Capitolo 1°
-Partenza-
Dopo interminabile
silenzio lei finalmente si decise a parlare, la voce rauca e fredda risuonò
come uno spettrale sussurro.
-Sono stanca della
vostra mania di comandare sempre tutto- alzò il viso guardando i suoi genitori
davanti a lei –Non mi volete aiutare?- alzò le spalle con indifferenza –Andrò
avanti come ho sempre fatto- e così dicendo se ne andò in camera sua sbattendo
la porta e chiudendola a chiave.
Guardò la sua
stanza, con violenza diede un calcio al cestino, tutta la carta cadde sul
pavimento.
Si lasciò andare
in ginocchio stringendo i denti per il troppo nervoso, all’improvviso qualcosa
catturò la sua attenzione, fra i rifiuti di carta vide un foglio che aveva solo
delle lievi pieghe, lo riconobbe era la prenotazione del volo per New York di
suo padre.
Cosa ci faceva ne
suo cestino?Poco le importava, quella era la sua occasione, prese in mano il
telefono digitando il numero dell’aeroporto di Bergamo.
-Salve, volevo
sapere se il volo per New York di domani mattina alle otto era stato annullato-
“No, il volo con destinazione New York non è
stato annullato, partirà come previsto” le rispose gentilmente l’uomo
dall’altra parte della cornetta.
-La ringrazio-
chiuse la comunicazione sorridendo,l’occasione era caduta a pennello, se ne
sarebbe andata da quella dannata prigione.
Si portò
spontaneamente la mano al ventre piatto, sulla scrivania c’era ancora il test,
quel test che le aveva cambiato la vita in un secondo –Io e te ce la faremo
scriciolo- una lacrima le rigò il candido viso.
-Come sarebbe a
dire ANNULLATO????- portò le mani al cielo il ragazzo fuori di se.
-Mi dispiace Bill-
sospirò David il manager dei quattro ragazzi che lo guardavano con sguardo
assassino.
-Fammi capire Dav…
Dobbiamo aspettare ben 14 ore in sto cazzo di aeroporto?- spalancò la bocca Tom
il chitarrista nonché fratello gemello di Bill il cantante della Band.
I due ragazzi di
viso erano molto simili, ma in quanto al vestire completamente diversi, Bill
avevo uno stile Dark, mentre Tom vestiva il doppio di lui, aveva lunghi rasta
biondo scuro che fuoriuscivano dall’apertura del cappellino da rapper.
-David toglimi una
curiosità- disse Gustav il batterista –Cosa facciamo per 14 ore in sto posto?-
-Già, se le fan lo
vengono a sapere siamo tutti nella merda- annuì Georg il bassista.
-Lo so ragazzi- si
grattò nervosamente la guancia –Ma abbiamo poco da fare-
-Su questo siamo
tutti d’accordo- gracchiò il cantante.
Tom si stiracchiò
–Vado a fumarmi una sigaretta- e uscì.
-David non ti
uccido perché grazie a te registriamo il nuovo album a New York- grugnì Gustav
giocando pericolosamente con le bacchette di legno –Sappi che non appena
avremmo finito di registrare ti aspetta un giro turistico per il cimitero-
-Grazie sei
veramente un tesoro- rispose ghignando.
3:00 Am
La valigia era
pronta, si mise a tracolla la sua borsa e con l’altra mano alzò la valigia
appoggiandola sulla scrivania.
Aprì la finestra
il più piano possibile, salì sulla scrivania anche lei e uscì, si voltò
rimanendo a guardare la sua camera illuminata dai raggi lunari.
Si accese una
sigaretta, una delle poche che poteva concedersi, andò alla fermata
dell’autobus che l’avrebbe portata alla stazione di Brescia, da li avrebbe
preso il treno per Bergamo dove da li avrebbe preso la navetta-bus che l’avrebbe
portata all’aeroporto.
Il pullman arrivò,
quello era l’unico che passava di li a quell’ora, anche perché era stato
organizzato per quelli che tornavano dalle discoteche, ma l’autista era
abituato a vederla salire.
Non appena mise
piede sulla vettura ricevette fischi e apprezzamenti poco fini da ogni singolo
ragazzo, erano tutti ubriachi e sballati, o ancora peggio alcuni erano in via
di collasso.
L’unica cosa che
ricevettero da lei fu un ghigno divertito, si sedette ai primi posti
appoggiando la testa al freddo finestrino, si mise l’I-pod alle orecchie
isolandosi da tutto il resto intorno a lei.
