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Autore: _Takkun_    08/01/2018    1 recensioni
Michele tirò un profondo sospiro di sollievo quando riuscì finalmente ad evadere dal banchetto a seguito del Grand Prix e rifugiarsi all’aperto, in terrazza.
Tra selfie, sbronze che non sembravano augurare nulla di buono e sua sorella che preferiva prestare tutte le sue attenzioni a quella russa, Mila Babicheva, prendere una boccata d’aria, lontano da tutte quelle persone, era quello che gli ci voleva…
«Mickey!»
… ma naturalmente quel momento non sarebbe mai arrivato ad avere lunga durata se nei paraggi c’era anche lui.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Emil Nekola, Michele Crispino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maybe I'm foolish enough to want you to love m

[For only tonight, will you be the one for me?]

 
 
 


Michele tirò un profondo sospiro di sollievo quando riuscì finalmente ad evadere dal banchetto a seguito del Grand Prix e rifugiarsi all’aperto, in terrazza.
Tra selfie, sbronze che non sembravano augurare nulla di buono e sua sorella che preferiva prestare tutte le sue attenzioni a quella russa, Mila Babicheva, prendere una boccata d’aria, lontano da tutte quelle persone, era quello che gli ci voleva…
«Mickey!»
… ma naturalmente quel momento non sarebbe mai arrivato ad avere lunga durata se nei paraggi c’era anche lui.
«Non ti trovavo più!» continuò il ceco, avvicinandosi al parapetto della terrazza e affiancando Michele. Quest’ultimo gli lanciò un’occhiata con la coda dell’occhio, accompagnata da una smorfia apparentemente infastidita, ma quest’espressione non fu sufficiente a spegnere l’animo di Emil. «Cosa c’è? Non ti senti bene? Qui al freddo ti prenderai un malanno!»
Michele lo guardò per un altro paio di secondi prima di voltare il capo altrove, di modo che l’altro non potesse vederlo in viso, e si limitò semplicemente a rilasciare un grugnito in risposta, ignorando – o almeno sforzandosi di ignorare – il piagnucolio irritante di Emil che lo pregava di non fare l’antipatico e parlargli.
Come se fosse così facile, pensò nel chiudere gli occhi, stizzito, mentre un tic nervoso aveva già preso possesso di una delle sue sopracciglia corrugate.
Sì perché poco prima, all’interno della sala del banchetto, ciò che aveva veramente dato sui nervi all’italiano non erano stati i continui selfie compulsivi da parte del thailandese – alla fin fine usciva sempre con la medesima espressione in ogni foto, a meno che non ci fosse Sara al suo fianco -; e la colpa non era nemmeno stata di sua sorella che per quasi tutta la serata lo aveva ignorato per passare del tempo con qualcuno che non fosse lui – ormai ci stava facendo a poco a poco l’abitudine.
Il vero problema ce lo aveva proprio lì, a pochi centimetri di distanza.
Emil e la sua insopportabile espansività con qualsiasi persona che non fosse lui.
«Posso sapere che cosa ci fai qua? Pensavo ti stessi divertendo insieme agli altri.» O per meglio dire alle cameriere, avrebbe voluto aggiungere, ripensando a quella sensazione spiacevole che l’aveva colpito in pieno stomaco quando l’aveva visto ridere e scherzare con una di loro. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso della sua pazienza, portandolo ad allontanarsi quanto prima per non assistere oltre.
Emil sbatté un paio di volte le palpebre, inizialmente perplesso, poi le sue labbra si allargarono nuovamente in un sorriso più ampio del precedente. Sperava troppo nel credere che quella fosse una piccola dimostrazione di gelosia?
