dolore stia scalfendo anche lui.

Lo squillare di un cellulare infrange quel momento, riportandoli alla realtà. Ormai è quasi mezzanotte e sono ancora seduti su quel divano.
Il giapponese estrae il cellulare dalla tasca del jeans, un lungo fremito gli attraversa la colonna vertebrale mentre il nome di Viktor lampeggia sullo schermo dello smartphone.
"Dallo a me!" Sbotta Plisetski con tono rude, strappando il cellulare dalle mani del moro.
Si alza in piedi e si schiarisce la voce, giusto quanto basta per riprendere le proprie facoltà cognitive, lasciando scorrere il dito sull'icona verde.
"Yuuri! Dove sei? È rardissimo! Si può sapere perché non sei a casa a quest'ora?"
Il biondo ascolta quella voce. Non l'ha mai trovata così fastidiosa e irritante in tanti anni. Espira dal naso come un toro pronto ad attaccare, allargando gli occhi colmi di rabbia. Dà le spalle a Yuuri, che ancora seduto su quel divano si è fatto piccolo piccolo, con gli occhi bassi e il viso pallido.
"E tu dove sei stato fino a quest'ora?" Chiede un tono apatico e serio che non gli appartiene.
"Yurio? Dov'è Yuuri? Perché hai tu il suo cellulare?"
"Ti ho fatto una domanda Viktor! Rispondi!"
Yuri può sentire la baldanza del grande pattinatore russo crollare come un castello di carte attraverso l'apparecchio telefonico. Un silenzio innaturale si protrae per un lasso di tempo troppo lungo alle orecchie del diciottenne dai capelli biondi.
"RISPONDI!" Gli urla. Non vuole ascoltare delle scuse perché tanto non attaccano.
Sente Yuuri alle sue spalle sussultare, si volta verso di lui. Ha smesso di piangere, ma il suo sguardo è vuoto.
"Mi hai visto?" Domanda l'altro.
"Ti ha visto Yuuri, oggi pomeriggio." È tornato ad usare un tono di voce normale, mentre il silenzio regna nuovamente dall'altro capo del cellulare.
"Non volevo finisse così...!"
"Vai al diavolo!" Gli dice soltanto con grande disprezzo.
Torna dal moro, seduto sul divano ancora a testa bassa, in perfetto silenzio. Gli avvolge le spalle con le braccia, posandogli un bacio sulla tempia sinistra.
"Non ti merita!" Gli sussurra e l'altro non risponde, rimane inerme.
"Voglio tornare in Giappone!" Esordisce con un filo di voce dopo un lungo silenzio.
Yuri non aggiunge altro. Si alza, afferra il computer portatile e prenota il primo volo per il Giappone. È la scelta migliore, forse tornare a casa dalla sua famiglia lo aiuterà un po'.


***** 

Yuri esegue l'ultimo salto con estrema precisione. Manca un'ultima strofa della canzone e qualche assolo al piano, l'ultima parte della sequenza coreografica ed è fatta.

 
Dovresti disegnarmi un volto nuovo e occhi per guardarmi-
Avresti la certezza che non è di me che poi ti vuoi fidare-
In quel posto che non c'è-
hai mandato solo me-
solo me-
solo me-
solo me-


Otabek osserva come il russo esegue l'ultima trottola combinata, raggiungendo la posa finale, quella che determina la fine dell'esibizione. E come previsto, Yuri Plisetski si piazza al primo posto, decretando la sua schiacciante vittoria.

Seduto al kiss and cry assieme al suo Beka, Yuri finalmente incrocia lo sguardo di Viktor. Sorride Yuri, vuole vedere quell'uomo morire tra le più atroci torture. Per cominciare, ha impedito al suo nuovo allievo di beccarsi un oro alla tappa finale del Grand Prix per ben 4 anni di fila, stracciando al contempo il tanto venerato record mondiale di Viktor che vantava ben cinque medaglie d'oro di fila nella medesima competizione. Eppure Yurio adesso ne ha ben sei e non è per nulla intenzionato a fermarsi. Continuerà a vincere ogni anno finché non sarà troppo vecchio per gareggiare ancora.
Osserva come lo sguardo di Viktor si sia intristito e Plisetski sa che non riguarda solo la sconfitta del suo allievo o la perdita del proprio record mondiale. Quella canzone.
Quella canzone apparteneva a Yuuri e l'avevano scelta insieme prima che la loro relazione giungesse al capolinea insieme alla carriera agonistica di Katsuki.
Il giovane russo si esalta di fronte allo sguardo affranto dell'altro.
-Te la sei cercata Viktor!- Si dice mentalmente, mantenendo gli occhi verdi puntati sul viso dell'altro, che tenta in tutti i modi possibili di non incrociare quello sguardo.