Dopo circa
quaranta minuti arrivò in stazione, prese la sua valigia e la sua borsa
scendendo, corse come un fulmine alla stazione dei treni prendendo il biglietto,
fortunatamente il treno era già li, cercò uno scompartimento vuoto e non appena
lo trovò si sedette mettendo a posto le sue cose.
Passò un’ora,
arrivò a Bergamo svegliandosi di colpo, il treno aveva frenato in modo brusco
–Autista del cavolo- sibilò irritata, scese dal treno stiracchiandosi.
Guardò gli orari
della navetta-bus, avrebbe dovuto aspettare mezzora, guardò il suo cellulare
che segnava le 5 e mezza, ce l’avrebbe fatta benissimo.
All’improvviso il
suo telefono cominciò a squillare, guardò il display e un sorriso malinconico
le dipinse le labbra, dopo alcuni secondi decise di rispondere –Pronto-
“Dimmi dove cazzo sei” urlò furiosa la
persona dall’altra parte del telefono.
-Meglio che non te
lo dica Stefano- sospirò con gli occhi lucidi, le sarebbe mancato non sentire
più la sua voce.
“Tranquilla, non cercherò di fermarti,
tanto alla fine fai sempre di testa tua” sbottò irritato.
-Sono alla
stazione di Bergamo, aspetto la navetta che mi porta all’aeroporto- rispose
stancamente.
“E dove te ne vai di bello?” le chiese sarcastico e con una punta di
amarezza nella voce.
La ragazza si
mordicchiò nervosamente il piercing alla lingua –New York-
Silenzio.
-Ste?Sei ancora
vivo?-
“NEW YORK????” urlò talmente forte che la ragazza dovette
allontanare il cellulare dal suo povero orecchio ormai mezzo sordo.
“Un posto un po’ più lontano non esisteva?” rognò il ragazzo fuori di se.
-No- rispose lei
sarcastica.
“Cazzo Niki tu mi farai morire giovane” sospirò esasperato “Comunque…Sei sicura di quello che stai facendo?”
-Si Ste…è la cosa
giusta, sia per me che per lo scriciolo- all’ultima parola sorrise portandosi
la mano al ventre.
“Se lo dici tu” borbottò “Chiamami quando sei a New York”
-Ok-
“Ah Niki… Senti ma come te la vedi con
Diego?”
La ragazza sentì
una lieve fitta allo stomaco –Non… Non dirgli niente… a nessuno devi dire
niente-
“Ok come vuoi tu” sospirò rassegnato.
-Grazie Ste… Ti
voglio bene-
“Si anch’io, fai la brava mi raccomando”
-Ah Ste…- fece un
sospiro per trattenere le lacrime –Mi mancherai-
Il ragazzo rise
con dolcezza “Anche tu scriciola” e così dicendo chiuse la conversazione.
Dopo pochi minuti
la navetta-bus arrivò salì e il pullman partì.
Non appena scese
dalla navetta ispirò a pieni polmoni l’aria frizzante del mattino, si avviò
verso l’entrata dell’aeroporto, le porte scorrevoli si aprirono e lei entrò,
tante persone dormivano sulle sedie, ma tutto sommato non era neanche troppo
pieno, andò alla reception a dare la sua valigia.
Riuscì per fumarsi
una sigaretta, mancavano ancora 20 minuti e poi tutta la sua vita sarebbe
cambiata.
-Te lo giuro
Gustav è stata la nottata più brutta e noiosa della mia vita- sospirò un
ragazzo poco più lontano da lei.
-Già- annuì il
biondo in parte a lui –Questa notte caro Tom ce la ricorderemo per sempre –
ghignò.
Il rasta fece una
smorfia –Che palle-
Niki cercò il suo
accendino, ma non lo trovò, si voltò verso i due ragazzi, da quello che aveva
sentito erano tedeschi, ringraziò per la prima volta in 17 anni di vita suo
padre di essere tedesco.
-Scusate ragazzi-
si avvicinò a loro –Avete per caso un accendino?-
Tom le porse il
suo guardandola da capo a piedi, la ragazza si sentì di colpo nuda sotto il suo
sguardo e questa cosa la innervosì.
-Grazie- li
ridiede l’accendino andandosene.
-Ci si vede
dolcezza- le urlò Tom ghignando.
Lei senza voltarsi
alzò il braccio facendoli “Ok” con il pollice.
Gustav rise
–All’inizio pensavo che fosse una fan-
-Secondo me non ci
conosce neanche- alzò le spalle il chitarrista –Dai entriamo, 15 minuti e
questa dannata tortura sarà finita-
“No Tom Kaulitz la tua tortura deve ancora
cominciare”
Spero vi sia piaciuto come
inizio…
Aspetto commenti e posterò il
2 capitolo appena posso
Ciao a tutti
Niki