Il ceco non perse tempo e colse l’occasione per avvicinarsi di più a lui, appoggiandosi contro il suo braccio. «Sai, vero, che quello con cui mi diverto davvero a stare in compagnia sei tu?» sussurrò con un filo di rossore sulle gote, il cuore che gli martellava forte nel petto per essere riuscito a spingersi talmente oltre con Michele, ma quel momento – come previsto - non fu destinato a durare troppo. Michele infatti non tardò a premere il palmo della sua mano contro il viso di Emil, allontanandolo malamente senza un briciolo di delicatezza e compassione per il suo naso, scaturendo però in quest’ultimo delle risa di puro divertimento che furono anche utili a nascondere il suo imbarazzo.
«Cos’hai da ridere?! N-Non farlo mai più, Nekola!»
Rosso come un pomodoro, Michele si coprì l’orecchio nel quale gli erano state sussurrate quelle parole, ora in fiamme come il resto del suo volto.
Emil continuò a sghignazzare. «Addirittura il cognome? Deve averti proprio dato fastidio, allora. Scusa, Mickey.» ridacchiò un’ultima volta fra sé e sé, appoggiandosi al parapetto con gli avambracci, rivolgendo lo sguardo verso una meravigliosa Barcellona illuminata da una moltitudine di luci dai colori caldi. «Comunque dico davvero, mi piace stare con te.» ammise con un tono dolce nella voce, senza smettere di sorridere. «Se così non fosse, credimi,  non avrei mai accettato di venire qui in Spagna insieme. Non potevo nemmeno crederci, in realtà! Pensavo mi stessi prendendo in giro quando me l’avevi chiesto…» confessò, riportando alla mente il piacevole ricordo della voce palesemente imbarazzata dell’italiano al telefono. Era quasi certo di essere riuscito ad immaginarsi alla perfezione che tipo di espressione avesse avuto in quel momento. Ormai lo conosceva bene.
Al silenzio dell’altro, Emil si voltò verso Michele, scattando immediatamente ritto come un fuso quando lo vide serio e pensieroso, lo sguardo rivolto verso terra.«M-Mickey?» provò, deglutendo. Si era aspettato che lo insultasse, magari in italiano, con quelle tre parole in croce di cui conosceva il significato, ma non che se ne stesse zitto e tutto corrucciato a riflettere su chissà cosa. Lo spaventava di più in quel momento rispetto a quando è solito minacciarlo di morte per farlo stare lontano dalla sua Sara.  
«Non mi credi? G-Giuro su mia sorella, mia madre, insomma, tutta la mia famiglia, se vuoi! Ti voglio bene, davvero! Non devi dubitarne mai!»  le ghiandole salivari, a questo, gli diedero ben volentieri l’addio. «A-Amichevolmente parlando, ovvio! Pfft, naturalmente, no? In che altro modo, altrimenti?! Io e te super amici, eh? Eh? Vero, Mic-»
Michele sollevò un sopracciglio, dedicandogli una delle occhiatacce peggiori del suo repertorio.
«Emil, sta’ zitto.»
«S-Sissignore, signor capitano!»
E qui il ceco mandò bellamente a quel paese quei quattro neuroni che ancora credeva gli funzionassero decentemente. Le mani gli stavano sudando nonostante il clima non fosse proprio dei più caldi, e, come se non bastasse, quel poco che era riuscito a bere - mentre non era occupato a seguire Michele con lo sguardo in giro per la sala - si era improvvisamente concentrato all’interno della sua vescica.
Si segnò quindi mentalmente una capatina al bagno prima di andare in giardino per sotterrarsi vivo, giusto per essere completamente rilassato in attesa di morire per l’assenza di ossigeno.
Michele sospirò, portandosi due dita a massaggiarsi una tempia. «Non mi pare di averti chiesto se preferisci la mia compagnia a quella degli altri, Emil, quindi smettila di blaterare cose senza senso.» L’italiano notò come l’espressione di Emil fu rapida a cambiare, facendosi delusa e abbattuta, accompagnata da un sorriso diverso dai precedenti, più amaro.
