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Autore: Blablia87    09/01/2018    5 recensioni
John Watson, ex medico militare, non ha mai utilizzato - benché gliene sia stato fornito uno come sostegno durante il periodo di riabilitazione a seguito di un ferimento in missione - un R'ent. 
Preferisce continuare a percepire la realtà attraverso i sensi, invece di riceverla sotto forma di impulsi elettrici.
John Watson non comprende come possano esistere persone, i Ritirati, che decidono di isolarsi in modo permanente dal mondo lasciando ai propri Sostituti il compito di unico filtro tra loro e l’esterno.
John Watson è convinto che, per lui, la guerra sia finita.
Fino a quando il R'ent di un Ritirato, Sherlock Holmes, non compare sulla porta del suo studio in cerca di aiuto.
[Sci-Fi!AU][Johnlock][“Android”!Sherlock]
Genere: Angst, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Gran parte del carattere di ogni uomo può essere letto nella sua casa.
(John Ruskin)


14.
(ovvero di polvere e sparizioni)



«Eccoci qui» esordì Sherlock, muovendo un passo nella stanza immersa nella penombra. Un sottile strato di polvere - impalpabile e biancastra - si sollevò dalla fitta trama del tappeto orientale sul quale si era fermato, depositandosi sulle scarpe di pelle nera come neve sporca.
John, dietro di lui, fu investito dall’odore pungente di umidità ancora prima di sentire il pulviscolo che permeava l’ambiente entrare nelle narici e scendere fino alla gola. Tossì un paio di volte, coprendosi il viso con il braccio sinistro e socchiudendo gli occhi.
«Che diamine sarebbe, questo posto?» domandò, la voce ovattata dal cappotto che premeva con forza sulle labbra.
«Benvenuto al 221b di Baker Street» rispose il R’ent, nella voce una punta di entusiasmo che il medico non riuscì a comprendere. «Uno dei miei rifugi preferiti, a Londra» continuò Sherlock, avvicinandosi con ampie falcate alle pesanti tende rosso scuro dall’altro lato della stanza. Con un gesto deciso le aprì di colpo, scoprendo due finestre dai vetri appannati. La polvere liberata dal tessuto ballò per qualche secondo nella fioca luce mattutina, posandosi poi dolcemente su mobili e arredi.
John, ancora immobile sotto la porta d’ingresso, seguì con gli occhi l’aggirarsi smanioso dell’altro attraverso la stanza. Lo vide sfiorare con un dito la spalliera di una vecchia poltrona scura, finendo col toccare un teschio coperto di ragnatele appoggiato alla mensola del camino.
«È un teschio umano, quello?» chiese il medico, abbassando il braccio.
«È un amico» ribatté il R’ent, voltandosi con un sorriso sardonico verso l’altro. «E quando dico amico…»
John aggrottò la fronte, scuotendo la testa. Fece un paio di passi all’interno della stanza, guardandosi attorno. L’ambiente era saturo di oggetti. Libri, fogli e giornali giacevano disseminati ovunque, coperti di polvere e ragnatele.
«Da quanto tempo non è abitato?» Il medico passò velocemente una mano sul piccolo tavolo da caffè posto di fronte ad un ampio divano in pelle verde.
«Tre anni, sei mesi e quindici giorni» rispose Sherlock, prendendo posto sulla poltrona che dava le spalle alla finestra. Un po’ di polvere si adagiò su di lui, schiarendo i riccioli neri.
John spostò gli occhi verso destra, tentando di portare in superficie il pensiero che aveva istintivamente acceso una parte del suo cervello.
Il R’ent lo osservò con interesse aggrottare la fronte, in cerca del particolare che – era evidente dalla piega che avevano assunto le labbra – gli sfuggiva.
«Ho vissuto qui fino a due mesi prima del mio Ritiro» lo aiutò, vedendolo immediatamente rilassarsi, il bandolo della matassa ora ben stretto stretto tra le dita.
«Era il tuo appartamento?» John si avvicinò alla seconda poltrona, rivestita di stoffa floreale. Con un movimento lento si sedette sul bracciolo, stando attento a sollevare meno polvere possibile.
«Tecnicamente, è ancora il mio appartamento» rispose Sherlock, congiungendo le dita sotto il mento ed assumendo una posa meditativa.
«Perché non è qui il Punto di Ripristino?» si lasciò scappare il medico, pentendosene subito dopo.
Sotto il sottile strato di pelle sintetica che rivestiva il volto del detective, un tubo di alimentazione si contrasse, facendogli assumere per un attimo un’espressione tesa, amareggiata.
«Perché non è qui che vivo» rispose l’altro, atono, chiudendo gli occhi. «Se vuoi chiedere il perché di questa scelta sentiti libero di farlo» aggiunse, con un sussurro. «Ma sappi che non ho alcuna intenzione di rispondere.»
«Ok. Bene» tossicchiò John, a disagio. Lasciò vagare lo sguardo per la stanza, soffermandosi sui numerosi volumi sistemati con cura sugli scaffali delle due librerie ai lati del caminetto. «Potresti dirmi almeno perché siamo qui?» provò, senza staccare gli occhi dai libri.
«Come ti ho già detto, quello che dobbiamo fare adesso è semplicemente aspettare» rispose l’altro, con voce pacata.
«In realtà mi hai mostrato una serie di punti luminosi su una mappa di Londra dicendo che le risposte erano tutte lì» gli ricordò John, incrociando le braccia al petto e riportando l’attenzione su di lui.
«Il che, di per sé, implica un’attesa» ribatté l’altro. «Se sai che le risposte ci sono, ma con tutta evidenza non sono in tuo possesso, è manifesto che qualcuno dovrà portarle da te. E la consegna di qualcosa determina sempre una sospensione.»
John rifletté per qualche secondo sulle parole dell’altro, mordendosi il labbro superiore.
«Cos’erano, esattamente, quei puntini luminosi?» chiese poi, a mezza bocca.
 
