La luce del sole di quel nuovo giorno inondava lo scenario desolante. Fra
le rovine del forte, lungo i prati del Fosso di Helm,
armi e armature dei caduti brillavano. All’interno del Trombatorrione
si contavano i morti. A centinaia erano caduti nell’assalto portato avanti
dalle forze di Saruman, altrettanti erano i feriti.
Camminando lungo le sottili strade di sasso che si inerpicavano verso la cima
del forte, Éomer proseguiva portando avanti il proprio cavallo; Éowyn, accanto
a lui, aveva una parola di incoraggiamento per chiunque ne avesse bisogno.
I luminosi occhi del cavaliere scorrevano sul volto dei feriti, ne
percepiva il dolore, la paura. Prestava attenzione affinché né lui né il suo
cavallo potessero colpire qualcuno dei caduti del popolo, ancora in attesa del
degno addio alla terra.
Giunto alle scale che portavano all'ingresso delle sale legò Zoccofuoco e si apprestò a entrare per ricongiungersi a Théoden e Aragorn, così da
sentire i loro progetti in vista del prossimo conflitto.
Proprio su quella scala, però, intravide la giovane Alistar. La donna era
seduta sul terzo gradino; l'armatura le calzava come un guanto, la gamba destra
distesa, forse a causa del dolore. La lunga treccia si era disfatta in più
punti, ciocche nere le ricadevano sugli occhi, quegli occhi blu, intenti a
seguire i gesti delle braccia. Ella si stava avvolgendo una sottile e lunga
striscia di stoffa sull’avambraccio destro, macchiato di rosso, ferito. Éomer
fece segno a Éowyn di aspettarlo e mentre lei già portava sostegno a qualcuno
lì accanto, il cavaliere andò verso Alistar. Sapeva cosa doveva fare, così come
ciò che doveva dirle.
Aveva conosciuto la donna solo sei giorni prima, eppure solo in quel
momento aveva compreso le sue capacità.
Éomer l'aveva sorpresa spiare lui e i suoi uomini durante uno dei loro
accampamenti verso nord. Quando aveva scoperto che era una donna – anziché un
uomo come subito aveva sospettato – l’incredulità aveva preso il sopravvento.
Il cavaliere ancora si chiedeva cosa sarebbe successo se Antar, fratello di
Alistar, non si fosse posto fra lui e la donna.
Antar aveva illustrato la verità a Éomer e gli aveva esposto la situazione.
Lui, la sorella e altre poche decine di cavalieri, provenienti da un villaggio
posto al confine e fedeli a Rohan, stavano
percorrendo la strada verso nord, quando avevano incrociato i passi dei Rohirrim. Il loro villaggio era andato distrutto e coloro
che erano sopravvissuti avevano da tempo imparato a duellare.
Éomer aveva udito la loro storia, vi aveva creduto e infine aveva inviato i
cavalieri a marciare insieme. Tuttavia, nemmeno per un istante l’uomo aveva
fatto mistero circa le sue perplessità nel vedere una giovane donna armata
pronta a combattere fianco a fianco con alcuni dei Rohirrim
più valorosi. Ad Antar e al resto degli uomini di quest’ultimo ciò non
importava affatto ed ebbero modo più volte di farlo notare; conoscevano Alistar
e la consideravano una di loro. Quando Éomer aveva infine espresso quel suo
pensiero in presenza della donna, lei, pacata e fiera, aveva risposto: «Una
donna che sa tirare di spada può essere valorosa tanto quanto un uomo, mio
signore. Specie in tempo di guerra.»
Al Fosso di Helm il cavaliere aveva dovuto
ricredersi, intravedendo Alistar duellare con il coraggio e la destrezza che si
confaceva ai più eroici dei soldati.
Quando Éomer ebbe raggiunto Alistar si fermò. La donna sollevò lo sguardo
sull’alta figura del cavaliere di Rohan e rimase in
silenzio.
«Ti porgo le mie scuse» esordì lui. «Ho avuto torto sul tuo conto. Sei
coraggiosa e combatti in modo magistrale. Avevi ragione: una donna che sa
tirare di spada può essere valorosa quanto un uomo. Specie in tempo di guerra.»
Alistar ascoltò quelle parole senza dire nulla, solo un lieve sorriso
incurvò in modo impercettibile le sue labbra. Subito dopo tornò a dedicarsi
alla sua fasciatura, che stava cercando di fermare in qualche modo; tuttavia,
poiché la sinistra non era la mano con cui sapeva destreggiarsi meglio, l’operazione
le stava risultando difficoltosa.