«Allora perché sei di cattivo umore? È per Sara?» Ora il suo tono prese una nota rassegnata. «Non mi pare di essermi avvicinato a lei, no? Pensavo di aver chiarito anche questo alla partenza: se sono a Barcellona non è per lei, o meglio, anche, ma non è la vera ragione per cui sono venuto fin qua. Volevo passare più tempo con te…» E ora aveva un che di scocciato mentre cercava di sfuggire allo sguardo violetto di Michele, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Nascondere quei sentimenti, sopprimerli ogni volta che tentavano di sfuggirgli dalle labbra stava diventando sempre più complicato con il passare degli anni. Stare al fianco di Michele come semplice amico non era più sufficiente. Non lo era mai stato, in realtà, ma la paura di ricevere un rifiuto – considerando che era un uomo quello di cui si era innamorato – e perdere in un solo schiocco di dita il loro rapporto attuale era sempre stata troppo grande.
«Non è per Sara.» chiarì Michele, stringendosi nelle spalle.
«Allora per cosa?» domandò l’altro, frustrato, strofinandosi le palpebre con le dita e rilasciando al contempo lo sbuffo di una breve risata esasperata. «No, lascia stare, non devi rispondere. Qualsiasi cosa abbia fatto di sbagliato, perdonami. Non era mia intenzione scocciarti, anche se a quanto pare lo faccio più spesso di quanto vorrei.»
Emil tornò a guardarlo nuovamente rassegnato, grattandosi la nuca.
«Se hai freddo dovremmo rientrare. Magari Sara ci sta cercando…» si infilò poi le mani in tasca, avviandosi verso l’interno dell’edificio.
«Sei tu.» disse d’un tratto l’italiano, tenendo le braccia incrociate contro il petto nel tentativo di rimanere al caldo e in qualche modo proteggersi dalla situazione che era venuta a crearsi.
Emil si fermò di colpo, voltando piano il capo verso di lui. Quando lo vide con quel suo solito broncio, con il viso un po’ infossato nella camicia, dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non corrergli incontro e stringerlo in un forte e caloroso abbraccio.
«Io cosa, Mickey?»
Michele schioccò la lingua, artigliando con le dita la giacca elegante. «Non sarei così di cattivo umore se non avessi scodinzolato a metà dei presenti come un cane iperattivo! Io per primo so di non essere una persona particolarmente socievole e quindi di compagnia, specialmente con te che mi fai perdere le staffe con poco! Ma…» fece una pausa, stringendo i denti. «Devi smetterla di essere così amichevole con altre persone all’infuori di me!» esplose infine con una vena pulsante sul collo e il fiato corto.
Michele rimase con lo sguardo rivolto verso terra, rifiutandosi di incontrare qualsiasi espressione avesse il minore in quel momento, dopo aver dato voce a un pensiero che scoprì non essere poi così nuovo per lui.
Era strano e tutto così dannatamente confuso.
L’italiano sapeva bene quanta ammirazione l’altro provasse nei suoi confronti. Era successo spesso, nel corso degli anni, che Emil assistesse ai suoi allenamenti e gli chiedesse consigli su come migliorare per aspirare a diventare un pattinatore bravo quanto lui.
Gli occhi azzurri del ceco non lo abbandonavano mai in quei momenti, ed era qualcosa che era arrivato a pretendere anche fuori dalla pista di pattinaggio: il desiderio di monopolizzare la sua attenzione sembrava essere diventato più forte da quando aveva iniziato a lasciare più libertà alla sorella e a prendersi più tempo per se stesso.
Tempo che, onestamente, non sapeva con chi altro trascorrere se non con Emil.
Era patetico da dire, ma oltre a lui e a Sara, non c’era nessun altro con cui era riuscito a instaurare un degno rapporto d’amicizia nel mondo del pattinaggio.
I pattinatori rappresentavano solo una minaccia per la sua adorata sorella, ed era compito suo allontanare chiunque provasse ad avvicinarsi, mostrandosi spesso ostile e antipatico agli occhi degli altri, eppure…
Eppure uno solo di loro, nonostante fosse ben a conoscenza del suo carattere poco amichevole e fosse stato insultato più volte a causa di commenti d’apprezzamento rivolti alla sorella - per nulla graditi all’italiano -, non aveva mai dato segno di stancarsi del suo atteggiamento.