I fotografi, seguiti dai giornalisti, si affollano intorno alla "Tigre di Russia" pronti a tempestarlo di domande e complimentarsi con lui per l'incantevole esibizione. Yuri va via seguito da Otabek. Ha un volo da prendere, non ha tempo per intrattenersi con certa gente buona solo a ricamare scandali sulla vita altrui. Ha cose più importanti a cui pensare.





Il volo è stato un vero schifo, nonostante il viaggio in prima classe, un po' a causa dell'esibizione svoltasi appena un giorno prima e un po' per il fuso orario. Ma il peggio deve ancora arrivare per la Tigre di Russia ed il suo fedele compagno e coach. L'arrivo in Giappone non è stato dei migliori e, per concludere in bellezza, i due devono ancora raggiungere Hasetsu per alloggiare nella topaia che sono le terme di proprietà dei genitori del Cotoletto.

Giunti nell'hotel della famiglia Katsuki, Yuri entra con disinvoltura incontrando gli occhi di Mari, seguiti da quelli di sua madre e suo padre. Non servono parole per far intendere quanto abbiano apprezzato quel gesto. Hanno seguito la sua esibizione in diretta, via streaming, e ne sono orgogliosi.
Nonostante il suo orribile carattere, Yuri Plisetski sa cosa vuol dire amare, sa cosa si prova nel sentirsi umiliati, e non poteva non portare un omaggio a Yuuri in occasione del suo sesto oro alla finale del Grand Prix.
Otabek deposita le valigie in camera, mentre il biondo si stende sul futon con un sospiro stanco.
"Perché non ti riposi un po'? Possiamo raggiungerlo anche più tardi."
"No! Voglio andare adesso!" Afferma convinto il biondo. I due escono dalle terme, raggiungendo il centro del piccolo paesino per intercettare il primo taxi disponibile.

Giunti a destinazione, Otabek osserva attentamente il compagno. Entrano, prendono l'ascensore raggiungendo il secondo piano, perché sono troppo stanchi e di salire le scale non se ne parla. Attraversano il lungo corridoio e raggiungono la camera designata. Da anni percorrono quel corridoio, non serve nessun permesso o autorizzazione, ormai lì dentro li conoscono tutti.
Yuri ficca la mano destra nella tasca della giacca, stringendo tra le dita la medaglia d'oro che ha appena vinto. Apre poi quella porta ed entra nella camera. Otabek rimane in silenzio, è un uomo fin troppo intelligente e sa che quel momento racchiude un'importanza quasi vitale per il compagno.

Il biondo entra, i suoi occhi si posano sulla figura di Yuuri, gli si siede accanto.
"Ciao Yuuri!" Lo saluta con un sorriso forzato. "Ti avevo promesso che ti avrei portato il sesto oro, ricordi?" Il giovane estrae dalla tasca la medaglia, sistemandola tra le mani pallide del moro, mentre una lacrima traditrice solca la sua guancia. La scaccia via malamente, non serve a nulla piangere.
"Questa è per te!" Gli dice.
Yuuri dorme, dorme da tanto tempo, forse anche troppo.
Otabek poggia una mano sulla spalla del compagno, non servirà a molto ma è il minimo che può fare, mentre osserva per l'ennesima volta la figura di Katsuki steso su quel letto, la mascherina per l'ossigeno sul naso, gli occhi chiusi da troppo tempo.
"Si sveglierà mai?" E Yuri pone quella domanda conoscendo già la risposta.
"Lo sai che non lo farà...!" Risponde con voce calma e dolce per non peggiorare quella situazione già grave di suo.
Yuri tira su con il naso, stringendo appena le labbra. Fissa i capelli neri del giapponese, trovandoli davvero troppo lunghi, ma bellissimi. Da anni ha iniziato ad apprezzare i capelli scuri e li accarezza con delicatezza, come se potesse sentire il suo tocco.
"Dovremmo dire a Mari di fargli tagliare i capelli!"
"Lo faremo una volta tornati alle terme."