«Messaggeri» si limitò a sussurrare l’altro, incrociando le gambe sulla seduta della poltrona con un movimento rapido.
 
 
***
 
 
«È ridicolo. Semplicemente ridicolo
Philip Anderson - membro della squadra forense di stanza al Quarto Distretto - si aprì con irritazione la zip della tuta anticontaminazione che lo copriva per intero, dalle scarpe sino ai capelli. Pochi passi davanti a lui, un uomo brizzolato con indosso un impermeabile beige si lasciò andare ad un respiro profondo, portandosi le dita della mano destra all’attaccatura del naso.
«Per quanto ancora intende farsi portare in giro da quel rottame?» continuò Anderson, liberando i capelli dal cappuccio di plastica con un gesto violento. «Il suo Fingunt è uno psicopatico, capo. Non dovrebbe lavorare per noi. Anzi, dovrebbero privarlo del Sostituto e lasciarlo dov’è.»
L’uomo scosse la testa, lanciando ancora una volta uno sguardo alla camera da letto di Alvina Forrest.
«Questa volta ha davvero superato i limiti» commentò una voce femminile alle loro spalle. Il Sergente Sally Donovan si affacciò nella stanza, le braccia incrociate al petto e il viso tirato in un’espressione di palese fastidio. «Ci sono tre volanti qui sotto, Greg. Tre
«Però la domanda resta» provò a ribattere l’uomo, girandosi verso di lei. «Dov’è finita la Signora Forrest?»
La donna sospirò, alzando gli occhi al cielo. «A questa domanda deve rispondere la sezione Persone Scomparse, non la nostra divisione. E lo sai.»
Lui annuì, chiudendo gli occhi per qualche secondo.
«Io mi chiederei, più che altro: “dov’è finito il sangue”?» commentò causticamente Anderson. «Voglio dire: prendiamo per vera anche solo per un secondo la segnalazione della scatoletta di latta. Qualcuno ha fatto sparire un cadavere con la testa fracassata senza lasciare dietro di sé nemmeno una microscopica goccia di sangue? Un… segno? Oh, avanti. È ridicolo
«Va bene» si arrese l’Ispettore, facendo cenno ai due di precederlo fuori dall’appartamento. «Tranquillizzate i residenti e tornate in centrale. Io vi raggiungo lì, devo prima parlare con il Direttore.»
I due si scambiarono uno sguardo eloquente, stirando entrambi le labbra in un’espressione irritata.
«E poi contatterò Sherlock, sì» li rassicurò l’uomo, rassegnato. «Adesso andate, per favore» soffiò, gesticolando in direzione della porta.
Anderson lo superò in silenzio, voltandosi un’ultima volta verso il centro della stanza prima di allontanarsi.
«Ma se mancano anche i vestiti dall’armadio…» lo sentì ringhiare a mezza voce rivolto al Sergente mentre, affiancati, uscivano dall'alloggio. «Quello è matto. Quando non riceve la sua dose mensile impazzisce. Prima o poi sarà lui a far fuori qualcuno, vedrai» terminò, le parole accompagnate dall’annuire convinto della donna.
L’Ispettore aspettò di vederli sparire oltre la soglia. Poi, con un sospiro infastidito, estrasse il cellullare dalla tasca destra del soprabito e cominciò a comporre nervosamente un messaggio.





Angolo dell’autrice:

Ed ecco che - con ben 14 capitoli di “ritardo” - Baker Street entra a far parte di questa storia. Non avrei mai potuto, in nessun modo, tralasciare un particolare tanto importante! Certo è una Baker Street un po’ “inusuale”, disabitata da tempo. In parte, forse, potrebbe richiamare quella che si intravede all’inizio della terza stagione, quando anche John ha abbandonato l’appartamento in cerca di un nuovo inizio.
 
Ieri ho subito un altro piccolissimo intervento (davvero una sciocchezza, dieci minuti senza anestesia: più una manovra, che una vera e propria operazione). Oggi sono comunque rimasta a casa, ed ho quindi potuto ultimare il capitolo in stesura nel manoscritto e pensare alla pubblicazione di questo.
 
Ancora una volta, non ho risposto alle recensioni.
Spero davvero di riuscire a farlo il prima possibile.
 
Per adesso sono felice di non dover allungare ancora lo iato tra un aggiornamento e l’altro. ^_^
 
Grazie, come sempre e di cuore, a chiunque abbia letto fin qui.
 
A presto,
B.
 
   
 
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