In un modo o nell’altro, senza che Michele se ne rendesse conto, Emil era diventato un prezioso amico di cui finiva per preoccuparsi tanto quanto succedeva con Sara.
Emil era testardo, impulsivo, e ormai aveva perso il conto delle volte in cui si era dovuto occupare di lui dopo averlo visto cadere in ginocchio, stremato, al centro della pista.
E non importava quante volte gli ripetesse di darsi una regolata con gli allenamenti e di pensare ai limiti che il suo corpo poteva raggiungere, Emil sembrava farsi entrare le sue parole da un orecchio per poi farle uscire dall’altro, il tutto accompagnato da un sorriso che bastava e avanzava all’italiano per capire che quell’idiota non si pentiva di nulla, e che con molta probabilità situazioni come quella si sarebbero ripetute in futuro.
Ma oltre a essere un grandissimo egoista, pronto a farti preoccupare e poi a sdrammatizzare tutto con una stupidissima battuta, Emil era anche molto amato, a differenza sua.
Probabilmente non c’era nessuno che non avrebbe voluto essergli amico, e non gli era difficile capire perché visto il suo carattere vitale e caloroso con chiunque.
Avrebbe mentito, però, se avesse detto che la cosa gli andava più che bene, lo sfogo che aveva appena avuto ne era la prova.
Arrivati a quel punto Michele dubitava del fatto che la sua fosse semplice gelosia in via del tutto amicale. L’italiano desiderava essere qualcosa in più rispetto agli altri per Emil, qualcosa che potesse mettere a tacere tutte le insicurezze che provava nel vederlo interagire così attivamente con il resto del mondo, che fosse sui social o dal vivo: perché sì, una delle sue paure più grandi era che prima o poi, il ceco, sarebbe finito col trovare qualcuno migliore di lui da ammirare e su cui fare affidamento.
«Mickey?»
Michele chiuse gli occhi, irrigidendosi più di prima. Cosa avrebbe dovuto fare o dire per uscire da quella situazione, adesso?
«Posso avvicinarmi?»
Il suo tono di voce arrivò incredibilmente calmo e dolce alle sue orecchie. Bastardo.
«Non farmi domande così stupide. Mica m-mordo…» si schiarì la voce, tornando a fissare insistentemente per terra, fallendo miseramente nel cercare di nascondere il suo crescente imbarazzo.
Emil ridacchiò, grattandosi la nuca. «In realtà ho un po’ paura che tu mi colpisca-»
«Non fare l’idiota.»
Il biondo non riuscì a togliersi il sorriso dalle labbra, prendendo quella risposta come un , puoi avvicinarti.
Avanzò lentamente verso il maggiore, infilando le mani in tasca. «Ti ha dato fastidio perché, uhm...» fece una breve pausa, mordendosi il labbro inferiore per soffocare il tono acuto che stava per sfuggirgli dalla troppa gioia del momento. «… eri geloso?»
Michele si rifiutò di rispondere, corrugando ancor di più, se possibile, le sopracciglia – Emil iniziò a chiedersi se avesse pure smesso di respirare, era completamente immobile.
«Perché se così fosse, ne sarei molto felice…» confessò, ottenendo una piccola e timida occhiata da parte dell’altro che lo fece completamente andare fuori di testa – almeno all’interno, esternamente cercava di mantenere un briciolo di dignità e contegno. Come poteva essere così carino?
«T-Ti sei sentito t-trascurato?»
Quanto in là poteva spingersi prima che Michele gli rifilasse un pugno allo stomaco?
«Ho già detto quello che penso, non voglio ripetermi una seconda volta.»
«Ma io ne ho bisogno.»
Il tono supplichevole e disperato di Emil lo obbligò finalmente a guardarlo, pentendosene qualche nanosecondo dopo: quei dannati occhi da cane bastonato erano giocare sporco.
«Perché ne hai bisogno?»
«Se te lo dico non mi guarderai più allo stesso modo.»