«Non avete nulla di cui scusarvi, mio signore» rispose poi. «Non siete
stato il primo a dubitare delle mie capacità e sono certa che non sarete
nemmeno l’ultimo.»
Éomer la vide cercare di chiudere la fasciatura con la sola mano sinistra
senza successo e prima che la donna potesse mordere la stoffa per aiutarsi con
i denti, il cavaliere intervenne: «Permettimi di aiutarti.»
Le si sedette accanto. Alistar gli allungò il braccio e lui l’aiuto a
sistemare a dovere la fasciatura; rivoli rossi lievi, appena percepibili,
macchiavano la stoffa che Éomer stava tendendo.
«Vorrei solo che non mi biasimassi per il mio pensiero, per quanto
sbagliato» riprese a parlare lui. «Sono anche io un fratello.
Osservandoti insieme ad Antar non ho potuto fare a meno di rivedere me e Éowyn.
Non potrei mai sopportare la vista di mia sorella in battaglia, non potrei mai
essere tanto forte. Se dovesse accaderle qualcosa di male sento che il mio
cuore si fermerebbe» disse, posando lo sguardo su Éowyn poco distante da lui.
La donna era intenta ad aiutare un giovane combattente, lievemente ferito alla
gamba.
Alistar sfiorò la stoffa della sua medicazione, ora perfettamente fermata
da Éomer, dopodiché posò anch’ella lo sguardo sulla donna.
«Non dovete pensare che per lei non valga lo stesso» disse dopo un lungo
momento di silenzio. Éomer la guardò.
«Ogni volta che Antar scende in guerra il mio cuore si ferma, anche se sono
lì accanto a lui. Credetemi se vi dico che anche per Éowyn vale lo stesso. Lei
vi ama come io amo Antar. Sono certa che sapervi in guerra le spezza il cuore
ogni volta, fino al vostro ritorno.»
«Éowyn è valorosa. E testarda. Temo per il giorno in cui non riuscirò più a
vegliare su di lei» ammise Éomer.
Alistar comprese le parole del cavaliere, così come i suoi sentimenti.
Tuttavia, al contempo, capiva anche la giovane Éowyn. In lei si rivedeva ed era
proprio per questa condizione che sapeva che, per quanto Éomer avesse voluto,
gli sarebbe stato impossibile fermare un’anima impavida come quella che
dimorava in Éowyn. Non disse alcunché, preferendo evitare di portare turbamento
nel cuore del Rohirrim. Alistar sentiva che il
cavaliere già sapeva di quella realtà.
Il silenzio fra di loro durò a lungo. Solo i lamenti dei feriti, gli
zoccoli dei cavalli e il sibilare del vento riempiva l’aria. Infine, come se
Éomer avesse udito i pensieri di Alistar, si alzò dai gradini e abbassò lo
sguardo su di lei.
«Devi riposare in attesa della prossima battaglia. Una buona spada pesa su
un braccio ferito» le disse, alludendo al braccio destro della donna.
Alistar gli sorrise, comprendendo il significato più profondo di quelle
parole. Éomer la riconosceva come cavaliere, al pari degli uomini.
«Chiunque oserà mettersi contro di te ne risponderà a me, esattamente come
avviene per ciascuno dei miei uomini.»
Detto ciò le fece un lieve cenno del capo, i capelli gli scivolarono lungo
le spalle. Infine, dopo che la giovane donna ebbe fatto lo stesso, si incamminò
per ricongiungersi a Éowyn.
Alistar rimase a osservare la figura fiera e forte del cavaliere sfiorare
la spalla della sorella e guardarla come Antar guardava sempre lei. Puntò gli
occhi al cielo e lì vi sciolse lo sguardo. Sebbene il sole splendesse sul Fosso
di Helm, i presagi per il prossimo futuro erano tutt’altro
che luminosi.
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Ho scritto questo
breve racconto senza alcuna pretesa. Ho appena finito di rivedere la trilogia
del Signore degli Anelli – i film, quindi. Il personaggio di Éomer mi è sempre
piaciuto e mi dispiace abbia così poco spazio anche in nove ore di
lungometraggio.
A ogni modo, questo
breve dialogo fra lui e Alistar – che non esiste, ma quando immagino qualche
possibile fanfiction ci inserisco sempre un
personaggio femminile nuovo – mi martellava in testa da diversi giorni e, anche
se non porta a nulla, ho voluto ugualmente scriverlo.
Mi auguro solo che a
voi amanti e sostenitori della saga possa essere piaciuto.
MadAka