Il kazako osserva attentamente la delicatezza impressa nei movimenti del compagno, ricordando con amarezza il giorno in cui lo aveva chiamato al telefono urlando come un forsennato tra le lacrime.
Quella volta era salito sul primo volo diretto in Russia, raggiungendo il suo Yura, non sapendo per la prima volta in vita sua cosa fare per consolarlo.

"È in coma..."
Aveva esordito trovandolo steso sul divano, con lo sguardo perso e la casa letteralmente rasa la suolo.
"Per colpa di una maledettissima caduta sbagliata...!" Proseguì ringhiando, per poi gettarsi tra le sue braccia.
Non poteva accettare una cosa simile.
Lui e Yuuri si erano lasciati in quell'aeroporto, con la promessa che non appena si sarebbe ripreso dalla batosta presa con Viktor sarebbe tornato a gareggiare. E invece nulla. Pochi mesi dopo su ogni sito era riportata la notizia che Yuri Katsuki era finito in coma a causa di una violenta caduta durante uno dei suoi allenamenti all'Ice Castle di Hasetsu.

E Yuri non poteva accettarlo. Perché nonostante fosse un grandissimo piagnucolone, non era mai caduto così in basso. Di cadute sul ghiaccio ne aveva fatte tante, ma quella era stata fatale. Sapeva che era tutta colpa di Viktor se aveva perso la concentrazione durante quel salto che gli era costato la vita.
Perché se Yuuri si era distratto in quel modo durante un allenamento, non poteva che essere colpa dell'uomo che lo aveva gettato via dopo avergli regalato una marea di promesse.

Altin mantiene lo sguardo fisso sulla mano di Yuri, che continua ad osservare Katsuki.
"Pensi riesca a sentirci?"
Ed eccola l'ennesima domanda scontata. "Non lo so."
"Dovunque sia adesso, dev'essere un posto davvero bellissimo!" Nota il sorrise tristissimo che adorna il viso del russo. "Non vuole tornare indietro!" Prosegue, tirando su con il naso.
Si sente in colpa perché avrebbe dovuto prendere a calci nel culo quel bastardo di Viktor la sera stessa in cui aveva scoperto che si era fatto coinvolgere da un altro, tradendo il compagno. Ma non lo aveva fatto.
Otabek lo sa. Dopo aver saputo dell'incidente che aveva coinvolto il giapponese solo pochi mesi dopo, Yuri era uscito di casa con l'intento di prendere a pugni il viso perfetto di Nikiforov, ma alla fine si era limitato nell'urlargli contro, informandolo dell'accaduto in malo modo.

Due giorni dopo erano volati in Giappone e Yuri aveva promesso in quello stesso ospedale dove adesso si trova, che fino alla fine della sua carriera avrebbe vinto per lui, portandogli in dono ogni oro vinto. Perché lo meritava. Perché non poteva finire così.
Viktor si era rifatto una vita subito, mentre quella di Yuuri era finta definitivamente.

"Sai Yuuri... Questa l'ho vinta con la canzone che avevi scelto tu, tanti anni fa!" Indica la medaglia, adesso posizionata nella mano dell'uomo steso a letto incosciente.
"Mi ci è voluto un po' per eseguirla nel modo giusto, ma ce l'ho fatta!" Termina con quel sorriso triste che poco gli appartiene.
"Adesso andiamo! Sei stanco Yura, devi riposare!" L'ammonizione bonaria di Otabek appare così poco credibile.
Il russo si alza in piedi, posando un bacio sulla tempia del moro steso a letto. Sistema la medaglia d'oro nel cassetto contenente una miriade di altre medaglie.
"Prometto che presto te ne regalerò un'altra!" Lo saluta, per poi lasciare quella camera d'ospedale con la promessa che sarebbe passato a trovalo il giorno seguente.


***

Yuuri apre gli occhi, la luce soffusa rende l'atmosfera romantica e suggestiva, mentre percepisce un paio di braccia avvolgergli la vita dolcemente. Sorride appena, voltandosi in quel meraviglioso abbraccio.
Il volto di Voktor è illuminato appena dal chiarore di quella luce, così delicata da renderlo più bello di quanto già non sia. L'uomo apre gli occhi, rivelando le iridi chiare, e stira le labbra in un sorriso.
"Cosa c'è?"
"Nulla!" Il moro si accoccola a lui, poggiando la testa sul suo petto, lasciandosi stringere.
"Viktor... Promettimi che rimarrai qui con me per sempre."
"Te lo prometto!"




 
 
   
 
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