Michele sollevò un sopracciglio, perplesso. «Non credo potrebbe succedere. Quanto potrà mai essere grave?» 
«Fidati, ne sono convinto.»
L’italiano assottigliò lo sguardo, iniziando ad alterarsi. «Se ti dico che non potrebbe succedere, è perché ne sono davvero convinto. Ti conosco da un sacco di tempo, non potrei arrivare a disprezzarti o che altro.»
Il sorriso del ceco iniziò pian piano a spegnersi. «Non voglio che ti arrabbi, è una cosa importante.»
«Non sono arrabbiato.» rispose piccato, dimenticando il disagio di poco fa.
«Mi basta guardarti per capire che ti stai innervosendo, Mick-»
Michele non riuscì a trattenersi dallo sbottare una seconda volta. «Certo che mi sto innervosendo! Ci stai mettendo un’eternità a parlarmi di una cosa per paura che ti possa giudicare in modo negativo! Io che ti conosco meglio di qualunque cretino che si mette a fare tanto l’amicone con te! Io che ti amo più di qualsiasi persona là fuori, accettando ogni tuo benedettissimo-»
Michele si interruppe ma non per sua volontà.
Trattenne il respiro e inizialmente sgranò gli occhi quando il minore gli prese d’impulso il viso tra le mani, attirandolo vicino al proprio e… e…
L’italiano abbassò lentamente le palpebre, portando le mani a stringere i bicipiti di Emil e ricambiando come meglio poté quel goffo bacio – non che lui fosse un esperto in materia.
Quando si staccarono l’uno dall’altro ci fu un lungo attimo di silenzio prima che Michele decidesse di proferir parola per primo: «P-Prima che mi interrompessi stavo per dire difetto, comunque…»
Le mani di Emil tremavano nel toccare le guance accaldate dell’altro con i polpastrelli dei pollici. «H-Hai detto ti amo. Lo pensi davvero, Mickey?» cercò di arrivare subito al dunque il biondo, deciso a ottenere una risposta precisa.
«C-Cosa ho detto?»
Emil lo strinse contro il suo corpo in un forte abbraccio, premendo il viso sulla sua spalla. «Dimmi che non ho rovinato tutto e che lo pensi davvero, ti supplico.»
Michele notò le spalle dell’altro sobbalzare impercettibilmente, ragion per cui non cercò di sottrarsi al contatto.
In quel momento si limitò semplicemente a portare una mano sulla sua nuca, sospirando.
«Non metterti a piangere.»
«Sono un uomo adulto! N-Non mi metto a piangere!»
Michele sorrise, per nulla infastidito da quell’abbraccio – forse solo più stritolatore del solito, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine.
«Era questo che dovevi dirmi?»
Emil aspettò un po’ prima di annuire.
«Da quanto?»
Il minore tirò su col naso.
«U-Un po’ di anni, a-anche se solo da un paio ho capito di provare qualcosa di più di semplice ammirazione…»
«E hai avuto paura di dirmelo per tutto questo tempo?»
«Non odiarmi.»
Per tutta risposta, Michele gli pestò senza alcuna pietà un piede, facendolo staccare da lui con un forte gemito di dolore.
«Mickey! Perché?!»
Il ceco si vide prontamente afferrato per il viso da una sola mano dell’altro, e i suoi occhi furiosi, più che spaventarlo, lo portarono a perdere più di un battito.
«Stammi bene a sentire, Emil. Sto ancora cercando di metabolizzare tutto quello che è successo e in questo momento non credo di essere in grado di elaborare un pensiero che abbia un briciolo di senso.» Michele tirò fuori il suo fazzoletto da taschino, tamponandolo un po’ sulle guance per asciugargli le lacrime e poi aiutandolo a soffiarsi il naso, non trattenendo una smorfia disgustata: sembrava un vero e proprio bambino quell’uomo adulto – come diceva lui - che ormai l’aveva superato in altezza da tempo. «Ma se so per certo qualcosa, è che non potrei mai arrivare a odiarti, razza di deficiente.» gli lasciò in mano il fazzoletto, tornando a incrociare le braccia al petto. «N-Non ho fatto caso a quello che ho detto, ma non voglio ritirare nulla. I-Insomma, non so se si tratta di amore in quel senso, ma sarebbe stupido negare che tu…» Michele portò una mano a coprirsi il viso, rilasciando un flebile mormorio che fu comunque ben udibile ad Emil: «Che tu non sia importante
Dallo spazio in mezzo a due delle sue dita, l’italiano poté vedere il minore piegarsi all’improvviso sulle gambe, tenendo il capo chino e stringendo in una mano il fazzoletto che gli era stato dato.
«E-Emil?»
«D-Dammi un attimo, sto cercando di non morire.» Emil prese un profondo respiro, cercando di mettere quanta più aria possibile nei propri polmoni: tutta quella felicità gli aveva completamente messo sottosopra lo stomaco, mozzandogli il fiato.
Michele si tirò un po’ su il tessuto dei pantaloni e allo stesso modo si piegò davanti a lui, senza sapere come comportarsi. «Non fare il drammatico.»
Il biondo scosse la testa. «Non puoi lontanamente immaginare come mi senta. Ho sempre sognato questo momento e ancora non riesco a credere che tu mi abbia detto tutto questo.» fece, sollevando timidamente lo sguardo. «E capisco benissimo che ti senta un po’confuso, al tuo posto sarei probabilmente sconvolto.» ridacchiò leggermente, trovando il coraggio di allungare una mano per stringerne una di Michele, accarezzando le nocche con il pollice. Ancora una volta, l’italiano lo lasciò fare, rimanendo a osservare il movimento delicato e affettuoso di quel dito. «Ma se mi dessi una possibilità, se mi permettessi di amarti come meriti, non ti farei pentire un solo giorno di aver scelto di stare insieme a me, te lo giuro. Ti amo con tutto me stesso e nessuno, ripeto nessuno, potrà mai avere il posto che hai tu nel mio cuore. Ti appartiene in tutto e per tutto, Michele.»
Michele guardò attentamente la serietà nei suoi occhi, nascondendo come meglio poté quanto piacere gli avesse fatto sentirgli pronunciare quelle parole.
Quello era lo speciale che voleva essere per Emil, ma non avrebbe mai immaginato di desiderare quel tipo di relazione con lui. Un sentimento come l’amore era qualcosa che aveva sempre ritenuto superfluo e non necessario – eccezion fatta per la sua adorata Sara – nella sua vita, e sebbene avesse cercato di ignorare per anni il bisogno di avere qualcun altro al suo fianco, alla fine questo era venuto a galla con l’unica persona che aveva sempre accettato ogni piccola cosa di lui, anche le più spiacevoli, incondizionatamente.
Tra i due quello veramente pieno di difetti era lui, non di certo Emil.
Michele ricambiò con forza la stretta sulla mano dell’altro, aiutandolo a rialzarsi.
Gli prese il fazzoletto e glielo infilò in una delle tasche dei pantaloni, sistemandogli poi la cravatta nera che si era allentata un poco.
«Mickey…?» Emil sgranò gli occhi quando Michele, alzandosi con le punte, gli lasciò un bacio sulla guancia. «C-Cosa…?»
«Vai a prendere la giacca e aspettami fuori, ti raggiungo tra un attimo. Penso che abbiamo ancora tanto di cui parlare e, beh, p-passare del tempo lontano da possibili scocciatori, soltanto noi due soli, è la cosa migliore.» disse, riferendosi ai presenti in sala. «Se usciamo in due potremmo attirare l’attenzione di qualcuno, cerca di essere discreto.»
«E Sara?»
«Sara può stare benissimo senza di me per delle ore, la compagnia non le manca.» rispose con un sorriso che mandò ulteriormente in tilt il cervello del ceco.
Quest’ultimo gli si avvicinò di nuovo, e se per un attimo Michele credette che Emil stesse per baciarlo una seconda volta, portandolo a strizzare con forza le palpebre, pronto ad avvertire le sue labbra sulle proprie, si sentì deluso quando questo non accadde, ricevendo semplicemente un innocente strofinio tra le punte dei loro nasi. Probabilmente il minore preferiva aspettare una risposta più chiara alla sua confessione prima di baciarlo come aveva fatto prima.
«Ti amo.» ripeté Emil, guardandolo con un’infinita dolcezza che mise decisamente in imbarazzo l’italiano. «Allora vado, ti aspetto fuori.» sussurrò, iniziando a camminare all’indietro verso la porta finestra della balconata, incapace di staccare gli occhi di dosso dal suo amato, cosa che gli costò di andare a sbattere contro lo stipite. «Sto bene! Sto bene!» si affrettò a rassicurare, attirando, naturalmente, l’attenzione di alcuni degli invitati e di qualche cameriere.
«Continuate pure, non preoccupatevi! Devo scappare in bagno!» annunciò dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Michele, correndo per davvero verso uno dei bagni dell’edificio: come non fosse finito per farsela addosso proprio non lo sapeva, ma quella si era appena trasformata in una delle serate più belle della sua vita.
Michele si schiaffò una mano sul viso, sospirando sconsolato ma allo stesso tempo incapace di reprimere un sorriso divertito davanti alla scena.
Una volta che Emil sparì completamente dalla sua visuale, l’italiano si voltò con fare apparentemente tranquillo verso il paesaggio offertogli dalla terrazza, fino a quando non fu costretto a reggersi disperatamente al parapetto per l’improvvisa mancanza di forze alle gambe, il volto completamente in fiamme.
Quel dannato aveva forse intenzione di ucciderlo con quella dichiarazione? Come si era permesso, tra l’altro, di chiamarlo per nome e di fare un gesto fottutamente adorabile dopo l’altro?
Non aveva mai avuto a che fare con situazioni di quel tipo, chiedergli di passare del tempo da soli era stata davvero la decisione giusta? Che cosa avrebbe dovuto dire per fargli capire che il sentimento sembrava essere più che ricambiato? Come diavolo ci si esprimeva per confessare i propri sentimenti? Provava un immenso imbarazzo al solo pensiero di aprirsi come aveva appena fatto Emil, non ne sarebbe stato capace.
Forse sarebbe stato opportuno parlarne prima con Sara, di sicuro avrebbe saputo dargli qualche dritta in più…
Michele si portò due dita alle labbra, accarezzandole lentamente, ricordando non solo la morbidezza di quelle dell’altro, ma anche quella leggera sensazione di solletico dovuta al contatto della barba di Emil con la sua pelle.
Il suo cuore – che ancora non aveva dato alcun segno di calmarsi – continuava a martellargli prepotentemente nel petto, e solo quando una brezza più fredda delle altre lo portò a starnutire Michele decise che era arrivato il momento di riprendere il controllo di se stesso e raggiungere Emil, sperando che non fosse finito per attirare altre insopportabili attenzioni su di sé.
 
“Nessuno potrà mai avere il posto che hai tu nel mio cuore. Ti appartiene in tutto e per tutto, Michele”
 
Michele avvicinò una mano alla bocca, nascondendo il sorriso che si stava pian piano allargando sulle sue labbra mentre si faceva strada in mezzo ai vari invitati.
«Razza di moccioso fin troppo cresciuto…» mormorò.
 
 



Angolo autrice: ovviamente la mia prima ff nel fandom non poteva che essere una Emil/Michele :"D (e spero di poter scrivere presto qualcosa anche sulla LeoJi, ship bellissime ma veramente poco considerate ;; 3
)
Essendo la prima volta che li tratto, spero che la loro caratterizzazione risulti accettabile, ho cercato di renderli IC il più possibile anche se penso di avere qualche dubbio su Michele çAç
Se a qualcuno andasse di lasciarmi qualche breve commento, mi farebbe senz'altro piacere <33 
Per il resto mando un grosso bacione a tutti~ ♥

 
  
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